Fiat, Cina e nuovi slogan per il Paese

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Fiat, Cina e nuovi slogan per il Paese

Messaggioda kenzo » mer giu 15, 2005 17:06 pm

Come sostengo da tempo Fiat Auto verrà venduta ai cinesi. I contatti si sono intensificati dopo la chiusura delle trattative per l'acquisto della Rover da parte della SAIC - Shangai Automotive Industrial Corporation (trattativa che a mio parere era una messinscena per giocare meglio la partita a Torino).

Di questa mattina sul Sole-24ore un'altra perla che sembra confemare la mia tesi: i cinesi aprono uno studio di car-design a TO per allevare le loro leve a creare auto in quello quello che reputano essere il territorio con la migliore scuola di progettazione al mondo.

I sindacati in Fiat sono preoccupati che un possibile acquirente demolisca la produzione per portarla in altre zone: in realtà i cinesi la terranno in Italia il tempo necessario per imparare ad essere autosufficienti (ad es. nn hanno tutto l'indotto integrato di Fiat). Poi fabbricheranno auto a casa loro, meglio degli altri altri (è nella cultura cinese l'arte di copiare per realizzare oggetti migliori dell'originale).

La notizia che i cinesi a breve immetteranno sul mercato una replica della Harley a ? 8000 ha fatto sbottare Colaninno: " "ma voi tra una moto cinese ed una vespa, cosa scegliereste? una moto non è solo una agglomerato di parti meccaniche!" 8O

L'arroccamento dei ns. imprenditori che alla sfida cinese inalberano il cartello della QUALITA' DEL MADE IN ITALY è un sintomo di grave debolezza e cecità.

COMMENTO:
Morta l'auto, l'Italia sarà libera dal moloche che ha zavorrato le politiche economiche e di sviluppo dell'Italia negli ultimi 50 anni.
Ma se la mettiamo sul piano della qualità la sfida è già persa.
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Re: Fiat, Cina e nuovi slogan per il Paese

Messaggioda Baldazzar » mer giu 15, 2005 17:48 pm

kenzo ha scritto:Come sostengo da tempo Fiat Auto verrà venduta ai cinesi. I contatti si sono intensificati dopo la chiusura delle trattative per l'acquisto della Rover da parte della SAIC - Shangai Automotive Industrial Corporation (trattativa che a mio parere era una messinscena per giocare meglio la partita a Torino).

Di questa mattina sul Sole-24ore un'altra perla che sembra confemare la mia tesi: i cinesi aprono uno studio di car-design a TO per allevare le loro leve a creare auto in quello quello che reputano essere il territorio con la migliore scuola di progettazione al mondo.

I sindacati in Fiat sono preoccupati che un possibile acquirente demolisca la produzione per portarla in altre zone: in realtà i cinesi la terranno in Italia il tempo necessario per imparare ad essere autosufficienti (ad es. nn hanno tutto l'indotto integrato di Fiat). Poi fabbricheranno auto a casa loro, meglio degli altri altri (è nella cultura cinese l'arte di copiare per realizzare oggetti migliori dell'originale).

La notizia che i cinesi a breve immetteranno sul mercato una replica della Harley a ? 8000 ha fatto sbottare Colaninno: " "ma voi tra una moto cinese ed una vespa, cosa scegliereste? una moto non è solo una agglomerato di parti meccaniche!" 8O

L'arroccamento dei ns. imprenditori che alla sfida cinese inalberano il cartello della QUALITA' DEL MADE IN ITALY è un sintomo di grave debolezza e cecità.

COMMENTO:
Morta l'auto, l'Italia sarà libera dal moloche che ha zavorrato le politiche economiche e di sviluppo dell'Italia negli ultimi 50 anni.
Ma se la mettiamo sul piano della qualità la sfida è già persa.


Guarda io sono imprenditore, quindi ai tuoi occhi probabilmente sono ignorante, ma, al momento, l'unico modo che abbiamo per vendere è la qualità, l'innovazione e la ricerca.
Per te sarà debolezza e cecità, per me fa un più 20% l'anno (da 4 anni anni a questa parte)...
Postilla, in Italia, a parte gli slogan, c'è ben poca gente che lavora in qualità... (sempre di prodotto sto parlando....).

Però mi interessa (non è una battuta ne sarcasmo) sapere cosa servirebbe secondo te...
(abito in piemonte e la fiat è il nostro cancro... si porta via tutte le risorse...)
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Re: Fiat, Cina e nuovi slogan per il Paese

Messaggioda kenzo » mer giu 15, 2005 19:18 pm

Baldazzar ha scritto:
Kenzo ha scritto:...
L'arroccamento dei ns. imprenditori che alla sfida cinese inalberano il cartello della QUALITA' DEL MADE IN ITALY è un sintomo di grave debolezza e cecità.

COMMENTO:
Morta l'auto, l'Italia sarà libera dal moloche che ha zavorrato le politiche economiche e di sviluppo dell'Italia negli ultimi 50 anni.
Ma se la mettiamo sul piano della qualità la sfida è già persa.


Guarda io sono imprenditore, quindi ai tuoi occhi probabilmente sono ignorante, ma, al momento, l'unico modo che abbiamo per vendere è la qualità, l'innovazione e la ricerca.
Per te sarà debolezza e cecità, per me fa un più 20% l'anno (da 4 anni anni a questa parte)...
Postilla, in Italia, a parte gli slogan, c'è ben poca gente che lavora in qualità... (sempre di prodotto sto parlando....).

Però mi interessa (non è una battuta ne sarcasmo) sapere cosa servirebbe secondo te...
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Baldazaar, ti ringrazio per il tuo commento.
Per comunanza, io capisco e solidarizzo con chi quotidianamente deve combattere per la sopravvivenza: a problemi impellenti nn puoi rispondere con teorie sui massimi sistemi. Se qualcuno compete in maniera scorretta (non parlo di dumping) devi prendere provvedimenti subito e adesso.

Ma accanto alla tattica occorre 1 visione ed 1 strategia.

Concorderai con me che in generale non sono le imprese italiane a non essere più valide in sè ma l'economia globalizzata e la saturazione dei mercati di riferimento che hanno incrinato il modello di sviluppo basato sulla soddisfazione del bisogno del singolo a cui esse hanno fatto riferimento dal dopoguerra ad oggi.

Il WTO e l'integrazione europea hanno sancito definitivamente la crisi di questo modello, o almeno per i paesi occidentali e italiano in particolare (settori maturi, facilmente replicabili, saturazione dei consumi, innovazione sempre + difficile nella creazione di valore per il prodotto).
Le politiche protezionistiche possono essere una risposta utile ad un bisogno impellente ma sono un palliativo. Occorre invece identificare i contorni di una nuova domanda a cui il sistema produttivo Italiano dovrebbe lentamente convertirsi.

Nello specifico credo ke il modello di sviluppo più promettente per il ns. paese sia quello legato alle politiche ambientali, protezione e valorizzazione del territorio. Esso avrebbe il vantaggio di facilitare la creazione di politiche di sistema e sinergie più consone all'attuale configurazione produttiva e dei consumi dell'Italia: ad es. la valorizzazione del patrimonio artistico-naturale-gastronomico, l'integrazione dei distretti della ricerca, la creazione di una politica sulle infrastrutture e la mobilità, ecc.., cose di cui, singolarmente, tutti i diretti interessati lamentano la mancanza.

Certo il processo di conversione sarebbe lungo, faticoso e doloroso ma è un percorso già vissuto negli 40-50' quando l'economia di guerra venne riconvertita, ma che diversamente da questa dovrebbe fare i conti con:
- una massa di esclusi da gestire attraverso una politica di welfare;
- un livello di consumi e stile di vita da rivedere, a cui serve una politica culturale e di comunicazione.

Nel recente passato ci sono esempi di paesi che hanno fatto scelte strategiche radicali, anche discutibili, ma che hanno pagato.

L'importante è decidere il nuovo volano che ridia slancio alle volontà e iducia ai singoli.
Ma serve una politica ed un leader, che non abbiamo.

Poi resta la realtà di tutti i giorni, il prezzo da tirare sempre + giù, le banca che nn ti aiuta, il dipendente che........
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Re: Fiat, Cina e nuovi slogan per il Paese

Messaggioda Baldazzar » gio giu 16, 2005 8:28 am

kenzo ha scritto:Baldazaar, ti ringrazio per il tuo commento.
Per comunanza, io capisco e solidarizzo con chi quotidianamente deve combattere per la sopravvivenza: a problemi impellenti nn puoi rispondere con teorie sui massimi sistemi. Se qualcuno compete in maniera scorretta (non parlo di dumping) devi prendere provvedimenti subito e adesso.

Ma accanto alla tattica occorre 1 visione ed 1 strategia.

Concorderai con me che in generale non sono le imprese italiane a non essere più valide in sè ma l'economia globalizzata e la saturazione dei mercati di riferimento che hanno incrinato il modello di sviluppo basato sulla soddisfazione del bisogno del singolo a cui esse hanno fatto riferimento dal dopoguerra ad oggi.

Il WTO e l'integrazione europea hanno sancito definitivamente la crisi di questo modello, o almeno per i paesi occidentali e italiano in particolare (settori maturi, facilmente replicabili, saturazione dei consumi, innovazione sempre + difficile nella creazione di valore per il prodotto).
Le politiche protezionistiche possono essere una risposta utile ad un bisogno impellente ma sono un palliativo. Occorre invece identificare i contorni di una nuova domanda a cui il sistema produttivo Italiano dovrebbe lentamente convertirsi.

Nello specifico credo ke il modello di sviluppo più promettente per il ns. paese sia quello legato alle politiche ambientali, protezione e valorizzazione del territorio. Esso avrebbe il vantaggio di facilitare la creazione di politiche di sistema e sinergie più consone all'attuale configurazione produttiva e dei consumi dell'Italia: ad es. la valorizzazione del patrimonio artistico-naturale-gastronomico, l'integrazione dei distretti della ricerca, la creazione di una politica sulle infrastrutture e la mobilità, ecc.., cose di cui, singolarmente, tutti i diretti interessati lamentano la mancanza.

Certo il processo di conversione sarebbe lungo, faticoso e doloroso ma è un percorso già vissuto negli 40-50' quando l'economia di guerra venne riconvertita, ma che diversamente da questa dovrebbe fare i conti con:
- una massa di esclusi da gestire attraverso una politica di welfare;
- un livello di consumi e stile di vita da rivedere, a cui serve una politica culturale e di comunicazione.

Nel recente passato ci sono esempi di paesi che hanno fatto scelte strategiche radicali, anche discutibili, ma che hanno pagato.

L'importante è decidere il nuovo volano che ridia slancio alle volontà e iducia ai singoli.
Ma serve una politica ed un leader, che non abbiamo.

Poi resta la realtà di tutti i giorni, il prezzo da tirare sempre + giù, le banca che nn ti aiuta, il dipendente che........


Il tuo discorso è chiaro e preciso.
In questo momento, almeno nei settori industriali dove siamo presenti, si muovono solo le nicchie di mercato, ma certo non abbiamo ne i numeri ne le capacità di trascinare tutta l'economia italiana, siamo isole, al momento non appetibili solo per questione di numeri. Sul prezzo da tirare ti do pienamente ragione, per le banche dipende troppo dalla singola azienda, comunque in generale hai ragione, per i dipendenti... sempre che non ti vengano a chiedere l'anticipo dello stipendio perchè hanno l'alettone della macchina da pagare (...è accaduto veramente...)... il problema vero è loro, se cominciano a chiudere le aziende che cavolo fanno questi? scolarizzazione bassa, nessun credo a parte la discoteca...
Abbiamo un grave problema: abitudini sbagliate. Da "imprenditore" vedo una marea di possibilità sprecate e le hai elencate tutte...
Avremmo bisogno di leader forti e pronti a decisioni pesanti... ma non ci sono, neanche a livello di CE. Non vogliono neanche fare un discorso serio sulla Cina o sugli altri paesi... non credo nei dazi, non servono, sono facilmente aggirabili, però dei paletti ben precisi sono da far rispettare. (utopia, comandano le multinazionali e chi ci lavora, almeno nelle alte sfere, non appartiene al nostro mondo, come i politici, hanno stipendi e mentalità che li fanno vivere in altre dimensioni...altrimenti non si spiegano certe loro decisioni...)
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Re: Fiat, Cina e nuovi slogan per il Paese

Messaggioda Fokozzone » gio giu 16, 2005 13:09 pm

Baldazzar ha scritto:
kenzo ha scritto:Come sostengo da tempo Fiat Auto verrà venduta ai cinesi. I contatti si sono intensificati dopo la chiusura delle trattative per l'acquisto della Rover da parte della SAIC - Shangai Automotive Industrial Corporation (trattativa che a mio parere era una messinscena per giocare meglio la partita a Torino).

Di questa mattina sul Sole-24ore un'altra perla che sembra confemare la mia tesi: i cinesi aprono uno studio di car-design a TO per allevare le loro leve a creare auto in quello quello che reputano essere il territorio con la migliore scuola di progettazione al mondo.

I sindacati in Fiat sono preoccupati che un possibile acquirente demolisca la produzione per portarla in altre zone: in realtà i cinesi la terranno in Italia il tempo necessario per imparare ad essere autosufficienti (ad es. nn hanno tutto l'indotto integrato di Fiat). Poi fabbricheranno auto a casa loro, meglio degli altri altri (è nella cultura cinese l'arte di copiare per realizzare oggetti migliori dell'originale).

La notizia che i cinesi a breve immetteranno sul mercato una replica della Harley a ? 8000 ha fatto sbottare Colaninno: " "ma voi tra una moto cinese ed una vespa, cosa scegliereste? una moto non è solo una agglomerato di parti meccaniche!" 8O

L'arroccamento dei ns. imprenditori che alla sfida cinese inalberano il cartello della QUALITA' DEL MADE IN ITALY è un sintomo di grave debolezza e cecità.

COMMENTO:
Morta l'auto, l'Italia sarà libera dal moloche che ha zavorrato le politiche economiche e di sviluppo dell'Italia negli ultimi 50 anni.
Ma se la mettiamo sul piano della qualità la sfida è già persa.


Guarda io sono imprenditore, quindi ai tuoi occhi probabilmente sono ignorante, ma, al momento, l'unico modo che abbiamo per vendere è la qualità, l'innovazione e la ricerca.Per te sarà debolezza e cecità, per me fa un più 20% l'anno (da 4 anni anni a questa parte)...
Postilla, in Italia, a parte gli slogan, c'è ben poca gente che lavora in qualità... (sempre di prodotto sto parlando....).

Però mi interessa (non è una battuta ne sarcasmo) sapere cosa servirebbe secondo te...
(abito in piemonte e la fiat è il nostro cancro... si porta via tutte le risorse...)

Domanda, cosa fa la tua azienda? e che dimensioni ha?

Perché se è un ' azienda che fa progetti, non puoi spacciare l' attività di ricerca come investimento, fa parte integrante dell' attività.
Io mi ritrovo in una posizione di imprenditore minore (la mia azienda produce ed è una piccola azienda) e non mi posso certo permettere di finanziare nessuna ricerca: le idee o vengono in mente a me o a qualche mio collaboratore o niente.
Ma vorrei discutere un attimo le ricadute della ricerca sull' economia e viceversa.
Primo la ricerca non garantisce risultati, vi aspira. Secondo le ricerche applicative (sarebbe più corretto chiamarle studio di problemini) o anche innovative ad applicazione immediata sono ben poco tutelate: vorrei vedere quale brevetto la cina ha mai rispettato...ahah ah (grasse risate), ma se persino gli stati uniti, che nel campo giuridico-economico si spacciano per essere un modello di legalità, ne combinano di tutti i colori. E in italia, patria del tarocco, come viene premiata l' innovazione? Tu spendi per la ricerca e io copio e guadagno!
In quei campi dove per tacito accordo tra superpotenze economiche (leggi multinazionali farmaceutiche) i brevetti si osservano, la ricerca è soggetta a un altro rischio: la contraffazione dei dati. Infatti la spinta verso il risultato a qualunque costo è fortissima, perché vi sono collegati interessi enormi e poiché i risultati non sono "digitali" (sì o no, funziona o non funziona) ma soggetti a interpretazione ("statisticamente si nota un miglioramento", oppure "prolunga la sopravvivenza del 10 %", anche se toglie ogni speranza di guarigione) le interpretazioni tante volte fanno il farmaco.
In definitiva credo che sotto il termine "ricerca" siano racchiusi molti significati differenti e credo anche che non sia una panacea per risolvere i problemi dell' economia.
Tutti invocano questa ricerca, ma per fare un esempio, tornando alla FIAT, vorrei chiedere: il motore "common rail" e il suo sviluppo "JTD" sono state due innovazioni piuttosto brillanti, nate proprio in casa FIAT; ebbene dove sono i benefici economici che avrebbero dovuto portare all' azienda?

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Re: Fiat, Cina e nuovi slogan per il Paese

Messaggioda vito » gio giu 16, 2005 13:39 pm

Fokozzone ha scritto:Tutti invocano questa ricerca, ma per fare un esempio, tornando alla FIAT, vorrei chiedere: il motore "common rail" e il suo sviluppo "JTD" sono state due innovazioni piuttosto brillanti, nate proprio in casa FIAT; ebbene dove sono i benefici economici che avrebbero dovuto portare all' azienda?

Fokozzone


Un conto e' fare ricerca....un'altro conto e' saper sfruttare quello che la ricerca offre.
Fiat ha inventato si il common rail, ma ha venduto la licenza di produrlo alla concorrenza, la quale ha iniziato a vendere auto con il c.r. qualche anno prima di Fiat (ad esempio mi ricordo molto bene quando e? uscita la C3 1.4 tdi di Citroen, uno dei primi 1400 da 70cv, mentre per la stessa motorizzazione la Punto ha aspettato 2 anni)
Al contrario Philips ha sviluppato il compact disc in anni in cui era ancora fantascienza....ma ben si e' guardata di venderne il brevetto e si e? fatta un sacco di miliardi.
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Re: Fiat, Cina e nuovi slogan per il Paese

Messaggioda Baldazzar » gio giu 16, 2005 14:01 pm

Fokozzone ha scritto:ebbene dove sono i benefici economici che avrebbero dovuto portare all' azienda?

Fokozzone


Nei conti della Famiglia, credo...

Non parlavo di ricerca pura, che non esiste più in Italia da diversi anni, ma di ricerca di soluzioni tecnico/meccaniche per migliorare e rendere più competitivo il prodotto e l'azienda. Credo che anche abbracciare metodologie di lavoro, come può essere il 6sigma, possano portare beneficio alla visione troppo famigliare delle aziende italiane. La nostra azienda esiste da più di 30 anni, e sono altrettanti anni che ci copiano tutto, persino i cataloghi (anche i colori...), quindi non dirlo a me che i soldi spesi in innovazione e progetti vanno in beneficio agli altri...

Per rispondere alla tua domanda, facciamo produzione, settore nautico.
Lavoriamo metalli non ferrosi e siamo 30 persone.

Se la scuola italiana e lo stato italiano fossero meno beceri sarei più che pronto ad investire in ricerca pura...
un esempio, io do tot alla scuola, questi soldi me li detraggono dalle tasse, il brevetto e i risultati pratici li tengo io, i ricercatori hanno un posto di lavoro in Italia senza essere costretti ad andare negli States (dove più o meno accade la stessa cosa...), semplicistico? forse... altre idee??
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Messaggioda Spider » gio giu 16, 2005 15:05 pm

Io lavoro in Ricerca e Sviluppo di un'azienda di medie dimensioni.

Il nostro settore nell'ultimo quinquennio sta vivendo una grossissima crisi a livello di produzione, e un cambiamento che si prospetta epocale nell'atteggiamento dei consumatori.

Le prospettive sono che di qui a 10 anni resisteranno solo le ciclopiche multinazionali, e le altre aziende come la nostra?
Ovviamente non ho risposte, so solo che l'azienda sta investendo moltissimo in innovazione e ricerca a tutti i livelli, dalla materia prima, al processo, al marketing, alla gestione e amministrazione...

...con la filosofia che se si cambia forse si va a fondo lo stesso, ma forse c'è speranza di salvarsi... se invece si sta fermi si va a fondo di sicuro.

A me sembra l'unica soluzione sensata, e penso che il problema di fondo dell'industria italiana sia proprio la granitica staticità, il fatto che l'italia sia comunque ancorata a una visione dell'azienda come patrimonio familiare, in cui il padre-padrone prende tutte le decisioni e decide vita e morte, pensando comunque che tutto sia dovuto perchè il Made in Italy tira sempre, e "italians do it better"

...mah!

A tal proposito... è vecchia ma sempre -e drammaticamente- istruttiva...


La gara

Una società italiana ed una giapponese decisero di sfidarsi annualmente in una gara di canoa, con equipaggio di otto uomini. Entrambe le squadre si allenarono e quando arrivò il giorno della gara ciascuna squadra era al meglio della forma, ma i giapponesi vinsero con un vantaggio di oltre un chilometro.

Dopo la sconfitta il morale della squadra italiana era a terra.
Il top management decise che si sarebbe dovuto vincere l'anno successivo e mise in piedi un gruppo di progetto per investigare il problema. Il gruppo di progetto scoprì dopo molte analisi che i giapponesi avevano sette uomini ai remi e uno che comandava, mentre la squadra italiana aveva un uomo che remava e sette che comandavano. In questa situazione di crisi il management diede una chiara prova di capacità gestionale: ingaggiò immediatamente una società di consulenza per investigare la struttura della squadra italiana.
Dopo molti mesi di duro lavoro, gli esperti giunsero alla conclusione che nella squadra c'erano troppe persone a comandare e troppe poche a remare. Con il supporto del rapporto degli esperti fu deciso di cambiare immediatamente la struttura della squadra. Ora ci sarebbero stati quattro comandanti, due supervisori dei comandanti, un capo dei supervisori e uno ai remi. Inoltre si introdusse una serie di punti per ampliare il suo ambito lavorativo e dargli più responsabilità.

L'anno dopo i giapponesi vinsero con un vantaggio di due chilometri. La società italiana licenziò immediatamente il rematore a causa degli scarsi risultati ottenuti sul lavoro, ma nonostante ciò pagò un bonus al gruppo di comando come ricompensa per il grande impegno che la squadra aveva dimostrato. La società di consulenza preparò una nuova analisi, dove si dimostrò che era stata scelta la giusta tattica, che anche la motivazione era buona, ma che il materiale usato doveva essere migliorato.

Al momento la società italiana è impegnata a progettare una nuova canoa.
Le migliori escursioni e vie alpinistiche nelle Dolomiti su www.abcdolomiti.com
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Messaggioda Baldazzar » gio giu 16, 2005 15:22 pm

Spider ha scritto:...con la filosofia che se si cambia forse si va a fondo lo stesso, ma forse c'è speranza di salvarsi... se invece si sta fermi si va a fondo di sicuro.
A me sembra l'unica soluzione sensata, e penso che il problema di fondo dell'industria italiana sia proprio la granitica staticità, il fatto che l'italia sia comunque ancorata a una visione dell'azienda come patrimonio familiare, in cui il padre-padrone prende tutte le decisioni e decide vita e morte, pensando comunque che tutto sia dovuto perchè il Made in Italy tira sempre, e "italians do it better"


Quello che stiamo facendo noi.... con la differenza che il nostro settore sta, al momento, tirando....
Anche la seconda parte la trovo verissima... in Italia siamo scottati anche, e soprattutto, dal cambio generazionale che per moltissime aziende sta coincidendo con questo momento di regresso.

"La gara".....lo specchio della realtà.....
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Messaggioda Jocondor » gio giu 16, 2005 16:00 pm

Interessante dibattito.

Non ho le idee chiare su cosa fare verso la Cina; e sapete perchè?
Perchè:

Lavoro in una piccola azienda che naturalmente non fa ricerca, anche se ne incassa alcuni contributi, non so se statali od altro, naturalmente in modo abusivo.

Quando sono entrato, nel 1998, in laboratorio c'erano due laureati (il capo ed una assistente); adesso, risparmia tu che risparmio io, ci sono due diplomate-assistenti ed un capo, pure lui diplomato (bravo, in verità) ma ogni volta vengono a chiedere a me, cioè ad un commerciale, "consulenze" di tipo geologico-mineralogico, magari in due lingue straniere.

A me che, in virtù di un certo "caratteraccio" (mi è stato detto.. ma sarebbe una lunga storia) non ho la stoffa del "dirigente", nemmeno tecnico, ma che comunque ho un buon stipendio ed un incarico da non-laureato (cioè sono sotto-occupato ma ben pagato..)

Il capo è vecchio ed ormai suonato; la figlia (ne ho già parlato) è appena tornata dalla Cina, dove ha incontrato produttori di minerali, da importare e rivendere in Italia; se camperemo (se; non sono ottimista..) lo dovremo anche a questi cinesi.

Il dazio sul carbonato di bario, "imposto" quest'anno a difesa ed a beneficio della Solvay, contro i produttori cinesi, ci ha danneggiato come importatori; e naturalmente ne sono danneggiati anche i consumatori del prodotto (grosse vetrerie), che lo pagano di più al monopolio europeo della Solvay.

Che altro dire? che la mia ricetta è quella di Kenzo (sarà mica un cinese?...), e cioè: sviluppare il turismo e diventare il "parco dei divertimenti" del mondo globalizzato; anche per i cinesi.

L'industria manifatturiera spicciola non può sopravvivere in Italia e quella ad alta tecnologia, che è poca cosa, presto o tardi soffrirà per la mancanza di ionvestimenti, di tecnici e ricercatori (cioè di bravi laureati adeguatamente motivati) e quindi di innovazione.

In più l'industria inquina e crea traffico di camion, cioè ingorghi chilometrici tra Modena Sud e Modena Nord, alla barriera di Mestre, allo svincolo Terraglio, e dove tutti voi sapete bene; e poi ci costringe ad importare braccia, ahimè di colore scuro, che fanno irritare alcuni di noi...

Peccato, ma non vedo altra soluzione.
...devi imparare a leggere, oppure il tuo cervello è bruciato......
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Messaggioda Baldazzar » gio giu 16, 2005 16:32 pm

Ti aspettavo Jo!

Una "facile" soluzione sarebbe impiantare là la produzione, passare la ricerca negli USA e trasformare la nostra penisola in un parco giochi, pulito e senza traffico... peccato che non saprei proprio dove infilare quei 50.000.000 di italiani di troppo....

Probabilmente (..spero :roll: ) ci sarà spazio per la produzione di nicchia caratterizzata da un'alta specializzazione... quel che mi preoccupa di più sono quei fornitori tipo fonderie che, come ben si sa, non possono supportare un solo piccolo cliente....

Ne vedremo delle "belle"...
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Messaggioda Baldazzar » gio giu 16, 2005 16:37 pm

Jocondor ha scritto:Lavoro in una piccola azienda che naturalmente non fa ricerca, anche se ne incassa alcuni contributi, non so se statali od altro, naturalmente in modo abusivo.


Mi spieghi come fate??? Ho provato una volta a farlo e niente... nessun contributo la nostra provincia è già troppo "ricca", quindi i fondi solo verso il torinese....
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Messaggioda gug » gio giu 16, 2005 18:01 pm

Spider ha scritto:Io lavoro in Ricerca e Sviluppo di un'azienda di medie dimensioni.

Il nostro settore nell'ultimo quinquennio sta vivendo una grossissima crisi a livello di produzione, e un cambiamento che si prospetta epocale nell'atteggiamento dei consumatori.

Le prospettive sono che di qui a 10 anni resisteranno solo le ciclopiche multinazionali, e le altre aziende come la nostra?
Ovviamente non ho risposte, so solo che l'azienda sta investendo moltissimo in innovazione e ricerca a tutti i livelli, dalla materia prima, al processo, al marketing, alla gestione e amministrazione...

...con la filosofia che se si cambia forse si va a fondo lo stesso, ma forse c'è speranza di salvarsi... se invece si sta fermi si va a fondo di sicuro.

A me sembra l'unica soluzione sensata, e penso che il problema di fondo dell'industria italiana sia proprio la granitica staticità, il fatto che l'italia sia comunque ancorata a una visione dell'azienda come patrimonio familiare, in cui il padre-padrone prende tutte le decisioni e decide vita e morte, pensando comunque che tutto sia dovuto perchè il Made in Italy tira sempre, e "italians do it better"

...mah!



Anch'io lavoro nella Ricerca e Sviluppo di una grande azienda italiana. Grande per l'Italia, ma piccola rispetto alle aziende degli altri paesi (e questo è la prima grande debolezza dell'Italia).
Io credo che il sistema italiano così com'è non abbia la minima possibilità di farcela contro la concorrenza cinese o di altri paesi in via di sviluppo.
Per anni ci siamo sentiti furbi a fare concorrenza agli altri, perchè eravamo bravi ad industrializzare le idee degli altri e avevamo la foruna di costi di manodopera minori (anche per il cambio favorevole). Il risultato erano aziende piccolissime o minuscole dove si badava solo al sodo e dove era vietato ragionare 5 minuti in più sull'innovazione.
Naturalmente pochi prodotti ad alta tecnologia e molte aziende di prodotti "semplici" o di lavorazione per conto terzi.
Oggi questa strategia sta andando in crisi perchè il cambio non ci aiuta più e perchè ci sono paesi dove la manodopera costa molto meno.
In più nessuna azienda sa fare innovazione e assumersi i rischi di una ricerca industriale seria, dove non è detto che i lavori portano dei risultati, dato che gli insuccessi fanno parte del gioco.
La Ricerca, ma in certe aziende addirittura la Progettazione, sono viste come un "male necessario", quando va bene, e come uno spreco nella maggior parte dei casi. E questo non solo nell'industria, ma anche nell'Università.
Magari la Fiat e tutte le maggiori aziende italiane se le comprassero gli stranieri, forse almeno questa mentalità piccolo padronale cambierebbe.
Magari sarei contento che questi stranieri non fossero cinesi, ma almeno europei per un piccolo residuo di campanilismo, che se anche se la situazione mi ha tolto qualsiasi orgoglio "italiano", mi rimane ancora appiccicato.
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

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Messaggioda kenzo » gio giu 16, 2005 20:10 pm

Il 3D si è focalizzato sulla ricerca, ma è un problema fuorviante e spesso malposto. Ormai nell'immaginario collettivo la Ricerca è quella del camice bianco.

Si dovrebbe parlare invece di innovazione totale (il kaizen giapponese) che si declina in mille rivoli: innovazione finanziaria, marketing, comunicazione, organizzazione, processi, formazione, acquisti, servizi, consumi, ecc..

Occorre cioè parlare di contenuti che riguardano tutti, imprenditori, lavoratori, consumatori, pubblica amministrazione. Solo così si possono modificare gli atteggiamenti e tessere una cultura in grado di competere.

Se siete interessati vi consiglio di leggere la storia della Toyota: la parte + interessante riguarda le scelte strategiche adottate per risollevarsi in un paese distrutto dalla guerra e sotto il dominio finaziario ed economico degli USA. E' molto istruttivo e presenta molte analogie con l'attuale situazione delle ns. imprese.

E vero che nel mercato, globale o locale che sia, sono presenti piccoli o grandi monopoli, ma la posizione dominante (Solvay) verrà sostituita nel lungo periodo da 1 altra posizione, che da conccorrenziale diventa dominante. Questa è la storia dei mercati e delle imprese da sempre, ed impone a governanti ed imprenditori di pensare e costruire sempre per il domani (i giapponesi e i cinesi nelle strategie pensano a 100 anni).

Questa capacità di pensare in grande a qualcosa di diverso si è persa o forse nn l'abbiamo mai avuta. E' 1 immobilismo che ha le sue cause, nn x ultima, e qui concordo con Baldazaar, il problema del passaggio generazionale nella classe dirigente e imprenditoriale.

Tuttavia è illusorio sforzarsi a cercare un settore diverso che possa diventare trainante (nn possiamo trasformare l'Italia con il turismo nel paese dei balocchi e dell'ospitalità). Occore invece cercare un modo nuovo di ragionare e comprendere l'economia, da verticale (i settori e distretti produttivi) a trasversale (turismo+agricoltura+territorio+servizi pubblici+....). Dalla ricerca con camice bianco, all'innovazione pervasiva in tutti gli angoli dell'impresa.
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Messaggioda vito » ven giu 17, 2005 8:10 am

Se vi interessa c'e' un libricino molto interessante che parla della scomparsa dell'Italia industriale, e' un saggio edito da Einaudi , Luciano Gallino, "la scomparsa dell'Italia industriale", circa 7 euro.
E da li si scopre che l'effetto Cina non ha fatto altro che accelerare la crisi in cui siamo capitati.
Una su tutte: Olivetti (quando era ancora di Olivetti) era, negli anni 50-60, non solo leader delle macchine da scrivere ma anche una delle principali concorrenti di IBM nel campo dei grandi computer.
Fu tra l'altro la prima a produrre un computer a transistor mentre la concorrenza andava ancora a valvole.
Quando mori' Olivetti venne venduta a Fiat e Valletta, amm. del. Fiat, ad un convegno, ebbe a dire che "bisogna estirpare il neo dell'informatica da Olivetti" iniziando cosi' la grande crisi irreversibiledell'informatica italiana.
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Messaggioda stefano michelazzi » ven giu 17, 2005 8:22 am

Quì in Italia purtroppo la mentalità del progetto a lungo termine non riesce ad attecchire, per non parlare poi di investimenti pubblici a lungo termine...
Sono anni che si sente parlare di riconversione ma nulla è stato fatto se non pochi esperimenti il più delle volte truccati, che nascondevano in vero il solito sistema tutto made in italy, di denunciare grandi sforzi, chiedere investimenti, intascare il denaro pubblico e poi fallire...

Siamo ancora a mio avviso vincolati in maniera portante ed a questo punto distruttiva, all'industria pesante, che ormai sono vent'anni che cola a picco e si mantiene a galla solo grazie ai suddetti investimenti statali o europei.
D'altro canto al posto di seguire i consigli di riconvertire l'industria pesante si è pensato "bene" di:
mantenerla cmq evitando spese di formazione per i lavoratori, di gran lunga però superate dalle spese di mantenimento, che consistono in assurdi prepensionamenti (c'è chi è andato in pensione a 40 anni con liquidazioni da mille e una notte...) ed altri ammenicoli vari.
Frazionamento dell'attività con appalti e di conseguenza subappalti a picole se non piccolissime entità produttive (e non mi dilungo sulle condizione lavorative di questi soggetti che sennò facciamo notte...).
Il risultato è stato quello di vivere una fase brevissima di "benessere", almeno sulla carta seguita da una nemmeno troppo lenta escalation verso il basso...
Ricordate una decina/quindicina d'anni fa la propaganda incredibile sull'attività delle piccole imprese del nord-est?
Paesi interi dove non esisteva un dipendente ma erano tutti "imprenditori"?
Il solito paese del Bengodi italiano, che in pochi anni ha dimostrato la sua inefficacia e sta diventando una delle falle maggiori per il Welfare...

Anni fa valutavo la situazione di una grossa industria già da anni spezzettata e diventata una sorta di pozzo di san Patrizio, per alcuni loschi grandi imprenditori, che sotto la minaccia di chiusura e conseguente perdita di centinaia di posti di lavoro, assorbivano e assorbono tutt'ora consistenti fette di investimenti italo-europei.
Valutando la storia del sito e la sua posizione particolare avevo visto la possibilità di riconvertire una situazione industriale pesante in una realtà turistica di ampia dimensione.
Fatti i dovuti calcoli, la bonifica del territorio e la sua ricostruzione avrebbe permesso di mettere in atto il processo di riconversione senza neanche troppi traumi...utilizzando la forza lavoro dapprima in una situazione analoga che sarebbe variata poi, con il cambio generazionale, in qualcosa di completamente diverso...
Morale della favola, si è preferito continuare ad alimentare le speculazioni a breve termine, perchè sono di facciata, piuttosto che investire in un periodo medio (8-10 anni).
Ora non dico che la mia idea sarebbe stata la soluzione a tutti i mali e sicuramente avrebbe necessitato di miglioramenti e sistemazioni varie lungo il percorso, e neanche che fosse l'unica possibilità, ma da questo a non prenderla nemmeno in considerazione perchè gli interessi del singolo superano quelli della collettività, dimostra almeno uno dei motivi per i quali l'azienda italia sta colando a picco...!
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Messaggioda Spider » ven giu 17, 2005 10:29 am

gug ha scritto:La Ricerca, ma in certe aziende addirittura la Progettazione, sono viste come un "male necessario", quando va bene, e come uno spreco nella maggior parte dei casi.


Tanto per dare qualche numero.

Le statistiche (fatte ovviamente in paesi in cui le industrie FANNO ricerca, non certo in Italia) dicono che le possibilità di successo di un progetto di ricerca (o più in generale di innovazione, a qualunque livello, come giustamente dice kenzo) sono 1 su 20.

Ovvero, su 20 progetti, mediamente 1 solo si converte in un nuovo prodotto/processo/sistema gestionale, o qualunque cosa fosse l'argomento della ricerca.

La ricerca per definizione non dà garanzia di risultato, altrimenti non si chiamerebbe nemmeno "ricerca"!

Ma questo in Italia non lo vogliono nemmeno sentire, sapere di dover lavorare 20 per ottenere 1 genera automaticamente un rifiuto fisiologico...
...anche se poi quell'"1" è quello che ti salva l'azienda, mentre il "19" risparmiato oggi, domani ti fa chiudere...
Le migliori escursioni e vie alpinistiche nelle Dolomiti su www.abcdolomiti.com
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Messaggioda Jocondor » ven giu 17, 2005 15:38 pm

stefano michelazzi ha scritto:Quì in Italia purtroppo la mentalità del progetto a lungo termine non riesce ad attecchire, per non parlare poi di investimenti pubblici a lungo termine...

...
Ricordate una decina/quindicina d'anni fa la propaganda incredibile sull'attività delle piccole imprese del nord-est?
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Ricordo, ricordo.
Ricordo anche che la Confindustria-Confartigianato, ed i loro giornali/sti prezzolati od ammanicati, ed i sloro referenti poltici, mentre esaltavano il nordest, dicevanoa nche che l'Italia aveva bisogno di laureati tecnici e che la scuola non li formava a dovere.
Una balla colossale: l'italia non paga e non necessita di laureati e quelli che, ascoltando le sirene, si sono laureati in informatica, oggi sono spesso disoccupati; mio fratello, fisico elettronico, lavora nel campo dei satelliti per telecomunicazioni come progettista, e guadagna meno di me....
...devi imparare a leggere, oppure il tuo cervello è bruciato......
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Messaggioda Fokozzone » lun giu 20, 2005 14:05 pm

Jocondor ha scritto:
stefano michelazzi ha scritto:Quì in Italia purtroppo la mentalità del progetto a lungo termine non riesce ad attecchire, per non parlare poi di investimenti pubblici a lungo termine...

...
Ricordate una decina/quindicina d'anni fa la propaganda incredibile sull'attività delle piccole imprese del nord-est?
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Mi sa che è tutto vero, ma mi sa anche che la storia sia vecchia e non un prodotto dell' attuale situazione: un proverbio siciliano di almeno cento anni fa recita:"se vuoi arricchire fa' mestieri vili".

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Messaggioda stefano michelazzi » lun giu 20, 2005 15:34 pm

Fokozzone ha scritto:
Jocondor ha scritto:
stefano michelazzi ha scritto:Quì in Italia purtroppo la mentalità del progetto a lungo termine non riesce ad attecchire, per non parlare poi di investimenti pubblici a lungo termine...

...
Ricordate una decina/quindicina d'anni fa la propaganda incredibile sull'attività delle piccole imprese del nord-est?
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Mi sa che è tutto vero, ma mi sa anche che la storia sia vecchia e non un prodotto dell' attuale situazione: un proverbio siciliano di almeno cento anni fa recita:"se vuoi arricchire fa' mestieri vili".

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infatti nessuno ha detto che sia un prodotto dell'attuale situazione casomai il contrario...aldilà del fatto che la musica non è cambiata ed ha anzi peggiorato nella situazione attuale.
Gli investimenti pubblici continuano a mancare o ad essere ancora più mirati di prima, e la propaganda (soprattuto televisiva fatta con l'ausilio di programmi cosiddetti informativi) tende a mitizzare ancora il superfrazionamento dell'industria.
Fatti i debiti calcoli se la situazione di prima era tesa allo sfascio ora si tende a sfasciare anche quel poco che poteva rimanere in piedi, tendendo a creare un monopolio gestito da un'unica potenza economica nazionale, che sfrutta a piacimento la miriade di piccole e piccolissime imprese(comprendendo chiaramente anche l'artigianato).
Il proverbio che hai citato potrebbe essere applicato alla nuova economia emergente del mercato orientale, facendo una considerazione dal punto di vista storico:
cent'anni fa in sicilia la mafia esisteva già ed arricchiva i pochi latifondisti che sfruttavano il mercato del lavoro e la produzione a loro piacimento.
Ora valutando che, lo stato ha sempre fatto gran bei discorsi sul debellare la mafia, ma i grossi interessi che girano attorno ad alcuni di quelli che ci governano hanno sempre impedito degli interventi decisi e risolutori, perchè questa situazione va ad appesantire le loro tasche, ed applicando ciò alla situazione economica attuale si ha un effetto speculare...
Il che significa che stanno venendo applicati gli stessi metodi mafiosi...

Il tutto potrebbe essere troppo semplicistico, ma non credo di sbagliarmi più di tanto...
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