pesa ha scritto:Ribadisco il fascino dell''argomento.
Ma per tornare alla mia prima domanda:
e' corretto dire che il PIL non puo' crescere all'infinito perche' le risorse non sono infinite ma che sia destinato a fluttuare all'infinito? Ovvero che l'alternanza vacche-grasse vacche magre e' inevitabile?
E che passando da previsioni nel breve periodo a previsioni su tempi lunghi o molto lunghi, all'ultrabenessere sperimentato in occidente in tempi recenti
dovra' seguire, nonostante il progresso scientifico e tecnologico, una "ultrarecessione"?
Se 'sta volta l'ho sparata troppo grossa chiedo scusa, a quest'ora il mio cervello tipicamente comincia a surriscaldarsi...
L'argomento è effettivamente affascinante. Visto in un'ottica di produzione di beni fisici l'equazione che vede le risorse limitate da una parte e le possibilità di sviluppo del PIL dall'altra dovrebbe, in effetti, portare a dire che lo sviluppo non può essere infinito e che, prima o poi, deve portare ad un qualche tipo di equilibrio in cui potenzialmente si dovrebbero reinserire delle ottiche cicliche quasi marxiane. Il fattore di incertezza è legato alla crescita del valore intangibile e intellettuale all'interno dei beni fisici nei quali la componente di materia prima diventa sempre meno importante. Mi spiego: trent'anni fa, acquistando un'automobile si comprava ferro e plastica per una percentuale molto alta del valore complessivo, più un pochino di valore aggiunto legato alla ricerca dell'ottimizzazione meccanica. Oggi, nel valore di un'auto la componente di valore della tecnologia IT in senso lato, ovvero di trattamento dell'informazione, è molto elevata. Questa crescita del valore del capitale intangibile forisce un potenziale ancora largamente inesplorato in grado, potenzialmente, di costituire una fonte di fortissima crescita di ricchezza anche a medio - lungo termine.
In quasi tutti i beni di consumo e durevoli il trend di riduzione del costo industriale è nettissimo: cala il costo della materia prima e del processo produttivo e cresce quello dell'ammortamento dell'investimento in ricerca e in marketing.
Questo trend ha due implicazioni molto interessanti: la prima è che, appunto, tendenzialmente apre spazi di crescita della ricchezza non legati allo sfruttamento di risorse fisiche limitate. La seconda, molto più delicata e preoccupante, è che all'interno dei cicli produttivi cala l'importanza del lavoro e cresce quella del capitale, indispensabile per poter costruire gli asset intangibili che già oggi costituiscono la base della creazione di valore in quasi tutti i settori industriali.
Di conseguenza, se da una parte non mi sento di dire che il ritorno ad un'economia "classica" di ciclo sia inevitabile, dall'altra questo fenomeno mette in crisi (e se ne vedono benissimo già tutti i segni) anche molte strutture che ruotano intorno al lavoro come nucleo fondamentale della società.
L'Italia da questo punto di vista rappresenta un caso di studio molto interessante: non ho sotto mano le cifre precise per cui vado a memoria e potrei sbagliare di qualche decimale, ma al netto di questi errori, nel nostro paese la crescita del valore del potere di acquisto legato al lavoro dipendente negli ultimi dieci anni è cresciuto di meno del 5%, mentre la ricchezza delle famiglie di più del 20%. Questo differenziale è legato proprio allo spostamento da una logica economica ad un una patrimoniale e finanziaria. Stiamo sopravvivendo al progressivo improverimento del paese grazie al risparmio diffuso che rappresenta (o meglio, rappresentava) una sana abitudine italica. Purtroppo, malgrado la bolla immobiliare ancora gonfia, questo giochino mostra sempre più chiaramente di non poter durare.
Se le cose vanno avanti così potremmo quindi trovarci a vivere in un mondo dove il PIL può, entro certi limiti, continuare a crescere, ma la ricchezza tenderà a concentrarsi in un numero sempre più ridotto di mani.
... spero di non essere andato troppo fuori tema...
Ogni problema complesso ammette almeno una soluzione semplice. Sbagliata.
Siamo qui per scalare, mica per divertirci!