le radici cristiane dell'Europa

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Re: dio non c' è

Messaggioda BBB » sab ott 29, 2005 11:36 am

troll ha scritto:Dio non c' è , se ci fosse mi avrebbe bannato


:lol: :lol: :lol:


Secondo me questa è arte.
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Messaggioda KAZAN1975 » sab ott 29, 2005 17:18 pm

il.bruno ha scritto:
KAZAN1975 ha scritto:BRUNETTO...MA LO SAI ...TI CI AVREI VISTO BENE QUALCHE SECOLO FA NELLE VESTI DI CROCIATO ! DI QUESTO BISOGNA DARTENE ATTO !
W IL DIALOGO CIVILE.







PERO' LOPERAZIONE MERDA SU MERDA E' ANCORA VALIDA

:twisted:

Stiamo dialogando civilmente, no?


certo che stiate dialogando civilmente... e questo e' buono :)
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Messaggioda HappyFra » dom ott 30, 2005 20:58 pm

il.bruno ha scritto:
HappyFra ha scritto:
il.bruno ha scritto:
HappyFra ha scritto:
il.bruno ha scritto:
HappyFra ha scritto:No, la tua conclusione è totalmente sbagliata, perché mancanza di certezza non implica la certezza del contrario. Ogni giorno io mi metto in macchina e faccio 20 km di autostrada per andare a lavorare. Non ho la certezza di non fare un incidente e lasciarci le penne, ma le probabilità mi dicono che posso accettare questa decisione. Se pensassi di avere la certezza assoluta di non fare mai un incidente sarei un imbecille. Così come sarei un imbecille se pensassi di non poter mai rimanere vittima di un avvelenamento alimentare mangiando al ristorante. Non ne ho la certezza, ma sulla base dell'esperienza e del buon senso mi faccio delle convinzioni e agisco di conseguenza. Questo è quello che intendevo per comportamento adulto e responsabile.

Io non ho parlato di certezza del contrario, ma dell'incertezza che lasci tu.
Così come non ho parlato di "mai".
Quindi in pratica usi la ragione come dico io e non come dici tu, solo che non te ne rendi conto.
E della tua ragione strettamente logica, visto che non ha attinenza con i 20 km che fai tutte le mattine per andare in macchina, nè con il resto della tua giornata, se ne può fare tranquillamente a meno. Preferisco quella che ho descritto io.


Non riesco veramente a seguire la tua logica. Rispondi a questa domanda con un sì o con un no: entrando in un ristorante sei assolutamente certo del fatto che non sarai vittima di un avvelenamento da cibo avariato?

Dipende.
Se entro in un ristorante che conosco nel quale non mi hanno mai avvelenato, e non vedo niente di strano intorno a me, mangio senza la preoccupazione di essere avvelenato. Sì, sono certo.
Se entro in un posto per me nuovo dove vedo girare i topi, alzo i tacchi e me ne vado! Perchè? Perchè ho visto dei segni premonitori (i roditori) del mal di pancia che avrei avuto successivamente...

Ora una domanda te la faccio io: che differenza c'è fra questi due esempi?

Esempio 1: sono sempre andato ad un ristorante dove non mi hanno mai avvelenato. Sono sicuro che non mi avvelenano. Una sera vado e mi avvelenano. Da quella sera in poi non ci vado più.

Esempio 2: sono sempre stato convinto che il tempo fosse un assoluto in ogni sistema di riferimento. Sono sicuro che sia così. Un giorno arriva Einstein e mi fa vedere con la teoria della relatività che per due diversi sistemi di riferimento il tempo è diverso. Da quella volta in poi non credo più che il tempo sia un assoluto.


Non hai risposto alla mia domanda

Leggi bene che ho risposto. E' proprio un bel modo di fare quello di fare le pulci agli altri senza nemmeno leggere quello che scrivono.
Ora tocca a te, o vuoi nasconderti dietro ad un presunto cavillo come al solito?


Scusa, ma secondo me devi studiare un po' meglio il significato delle parole.
La domanda è: entrando in un ristorante sei assolutamente certo del fatto che non sarai vittima di un avvelenamento da cibo avariato?
Rispondi sì oppure no. Lo stato di assoluta certezza non ammette un terzo caso. Altrimenti, se vuoi, traggo io la conseguenza e ti dico che il tuo dipende significa "no".
Che è la risposta giusta (solo un cretino avrebbe risposto al contrario) è dai ragione a me quando sostengo che le certezze non esistono e il tutto si basa su ragionevoli assunzioni di probabilità raccolte per induzione.
Ogni problema complesso ammette almeno una soluzione semplice. Sbagliata.


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Messaggioda Enzolino » lun ott 31, 2005 10:05 am

Jocondor ha scritto:Sorprendente, non è vero?
Lo capirebbe anche un bambino di 8 anni; eppure la Chiesa non lo capisce, e, da secoli, glissa sulla questione.... e i cattolici, preti compresi, non ne parlano affatto e se ne parlano è solo per, senza veri argomenti, confutarla....
Sono daccordo con te: non è una prova. Ma tu, che ti proclami (mi sembra) cattolico e credente:
1) credi alla teoria dell'evoluzione della specie per mutazione genetica casuale e per selezione naturale?
2) credi che esista il Diavolo?
3) credi che le due cose siano da citarsi nella costituzione europea?

Io credo che le radici dell'Europa siano anche cristiane; come sono indoeuropee (il vino), giudaiche, (il solo Dio) e greco-romane (la tragedia, il diritto, la lingua scientifica ed in particolare naturalistica e medica); ed infine, assolutamente, anche socialiste: perchè Carlo Marx era ebreo e tedesco, e le sua teoria scientifica, dal 1848, ha mosso e muove milioni di europei.
Dobbiamo mettere tutto questo nella Costituzione?

Dimenticavo:levi-Montalcini non afferma che sia una prova come dici tu. Uno scienziato, non può affermare cose che non sono provate sperimentalmente. Se poi lei non è credente e lo afferma con la sua solita decisione, in questo modno di senzapalle timorati non di Dio ma del prossimo, io personalmente gliene sono grato.
A jocondor ... aggiornati un'attimino ... guarda che non siamo piu' nel medioevo, dove la chiesa parla solo della creazione e del diavolo ... MA DOVE VIVI? Ma che razza di discorsi fai?
Poi come fai a paragonare qualcosa di radicato nei secoli con eventi come il socialismo di Marx?

Fatti un giro in Europa e confronta le chiese cristiane con le falci e i martelli comunisti ... pur simpatizzando per il comunismo, certi paragoni son proprio fuori luogo e rivelano la totale mancanza di argomenti ...

Cosi' come, scusa se te lo dico, cercare di mettere in ridicolo certe credenze non fa certo onore all'intelligenza di chi, appunto, vuole banalizzarle.
Io non sono ne' animista, ne' induista, ne' mussulmano, ne' buddista, ne' taoista, ma riconosco che, dietro le loro credenze, esiste un significato spirituale di un certo valore, che spiega anche come tali credenze siano potute sopravvivere tra i contadini, gli intellettuali, le casalinghe, gli operai, ecc nei corso dei secoli.

Ciao :wink:

Lorenzo
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Messaggioda il.bruno » lun ott 31, 2005 10:43 am

HappyFra ha scritto:Scusa, ma secondo me devi studiare un po' meglio il significato delle parole.
La domanda è: entrando in un ristorante sei assolutamente certo del fatto che non sarai vittima di un avvelenamento da cibo avariato?
Rispondi sì oppure no. Lo stato di assoluta certezza non ammette un terzo caso. Altrimenti, se vuoi, traggo io la conseguenza e ti dico che il tuo dipende significa "no".
Che è la risposta giusta (solo un cretino avrebbe risposto al contrario) è dai ragione a me quando sostengo che le certezze non esistono e il tutto si basa su ragionevoli assunzioni di probabilità raccolte per induzione.

Senti, se tu mi chiedi se a prescindere di tutto io sono certo del fatto che in un ristorante non mi avvelenino, la risposta è no, ma è la domanda ad essere cretina, e a non c'entrare niente con quello che ho scritto finora io, anche perchè "il ristorante" che mi chiedi tu non esiste, mentre esistono "i ristoranti". Se la tua idea di ragione ti porta a non capire quello che gli altri scrivono o a formulare domande cretine, mi pare un buon indizio per avere certezze fondate sulla tua idea di ragione.

Io ho fatto questo esempio
il.bruno ha scritto:se ci mettessimo a perquisire la cucina del ristorante e a fare analisi chimiche su tutti gli ingredienti che troviamo ogni volta che ci entriamo, ti parrebbe una cosa ragionevole?

non mi pare che esso implichi che in ogni ristorante della terra non mi avvelenano. Ci sono evidentemente delle situazioni in cui se uno chiama l'ASL a fare delle analisi alla cucina del ristorante ha delle ragioni fondate per farlo.

Altro punto: io non sto parlando di certezze assolute di tipo logico matematico, ma di certezze fondate, cioè di ragioni adeguate per determinare i comportamenti, e tu in non so quale tuo intervento sopra hai fatto un salto fra le due cose, che io non ho mai fatto, e che forse per questo ti fa porre domande che non c'entrano e non capire quel che scrivo. Trattare le certezze "morali", cioè alla base dei comportamenti, come certezze logico-matematiche, sarebbe come trattare un problema chimico con le leggi della trigonometria, cioè si usa un metodo sbagliato.

Visto che non rispondi al mio quesito, rispondo io con questa frase che ho già riportato prima.
il.bruno ha scritto:Il fatto che uno possa raggiungere delle certezze che poi si rivelano errate, non scalfisce questo concetto di ragione, tanto è vero che anche la storia della conoscenza scientifica contiene tante "correzioni di rotta" e contraddizioni via via affinate, eppure nessuno mette in dubbio che con la scienza si possano raggiungere delle certezze.

Forse la risposta ti sorprenderà, ma io non ritengo che prima di Einstein fossero in errore sulla questione del tempo. Non avevano ragioni adeguate per avere una "certezza fisica" diversa. Analogamente si può dire per il ristorante x dell'esempio 1. Ritengo semplicemente che gli esempi descrivano il compiersi di un passo in avanti di due processi di conoscenza razionali, che procedono però mediante due metodi diversi, uno di tipo sperimentale, l'altro di tipo analitico.
Ultima modifica di il.bruno il lun ott 31, 2005 11:17 am, modificato 2 volte in totale.
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Messaggioda il.bruno » lun ott 31, 2005 11:02 am

KAZAN1975 ha scritto:
il.bruno ha scritto:
KAZAN1975 ha scritto:BRUNETTO...MA LO SAI ...TI CI AVREI VISTO BENE QUALCHE SECOLO FA NELLE VESTI DI CROCIATO ! DI QUESTO BISOGNA DARTENE ATTO !
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Infatti. E se non mollo è perchè questo tema dell'idea di ragione, tema assolutamente laico, mi preme molto.
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Messaggioda HappyFra » lun ott 31, 2005 11:11 am

il.bruno ha scritto:
HappyFra ha scritto:Scusa, ma secondo me devi studiare un po' meglio il significato delle parole.
La domanda è: entrando in un ristorante sei assolutamente certo del fatto che non sarai vittima di un avvelenamento da cibo avariato?
Rispondi sì oppure no. Lo stato di assoluta certezza non ammette un terzo caso. Altrimenti, se vuoi, traggo io la conseguenza e ti dico che il tuo dipende significa "no".
Che è la risposta giusta (solo un cretino avrebbe risposto al contrario) è dai ragione a me quando sostengo che le certezze non esistono e il tutto si basa su ragionevoli assunzioni di probabilità raccolte per induzione.

Senti, se tu mi chiedi se a prescindere di tutto io sono certo del fatto che in un ristorante non mi avvelenino, la risposta è no, ma è la domanda ad essere cretina, e a non c'entrare niente con quello che ho scritto finora io, anche perchè "il ristorante" che mi chiedi tu non esiste, mentre esistono "i ristoranti". Se la tua idea di ragione ti porta a non capire quello che gli altri scrivono o a formulare domande cretine, mi pare un buon indizio per avere certezze fondate sulla tua idea di ragione.

Io ho fatto questo esempio
il.bruno ha scritto:se ci mettessimo a perquisire la cucina del ristorante e a fare analisi chimiche su tutti gli ingredienti che troviamo ogni volta che ci entriamo, ti parrebbe una cosa ragionevole?

non mi pare che esso implichi che in ogni ristorante della terra non mi avvelenano. Ci sono evidentemente delle situazioni in cui se uno chiama l'ASL a fare delle analisi alla cucina del ristorante ha delle ragioni fondate per farlo.

Altro punto: io non sto parlando di certezze assolute di tipo logico matematico, ma di certezze fondate, cioè di ragioni adeguate per determinare i comportamenti, e tu in non so quale tuo intervento sopra hai fatto un salto fra le due cose, che io non ho mai fatto, e che forse per questo ti fa porre domande che non c'entrano e non capire quel che scrivo. Trattare le certezze "morali", cioè alla base dei comportamenti, come certezze logico-matematiche, sarebbe come trattare un problema chimico con le leggi della trigonometria, cioè si usa un metodo sbagliato.

Visto che non rispondi al mio quesito, rispondo io con questa frase che ho già riportato prima.
il.bruno ha scritto:Il fatto che uno possa raggiungere delle certezze che poi si rivelano errate, non scalfisce questo concetto di ragione, tanto è vero che anche la storia della conoscenza scientifica contiene tante "correzioni di rotta" e contraddizioni via via affinate, eppure nessuno mette in dubbio che con la scienza si possano raggiungere delle certezze.

Forse la risposta ti sorprenderà, ma io non ritengo che prima di Einstein fossero in errore sulla questione del tempo. Non avevano ragioni adeguate per avere una "certezza fisica" diversa. Analogamente si può dire per il ristorante x dell'esempio 1. Ritengo semplicemente che gli esempi descrivano il compiersi di un passo in avanti di due processi di conoscenza razionali, che procedono però mediante due metodi diversi, uno di tipo sperimentale, l'altro di tipo analitico.


Bravo! Sono assolutamente d'accordo con te. Hai solo un problema di significato delle parole.

Certezza =
1 condizione di ciò che è certo, sicuro, assodato
2 (estens.) ciò che si tiene per vero
3 sicurezza di essere nel vero: sapere, conoscere con certezza; con tutta certezza, con certezza assoluta, senza alcun dubbio

Adesso, siccome tu stesso spieghi come le certezze sperimentali (il ristorante, la nostra comprensione delle "leggi" della scienza) portano a cambiare certezze precedenti che si sono rivelate errate, significa in modo abbastanza chiaro che nel campo sperimentale non si possono raggiungere certezze, ma solo opinioni più o meno fondate sulle quali organizziamo le nostre scelte e la nostra vita.
Il che era esattamente il mio punto di partenza.
Ogni problema complesso ammette almeno una soluzione semplice. Sbagliata.


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Messaggioda il.bruno » lun ott 31, 2005 11:30 am

HappyFra ha scritto:Bravo! Sono assolutamente d'accordo con te. Hai solo un problema di significato delle parole.

Certezza =
1 condizione di ciò che è certo, sicuro, assodato
2 (estens.) ciò che si tiene per vero
3 sicurezza di essere nel vero: sapere, conoscere con certezza; con tutta certezza, con certezza assoluta, senza alcun dubbio

Adesso, siccome tu stesso spieghi come le certezze sperimentali (il ristorante, la nostra comprensione delle "leggi" della scienza) portano a cambiare certezze precedenti che si sono rivelate errate, significa in modo abbastanza chiaro che nel campo sperimentale non si possono raggiungere certezze, ma solo opinioni più o meno fondate sulle quali organizziamo le nostre scelte e la nostra vita.
Il che era esattamente il mio punto di partenza.

Secondo me tu svaluti i "risultati parziali" riducendoli a "opinioni".
Prima di Einstein l'idea del tempo come costante era perfettamente descritta dai punti 1, 2 e 3. Ed anche ora, ad esempio, sono molte di più le circostanze nelle quali è ragionevole considerare il tempo una costante, rispetto a quelle in cui bisogna usare le conseguenze della teoria della relatività.
La conoscenza perfetta, completa ed esaustiva della realtà a questo mondo non ce l'avremo mai (questo è realismo), ma la vita intera è l'approfondimento di un processo di conoscenza della realtà. Tuttavia già ai passi intermedi raggiungiamo delle conclusioni ragionevolmente certe per determinati scopi, che poi via via perfezioneremo. Se così non fosse, nessun uomo si sarebbe mai azzardato ad uscire dalle caverne.
La tua idea di ragione che impone i criteri della logica a tutti i campi rende la conoscenza una cosa statica (e quindi non adatta al confronto con le diversità, le novità, i miglioramenti) e la considera da un punto di vista negativo (quasi "moralista"), come dire che non siamo certi di niente fino al momento in cui non saremo certi di tutto (cioè mai...).
D'altra parte, vedo con soddisfazione che il tuo ultimo intervento sottintende l'idea di una "pari dignità" fra le certezze morali e le certezze scientifiche o logiche (non è che anche quelle siano rimaste proprio sempre uguali nella storia...), che è proprio quello che mi premeva affermare.
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Messaggioda HappyFra » lun ott 31, 2005 13:13 pm

il.bruno ha scritto:
HappyFra ha scritto:Bravo! Sono assolutamente d'accordo con te. Hai solo un problema di significato delle parole.

Certezza =
1 condizione di ciò che è certo, sicuro, assodato
2 (estens.) ciò che si tiene per vero
3 sicurezza di essere nel vero: sapere, conoscere con certezza; con tutta certezza, con certezza assoluta, senza alcun dubbio

Adesso, siccome tu stesso spieghi come le certezze sperimentali (il ristorante, la nostra comprensione delle "leggi" della scienza) portano a cambiare certezze precedenti che si sono rivelate errate, significa in modo abbastanza chiaro che nel campo sperimentale non si possono raggiungere certezze, ma solo opinioni più o meno fondate sulle quali organizziamo le nostre scelte e la nostra vita.
Il che era esattamente il mio punto di partenza.

Secondo me tu svaluti i "risultati parziali" riducendoli a "opinioni".
Prima di Einstein l'idea del tempo come costante era perfettamente descritta dai punti 1, 2 e 3. Ed anche ora, ad esempio, sono molte di più le circostanze nelle quali è ragionevole considerare il tempo una costante, rispetto a quelle in cui bisogna usare le conseguenze della teoria della relatività.
La conoscenza perfetta, completa ed esaustiva della realtà a questo mondo non ce l'avremo mai (questo è realismo), ma la vita intera è l'approfondimento di un processo di conoscenza della realtà. Tuttavia già ai passi intermedi raggiungiamo delle conclusioni ragionevolmente certe per determinati scopi, che poi via via perfezioneremo. Se così non fosse, nessun uomo si sarebbe mai azzardato ad uscire dalle caverne.
La tua idea di ragione che impone i criteri della logica a tutti i campi rende la conoscenza una cosa statica (e quindi non adatta al confronto con le diversità, le novità, i miglioramenti) e la considera da un punto di vista negativo (quasi "moralista"), come dire che non siamo certi di niente fino al momento in cui non saremo certi di tutto (cioè mai...).
D'altra parte, vedo con soddisfazione che il tuo ultimo intervento sottintende l'idea di una "pari dignità" fra le certezze morali e le certezze scientifiche o logiche (non è che anche quelle siano rimaste proprio sempre uguali nella storia...), che è proprio quello che mi premeva affermare.


Non so se questa discussione si stia riducendo ad una questione di definizione più o meno sterili, provo a dire quello che penso un'ultima volta in termini diversi e il più possibile piani:
a mio parere qualunque forma di conoscenza di carattere scientifico / pratico / sperimentale / ingegneristico / morale ha un "coefficente di fondatezza" che può variare da 0% a un numero molto elevato che però sarà sempre, per definizione <100%. Questo perché se così non fosse dovrei assumere l'impossibilità di un qualunque evento in grado di falsificare la mia conoscenza, il che è logicamente impossibile. Se anche faccio ogni volta tutte le analisi chimiche del mondo, non posso escludere a priori che in una casistica abbastanza ampia una cena al mio famoso ristorante non venga avvelenato, ad esempio da un agente patogeno che per qualche ragione non viene rilevato da tali analisi.
Questa è la natura un po' paradossale della conoscenza: provo a definire una regola di carattere generale, posso avere miliardi di casi che rispettano tale regola, ma un solo esempio contrario annulla la possibilità di tale regola di essere "vera in assoluto", ovvero di poter costituire una certezza fondata.
Se non ti piace la parola "opinione", che, sono d'accordo, suona molto svalutante, parliamo di "congetture", che possono essere più o meno fondate.
La conoscenza che così si sviluppa è un processo magmatico e creativo, esattamente in contrario di quello che si otterrebbe attraverso le "certezze" che, uccidendo i dubbi, chiudono la strada alle soluzioni innovative che permettono di far avanzare la conoscenza medesima.

Questa mi sembra una base di ragionamento interessante sul tema "certezze sì / certezze no". Se siamo almeno un po' d'accordo su questo, vado avanti con le mie opinioni sui differenti livelli di fondatezza del pensiero logico / filosofico da quello scientifico o dell'esperienza sensibile.
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Messaggioda il.bruno » lun ott 31, 2005 19:01 pm

Diciamo che non sono totalmente convinto della coincidenza di "certezze assolute", cioè incontrovertibili anche con una possibilità immaginaria (per estremizzare il tuo esempio dei 4 miliardi contro 1) con le "certezze fondate", o anche "ragionevoli" o "utili".
Per tornare un po' indietro nella discussione e fare un minimo di sintesi, quello che mi preme affermare è che la conoscenza che procede attraverso il metodo sperimentale per rapporti umani o per testimonianza altrui (detta anche "conoscenza per fede") può essere altrettanto razionale di quella che utilizza altri metodi.
Mi preme perchè:
1. la conoscenza di Gesù Cristo e delle cosiddette "verità di fede" procede attraverso questi metodi "umani";
2. molti al giorno d'oggi (anche cristiani, :cry: ) mettono in dubbio un qualsiasi legame tra fede e ragione;
3. questa idea di incertezza della conoscenza concorre a produrre tanti problemi psicologici ed anche sociali di noi moderni.
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Messaggioda BBB » lun ott 31, 2005 19:28 pm

C'è un italiano che vorrebbe che mettessimo insieme fede e ragione.
Silvio Berlusconi.
Lui vorrebbe che avessimo fede in lui e gli dessimo sempre ragione. :lol:
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Messaggioda HappyFra » lun ott 31, 2005 20:21 pm

Carlo78 ha scritto:C'è un italiano che vorrebbe che mettessimo insieme fede e ragione.
Silvio Berlusconi.
Lui vorrebbe che avessimo fede in lui e gli dessimo sempre ragione. :lol:


Credo che questa sia la risposta migliore al post precedente del bruno :D :D :D
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Messaggioda HappyFra » lun ott 31, 2005 20:35 pm

il.bruno ha scritto:Diciamo che non sono totalmente convinto della coincidenza di "certezze assolute", cioè incontrovertibili anche con una possibilità immaginaria (per estremizzare il tuo esempio dei 4 miliardi contro 1) con le "certezze fondate", o anche "ragionevoli" o "utili".
Per tornare un po' indietro nella discussione e fare un minimo di sintesi, quello che mi preme affermare è che la conoscenza che procede attraverso il metodo sperimentale per rapporti umani o per testimonianza altrui (detta anche "conoscenza per fede") può essere altrettanto razionale di quella che utilizza altri metodi.
Mi preme perchè:
1. la conoscenza di Gesù Cristo e delle cosiddette "verità di fede" procede attraverso questi metodi "umani";
2. molti al giorno d'oggi (anche cristiani, :cry: ) mettono in dubbio un qualsiasi legame tra fede e ragione;
3. questa idea di incertezza della conoscenza concorre a produrre tanti problemi psicologici ed anche sociali di noi moderni.


Che te devo dire? Da un punto di vista puramente teorico ed estremizzando quello che penso davvero potrei essere d'accordo con te sul tuo punto, perché tutta la conoscenza umana posta in termini "digitali", di bianco o nero, non può che dirsi ugualmente infondata. Nello specifico delle questioni, il continuum dell'infondatezza si differenzia per l'estensione e le qualità delle assunzioni di base che sorreggono l'impianto delle diverse conoscenze, e lì è per me chiaro che la conoscenza analitica dell'analisi razionale, quella scientifico-sperimentale e quella basata sulla esperienza sensibile non ripetibile (mio cuggino mi ha detto che ha scalato il pilone centrale in 3 ore, e per tutto il tempo si è tenuto un dito nel culo) hanno caratteristiche fortissimamente differenti. Alcune sono pure opinioni, altre sono congetture ben fondate, sia pure fallibili.
Per venire ai tuoi tre punti, i primi due non mi riguardano e non mi interessano, tranne quando la chiesa cattolica pretende di arrogarsi il diritto di diventare espressione di una specie di "religione naturale" come fa Ratzinger, il che mi fa incazzare e orrore allo stesso tempo, il terzo lo trovo radicalmente sbagliato e semplicistico. Interessante, ma la mia opinione è esattamente al contrario, cioà che sono le certezze troppo facilmente bevute che generano problemi psicologici...
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