da stefano michelazzi » mer set 27, 2006 10:31 am
Silvia Baraldini fu condannata nel luglio del 1983 dalla Corte Federale di New York a 43 anni di reclusione con una sentenza emessa dal giudice Buffy per tre reati:
1. 1. Intento di cospirare in attività criminose, punibili in base alla legge Antimafia R.I.C.O. Per questa imputazione le sono state inflitti 20 anni di carcere.
2. 2. Concorso nell'evasione della rivoluzionaria afro-americana Joanne Chesimard, alias Assata Shakur, dal penitenziario federale di Clinton nel New Jersey avvenuta il 2 Novembre 1979. Per questa imputazione le sono state inflitti 20 anni di carcere.
3. 3. Rifiuto di testimonianza davanti al Gran Giurì che indagava sull'attività rivoluzionaria degli indipendentisti portoricani. Per questa imputazione le sono stati inflitti 3 anni di carcere.Cerchiamo ora di spiegare il perché della severità di questa pena.
La prima imputazione riguarda la militanza della Baraldini in due movimenti rivoluzionari "19 Maggio" e "La famiglia". In base alla legge R.I.C.O. (Racheteering Influenced Corrupt Organization), i crimini commessi da un membro di un movimento, vengono automaticamente addebitati a tutti gli altri membri.
La R.I.C.O. fu una legge speciale emanata nel 1970 per colpire la mafia e la criminalità organizzata. Tra l'altro fu subito dichiarata anticostituzionale dai maggiori giuristi, per la sua arbitrarietà.
Silvia Baraldini in pratica fu condannata a 20 anni di reclusione per il solo fatto di aderire a movimenti definiti "rivoluzionari", senza mai commettere crimini di sangue o attentati.
Nella seconda imputazione, riguardante l'evasione, la Baraldini ebbe un ruolo molto marginale. Guidò l'auto usata per l'evasione, non era armata, non partecipò direttamente all'azione evasiva in quanto aspettò fuori dal carcere. Nell'evasione non ci furono né sparatorie né feriti.
La terza imputazione riguarda il rifiuto della Baraldini di comparire davanti ad un Gran Giurì che indagava sul Fronte Nazionale di per la liberazione di Portorico. Questo suo rifiuto le costò altri 3 anni di carcere.
Quindi la nostra connazionale si ritrovò condannata a 43 anni grazie ad una sentenza esemplare che non ha bisogno di commenti.
Dopo la condanna la Baraldini venne rinchiusa nel carcere metropolitano di New York dove rimase sino al maggio del 1984 quando fu trasferita nel carcere di Plesanton in California.
Nell'85 l'FBI cercò di trattare con Silvia affinché denunciasse alcuni componenti dei membri a cui apparteneva, offrendole prima 25000 dollari, poi addirittura la libertà.
La Baraldini rifiutò decisamente e questo suo atteggiamento di non collaborare, di non pentirsi e quasi di prendersi gioco dei federali le costarono nel 1987 l'appellativo di detenuta "pericolosa": dopo 4 anni di carcere si ritrovò ad essere una delle detenute più pericolose d'America, pur non avendo compiuto nessun'azione o comportamento particolare durante la detenzione e nel gennaio dell'87 venne trasferita nel carcere "lagher" di massima sicurezza di Lexington nel Kentucky.
Qui trascorse 19 mesi in condizioni disumane: isolamento totale in celle sotterranee, perquisizioni corporali continue, luce accesa giorno e notte, telecamere puntate addosso anche nel bagno, utilizzo di un tipo di luce che non permetteva la distinzione dei colori, non poteva tenere oggetti personali, non poteva appendere fotografie ecc...
Inoltre durante la detenzione in questo carcere Silvia si ammalò di cancro uterino e fu sottoposta dopo varie peripezie a due interventi chirurgici.
Finalmente nel Luglio del 1988 dopo un intervento di Amnesty International, il carcere di Lexington venne chiuso.
Si arriva quindi al carcere giudiziario di Manhattan e poi al sovraffollato Metropolitan Correctional Center di New York.
E siamo ai primi mesi del '90. Se fino a questo momento la situazione era drammatica, ora diventa amara e ridicola, sia da parte americana ma come al solito soprattutto da parte italiana.
Infatti entra ora in gioco la Convenzione di Strasburgo che potrebbe, anzi dovrebbe rappresentare la fine di questa vicenda assurda.
Fino al 1990 in Italia, tranne alcune sporadiche eccezioni, c'era stato un vergognoso disinteressa nei confronti del caso Baraldini.
Nel 1989 Silvia fece richiesta di essere trasferita in un carcere italiano, ma fu "sfortunata" perché la domanda venne presentata proprio mentre era in corso lo scandalo dei presunti finanziamenti all'Iraq da parte della filiale di Atlanta della Banca Nazionale del Lavoro. L'Italia stava facendo pressioni affinché il ruolo dei funzionari italiani in quella vicenda venisse insabbiato e allo stesso tempo non poteva dunque far pressioni anche per appoggiare la richiesta del trasferimento della Baraldini.
Inoltre durante la visita dell'allora Ministro degli Esteri Gianni De Michelis a New York il 24 Aprile 1990, la Baraldini venne "casualmente" trasferita in tutta fretta, con un volo speciale e sotto scorta armata nel carcere di Marianne in Florida, un carcere dalle caratteristiche geografiche adatte per un isolamento totale dal mondo esterno: dista 100 Km circa dal centro abitato più vicino, per raggiungerlo occorrono circa 4 o 5 ore di volo da New York più due ore di automobile. Lo scopo era quello di isolarla dalle visite.
Intanto nel dicembre del 1990 arrivò la risposta negativa alla domanda di estradizione: risposta che ha del ridicolo.
Il Ministro di giustizia americano motivò così il rifiuto: la detenuta in Italia sconterebbe una pena minore di quella comminatale negli USA, con il rischio addirittura di essere rimessa in libertà. E dato che è stata protagonista di gravi reati, si è sempre rifiutata di collaborare e non c'è segno di pentimento, una volta in libertà potrebbe continuare a tramare contro gli Stati Uniti.
Questa risposta non tiene conto della stessa Convenzione di Strasburgo che permette la conversione della pena secondo l'ordinamento italiano e dato che in Italia non esistono leggi anticostituzionali e ridicole come la R.I.C.O. e soprattutto dato che in Italia il carcere non mira alla vendetta ma alla rieducazione del detenuto, gli Stati Uniti non possono pretendere di far scontare in Italia alla Baraldini oltre 30 anni di detenzione, anche perché in Italia la pena massima è l'ergastolo che corrisponde a 30 anni di carcere.
Alla fine del gennaio 1992 il governo italiano presentò un'altra richiesta di estradizione, aggiungendo nuove garanzie nei riguardi della giustizia italiana ma la richiesta venne respinta nuovamente da Washington con le stesse motivazioni della prima più una: il trasferimento della Baraldini sarebbe apparso agli occhi degli americani come un segno di debolezza della giustizia statunitense.
Nel 1994 Silvia viene trasferita dal carcere di Marianne a quello di Danburry, un carcere dalle sembianze più umane, dove svolge il ruolo di bibliotecaria e le visite da parte di parenti e di amici sono più frequenti.
A cavallo fra il '94 ed il '95 fu presentata la terza richiesta di trasferimento con il conseguente no da parte USA motivato sempre dalle stesse argomentazioni ed infine nel marzo di quest'anno ci fu il quarto e più travagliato no USA, che venne tenuto all'inizio nascosto dal Governo Dini (eravamo in campagna elettorale) e che precedette di poco l'evasione del terrorista palestinese coinvolto nel sequestro dell'Achille Lauro, occasione in cui gli Stati Uniti con una perfetta faccia tosta, rimproverarono la Giustizia italiana e cercarono di avanzare l'idea di trasferire in un carcere americano il suddetto terrorista appena fu ricatturato.
In grassetto le motivazioni ufficiali della condanna e i sunti sui fatti accaduti.
Per l'accusa di concorso nella rapina che vide uccisi due poliziotti e per la quale Silvia venne indagata (episodio sul quale spesso fanno leva alcuni "bravi" esponenti politici per accusarla di quel termine ormai alla moda :terrorismo, raccontandola solo a metà...), già al tempo del processo venne scagionata completamente in quanto Silvia si trovava a chilometri di distanza al momento del fatto.
Ora, viste le accuse che si fondano evidentemente sulla contrarietà nei confronti delle sue idee e non certo sull'accadimento di fatti gravi (la documentazione ufficiale dei processi si può comodamente trovare in internet, cosìccome gli appelli del suo avvocato contro questa assurda sentenza), mi chiedo come si può avere il coraggio di definire gli USA un paese democratico???
Ricordo che per l'unico reato del quale fu accusata Silvia e che fu realmente commesso ossia l'evasione di Assata Shakur, si parla della liberazione di un attivista di quel movimento per i diritti civili del quale fece parte anche Malcom X, e che negli anni '70 ingaggiò la lotta per il riconoscimento dei diritti civili dei neri americani...alla faccia di civiltà e democrazia...!
Malcom X oggi si studia nelle scuole occidentali ricordandolo come esempio nella lotta di liberazione degli afro-americani!
Si parlò poi della sua estradizione in Italia come di un "regalo" USA per coprire il crimine del Cermis, senza far conto del fatto che le pratiche per il suo rientro furono iniziate molto prima che tale fatto accadesse...non vi viene in mente che sia il diktat statunitense, contrario a tutti gli accordi internazionali sull'obbligo di scontare la pena in toto per Silvia anche dopo il suo rientro in Italia e l'evasione organizzata (perchè questo è stato) dei due piloti stragisti del Cermis, sia frutto non certo di democrazia ma del menefreghismo nei confronti della sovranità italiana?
E di fatti di questo genere ne sono piene le cronache, Ustica davanti a tutti!!!
Come si fa a parlare ancora di paese democratico alla luce di fatti come Guantanamo, delle torture ai prigionieri iraqueni, delle cariche della polizia sui manifestanti pacifici contrari alla politica di Bush che accadono ogni giorno negli USA(basta averne voglia e di questi fatti si trovano migliaia di testimonianze anche visive su internet)???
Ma basta così...altrimenti l'argomento si dilaterebbe troppo ed uscirei dai binari perdendo il contatto col titolo del topic...
Sono contento che Silvia sia finalmente libera e spero che questo sia, seppur piccolo, il primo passo verso un riscatto del nostro Paese nei confronti di un sistema (N.B. non verso il popolo americano ma verso chi li comanda!) dittatoriale e permettetemi il termine, imperialista!