Il Ragazzo di Buia

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Il Ragazzo di Buia

Messaggioda Spider » mer giu 15, 2005 10:56 am

Cercando tutt'altro su Internet, mi è capitato di inciampare su questo, un nome e un personaggio di cui raramente si sente parlare, e mi sembrava giusto ricordarlo sul forum.

Buona lettura


RICORDO DI ANGELO URSELLA

Nel febbraio del 1966 stavo allenandomi nella palestra di roccia di Illegio con Raoul quando arrivò una Fiat 500 color blu cobalto e ne scese un tizio vestito come usava allora: pantaloni alla zuava, maglione fatto in casa e un berretto di lana sotto al quale spuntava un ciuffo di capelli biondi. Lo sconosciuto non ci degnò di un cenno, infilò gli scarponi, preparò il materiale e cominciò ad arrampicare da solo. S?innalzò sulla parete verticale prendendosi parecchi rischi: si muoveva a scatti afferrando al volo appigli malsicuri, chiodi arrugginiti, e ? massima ignominia per un alpinista che si rispetti ? appoggiando ogni tanto le ginocchia. Pensammo che era un pò matto oltre che maleducato, e ce ne andammo prima che ci piombasse sulla testa.

Tre anni dopo, sulla Rivista del Cai, comparve una lettera che si intitolava: "Cerco amici e compagni di cordata". Era firmata da un certo Angelo Ursella, di Buia. L?autore cominciava elencando la sua attività alpinistica ? un formidabile concentrato di solitarie di eccezionale difficoltà ? e concludeva dicendo che era stanco di andarsene in giro per i monti da solo. La cosa fece scalpore: tra gli altri gli telefonarono gli Zandonella di Comelico, Samuele Scalet da Trento, Sergio De lnfanti, Rodolfo Sinuello e anch ?io.

Fissammo un incontro. Mi recai all?appuntamento chiedendomi chi diavolo potesse mai essere quel ragazzo di Buia col quale avevo parlato per telefono, ma che nessuno conosceva, quando vidi parcheggiata sotto la sede della Società alpina friulana una Fiat 500 color blu cobalto, accanto alla quale c?era lo stesso tizio coi capelli biondi che avevo intravisto in quel lontano giorno a Illegio. Angelo aveva la faccia sveglia, occhi chiari, e un naso un po? da pugile, per via di una botta rimediata da ragazzo giocando a pallone. Gli raccontai brevemente la mia modesta storia alpinistica e gli chiesi di fare altrettanto della sua, che modesta non era: non capivo come avesse fatto, lo sconosciuto che avevo visto balbettare alpinismo in quella palestra di fondovalle, a trasformarsi in pochi anni in uno dei più forti scalatori del mondo, tale da reggere il confronto con i grandi ?solitari? di quell?epoca, gente del calibro di Reinhold Messner ed Enzo Cozzolino.

Mi disse che aveva cominciato ad arrampicare da solo perché ignorava totalmente che esistessero dei corsi di alpinismo organizzati dal Cai. Non sapendo bene come cominciare, per prima cosa aveva recuperato nel fienile una corda di canapa, che aveva immerso in una tinozza di tintura rossa per darle un aspetto più presentabile. Poi qualcuno gli aveva spiegato che gli alpinisti adoperavano chiodi di ferro con un buco per agganciarvi la corda, e lui se li era costruiti a mano, visto che faceva il falegname. Quindi aveva tentato di scalare la parete nord di casa lungo le commessure dei mattoni, ma un chiodo era saltato e un amico lo aveva tolto dai guai accorrendo alle sue urla, con una scala. Solo a quel punto, aveva accettato qualche lezione di arrampicata da un altro amico che però era meno bravo di lui e, di conseguenza, Angelo aveva deciso di compiere da solo la sua prima salita in montagna, la Cassin alla Piccolissima di Lavaredo, di sesto grado, arrampicando sia in salita sia in discesa, perché scendere in doppia lungo quella corda da vacche gli sembrava troppo rischioso. Infine, stufo della vecchia corda, se n?era sbarazzato, ne aveva comprata una vera da alpinismo e con quella aveva salito, in solitaria, lo Spigolo degli Scoiattoli alla Ovest, Ia via Dibona alla Punta Giovannina delle Tofane e la Maestri alla Roda di Vael: tre scalate, classificate al limite superiore del sesto grado.

"Tutto qui, concluse. Per chiarezza, alla fine degli Anni Sessanta, chi faceva il quarto grado era considerato un ottimo alpinista, quelli che arrampicavano al quinto erano l?eccezione, quelli che andavano sul sesto erano l?eccezione dell?eccezione: in Friuli, credo non fossero più di una decina. Angelo, in quegli anni, era già andato parecchio oltre. E in solitaria.

Uscii da quell?incontro, con due certezze: mi ero sbagliato, nel giudicare maleducato lo sconosciuto di Illegio: Angelo era gentilissimo, oltre che maledettamente timido. Poi: non si rendeva conto - o forse non gliene importava - di essere già entrato nella storia dell?alpinismo.

L?estate dopo, Angelo mi fece il piü bel regalo al quale i miei vent?anni potessero aspirare: mi portò sulla via Carlesso della Torre di Valgrande, in Civetta. Il mio primo sesto grado. Lo guardavo arrampicare sopra di me, sulla stretta fessura gialla che si confondeva alla fine con un cielo pieno di nuvole color piombo che scaricavano una pioggia che non poteva toccarci, perché la parete strapiombava. Ricamava passaggi estremi, giocava a rimpiattino con soffitti sopra i quali io mi sarei consumato le unghie e rovinato le mani: il brutto anatroccolo che avevo visto rischiare le piume quando muoveva i primi passi, si era trasformato in un capocordata fortissimo.

L?anno dopo partì per l?Eiger, con Sergio, mentre io con Raoul Candidi Tommasi me ne andai ad arrampicare in Lavaredo. Qualche giorno dopo alle prime luci di una giornata fredda e ventosa qualcuno dall?esterno aprì la ?zip? della tenda dove dormivamo, buttò dentro un giornale e scappò via di corsa. Sentii i suoi passi allontanarsi e solo più tardi seppi che era un amico e che non ce la faceva a dircelo in faccia, che sul giornale c?era scritto che Angelo era morto.

Qualcuno ha parlato di una meteora, che ha attraversato il cielo dell?alpinismo italiano verso la fine degli Anni Sessanta. Per una volta mi associo alla retorica: ha lasciato una grandissima luce.
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Messaggioda Spider » mer giu 15, 2005 10:59 am

DAL SUO DIARIO

Fiore nobile la stella alpina. Non so esprimere la gioia che provavo quando la incontravo nel mio vagabondare. Quando ero nella colonia alpina di Forni Avoltri, vedevo gli alpini mentre distribuivano il pallido fiore delle rocce da loro raccolto. Guardavo quel fiore così diverso dagli altri e il mio sguardo correva subito ai monti.

Il Siera in particolare mi entusiasmava. Mi chiedevo quando mai sarei riusciti a salirlo, per ammirare lassù le stelle alpine.

Fin da ragazzo guardavo con desiderio le montagne, ma anche al solo sentirne parlare esse incutevano in me un grande timore. La montagna significava per me due cose: forza e coraggio. Ma allora ero gracile e malaticcio ed essa rimaneva come un sogno irraggiungibile. C?era però qualcosa di forte in me: la volontà.

E gli anni passarono.

Da ragazzo andai al campeggio, e raccolsi tante stelle alpine, e le nascondevo per timore che me le portassero via. Fu allora che imparai ad amare la montagna. Scoprii Ia gioia di camminare in una foresta di pini, di spegnere la mia sete nell?acqua limpida di un ruscello.

In quegli anni però la mia grande passione era il calcio, e se dovevo scegliere fra una gita in montagna e una partita,la mia scelta andava senza dubbio verso quest?ultima.

Un giorno, giocando, subii uno strappo al ginocchio sinistro. Ero disperato. Il calcio era tutto per me. Successe un pomeriggio, mentre disputavo la mia ennesima partita. Con un grido di dolore mi accasciai a terra. Gli amici mi aiutarono a rialzarmi, poi tornarono al loro gioco. Rimasi solo, mentre il dolore non accennava a diminuire.

Con un pianto convulso diedi sfogo alla mia disperazione. Finché qualcosa si ribellò dentro di me. A casa cercai qualsiasi cartolina di montagna, e dinanzi all?immagine che mi si offriva dissi a me stesso: la montagna ti aiuterà a rivivere.

Da allora pian piano scordai il pallone, e la passione verso i monti trovò sempre più spazio nel mio animo. Mi affidai ad essa, anzi mi buttai a capofitto.

Nel 1964, per andare in montagna mi servivo della bicicletta. Macinavo chilometri su chilometri e in tasca non avevo neanche un soldo. Tarvisio, Passo Mauria, Sappada... Partivo presto al mattino e pedalavo verso i monti. L?aria fresca che scivolava sul viso era il mio godimento mentre viaggiavo. Ne il sole torrido, né la pioggia potevano fermarmi: imparai a soffrire il caldo, la sete, il freddo. Mi succedeva a volte di giungere a casa fradicio, ma non me ne curavo, perché sentivo che tutto ciò mi rinforzava il fisico. Non ebbi mai a lamentare un raffreddore.

Nel ferragosto del 1964 partimmo in vespa, mio fratello Silvio e io, alla volta di Misurina: la vista delle Dolomiti, il loro fantastico colore, mi colpirono profondamente, e non riuscivo più a staccare gli occhi dal profilo di quelle vertiginose pareti. Ci avviammo verso le Tre Cime di Lavaredo. Uno spettacolo affascinante! Mai visto nulla di simile! Le crode attorno a noi apparivano e si nascondevano nella nebbia. Raggiungemmo il Rifugio Auronzo, dove scoprimmo un gran traffico di alpinisti che partivano e arrivavano, carichi di corde e di strani aggeggi metallici a punta. Era tutto un mondo nuovo che si apriva ai miei occhi. Le famose pareti nord, soggetto classico di ogni cartolina, erano purtroppo nascoste alla nostra vista, poiché ci trovavamo sul versante sud. Tornai a casa tuttavia impressionato profondamente da tutto ciò che avevo visto.

Venne l?inverno e il ricordo delle Tre Cime era sempre vivo. Giorno e notte guardavo le fotografie di quelle montagne meravigliose, e dentro di me sospiravo il momento in cui avrei potuto rivederle.

Qualcuno mi disse che gli alpinisti adoperavano chiodi di ferro per scalare le pareti. In quel periodo lavoravo in un cantiere a S. Floreano e la sera, finito il lavoro, andavo in officina e tagliavo ferri appuntiti, nei quali praticavo un buco. Poi costruivo un gancio, pure di ferro, che doveva fungere da moschettone. Un giorno, guardando una cartolina, scoprii anche l?esistenza delle staffe. Cominciai allora a costruire i gradini. Poi una sera mi comprai 20 metri di cordino da otto mm e me lo portai trionfante a casa. Fu allora che mi fabbricai le prime staffe.

E venne la domenica e mi sentii pronto per la mia prima impresa: la prima scalata della parete nord... di casa mia. Con aria disinvolta mi portai sotto il muro. Il primo chiodo entrò cantando. Attaccai un gancio, mio brevetto, e appesi la staffa. La manovra si ripeté più volte, finché non giunsi sotto la grondaia, dove mi fermai a studiare l?ultimo problema: il tetto. Ma una staffa, legata con il fil di ferro, cedette improvvisamente, e mi ritrovai appeso al chiodo come un salame. Claudio, un amico che stava assistendo alla scalata, pensò bene di levarmi dai guai e corse veloce a prendere una scala a pioli. Ripiegai, e l?impresa finì lì. Così mi figuravo le arrampicate artificiali.

In seguito a Udine comperai il mio primo libro di montagna: ?Roccia e Ghiaccio?. Così potei constatare che i chiodi usati dagli scalatori erano ben diversi dai miei, come pure i moschettoni. Purtroppo a quei tempi non possedevo abbastanza soldi per comperarmi tale materiale. Preferivo ricorrere alla mia arte e così tagliavo, saldavo, limavo e alla fine guardavo soddisfatto la mia opera. Tornai più volte in officina finché, dopo paziente lavoro, riuscii a costruire due moschettoni: ero raggiante di gioia.

Una sera, mentre sudavo attorno ai miei ferri, si avvicinò a me Nello, il capo impiegato. Vide ciò che facevo e mi disse che a Udine c?erano in vendita dei veri chiodi da roccia. Poi mi promise di portarmeli. Finalmente avrei potute tenere tra le mani un chiodo come si deve! Volli però precedere la sua gentile offerta, e corsi a Udine per acquistarne una certa quantità. Aggiunsi anche qualche moschettone e me ne tornai a casa felice, sicuro che ora non mi mancava più nulla.
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Messaggioda Spider » mer giu 15, 2005 11:03 am

L'ULTIMA NOTTE SULL'ORCO

"Stavamo tutti e due con la testa fuori del finestrino per vedere finalmente l?Eiger; sentivo una certa trepidazione nel conoscere dal vero questa montagna, vista fino ad allora in fotografia. Eccola! All?improvviso dopo una curva fu di fronte a noi. Dio, com?era grande! Sembrava persino impossibile che un prato potesse tener su un gigante del genere".

E? il 12 luglio 1970. II trenino di Grindelwald porta Angelo Ursella e Sergio De Infanti alla Kleine Scheidegg. Da un po? i due scalano insieme, e Angelo, l?arrampicatore "disperatamente solitario" per necessità, il ragazzo che era arrivato a scrivere al C.A.I. centrale per cercare qualche compagno, ha un secondo degno di lui. La tendina viene piantata sotto la parete Nord: una notte in cui sogni e aspettativa si confondono, poi, con le prime luci, l?attacco all?Orco, la montagna inadatta agli italiani, come l?aveva definita Harrer.

Salgono veloci, slegati. Angelo, che, con la consueta meticolosità, aveva studiato l?itinerario nei dettagli, si ferma un attimo solo per indicare i posti delle antiche tragedie:

"Lassù hanno bivaccato nel primo tentativo, lì è morto Toni Kurz". In due ore sono alla traversata Hinterstoisser. "Courage, c?est la deuxieme pour les Italiens!", saluta una cordata belga, che rinuncia, perché il ghiaccio è troppo duro.

Nel pomeriggio un breve temporale li blocca sotto il "Ferro da stiro", al "bivacco della morte", dove passano la notte. II giorno dopo passano la "Traversata degli Dei" e il "Ragno", e vengono di nuovo fermati dal maltempo. Due giorni di nevicata piena, che si interrompe solo nel pomeriggio del 16. La parete nord è in condizioni invernali, ma ci sono ancora tre o quattro ore di luce. Alle quattro di giovedì 16 luglio Angelo prova a uscire. Due tiri difficili, faticati, "penosi", come scriverà De Infanti. Poi una corda fissa dell?invernale Hiebeler. "Recupera!", chiama Angelo. Sergio, con i due zaini addosso, sta liberando le assicurazioni, quando sente un urlo, un tonfo, viene strappato via dal terrazzino, sbatte contro le rocce, perde il casco, si ritrova qualche metro più sotto.

"Cala! Cala!", grida Angelo. "Ti sei fatto male? No, niente. Tira che salgo".

II tentativo di risalita non riesce. L?Orco non restituisce la sua preda. Ancora una volta, là sulla Nord, Angelo è "tremendamente solo". Si fa mandare giù il sacco da bivacco. Poi non parla più. Muore, nella notte che precede il suo ventitreesimo compleanno.
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Messaggioda Siloga66 » ven giu 17, 2005 20:38 pm

Ho letto il libro di Angelo Ursella. La sua storia mi ha sempre reso triste (letto 3 volte) :cry:
Passano le mode ma in Germania la moda dei calzini con i sandali passerà mai.
Ma i tedeschi son fighi lo stesso.
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Messaggioda trivi » ven giu 17, 2005 22:19 pm

Come si chiama il libro?
...E riempire la vita di vita, e non di attesa. (Buzz)

Ho qualcosa da dire, ma non so bene cosa
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Messaggioda Spider » lun giu 20, 2005 12:42 pm

trivi ha scritto:Come si chiama il libro?


Si chiama proprio "Il ragazzo di Buia", e l'"autore" (nel senso che è una raccolta dei suoi diari e lettere) è proprio lui, Angelo Ursella.
Della solita collana I Licheni di Vivalda.

Sì, è una storia decisamente triste, ma a me piace molto, la trovo bellissima nella sua modestia e semplicità.
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Messaggioda yo » lun giu 20, 2005 13:14 pm

Spider, è troppo lungo da leggere! :evil:
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Messaggioda Fokozzone » lun giu 20, 2005 13:32 pm

"Sono Ursella Angelo" diceva.
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Messaggioda Spider » lun giu 20, 2005 13:55 pm

yo ha scritto:Spider, è troppo lungo da leggere! :evil:


:? aaaahhhh, questi giovani sensa pasiensa... :wink:
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Messaggioda yo » lun giu 20, 2005 20:47 pm

Spider ha scritto:
yo ha scritto:Spider, è troppo lungo da leggere! :evil:


:? aaaahhhh, questi giovani sensa pasiensa... :wink:


Già, andrò all'inferno per questo
questa è una gabbia di matti, non vi voglio leggere per almeno 5 giorni :!:
:evil:
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siloga tre volte

Messaggioda troll » lun giu 20, 2005 20:59 pm

Siloga l ' ha letto tre volte.....
i casi sono due : o doveva fare un ' interrogazione oppure
non sa leggere più in italiano ( sarà per colpa di certe trovate leghiste )
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Messaggioda Buzz » lun giu 20, 2005 21:00 pm

yo ha scritto:
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yo ha scritto:Spider, è troppo lungo da leggere! :evil:


:? aaaahhhh, questi giovani sensa pasiensa... :wink:


Già, andrò all'inferno per questo
questa è una gabbia di matti, non vi voglio leggere per almeno 5 giorni :!:
:evil:


hai ragione! guarda a me che faccia mi è venuta ad andare in giro con stemanto!

dicono che assomiglio a speedy gonzales ... :roll:
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Messaggioda yo » lun giu 20, 2005 21:04 pm

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:? aaaahhhh, questi giovani sensa pasiensa... :wink:


Già, andrò all'inferno per questo
questa è una gabbia di matti, non vi voglio leggere per almeno 5 giorni :!:
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hai ragione! guarda a me che faccia mi è venuta ad andare in giro con stemanto!

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Nooo, ma quello non sei tuuuu ....
sei tu? :?
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Messaggioda Buzz » lun giu 20, 2005 21:11 pm

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Già, andrò all'inferno per questo
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hai ragione! guarda a me che faccia mi è venuta ad andare in giro con stemanto!

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Nooo, ma quello non sei tuuuu ....
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ceeeertooooooooo che sono io! la mattina di sabato alle 4 ...
:-D

ora non mi dire che non mi ami più però! :(
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Messaggioda alfaomega » lun giu 20, 2005 21:13 pm

yo ha scritto:Nooo, ma quello non sei tuuuu ....
sei tu? :?

tuuuuuuu

tuuuuuuu che sei diversooooooooooooo

almeno tuuuuuuuu

nell'universooooooooooooooo
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Messaggioda yo » lun giu 20, 2005 21:14 pm

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hai ragione! guarda a me che faccia mi è venuta ad andare in giro con stemanto!

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Dovresti tirar su il mento, sembra che ti stia per cascare in terra...
ma che guardavi ?
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Messaggioda Buzz » lun giu 20, 2005 21:17 pm

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Dovresti tirar su il mento, sembra che ti stia per cascare in terra...
ma che guardavi ?


guardavo stemanto!!!
mica solo il mento ... fa cascare per terra...

insomma non mi ami più? :roll: :cry:
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Messaggioda yo » lun giu 20, 2005 21:25 pm

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:? aaaahhhh, questi giovani sensa pasiensa... :wink:


Già, andrò all'inferno per questo
questa è una gabbia di matti, non vi voglio leggere per almeno 5 giorni :!:
:evil:


hai ragione! guarda a me che faccia mi è venuta ad andare in giro con stemanto!

dicono che assomiglio a speedy gonzales ... :roll:


Nooo, ma quello non sei tuuuu ....
sei tu? :?


ceeeertooooooooo che sono io! la mattina di sabato alle 4 ...
:-D

ora non mi dire che non mi ami più però! :(


Dovresti tirar su il mento, sembra che ti stia per cascare in terra...
ma che guardavi ?


guardavo stemanto!!!
mica solo il mento ... fa cascare per terra...

insomma non mi ami più? :roll: :cry:


No :evil:






















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Messaggioda Buzz » lun giu 20, 2005 21:34 pm

:roll:

ma perchè le donne non mi amano?

mi usano solo a scopi sessuali e poi mi lasciano :cry:
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Messaggioda yo » lun giu 20, 2005 21:41 pm

Buzz ha scritto::roll:

ma perchè le donne non mi amano?

mi usano solo a scopi sessuali e poi mi lasciano :cry:


Ecccerto, guarda che faccia! :D
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