Dall'ultimo numero della rivista del CAI

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Dall'ultimo numero della rivista del CAI

Messaggioda Filippo » mer dic 14, 2005 12:02 pm

Ciao a tutti, è una vita che non scrivo su questo forum, ma sono ancora vivo.
Recentemente ho letto l'editoriale sull'ultimo numero della rivista del CAI che ha come argomento l'uso spesso sconsiderato, ed io mi trovo pienamente d'accordo, della tecnologia in montagna a tutti i livello (trekking, alpinismo, ecc.).

Volevo sapere qual'è la vostra opinione a riguardo.

Un saluto a tutti, ciao Filippo.
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Messaggioda marchino » mer dic 14, 2005 12:17 pm

dipende da cosa intendi per tecnologia...
sii + pratico, fai qualche esempio
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Messaggioda vecchio leone » mer dic 14, 2005 13:18 pm

I tempi evolvono e cambia la tecnologia a tutti i livelli : vestiario , materiali , strumenti ecc. non si può dire questo questo si o quello no , ognuno è libero di usare quello che crede più opportuno . Se ora ci sono tecnologie che non esistevano in passato ben vengano , anche noi nel nostro piccolo usufruiamo di un sacco di tecnologia innovativa , non andiamo mica in giro con gli scarponi di nostro nonno :D
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Re: Dall'ultimo numero della rivista del CAI

Messaggioda Zio Vare » mer dic 14, 2005 15:14 pm

Filippo ha scritto:Recentemente ho letto l'editoriale sull'ultimo numero della rivista del CAI che ha come argomento l'uso spesso sconsiderato, ed io mi trovo pienamente d'accordo, della tecnologia in montagna a tutti i livello (trekking, alpinismo, ecc.).

Volevo sapere qual'è la vostra opinione a riguardo.

Non ricevo la rivista, se puoi fare la scansione dell'articolo fai un piacere a molti.
Detta così in termini molto generali non me ne frega niente di come la gente va in montagna e di cosa usa, se a qualcuno piace il GPS e la canotta ultratecnica sono fatti suoi e ha tutto il diritto di usarli, tanto a me non cambia la vita e non cambia la vita a nessun altro. Che almeno andando in montagna rimanga la soddisfazione di fare quel che ci pare e di attrezzarci come più aggrada i nostri gusti e il nostro portafogli. La montagna è una passione personale; non capisco perchè ogni tanto debbano uscire i soliti pistolotti romantici e psudotradizionalisti laudatores termporis acti. E' come la questione del cellulare che qualche anno fa andava tanto di moda, se me lo voglio portare e tenerlo acceso non vedo prchè qualcuno mi debba scassare le palle dicendo che non capisco la dimensione della montagna, idem per l'inverso.
Finchè vado in montagna in sicurezza senza far prendere rischi a nessuno, cosa mi porto e cosa indosso sono in ultima analisi solo cazzi miei; se l'ditoriale del CAI parlava dell'argomento di cui sopra potevano anche evitarselo, in caso contrario son ben contento di parlarne.
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Messaggioda vecchio leone » mer dic 14, 2005 15:30 pm

Zio Vare , concordo in pieno !!!
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Re: Dall'ultimo numero della rivista del CAI

Messaggioda Filippo » mer dic 14, 2005 16:54 pm

[quote="Zio Vare"][quote="Filippo"]
Recentemente ho letto l'editoriale sull'ultimo numero della rivista del CAI che ha come argomento l'uso spesso sconsiderato, ed io mi trovo pienamente d'accordo, della tecnologia in montagna a tutti i livello (trekking, alpinismo, ecc.).

Volevo sapere qual'è la vostra opinione a riguardo.
[/quote]
Non ricevo la rivista, se puoi fare la scansione dell'articolo fai un piacere a molti.
Detta così in termini molto generali non me ne frega niente di come la gente va in montagna e di cosa usa, se a qualcuno piace il GPS e la canotta ultratecnica sono fatti suoi e ha tutto il diritto di usarli, tanto a me non cambia la vita e non cambia la vita a nessun altro. Che almeno andando in montagna rimanga la soddisfazione di fare quel che ci pare e di attrezzarci come più aggrada i nostri gusti e il nostro portafogli. La montagna è una passione personale; non capisco perchè ogni tanto debbano uscire i soliti pistolotti romantici e psudotradizionalisti laudatores termporis acti. E' come la questione del cellulare che qualche anno fa andava tanto di moda, se me lo voglio portare e tenerlo acceso non vedo prchè qualcuno mi debba scassare le palle dicendo che non capisco la dimensione della montagna, idem per l'inverso.
Finchè vado in montagna in sicurezza senza far prendere rischi a nessuno, cosa mi porto e cosa indosso sono in ultima analisi solo cazzi miei; se l'ditoriale del CAI parlava dell'argomento di cui sopra potevano anche evitarselo, in caso contrario son ben contento di parlarne.[/quote]

Farò la scansione a beneficio di chi non riceve la rivista.
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Messaggioda Sextans Uraniae » mer dic 14, 2005 18:04 pm

Non si tratta dell'editoriale, ma del 'tema' che prende titolo di "Escursionismo e tecnologia" ed è firmato da Carlo Lanzoni (ho qui la rivista, credo l'ultima, non ne riceverò altre in futuro). Non riporto l'articolo, di questo si occuperà Filippo :wink: come egli stesso ha promesso, però appena lo leggerete sono certa vi troverà d'accordo in molti; io lo condivido in pieno. Paradossalmente non è, come si potrebbe con leggerezza adombrare, una riproposizione stanca del modo "arcaico" ("arcaico" è semplicistico, ma ci siamo capiti!) di vivere la montagna, semmai è in netta controtendenza, almeno secondo la mia interpretazione.

Riporto solo qualche riga che ci ricorda l'origine della parola 'escursione':

Del termine escursionismo mi è sempre sembrata bella e significativa la sua radice etimologica latina "Escursus" (uscire fuori) che esemplifica la componente di libertà, semplicità, ricreazione insita nella sua pratica .

Lasciatemi sperare che apprezzerete l'articolo e che alcuni fra di voi si faranno sostenitori di quei contenuti espressi in forma così chiara e sensata, anche avvincente...

Ciao
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Re: Dall'ultimo numero della rivista del CAI

Messaggioda MatteoD » dom dic 18, 2005 2:19 am

Zio Vare ha scritto:Non ricevo la rivista, se puoi fare la scansione dell'articolo fai un piacere a molti.



Eccolo... anche se mi sembra che si tratti di un tema eterno che si riproporrà ogni volta che una nuova tecnologia diventerà accessibile alla grande massa dei praticanti. :wink:

Dopo una giornata di cammino mi godo un po'' intorpidito l'atmosfera tranquilla del dopo cena in uno storico rifugio dell'Appennino, tra il brusio dei vari clienti non posso fare a meno di tendere l'orecchio alla conversazione di alcuni vicini di tavolo.
Spicca per eloquio un tizio dal tono di voce alto e sicuro.
La fraseologia é tipica dell'industriale o del manager, che intuisco ritaglia una forte passione per la montagna tra tanti impegni lavorativi.
Lo scenario evocato é quello rarefatto delle pareti e campi base himalayani, da dove il nostro, magnificando le opportunità offerte dalle recenti tecnologie satellitari in suo possesso, é riuscito parallelamente all'impegno alpinistico a districare con efficacia ed in tempo reale una serie di questioni e beghe ben più ardue della scalata, pertinenti affari ed affetti distanti migliaia di chilometri. Tutti a bocca aperta.
Questa performance non comune mi ha fornito lo spunto per alcune considerazioni ed interrogativi.
Il rapido sviluppo di nuove tecnologie, in particolare l'elettronica e l'informatica prefigurano scenari inquietanti ed orwelliani non solo per quanto riguarda il mondo del lavoro dell' economia e delle relazioni sociali. Anche nell'ambito delle attività ricreative, sportive, culturali, le modificazioni in atto sono state tante e tali da cambiarne radicalmente mentalità e pratica.
Tanto per rimanere all'attività che pratico da sempre e conosco meglio, l'escursionismo, in questi anni recenti non solo é avvenuto un salto tecnologico nell'equipaggiamento, riguardante tende, zaini, indumenti, ma le vere novità nel nome della modernità, sicurezza, comodità sono rappresentate dalla diffusione, di strumenti, gadget, telefonini, contapassi, radio, orologi elettronici, gps
Del termine escursionismo mi é sempre sembrata bella e significativa la sua radice etimologica latina "Escursus" (uscire fuori ) che esemplifica la componente di libertà semplicità, ricreazione insita nella sua pratica.
In un recente saggio la californiana Rebecca Solnit ricostruisce un'interessante "Storia del camminare" (Ed. Mondadori) ricordando come il camminare, (non solo in ambiti naturali) sia sempre stato lotta e ricerca contro i limiti territoriali, culturali, posti dalla maggioranza delle società, alle pulsioni insite nella natura umana quali:
Il bisogno di libertà, curiosità, autonomia, fruizione gratuita del paesaggio, aria pulita, nonché la semplice necessità di stare in pace e uscire fuori da assetti urbani e civili angusti.
Oggi tutto ciò pur essendo di grande attualità e necessità, deve fare i conti con ulteriori vincoli, infatti le moderne tecnologie hanno dimostrato una
pervasività totale ed una capacità di controllo e comunicazione elevatissima.
Nonostante tutti i garantismi costituzionali e con buona pace dei garanti della privacy, la reperibilità individuale, sempre ed ovunque, sta diventando un obbligo sociale, e con essa l'impossibilità di fare e stare in silenzio.
Se il cicaleccio degli utenti dei telefoni cellulari risulta fastidioso in un contesto urbano, questa petulanza lungo un sentiero, in un rifugio, fa risaltare maggiormente la vacuità e inutilità della maggioranza delle comunicazioni i reiterati "sono qua" "dove sei".. "ti richiamo tra un attimino..." prefigurano un'umanità' sempre piu' incapace di sentirsi autonoma e priva di cordoni ombelicali rassicuranti.
Tra non molto avviarsi anche sul percorso più banale, senza questi guinzagli sarà considerato un intollerabile atto antisociale o un'imprudenza grave da sanzionare duramente.
Nel medesimo senso va la diffusione dei Gps. (Temporaneamente frenata solo dagli elevati costi e complessità d'impostazione), che insidia uno degli aspetti più significativi dell'esperienza escursionistica.
Orientarsi, leggere le carte topografiche, capire dove siamo, dove stiamo andando e da dove veniamo, rappresenta una metafora rispetto a stili di vita e scelte esistenziali ben più rilevanti.
Sostituire queste modalità con un apparecchietto dalla vocina suadente che ti intima di girare a destra, salire a sinistra. Rappresenta un salto culturale enorme indebolendo di fatto la discrezionalità e l'educativa possibilità di errore.
In un passato non certo remoto uno dei piacevoli ostacoli da affrontare nel programmare un'escursione era il reperimento della documentazione informativa.
In molte aree a parte qualche vecchia carta IGM, l'assenza di segnaletica, la carenza di guide e descrizione del percorso, poneva in preparazione e sul terreno non pochi problemi ma rendeva anche una passeggiata un'awentura, un'occasione per chiedere informazioni ai locali.
Oggi all'opposto, l'evoluzione della segnaletica, l'abbondanza di carte, guide, crea l'imbarazzo della scelta, poi attraverso Internet siamo all'ipertrofia, possiamo attingere ad una miniera di immagini, notizie storiche, naturalistiche, animazioni, web camera... insomma di tutto e di più.
Conversando con alcuni escursionisti coinvolti in queste forme
comunicative, mi ha colpito l'entusiasmo o la delusione derivante non dalla scoperta concreta dei luoghi, ma dalla capacita' di trovare conferma o smentita rispetto alle aspettative determinate dalla qualità delle immagini e notizie scaricate dai vari siti.
Altro significativo segno dei tempi ('indisponibilità ad accettare l'incertezza meteorologica, e il moltiplicarsi dei siti e rubriche meteo. Le previsioni ormai di grande dettaglio ed affidabilità diventano la precondizione solo se favorevoli, per definire la praticabilità di qualsiasi attività.
Se tutto ciò é ottimo dal punto di vista della sicurezza nel contempo non va dimenticato che la genericità delle previsioni, esponevano al maltempo o all'improvviso acquazzone ma creavano col tempo nell'escursionista un'attenzione nei confronti degli elementi naturali oggi non comune. Insomma ci troviamo dinnanzi alla modifica di tante funzioni e abilità che nella sostanza atrofizzano e impoveriscono qualitativamente l'esperienza escursionistica, privandola di quegli elementi di imprevedibilità, avventura, senso del limite, che la rendevano unica e sapida.
Tutto ciò tra i giovani ed i giovanissimi é amplificato. Tra loro la dipendenza e influenza dell'artificiale é notevolissima e inibisce sempre più la capacità di fare o interessarsi ad esperienze concrete.
Osservando qualsiasi comitiva giovanile (poco cambia se in gita in un centro storico o nel bosco) si evidenzia per alcuni l'incapacità di staccare gli occhi dal telefonino o sospendere di armeggiare con il video game.
Il fatto che trovino queste attività o comunque il mondo virtuale ben più interessante della realtà, la dice lunga sulle nuove forme indotte di autismo tecnologico.
La lentezza del cammino, l'asprezza e variabilità del terreno, del tempo la materialità della fatica risultano sempre più inconcepibili, insopportabili, anacronistiche. Moderna é la velocità. La prontezza di riflessi e di risposta da videogioco sono valore assoluto, così come il rapido consumo di merci, emozioni, paesaggi...
Rimanendo così le cose, tra la pesantezza dello zaino e la leggerezza e potenzialità del mouse non c'é gara.
Immagino l'obiezione: questa é la modernità, il progresso, indietro non si torna, anche la montagna, il CAI, non possono rimanere fuori dagli inevitabili processi di adeguamento tecnologico culturale.
Verissimo! Il tempo delle etichette scritte e incollate a mano, dei calzoni alla zuava, é fortunatamente alle spalle e tutti noi, nessuno escluso, siamo fortemente compromessi e gratificati dal progresso.
Ma per i significati che abbiamo sempre attribuito alla frequentazione della montagna, se vogliamo preservare spazi naturali come terreno di gioco, occasione di esperienze concrete per la formazione del carattere e per la ricreazione fisica e mentale, occorre insieme ripensare ad una nuova etica.
In questo senso il CAI può essere fondamentale, già nel passato ha dimostrato con la sua sensibilità storica di sapere innestare alla tradizione innovazioni che non snaturano la sostanza ed all'occorrenza, se necessita, andare controcorrente:
I vecchi decaloghi che raccomandavano giustamente di non raccogliere i fiori, riportare a valle la spazzatura...non bastano più. Senza cadere in assurdi fondamentalismi colmiamo il ritardo per elaborare e proporre uno stile nuovo nella frequentazione della montagna che passi attraverso un'essenzialità delle infrastrutture, comportamenti e autolimitazione nell'uso degli strumenti.
I Gps lasciamoli agli esploratori polari, navigatori oceanici e autotrasportatori.
Il telefonino, come faremmo in un teatro o in chiesa, spegniamolo e attiviamolo solo per motivi seri. Ricreiamo le condizioni perché anche una semplice gita, diventi appunto un'escursione". Un'esperienza regolata da altri ritmi, tempi, variabili. Introduciamo a tale fine il minor numero di mediatori artificiali tra noi e l'ambiente, altrimenti anche il posto più remoto diventerà una dependance, un pochino più spaziosa e verde, delle nostre abitudini e nevrosi post-industriali .
Carlo Lanzoni A.E. Sezione di Rimini
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Messaggioda Silvio » dom dic 18, 2005 2:26 am

ci vuole una sana "decrescita" anche nell'esercizio di queste attività.
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Messaggioda Enzolino » dom dic 18, 2005 21:27 pm

Potrei anche essere d'accordo con quello che ha detto l'autore dell'articolo e nella prassi lo sono. Non ho il telefonino, ho scelto di non far uso del GPS anche in esperienze in cui sarebbe stato utile, arrampico con magliette e calzamaglie bucate di dieci anni fa, ecc.
Ma non mi piace il tono paternalistico dell'articolo. Poteva proporre il tema come spunto di riflessione, ma in realta' sembra proprio esprimere un giudizio nei confronti degli altri.

Ciao :wink:

Lorenzo
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Messaggioda Zio Vare » lun dic 19, 2005 16:45 pm

Enzolino ha scritto:Ma non mi piace il tono paternalistico dell'articolo. Poteva proporre il tema come spunto di riflessione, ma in realta' sembra proprio esprimere un giudizio nei confronti degli altri.

Leggo solo ora l'articolo, mi ero perso il post. Condivido l'idea di Enzolino. Si parla della montagna e si pensa alla montagna come se fosse una dimensione parallela alla vita quotidiana. Vai in montagna ed evadi, sei diverso, cambi stile. Io sono convinto del contrario: la testa, le idee sono le stesse, i cretini rimangono cretini anche in montagna, le persone furbe si riconoscono sia a 3.000 m che a 150 nella folla di un autobus.
Continuando con lo stesso ragionamento dell'autore si potrebbero muovere critiche a passi come questo

Nel medesimo senso va la diffusione dei Gps. (Temporaneamente frenata solo dagli elevati costi e complessità d'impostazione), che insidia uno degli aspetti più significativi dell'esperienza escursionistica.
Orientarsi, leggere le carte topografiche, capire dove siamo, dove stiamo andando e da dove veniamo, rappresenta una metafora rispetto a stili di vita e scelte esistenziali ben più rilevanti.


e chi l'ha detto in montagna devi portarti una cartina? Chi l'ha detto che non devi saperti orientare esclusivamente con il tuo naso? Che differenza corre tra una cartina e il GPS? Non c'è nessun dispositivo che dica
Sali il sentiero a sinistra
Percorrerlo per 146 m di dislivello
Obliquare a NW portandosi in cresta bla bla bla
Si fanno discorsi romanticoni e di colpo in navigatore satellitare dell'automobile diventa il GPS da escursionismo. La relatà è che se non sai un c***o di topografia non sai leggere nè una cartina nè puoi utilizzare un GPS. Forse la cartina è più comoda perchè al limite te la fumi :lol:
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Messaggioda vecchio leone » lun dic 19, 2005 22:39 pm

In effetti c'è un tono molto paternalistico , anche se nell'articolo c'è un po' di confusione tra l'utilizzo delle tecnologie che possono essere utili , con altre che non hanno niente a che vedere con la montagna ( videogame .,.)
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Messaggioda Yashin » mar dic 20, 2005 13:21 pm

Che palle....i soliti articoli di gente nostalgica che si accanisce contro la tecnologia...

Vi dirò....l'ultima volta che sono andato a fare una via lunga ho provato le radio rice trasmittenti....chiaramente non le usi per fare dei discorsi però quando arrivi in sosta schiacci un bottone e a al tuo compagno arriva un BIP che gli dice che può mollare tutto...tutto qui.
L'ho provata una volta, non è detto che diventi la prassi, però l'ho trovata comoda, mi ha evitato di urlare a squarciagola...e assicura la comunicazione tra i due.

Bye
La potenza è nulla senza controllo...ma il controllo senza potenza a cosa c***o serve?
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Messaggioda Zio Vare » mar dic 20, 2005 13:48 pm

Usi le PMR? 8O 8O 8O
ANATEMA!!!! :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol:
Dovresti provare il piccione viaggiatore, sai che contatto con la natura 8)
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Messaggioda Yashin » mar dic 20, 2005 18:59 pm

Usi le PMR?
ANATEMA!!!!
Dovresti provare il piccione viaggiatore, sai che contatto con la natura


Il piccione viaggiatore l'ho provato tempo fa ma quel maledetto invece che andare dal mio compagno è andato dal secondo di un'altra cordata...quest'ultimo pensava di partire ma in realtà non era ancora stato recuperato del tutto....problemi tecnici...adesso lo sto istruendo meglio :wink:
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Messaggioda Sextans Uraniae » mar dic 20, 2005 19:37 pm

Forse abbiamo percorsi di lettura indipendenti. Ho riletto più di qualche volta l?articolo alla luce delle vostre osservazioni. Sinceramente non riesco a rintracciarvi altro che una grande coerenza ed equilibrato senso critico (e questo mi sembra c?entri davvero poco con ?romanticismo? e paternalismo) nel giudicare situazioni paradossali che a dire il vero potrebbero prestare il fianco ad un?aperta derisione...

Beh, proverò a rileggerlo ancora :wink: (e voi? :wink:).




[/quote]Detta così in termini molto generali non me ne frega niente di come la gente va in montagna e di cosa usa, se a qualcuno piace il GPS e la canotta ultratecnica sono fatti suoi e ha tutto il diritto di usarli, tanto a me non cambia la vita e non cambia la vita a nessun altro. Che almeno andando in montagna rimanga la soddisfazione di fare quel che ci pare e di attrezzarci come più aggrada i nostri gusti e il nostro portafogli. La montagna è una passione personale; non capisco perchè ogni tanto debbano uscire i soliti pistolotti romantici e psudotradizionalisti laudatores termporis acti. E' come la questione del cellulare che qualche anno fa andava tanto di moda, se me lo voglio portare e tenerlo acceso non vedo prchè qualcuno mi debba scassare le palle dicendo che non capisco la dimensione della montagna, idem per l'inverso.
Finchè vado in montagna in sicurezza senza far prendere rischi a nessuno, cosa mi porto e cosa indosso sono in ultima analisi solo cazzi miei; se l'ditoriale del CAI parlava dell'argomento di cui sopra potevano anche evitarselo, in caso contrario son ben contento di parlarne
[quote]


A proposito mi permetto di proporvi solo una piccola riflessione (ma quante ancora ce ne sarebbero!) sulle conseguenze, ?diagnosticate ? come piuttosto pesatine, dei nostri gusti e scelte in fatto di iperconsumo tecnologico. Immersi come siamo in un brodo di coltura relazionale e comunicativo fatto ormai quasi esclusivamente di chips e microchips per la cui fabbricazione occorre quel favoloso minerale chiamato cobalt, non ci siamo mica dimenticati quanto sia stato e sia tuttora ricercato dalle imprese multinazionali in paesi come il Congo ed altri africani... No, vero? che non ci siamo dimenticati di quanti drammi umani e disastri consumati in quei paesi in nome delle nuove tecnologie...

Ciao a tutti
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Messaggioda vecchio leone » mar dic 20, 2005 20:02 pm

Carlo Lanzoni ha veramente un equilibrato senso critico :roll: . Ma se oltre a leggere Rebecca , l'autore avesse letto anche altri libri di alpinismo , avrebbe imparato che tempo fa il vero alpinista , per essere considerato tale , utilizzava la bicicletta o la moto e poi doveva dormire o in tenda o nei fienili , le locande erano aborrite come oggetto tecnologico indegno per l'alpinista ... noi come ci consideriamo ai loro occhi ?? rifiuti della tecnologia ???
Ultima modifica di vecchio leone il mar dic 20, 2005 23:06 pm, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda Zio Vare » mar dic 20, 2005 21:09 pm

Sextans Uraniae ha scritto:Forse abbiamo percorsi di lettura indipendenti. Ho riletto più di qualche volta l?articolo alla luce delle vostre osservazioni. Sinceramente non riesco a rintracciarvi altro che una grande coerenza ed equilibrato senso critico

Io l'equilibrato senso critico non lo vedo, sento aria di nostalgia e puzza di stantìo.
Il tutto riassunto da questa frase

Codice: Seleziona tutto
Rimanendo così le cose, tra la pesantezza dello zaino e la leggerezza e potenzialità del mouse non c'é gara.


Io non capisco proprio dove voglia andare a parare! Il suo articolo è stato battuto e impaginato da un potentissimo mouse affiancato da ipertecnologica tastiera, noi siamo qua a parlare di montagna grazie alle mille risorse del topo da scrivania!
Premesso questo l'autore dell'articolo carica la montagna di un carattere che non è insito nell'ammasso di minerali ma è peculiare della persona e che si può ritrovare ovunque, al mare, in montagna, nel deserto, purchè si parta con una certa visione delle cose.
La fatica è sempre fatica, la lentezza è sempre lentezza, l'allenamento è sempre lo stesso, non c'è microchip che tenga.
Io siceramente non capisco frasi di questo genere:
Ma per i significati che abbiamo sempre attribuito alla frequentazione della montagna, se vogliamo preservare spazi naturali come terreno di gioco, occasione di esperienze concrete per la formazione del carattere e per la ricreazione fisica e mentale, occorre insieme ripensare ad una nuova etica.

Quali significati? Quale formazione del carattere è quello "vera"? Quella con cui è cresciuto il nostro autore? E appena qualcosa cambia dobbiamo ripensare ad una nuova etica? Dobbiamo tirar fuori un parolone del genere solo perchè ci piace fare 4 passi per i monti? Mi pare un pelo esagerato.
Ciò detto io non ho il GPS (costa troppo) mi arrabatto con l'altimetro elettronico (quindi sono uno schiavo della tecnologia?), se il cellulare prende è meglio (non si sa mai) ma se lo dimentico chissenefrega, quello che conta è la testa che sta sopra le gambe; se poi i chip sostituiscono la testa (e succede spesso nella vita quotidiana), be', questo è un altro problema!
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