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Genova cinque anni dopo. Ancora senza verità
Oreste Pivetta
Il G8 di Genova compie cinque anni di vita. Si sarebbe dovuto aprire e chiudere allora, nel 2001 e nel giro di alcuni giorni di un luglio caldo come questo, invece continua. Cinque anni fa s´era all´esordio del centrodestra, adesso siamo all´esordio di un altro governo e di segno opposto. In mezzo la memoria non si è spenta, ricordando il povero Carlo Giuliani, ucciso in piazza Alimonda sul finire di una giornata violenta e misteriosa, incomprensibile da tanti punti di vista, e la vicenda non si è chiusa. Si poteva chiudere, con una dichiarazione di verità, se i processi non si fossero aggrovigliati, trascinandosi con il rischio di finire nella prescrizione e se l´indagine conoscitiva, voluta dal Parlamento, non si fosse esaurita nella fretta, in un mese, con tre relazioni diverse e quella di maggioranza, stilata da un deputato di Forza Italia, Donato Bruno, non si fosse risparmiata, denunciando solo eccessi. Un "eccesso" anche la morte.
Di processi ne rimangono in piedi almeno quattro, tra l´assalto alla Diaz, le violenze di Bolzaneto, le botte a un manifestante (coinvolto il vice comandante della Digos Perugini) e gli scontri in piazza, imputati un´ottantina tra agenti e funzionari di Pubblica Sicurezza, carabinieri, guardie carcerarie e una ventina di manifestanti: le sentenze di primo grado s´attendono per la fine del prossimo anno.
La commissione parlamentare, chiesta dai partiti del centrosinistra e che non s´era mai fatta, scegliendo la via più morbida dell´inchiesta conoscitiva senza strumenti tranne le audizioni, è ancora all´ordine del giorno: sta nel programma elettorale dell´Unione e se ne discuterà a settembre in commissione affari costituzionali, presieduta da Luciano Violante. Che un parere lo ha già dato: non è d´accordo, perchè un´indagine conoscitiva s´è già fatta e soprattutto perchè sono in corso i processi. Situazione ben diversa rispetto al 2004, quando a insistere per la commissione era stato lo stesso onorevole Violante. «D´altra parte - ci dice Violante - la mia è solo un´opinione personale, che è sempre lecito esprimere, anche quando contraddice un programma elettorale». Da presidente in commissione non dovrà neppure votare. Così per chiarire e smorzare la polemica, che la replica proprio ieri del leader di Rifondazione, Giordano, aveva per un istante acceso.
Che si faccia o meno la commissione, che si concludano in un modo o nell´altro i processi, importa molto ma sempre poco rispetto alle immagini di quei giorni per chi li ha vissute, immagini di una follia gratuita o di una strategia vendicativa, qualcosa che sembrò appartenere a un disegno politico, qualcosa di cui si occupò Amnesty International definendolo «la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale», in una città in stato d´assedio, divisa a metà, tra il centro dedicato al summit dei "grandi" , tra i quali faceva la sua comparsa a sistemare fioriere e limoni di plastica il nostro Berlusconi, e gli altri quartieri, divisa a metà dalle grate di ferro di una prigione, dai container sovrapposti e allineati come in una muraglia, dallo schieramento bellico di polizia, carabinieri, guardie di finanza, forestali. Attorno si radunò una moltitudine di giovani e meno giovani, di "no global", di lavoratori, di studenti, che volevano manifestare la loro contrarietà all´idea di un mondo governato da alcuni, escludendo la maggioranza dei popoli. In quella moltitudine si videro quelli che avremmo imparato a definire black bloc, frange estreme minoritarie facilmente individuate. Il 19 luglio il G8 della contestazione s´aprì con il corteo densissimo dei migranti. Senza uno straccio d´incidente. Il giorno dopo, quando i disobbedienti tentarono un azione, simbolica, di "sfondamento", le cariche della polizia e dei carabinieri si scatenarono. Ricordo tre o quattro agenti che trascinavano una ragazza bionda e la malmenavano a terra. Si era in piazza Alimonda. Pochi minuti più tardi, in quella stessa piazza sarebbe stato ucciso Carletto Giuliani.
Il 21 fu il giorno della grande manifestazione. A un centinaio di metri dalla fiera, mentre il corteo, imponente, s´attardava vicino a Boccadasse, una decina di black bloc si mise a scagliare sassi contro gli agenti schierati. Partirono i lacrimogeni e le cariche. I black bloc si dileguarono e il bersaglio divenne il corteo di migliaia e migliaia di pacifici cittadini. La mattina del 22 fu quella della scuola Diaz. Quando i giornalisti arrivarono, lo scempio era già stato fatto: sangue sui pavimenti, ciocche di capelli sui gradini della scela, sangue sulle canne di caloriferi, porte sfondate. Il seguito fu a Bolzaneto, nella caserma, dove i fermati furono insultati e malmenati, tra saluti fascisti e "Faccetta nera" cantata a squarciagola.
La verità che conta dovrebbe dire se qualcuno voleva davvero profittare del nuovo potere per dare una lezione ai "comunisti", per reprimere il dissenso, dovrebbe dire perchè è morto Carlo Giuliani. Heidi Giuliani, la madre di Carlo, entrerà in Senato. Le lascerà il suo posto Gigi Malabarba.