Ambrogio Cremonesi,
un grande dell'alpinismo varesino che ha lasciato molte impronte negli archivi e nei registri di montagna, ma ancor più in chi gli stava affianco. Un istante al suo fianco e ne uscivi incredibilmente più ricco, anche fosse solo di felicità e serenità.
Anche dopo un infarto qualche anno fa nessuno è riuscito a fermarlo, nella sua testardaggine, di seguire, lezione dopo lezione, il corso di alpinismo che annualmente la sezione di varese teneva.
Ho avuto la grande fortuna di averlo come maestro, nelle mie prime scorribande alla palestra di roccia varesina, al Campo dei Fiori. E molti altri come me, avranno avuto questa fortuna. Forse non un solo insegnamento alpinistico da lui, ma solo insegnamenti di vita, di dignità, di coraggio e onestà. Per quelli alpinistici -diceva- c'è sempre tempo. Questi invece, bisogna farseli entrare prima possibile, prima che te ne entrino di peggiori. Le parole non erano queste, ma il senso lo era eccome. Mi ricordo ancora quando me lo disse, avevo tirato fuori il discorso di una sua grande salita, di una diatriba col compagno e della immediata pacificazione a seguire.
Su quella cengia del Campo, parlavamo, a fine giornata, della sua salita sulla Est del Rosa, da sempre -o da allora- montagna emblema per noi varesini. Ero incuriosito da quell'impresa, e gli tirai fuori le parole, che presto divennero un fiume in piena; della Via del Centenario, che pur essendo reputata una tra le più sicure, vanta una sola ripetizione. Aperta con Paolo Borghi, nel '72, in occasione del centenario della prima salita alla Est, avvenuta lì affianco per il canalone Marinelli, corre tra i francesi e il gardin, arrivando diretti alla P.ta Gnifetti.
Al tempo non credevo che quel discorso potesse essere tanto prezioso,
o che potessi ricordarmelo in futuro.
Era lì, sempre lì, con quelle sue scarpette da arrampicata fucsia ormai logore, alla centesima risuolatura, che metteva fin quando usciva da casa, per venir fin su al Campo. E per poi forse andarci anche a messa. Lo prendevamo in giro per questo, e lui rideva sempre, dicendo fossero comodissime. Chissà che fine avranno fatto quelle scarpette.
Una grande firma ha lasciato, su quella parete, la firma più chiara, sicura e leggibile della parete. Ma terribilmente povera, rispetto alla ricchezza che lui riusciva a elargire gratuitamente.
Perdonate forse l'eccessivo pathos, ma ci ero affezionato e mi sembrava di fare una cosa bella.
Ciao Ambrogio, stammi bene.


