Baldazzar ha scritto:Kenzo ha scritto:...
L'arroccamento dei ns. imprenditori che alla sfida cinese inalberano il cartello della QUALITA' DEL MADE IN ITALY è un sintomo di grave debolezza e cecità.
COMMENTO:
Morta l'auto, l'Italia sarà libera dal moloche che ha zavorrato le politiche economiche e di sviluppo dell'Italia negli ultimi 50 anni.
Ma se la mettiamo sul piano della qualità la sfida è già persa.
Guarda io sono imprenditore, quindi ai tuoi occhi probabilmente sono ignorante, ma, al momento, l'unico modo che abbiamo per vendere è la qualità, l'innovazione e la ricerca.
Per te sarà debolezza e cecità, per me fa un più 20% l'anno (da 4 anni anni a questa parte)...
Postilla, in Italia, a parte gli slogan, c'è ben poca gente che lavora in qualità... (sempre di prodotto sto parlando....).
Però mi interessa (non è una battuta ne sarcasmo) sapere cosa servirebbe secondo te...
(abito in piemonte e la fiat è il nostro cancro... si porta via tutte le risorse...)
Baldazaar, ti ringrazio per il tuo commento.
Per comunanza, io capisco e solidarizzo con chi quotidianamente deve combattere per la
sopravvivenza: a problemi impellenti nn puoi rispondere con teorie sui massimi sistemi. Se qualcuno compete in maniera scorretta (non parlo di dumping) devi prendere provvedimenti subito e adesso.
Ma accanto alla tattica occorre 1 visione ed 1 strategia.
Concorderai con me che in generale non sono le imprese italiane a non essere più valide in sè ma l'economia globalizzata e la saturazione dei mercati di riferimento che hanno incrinato il modello di sviluppo basato sulla soddisfazione del bisogno del singolo a cui esse hanno fatto riferimento dal dopoguerra ad oggi.
Il WTO e l'integrazione europea hanno sancito definitivamente la crisi di questo modello, o almeno per i paesi occidentali e italiano in particolare (settori maturi, facilmente replicabili, saturazione dei consumi, innovazione sempre + difficile nella creazione di valore per il prodotto).
Le politiche protezionistiche possono essere una risposta utile ad un bisogno impellente ma sono un palliativo. Occorre invece identificare i contorni di una nuova domanda a cui il sistema produttivo Italiano dovrebbe lentamente convertirsi.
Nello specifico credo ke il modello di sviluppo più promettente per il ns. paese sia quello legato alle politiche ambientali, protezione e valorizzazione del territorio. Esso avrebbe il vantaggio di facilitare la creazione di politiche di sistema e sinergie più consone all'attuale configurazione produttiva e dei consumi dell'Italia: ad es. la valorizzazione del patrimonio artistico-naturale-gastronomico, l'integrazione dei distretti della ricerca, la creazione di una politica sulle infrastrutture e la mobilità, ecc.., cose di cui, singolarmente, tutti i diretti interessati lamentano la mancanza.
Certo il processo di conversione sarebbe lungo, faticoso e doloroso ma è un percorso già vissuto negli 40-50' quando l'economia di guerra venne riconvertita, ma che diversamente da questa dovrebbe fare i conti con:
- una massa di esclusi da gestire attraverso una politica di welfare;
- un livello di consumi e stile di vita da rivedere, a cui serve una politica culturale e di comunicazione.
Nel recente passato ci sono esempi di paesi che hanno fatto scelte strategiche radicali, anche discutibili, ma che hanno pagato.
L'importante è decidere il nuovo volano che ridia slancio alle volontà e iducia ai singoli.
Ma serve una politica ed un leader, che non abbiamo.
Poi resta la realtà di tutti i giorni, il prezzo da tirare sempre + giù, le banca che nn ti aiuta, il dipendente che........