quchibu ha scritto:Ieri in valle dell'orco non ho scalato.
Era tutto bagnato, anche l'aria era bagnata. E le nuvole basse nascondevano la roccia.
Abbiamo aspettato un pò, nel bar, se improvvisamente si fosse aperto e si fosse visto un pò di azzurro.
E dall'azzuro il sole ad asciugare le pareti. E le pareti a far venire voglia di scalare.
Ma non era il giorno giusto. E quando il bar è stato troppo pieno di gente e di parole.
Come se aleggiassero i fantasmi di quelle nuvole di fumo denso che fino a qualche anno fa lo riempivano, in giornate come queste. Nebbia dentro come quella fuori.
Quando non si respirava più, ce ne siamo andati.
Senza rimpianto. E senza fretta.
E lungo la strada un gregge di pecore, verso valle, a sfuggire il freddo e l'umido. E noi dietro, al loro passo.
I cani.
I cani corrono gioiosi e feroci attorno alle pecore. Le mordono con malizia, sulle coscie, quasi casualmente, quelle che trasbordano dalla massa.
Si dividono i compiti: uno attento alla sinistra, l'altro spazza la coda muovendosi come un metronomo, trasversale alla strada, inesorabile con le ritardatarie.
Quello davanti si congiunge per un attimo a quello dietro, sembra che comunichino e torna avanti. A guidare il gregge.
Mi affascina guardare il loro andirivieni. La loro attenzione ai padroni, che li lasciano fare. La loro frenesia, comunicata al gregge, che si muove sotto la spinta di un'urgenza, contrapposta alla calma dei pastori.
Io conosco i cani. So quando ridono, quando sono felici, quando sono orgogliosi di quello che fanno.
Non conosco le pecore. A guardarle sembra che il loro unico scopo sia quello di strappare un boccone di verde ove possibile, nella fretta del trasferimento, senza curarsi d'altro che di questo. Mangiare.
O forse anch'io, come i cani, le guardo come massa. E per una che fa una cosa qualsiasi generalizzo e prendo la parte per il tutto.
E se una di quelle pecore fosse dottore in filosofia, chi se ne accorgerebbe?
Troverebbe modo, con i suoi occhi da pecora, di comunicarmi le sue riflessioni?
La vedrei sempre come gregge, macchia informe di giallino in una massa brulicante, su una strada bagnata, fra la gente che ha fretta.
Ieri non ho scalato, ma non importa in fondo.
Ho visto le pecore e i cani. Dopo mille volte che li avevo visti. E per la prima volta li ho guardati sul serio.
Ma anche le pozze d'acqua scura, di quel colore che mi ricorda il kerosene, quel blu odoroso della mia infanzia di stufe e di taniche, e i colori dell'autunno.
Ieri non ho scalato. Ma non importa.
Che bel post.
Ieri invece ho scalato.
Ero pronto alle 5, aspettando un amico che mi venisse a prendere davanti casa, la mia macchina e' rotta. Da un insieme metallico e veloce si e' trasformata in una massa di tubi morti e di bulloni pesanti che non fanno altro che disintegrare le mie ore di lavoro trasformandole in ore di lavoro del meccanico.
Aspettavo mentre tutti dormivano, mi fumo una sigaretta dopo il caffe' il cielo e' ancora buio, lo zaino per terra, le case intorno contenitori di gente che dorme, che si rivolta nelle lenzuola calde, mentre io ripeto nellla testa i movimenti della via che voglio liberare oggi .
DUe fari svoltano l'angolo, Chris arriva, la macchina e' calda, butto lo zaino vicino al suo e partiamo.
Passiamo a prendere Hussein, che parla Italiano, cambiamo macchina, passiamo l'Altamont pass dove la centrale eolica taglia l'aria con centinaia di mulini a vento. L'autostrada vuota, si fila attenti alle pattuglie della stradale.
SI chiacchera di vie e di chi ha aperto cosa e dove, passiamo per Oakdale, cittadina rurale, poi per la 108 tra le campagne, la stessa strada ti porta a Yosemite se continui.
Il sentiero e' fresco e umido.
La roccia aguzza rivela le prese mentre ti muovi, una via conosciuta per riscaldamento, vado io per primo.
FInalmente sul mio progetto, inizia con un diedro da salire delicati, poi la roccia si rompe in blocchi e arrivno i passaggi duri. Continuo a salire replicando movimenti che conosco, cercando di essere efficente e deciso, risparmiando energia per il passaggio che continua a respingermi.
Ci arrivo, moschettono, riscendo un movimento per riposare, per rimandare la prova che mi aspetta. Respiro.
i piedi, il sinistro li' il destro di esterno molto alto. La tacca, piccola morde i polpastrellli. La tensione, respira con il diaframma, chiudi sulla la tacca, lancia in alto, ce n''e un altra nascosta.
La manco.
Il corpo si rilassa mentre volo, solo le gambe si preparano all'impatto.
respiro. il sinistro completamente acciaiato. ero ancora freddo...pare funzionare come scusa, almeno per me.
Mi ritrovo ancora una volta a studiare il pezzo di roccia davanti a me.
il pezzo di roccia che mi ha ossessionato per tutta la settimana, per il quale mi sono alzato presto...per avere le condizioni migliori, aderenza, fresco...qyuasi un po' umido stamattina.
Il pezzo di roccia che ha valore solo per me e per che decide che si sentira' meglio solo quando avra' concatenato le tre tacche e i ballletti di piedi del passaggio chiave.
Un falco volteggia in alto, nel lago qualcuno prende velocita' con un motoscafo.
Altri arivano per arrampicare.
guardo il mio mignolo la pelle della parte di sotto si e' avvolta in un ricciolo calloso che si e' strappato quando ho mancato la tacca finale.
Il sangue brilla al sole.
Lo succhio via e riprovo il passaggio che dopo un breve riposo sembra facile.
COntinuo a scalare il resto della via, buchi, mani, piedi tacca svaso..mi muovo senza pensare
Hussein mi guarda da sotto...dopo tocca a lui.
Chris non si azzitta mai sul'altra via.
FInisco, ma so che non ho finito. riposero'
tra mezzora e rifaro' tutto il balletto di nuovo, per arrivare a quella tacca piccola chiudere deciso e lanciare all'altra che non si vede. Bisogna essere precisi...se pensi di sbagliare cadi, se pensi di cadere non cominci neanche.
bisogna essere veloci..lasciare le paure fantasma dietro, quelle voci che ti fanno dubitare della tenuta del piede mentre tiri su la corda per moschettonare.
Mordo via il pezzo di pelle e lo lascio in un buco della roccia.