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Ora non c? è più neve ma le fessure interne al camino sono costituite da scaglie dall? apparenza poco sicura. Do un colpetto con il martello ed il suono mi conferma che non devo toccarle. Facendo equilibrismi particolari le evito con cura e giungo nel punto in cui il camino si appoggia e diventa facile, con pochi metri arrivo a rivedere la luce del sole in cresta. Ho i piedi semi assiderati, le mani ferite, ma sono fuori. La vista sul resto della via è confortante, anche se non si vede il termine si capisce che è bella roccia e bella arrampicata.
Faccio sosta, mi slaccio le scarpette e mi metto comodo.
?Molla tutto! Recupero!?
Tiro su le corde, le sistemo meglio possibile sul terrazzino e le passo nella piastrina per la sicura.
?Potete venire. Attenti alle scaglie che suonano!?
Mentre recupero simultaneamente i miei due compagni finalmente inizio a sentire il sole che scalda i miei piedi bagnati, mi godo l? aria tiepida e rifletto sulle stranezze degli alpinisti. Sono contento di aver superato questo tratto, non mi importa nulla del fatto che fosse un? arrampicata poco piacevole, piena di insidie, scomoda e schifata dalla maggioranza degli scalatori, sono invece orgoglioso della mia capacità di adattamento. L? alpinismo è diverso dall? arrampicata, non è questione di gesto ed estetica, è una cosa pratica, direi utilitaristica. Un sistema per scalare montagne ed arrivare in cima per una linea immaginaria che segue la logica della scalata, indipendentemente dalla bellezza, dalla difficoltà e dal rischio.
Dopo un po arrivano Andrea ed Ivo, ora tocca ad uno di loro prendere il comando, io devo assolutamente riprendermi da questo tiro.
22/11/2010