da Fokozzone » mar giu 21, 2005 12:41 pm
Tornando al topic ecco un' articolo che fa riflettere sul ruolo della stampa in questa campagna.
Pretesa ideologica
Ci sono italiani che faticano più degli altri a capire che
cosa è successo.
Tra questi, immaginiamo, i lettori dei grandi quotidiani.
Il professionista o lo studente che in questi mesi ha letto
solo il Corriere, o Repubblica, o la Stampa da quell'avaro
25,5% di votanti dev'essere rimasto letteralmente
sbalordito.
Certo, era possibile che l'astensione prevalesse, si sa
infatti che è in atto una reazione cattolico-integralista,
ma era pur sempre configurabile una sconfitta solo di
misura.
La sconfitta invece è una Caporetto, ed appare incredibile,
tutto era così chiaro, la legge 40 era crudele, medioevale,
contro le donne, e contro i malati, e aveva la riprovazione
di tutta la meglio parte della società: i radicali in
primis, le sinistre, i cattolici veramente democratici, i
medici più fotogenici, quasi tutti gli intellettuali, le
attrici più belle, nonché il ministro per le pari
opportunità.
Con un simile, politicamente correttissimo schieramento,
dispiegato ogni giorno sulle pagine delle corazzate
dell'informazione italiana, i lettori non potevano avere
dubbi su come stavano realmente le cose.
Né potevano immaginare che mentre Veronesi proclamava che
scimpanzé e uomo pari sono, mentre Giovanni Sartori
sosteneva che l'embrione è "inesistente", mentre Emanuele
Severino avviluppava il povero lettore del Corriere nella
rete della sua filosofia, altri italiani, attraverso altri
giornali, o su Internet, o seguendo incontri cittadini e
dibattiti nelle parrocchie, imparavano sulla legge 40 e
dintorni cose che i loro grandi giornali non raccontavano.
Per esempio che le staminali embrionali non curano ad oggi
nessuno; che la selezione preimpianto è vietata, in quanto
eugenetica, in molti civili paesi d'Europa; che in Gran
Bretagna da quest'anno i donatori di seme non sono pi&ugr
ave; anonimi, perché ogni figlio ha diritto a conoscere suo
padre.
Argomenti che i grandi giornali non hanno trattato o
comunque non con lo spazio che avrebbero meritato, ma che
hanno percorso i canali, cattolici e laici, del dissenso
alla legge 40, e sono diventati elementi di una cultura
consapevole, e per niente supinamente obbediente ai diktat
di una gerarchia, come certi laici amano fantasticare,
preferendo cullarsi nei loro vecchi sogni - cattolici come
infanti, come automi proni ai vescovi - che confrontarsi con
la realtà.
C'è stata dunque per mesi un'Italia non vista, sommersa, che
non si è voluta vedere.
Parlavano e parlavano le Montalcini, e le Donne per il sì,
scriveva Eugenio Scalfari, si esponeva la Prestigiacomo,
insomma girava il disco autoreferenziale senza che ci si
accorgesse di questa controcultura cattolica e laica, né
dell'astrusità di quesiti per cui molta gente doveva
necessariamente fidarsi di qualcuno (e bisogna pur capire
perché fidarsi della Chiesa è indegno, e della Bonino invece
è rispettabile).
Poi, del tutto inaspettata, questa percentuale a dire:
avevate la bussola guasta, l'Italia sta da un'altra parte.
Al timone delle corazzate, qualcuno si dovrà pur essere
confessato: non abbiamo visto, credevamo che il Paese fosse
uno, ed era un altro.
A meno di volersi contare, come ha fatto un esponente
radicale strappandoci un sorriso, che «l'astensionismo
fisiologico nei referendum è ormai al 45%».
Chissà perché allora si fanno.
Ma queste cose si possono lasciar dire ai politici, il loro
mestiere è anche rappezzare le sconfitte.
Quello dei giornalisti invece è raccontare la realtà.
Così com'è, e anche se non piace.
Uno straniero che rileggesse i nostri quotidiani di questi
mesi non avrebbe dubbi: l'Italia andava verso un plebiscito
di sì contro la "legge crudele".
Cos'hanno fatto i grandi giornali?
Invece di raccontare la realtà, hanno inteso "crearla",
sulla base di una pretesa ideologica.
Demiurghi, invece che cronisti.
Alleati dei poteri forti, quelli veri, nell'indicare una
modernità obbligatoria.
Ma la realtà del Paese non ha ubbidito, la notizia è questa,
chissà però se la racconteranno.
Marina Corradi