da gab_go » sab set 17, 2011 14:50 pm
Dall'8 febbraio scorso, 22 persone, sono trattenute in ostaggio da pirati somali sulla petroliera Savina Caylyn.
Tra i prigionieri c'è un triestino, Eugenio Bon la cui ultima telefonata a casa, di qualche giorno fa ha avuto un forte impatto sull'opinione pubblica locale.
Parla di torture, di uomini ridotti allo stremo, di persone che si stanno arrendendo al fatto che finiranno i loro giorni su quella petroliera.
Non ho seguito attentamente il caso negli ultimi mesi, eppure credo di essere una persona mediamente attenta e informata.
Quest'ultima comunicazione però e diversa dalle precedenti, non si parla tanto di trattative, di impegni a liberare gli ostaggi o di quanto tempo è passato finora dal giorno del sequestro. Qui uno dei prigionieri dice chiaramente che il tempo si sta esaurendo in fretta.
Nei giorni scorsi è stata organizzata una fiaccolata a Trieste, e suppongo che ci siano state manifestazioni simili anche altrove, ma quello che mi colpisce è il quasi totale silenzio di media e istituzioni su questa storia.
Una breve ricerca online fa capire che il governo avrebbe richiesto il massimo riserbo nell'interesse degli ostaggi e delle trattative in corso, e questo posso capirlo, non è forse il caso che certi dettagli e particolari vengano resi pubblici, ma questo attenzione non dovrebbe esimere dal parlare comunque del caso e tenere alto l'interesse per la sorte di queste persone.
L'enorme potere dei media, spesso usato a sproposito, potrebbe fare molto per risvegliare l'attenzione e l'impegno civile, per questo caso, come per tanti altri.
Perchè in questa storia si parla dei "marittimi rapiti in Somalia" mentre altre volte conosciamo ogni dettaglio di ogni persona coinvolta, al punto che sembra quasi di conoscerle?
Perchè non si fa riflettere sul fatto che queste persone sono prigioniere su una nave da oltre sette mesi mentre in genere queste situazioni si risolvono in tempi relativamente brevi?
Questo cinismo degli organi di informazione, che si palesa in momenti come questi, quando si vede che dietro alle mobilitazioni e alle storie strappalacrime c'è semplicemente la scelta di cosa sia facilmente "vendibile" o meno, questa è una cosa che mi fa davvero schifo.
Qualcuno dirà che le coscienze non dovrebbero avere bisogno dei media per innescare l'attenzione e l'impegno, ed è sicuramente vero, ma sappiamo benissimo quanto possa fare un articolo in prima pagina, un puntata di approfondimento, o una foto sorridente degli interessati.
Non ho cause da portare avanti, petizioni o manifestazioni da proporre, ho semplicemente pensato di raccontare questa storia su una delle poche piattaforme online che frequento, in modo che magari qualcuno che non ne sapeva nulla si interessi al caso, o che qualcuno che può diffonderla tramite siti o blog lo faccia. Penso che anche solo parlarne al lavoro o in famiglia possa fare molto per informare il pubblico. Intanto io ne ho parlato con voi.
So che ci sono dei gruppi di sostegno su Facebook, e probabilmente altre forme di supporto.
Per trovare ulteriori informazioni basta cercare "Savina Caylyn" su Google.