E fumatevi sto articolo di blondet.
06/02/2006
Sostenitori di Hamas bruciano la bandiera danese in risposta alle caricature del profeta Muhammad apparse sui giornali europei
«Vignette e Islam, esplode la violenza», strilla il Corriere.
«Islam: les caricatures de la discordie», dice Le Monde.
«Fury over cartoons», grida il Financial Times.
«Cartoon unify angry Muslims», urla l?Herald Tribune.
Stessi titoli, stessa posizione in prima pagina, stesso rilievo e allarme.
Come ha già indovinato più di un lettore, si tratta di una manovra concertata sul piano internazionale.
Fra qualche mese si saprà forse se dietro questa campagna c?è la mano di Hill & Knowlton o del Rendon Group, le due imprese di pubbliche relazioni di cui ci serve il Pentagono (la prima inventò la storia dei malvagi iracheni che, in Kuwait, avevano aperto le incubatrici negli ospedali per fare morire i bambini); oggi è urgente immaginare il perché di tutto questo.
E la risposta è allarmante.
«Il regime iraniano è oggi lo Stato principale che sostiene il terrorismo», ha appena sancito Donald Rumsfeld, «il mondo non vuole e deve collaborare per scongiurare un Iran nucleare».
Ha anche avvertito che la guerra contro il terrorismo globale sarà lunga, almeno come la guerra fredda.
E? dunque nel quadro della preparazione alla guerra in Iran che probabilmente bisogna inserire la ridicola e ripugnante campagna delle vignette.
Data la densità dell?armamento anti-aereo di cui l?Iran si è recentemente dotato, le installazioni industriali nucleari iraniane sono ormai fuori dalla portata di un attacco convenzionale con missili da crociera e bombardieri; dunque l?attacco dovrà probabilmente essere di tipo nucleare.
Ma un attacco atomico preventivo e non provocato contro un Paese che non è in guerra con gli Stati Uniti, che non dispone se non di armi convenzionali, e che farà centinaia di migliaia di vittime tra la popolazione, è un evento sconvolgente, un?atrocità che deve essere «preparata» nella psicologia di massa.
La preparazione consiste nella disumanizzazione preventiva dell?avversario; contro un avversario adeguatamente disumanizzato, l?opinione pubblica occidentale - si spera - giustificherà le bombe atomiche.
L?accorgimento riuscì alla perfezione contro il Giappone, dove le bombe atomiche furono precedute da una campagna di odio e di disprezzo senza precedenti contro i detestati «japs».
Riesce perfettamente anche in Israele, maestra del nostro tempo nella disumanizzazione del nemico, per poterne distruggere le case e gli uliveti, ammazzarne i bambini, compiere contro di esso atrocità di ogni genere.
La campagna è in un certo senso meno rivolta agli islamici che alla manipolazione dell?opinione pubblica europea, che - nonostante le parole di Rumsfeld - pare poco disposta a «collaborare per scongiurare un Iran nucleare».
Bisogna spingerla ad odiare, a nutrire quel misto di rabbia e di paura che funziona così bene in Israele.
Come sappiamo, Orwell aveva previsto tutto questo.
L?Islam deve oggi prendere il posto del misterioso Goldstein, l?odiato nemico del regime socialista immaginato da Orwell, oggetto dei rituali «minuti dell?odio».
«La semplice vista e addirittura il solo pensiero di Goldstein producevano automaticamente un misto immancabile di paura e di rabbia» delle folle immaginarie di «1984»: precisamente questo automatismo viene oggi creato nelle nostre anime a danno dell?Islam.
Lo scopo è essenzialmente il controllo dei propri cittadini.
Anche nel romanzo di Orwell l?immaginario Stato di Eurasia era mantenuto dalla nomenklatura in uno stato di guerra perenne contro un nemico mal definito, quasi invisibile.
«E la coscienza di essere in guerra, e dunque in pericolo, fa sembrare la cessione di tutto il potere a una piccola casta la condizione naturale, inevitabile, della sopravvivenza. Non importa se la guerra sia effettivamente in corso, e dato che nessuna vittoria è possibile, non importa se la guerra va male. Basta che lo stato di guerra ci sia».
E? precisamente questo che ci fanno, fin nei particolari.
L?intero alone della cosiddetta informazione (propaganda di guerra psicologica) mira a tenerci in questo stato di paura perpetua.
A farci credere che «l?Islam ci attacca» (due Paesi musulmani sono oggi sotto occupazione americana e un terzo è minacciato di bombardamento; ma a noi «sembra» che gli aggrediti siamo noi).
Ci basta vedere un segno, un simbolo islamico, o anche un passante con fattezze arabe, e ciò ci produce «automaticamente un misto di paura e di rabbia».
La macchinazione ha successo.
Un segno fra i più tragicomici di questo successo è come se ne lascino assoggettare anche le società che amano dipingersi come «liberali» e «tolleranti», magari progressiste e di sinistra, come appunto la Danimarca.
Ma anche da noi si sentono già progressisti che non si vergognano di dichiarare la loro paura-rabbia contro i musulmani; si intreccia in questo sentimento ambiguo il dispetto di una società «laicista» che ritiene di difendere «la libertà di espressione» contro l?oscurantismo fondamentalista.
I posteri, se ne avremo, sapranno come giudicare una generazione pronta al conflitto di civiltà per difendere il gusto di sghignazzare su una religione, il diritto di mettere in caricatura Dio; ma per intanto ci sembra di condurre, liberi, una battaglia di libertà.
Proprio nel momento in cui la libertà ci viene tolta.
Il bello, il ridicolo, è che ci cascano tutti coloro che hanno appena celebrato la «giornata della memoria».
Tutto il processo di disumanizzazione degli ebrei, che viene attribuito al Terzo Reich, viene applicato ora davanti agli occhi ciechi di chi «ricorda».
Tutta gente che è pronta e vigile a battere Hitler se si ripresenta (specie ora che non c?è pericolo che riappaia); purchè si presenti esattamente come allora, baffetti e saluto a braccio teso.
Perché se il Quarto Reich si presenta come «democrazia», e la sua aggressione come «espansione della democrazia», già non sappiamo più riconoscerlo.
Anzi, già ci arruoliamo volontari per distruggere un nemico sub-umano, tanto più pauroso perché - al contrario di noi - credente.
E il bello è che oggi non c?è un Goebbels, non c?è una Gestapo; non c?è un KGB che controlla il pensiero con mezzi polizieschi.
Il potere oggi si è perfezionato, non ha bisogno di strumenti repressivi.
Tanto, facciamo tutto da soli, obbediamo senza ordini, odiamo chi ci viene detto di odiare.
La natura umana ha un gran bisogno di odiare; da troppo tempo il «politicamente corretto», l?«antirazzismo» ideologico aveva compresso la vecchia molla abissale; non si potevano più odiare «i negri» e nemmeno «i padroni» e gli sfruttatori.
Inconfessabilmente, il buonismo ci aveva stufato.
Appena abbiamo l?occasione di odiare senza vergogna di noi stessi, senza temere il giudizio sociale, lo facciamo perdutamente, fanaticamente, liberamente, insaziabilmente.
Maurizio Blondet
e se quel che c'è nel link qua sotto è corretto - e prego che sia un coacervo di cazzate, siamo vicini ad un bel tuffo nella merda. in un modo o nell'altro.