l'arte di arrampicare

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l'arte di arrampicare

Messaggioda moonwalker » sab dic 17, 2011 14:59 pm

nell'omonimo libro di caruso mi sono imbattuto in un tipo di allenamento mooolto interessante.
si tratta di un "mimo" delle tecniche d'arrampicata da eseguire lentamente e ben centrati sul baricentro.. tutto ciò non può non ricordare il retroterra culturale misticheggiante dell'autore.
in particolare definisce questi movimenti "interni", un po' come gli stili cinesi, con metodo de "Il cerchio nella Roccia", i cui esercizi hanno i classici nomi altisonanti e simbolici "Unire il cielo alla terra", "separare gli opposti".
mi piacerebbe saperne di più...sapreste darmi qualche dritta per trovare maggiori informazioni sull'argomento????
ciao
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Messaggioda moonwalker » sab dic 17, 2011 15:05 pm

per intenderci al minuto 1:11 c'è l'unica cosa simile che ho trovato

http://www.youtube.com/watch?v=YUMNXKbLVk4
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Messaggioda uargh » sab dic 17, 2011 20:00 pm

mh, intendi qualcosa del genere? http://climbook.com/articoli/37-hyper-mental-training

me sa che jolly è troppo laico però :roll:
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Messaggioda moonwalker » sab dic 17, 2011 22:50 pm

si mi riferivo proprio a questo..
la ricerca scientifica ha abbondantemente dimostrato come un allenamento sull'intenzionalità del movimento possa essere più produttivo di un allenamento tradizionale, pesistico per intenderci.
su discovery channel avevo visto un documentario dove mettavano a confronto 2 gruppi che facevano bicipiti al bilanciere. il primo gruppo faceva l'esercizio normale. il secondo gruppo faceva l'esercizio statico, senza movimento, senza peso; soltanto immaginare l'azione da fare durante l'esercizio. il risultato era sbalorditivo, il secondo gruppo manifestava un aumento di forza superiore al primo (quella che jolly chiama forza nervosa). questo perché il sistema nervoso invia come l'impulso elettrico al muscolo, che lavora a tutti gli effetti come sotto carico, senza tuttavia i problemi legati al sovraccarico.
successivamente gli esperimenti si sono ripetuti a ruota e le conclusioni sono state le stesse. conosco bene anche l'esperimento del mignolo citato da jolly e preso da una nota rivista scientifica. due gruppi, uno muove il mignolo, l'altro immagina di muoverlo. risultato: chi immagina il movimento sviluppa una forza pari a chi muove. pensate cosa potrebbe succedere se si coniugassero i due allenamenti, mentale e fisico.

però vorrei sapere se qualcuno pratica questo tipo di attività.
a parte manolo non ho mai visto nessuno allenarsi a muoversi a vuoto come su parete!!
e mi piacerebbe vedere questo livello di apertura mentale nell'allenamento di un alpinista/arrampicatore!!

comunque jolly dimostra di essere un laico illuminato..poco importa se è laico..ha perfettamente ragione quando dice che è molto più importante il mentale del fisico. il fisico è un lago di forza o forse un fiume, la mente, l'emozione, la volontà, l'intenzione sono un oceano!!!
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Messaggioda krizbuz » mar gen 24, 2012 12:30 pm

domandi sul libro di caruso: ma è stato rivisitato? sulla libreria di montagna leggo che è del 2007 ma se non sbaglio la prima edizione ha qualche annetto in +...
se qualcuno ne avesse una copia recente, il DVD è la traslazione del vhs o è stato rifatto?
grazie
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Messaggioda EasyMan » mar gen 24, 2012 17:58 pm

Io credo che comunque durante i movimenti a vuoto devi essere completamento immerso in questa fanta arrampicata da sentire le sensazioni.
Non credo sia tanto importante il gesto che fai ma come lo fai .... lo stesso vale per le discipline orientali.

Sono ottimi per sviluppare la capacità di visualizzazione e la concentrazione. Alcuni sostengono anche la fiducia perchè la mente non percepisce cioè che veramente è reale da un'illusione (vedi ad esempio i sogni).

Ecco bisognerebbe trovarsi proprio come in quei sogni che sono talmente intensi da sembrare veri.
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Messaggioda moonwalker » mar gen 24, 2012 20:04 pm

faccio notare che il libro di caruso è visibile con ampissime anteprime su google books

http://books.google.it/books?id=B3vs0ny ... ro&f=false


è indubbio che la concentrazione sia il cardine del tutto.
io già pratico arti marziali cinesi, in particolare gli stili interni, quelli praticati da caruso. nonostante ciò trovo difficile svolgere questi esercizi, sopratutto quello che "simula", o meglio "mette in atto" la tecnica della sostituzione.

sull'importanza della concentrazione, del sentire, sono perfettamente d'accordo con te.
comunque la stadio di totale concentrazione che descrivi tu è una conquista lenta e progressiva.
ho assistito a tanti che sminuiscono queste pratiche solo perché non sono immediatamente capaci, anche di concentrarsi. lo dice caruso stesso, sottolineando che quando si lascia da parte qualche aspetto fondamentale dell'arrampicata spesso accade perché non ci riesce, non ci viene, e quindi diventa "noioso". invece bisognerebbe insistere proprio su quelle lacune.

comunque dopo aver letto il libro di caruso ho capito che è facile entrare nella mentalità del "chiudere la via", tralasciando la vera e propria crescita.
qui si aprirebbe un discorso lunghissimo e non nego che mi piacerebbe approfondirlo.
la mentalità e il metodo progressivo di apprendimento delle tecniche del caruso mi piacciono molto.
di solito alle persone alle prime armi come me viene detto arrampica arrampica arrampica e non viene spiegato "come arrampicare".
caruso all'opposto parte dal come senza preoccuparsi di far arrivare in cima, chiudere la via. detto ciò è pur vero che i rinvii vanno riportati a casa, in un modo o nell'altro...

concludo dicendo che ho ancora molti dubbi, vista la mia inesperienza nell'arrampicata, sul modo corretto di applicare il metodo caruso.
nella sostanza negli ultimi mesi ho arrampicato "come viene" e comunque il grado è salito. sono in genere una persona ottusa e lenta nell'apprendimento e quindi sono stato abbastanza contento di riuscire a chiudere il mio primo 6a dopo 4 mesi.
tuttavia ogni tanto mi passa per la testa di passare le giornate sui 4a/4c per studiare bene i fondamentali di caruso, dato che mi capita di rendermi conto di non realizzarli da manuale.
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Messaggioda ciocco » mar gen 24, 2012 20:24 pm

moonwalker ha scritto:comunque dopo aver letto il libro di caruso ho capito che è facile entrare nella mentalità del "chiudere la via", tralasciando la vera e propria crescita.


Se ti interessa questo aspetto leggiti "Rock warrior's way" di Arno Illgner (sempre se non l'hai già fatto)
Io lo sto leggendo in questo periodo ed insiste sul fatto di interpretare l'arrampicata come occasione di apprendimento, crescita, coscienza di se stessi relegando la performance in secondo piano e come eventuale piacevole conseguenza.
Confesso che per me non è sempre facile capire quello che c'è scritto poichè per mia natura sono sempre stato più pratico che teorico e infatti so già che dopo la prima lettura lo rileggerò per cercare di capirlo meglio
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Messaggioda gatto alpestro » mar gen 24, 2012 21:42 pm

Ti consiglio anch'io la lettura di "Rock warrior's way". Nonostante il titolo altisonante, il libro è concreto e pieno di buon senso. Utile per mettere a confronto la propria esperienza con quella di uno che ti dice proprio quello che vuoi sapere, cioè come affronta la paura e le difficoltà senza cascare nell'ansia da prestazione. Utilissimo per dare valore a tutto quello che facciamo nell'arrampicata, anche ai gradi bassi, agli scarsi risultati, se comunque supportati da un impegno continuo e sincero.

Per quanto riguarda il potere della mente, sono d'accordo che è sempre da mettere al primo posto, come giustamente diceva Detassis. Ti racconterò una mia esperienza: a me piace radermi con il rasoio a lama libera, quello dei barbieri di una volta. Per farlo bisogna essere molto calmi, altrimenti sono guai. All'inizio (molti anni fa) quando imparavo ero agitatissimo e dovevo sforzarmi di stare tranquillo. Adesso che ho imparato avviene il contrario: mi basta aprire il rasoio per sentirmi calmo, quindi il radermi è diventato piacevole e rilassante. La mia mente ha ben digerito il fatto che per non tagliarsi bisogna rilassarsi, e quindi comincia proprio da quello, in modo automatico. Penso che lo stesso meccanismo valga per l'arrampicare.
Il gatto dà l'emozione di accarezzare una tigre, ma con meno spese di mantenimento.
Cosa mi preoccupa nell'alpinismo? La gravità, direi. (alpinista tedesco)
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Messaggioda moonwalker » mar gen 24, 2012 22:43 pm

non ho letto il libro che mi avete consigliato..
a dire il vero ho appena cominciato ad immergermi nella letteratura sull'arrampicata e l'alpinismo.
Lo leggerò sicuramente, sono effettivamente già curioso :) comunque non penso da come me l'hai descritto che sia un libro teorico (ma non l'ho letto, quindi dico quello che mi hai fatto venire in mente)
il percorso per arrivare a quanto hai detto (crescita, coscienza di se) non è semplice. che poi per alcuni sia naturale arrampicare in quest'ottica (come i grandi e illuminati rappresentanti dell'alpinismo) non rende il percorso di per se semplice. occorre trovare solo il modo che ci consenta di farlo al meglio; di certo non è il mezzo (né la difficoltà o la semplicità con cui lo mettiamo in atto) ad escludere le difficoltà del fine.
credo sia naturale trovare difficoltà a comprendere conclusioni derivanti da esperienze lunghe e difficili, come quelle che immagino siano descritte nel libro; se non fosse così ogni esperienza sarebbe godibile con le sole parole altrui.
per quanto mi riguarda credo che la strada per una migliore coscienza di se non derivi dalla teoria, ma dalla pratica totale (e sei fortunato se ne hai da vendere). in ogni caso è una lotta continua, costante, e non è mai una volta per tutte. è un lavoro faticoso e di ogni istante. richiede molte risorse perché la pratica della resistenza non diventi rassegnazione. non è di certo un percorso lineare; e la maggiore difficoltà secondo me sta nel cominciarlo seriamente.
io vivo così l'arrampicata, ma mi capita spesso di lasciarmi influenzare da quelli più bravi di me che pongono nel successo la chiave della salita. la tentazione di lasciarsi andare a questa gratificazione immediata è davvero forte. credo sia questo che si intenda quando si dice che la libertà e la propria affermazione hanno un costo; personalmente credo che questo prezzo sia la rinuncia del vecchio, dell'immediato e fugace successo.
ma si sa, siamo per naturale impulso portati a fare ciò che ci gratifica e tralasciare ciò che non ci piace; ma non sempre, forse quasi mai, la prima cosa è quella giusta e la seconda quella sbagliata. soprattutto per chi ha interesse a cambiare, a conoscersi.

grazie comunque del suggerimento! ordino subito il libro
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Messaggioda EvaK » mer gen 25, 2012 9:21 am

A me invece il libro "The rock warriors way" non è piaciuto per niente, ho provato a leggerlo e dopo 30 pagine l'ho trovato noioso e ripetitivo, pieno di concetti che se ci pensi bene sono piuttosto ovvi, ci si arriva anche da soli senza leggere tutto un libro: perchè si tratta di concetti che sono applicabili a tutto, a tantissimi aspetti della vita di tutti i giorni.

Sarà che vi ho trovato tanti orientalismi e a me la cultura orientale rimane estranea e sentire parlare di forza interiore, centro del corpo e robe varie mi è quasi fastidiosa (io sono intrisa di cultura mitteleuropea e di illuminismo....).
Orientalismi a parte, non mi sembra che nel libro ci siano grandi scoperte svelate: arrampicare con la paura di cadere sappiamo tutti che non fa progredire in modo fluido e che la paura del volo ostacola la crescita;
sappiamo tutti che la calma e la serenità dentro di noi aiutano a crescere, mentre arrampicare incazzati molto meno.

Ma in realtà tutto quello che facciamo da incazzati lo facciamo peggio di quanto non lo faremmo da sereni, e che se facciamo una cosa con il terrore di sbagliare la facciamo peggio che se la facciamo con tranquillità (tipo: hai il capo stronzo che aspetta solo che tu sbagli per cazziarti - lavori male; hai un capo che ti incoraggia e ti lascia libertà - lavori molto meglio)

Così mettersi in competizione con gli amici è peggio che fare le cose per sè....
e via dicendo.

Alla fine secondo me i principi diciamo "interiori" dell'arrampicata non sono affatto diversi dai principi che uno utilizza nel vivere comune, quindi se devo cercare un metodo nel migliorare nell'arrampicata fine a se stessa ho Jolly, Caruso, il metodo delle guide alpine che a suo tempo ho letto (che poi è tratto da Caruso).
Altrimenti libri di filosofia, psicologia e ammenicoli vari sulla ricerca di se stessi, crescita dell'io, dello spirito e menate varie ce ne sono a iosa, magari qualcuno è anche valido.
"Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne" (Immanuel Kant)

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Messaggioda moonwalker » mer gen 25, 2012 14:06 pm

è proprio a quanto tu dici che volevo riferirmi: che i principi dell'arrampicata valgano per il vivere comune è indubbio.
sul giudizio del libro non so, trarrò le mie conclusioni, dopo averlo letto.
comunque il fatto che dei concetti siano banali, non vuol dire che sia banale farli propri.
aver capito che bisogna restar tranquilli non è di certo sufficiente ad arrampicare tranquilli. occorre pratica seria e duratura.
la storia del rasoio di poco fa lo insegna.

sugli orientalismi sarebbe un discorso sterminato e non volevo di certo puntare a questo. come ho detto ognuno deve ricercare gli strumenti migliori per se stesso per poter cogliere l'essenza del proprio percorso. non potrei certo rinnegare la mia cultura occidentale, ma non posso nemmeno accettarla passivamente quando mi rendo conto che si infila in vicoli ciechi. per esempio io non condivido per nulla la mentalità della gara in arrampicata, anche se ovviamente produce atleti fortissimi.

infine farei notare che soprattutto nel metodo caruso, ma anche in quello jolly, vi è un forte debito per il pensiero orientale. di sicuro devono aver letto anche quei fascicoletti di filosofia a cui ti riferisci (guardare la bibliografia di caruso lascia stupiti.tra cui "hara, il centro vitale del corpo secondo lo zen" :lol: :lol: ). probabilmente sono riusciti a farlo con una sufficiente apertura mentale che gli consenta di non prendere per oro colato quanto dato da quel tipo di pensiero, ma che gli permetta anche di oltrepassare i blocchi di uno sterile razionalismo.
infatti ho avviato questo topic proprio perché sono rimasto colpito da come caruso abbia coniugato nel suo lavoro il duplice intento di fornire un metodo quanto più razionale sull'apprendimento delle tecniche di arrampicata e quello di preservare l'essenza spirituale di questa disciplina.
credo sia possibile farlo solo con una notevole apertura mentale, di cui io stesso non sono capace. credo derivi dall'aver capito che non tutto quello che ci insegnano da piccoli è giusto, in quanto e soltanto perché derivato dalla cultura nostra, quella dominante.
credo che il percorso dell'arrampicata e dell'alpinismo serva anche a questo, a mettere in discussione le proprie certezze, soprattutto quelle che non abbiamo scelto, a favore di un più maturo dinamismo del pensiero.
salutoni
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Messaggioda EvaK » mer gen 25, 2012 14:28 pm

E' vero, tu parli di apertura mentale, dell'accogliere concetti di culture altre rispetto a quella occidentale, che rischia di chiudersi su se stessa.
Ammiro chi riesce a farlo, io quando leggo certi concetti non posso che sentirli come estranei: li comprendo, ma fanno parte di una cultura che si basa su principi completamente differenti, e quando un occidentale abbraccia la cultura orientale (vedi molte persone che dichiarano di essere diventate buddiste) mi chiedo come possa succedere: per il fatto stesso di vivere qui, aver frequentato scuole occidentali dall'età di 3 anni, aver vissuto con certi schemi concettuali, e viverli tutt'ora, non è pensabile a metà di una vita mandare all'aria tutto e trasferirsi in un'altra cultura: è forse possibile prendere alcune cose, ma mi viene difficile anche questo, perchè quei concetti sono nati e basati su una cultura che è completamente "altra" rispetto alla nostra.... dunque dove li fai "appoggiare" quei concetti? li impianti nel tuo razionalismo occidentale di fondo?

Il rischio secondo me è di incorrere in un'ammirazione estetica per culture altre, senza possibilità di farle nostre. L'ho verificato qualche anno fa seguendo un corso di yoga, che poi ho abbandonato perchè troppo spirituale: interessante, mi piaceva, ma non riuscivo ad entrarci se non dovendo rinunciare a certezze che sono importanti e incrollabili, non so se riesco a spiegarmi.

Per tornare al tema della roccia, leggendo il libro di Grill, lui descrive le sue vie con colori, forme, armonie, disegna il corpo mentre arrampica nel passo più tipico di una via.... ecco questa è arte di arrampicare, o arrampicare per arte, un po' come il balletto, il teatro danza, in cui il corpo compie delle cose belle da vedere.
Sarà che io invece mi trovo molto più a mio agio leggendo le parole di Cassin, che arrampicava per salire, con semplicità e senza tante filosofie e concetti. Ora non ricordo dove, ma mi aveva colpita la sua risposta alla domanda tipo "perchè scali?" "perchè le montagne sono lì"

In sostanza credo che gli approcci all'arrampicata, come a tante cose della vita, siano differenti e molteplici: chi sente il bisogno di rendere spirituale quel che fa, chi lo fa e basta, chi lo fa per obiettivi, chi lo fa per cazzeggio, chi lo fa per competizione. Alcuni approcci portano in una direzione, altri in altre.... forse ad ogni persona il suo libro o la sua "filosofia" di scalata.
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