VYGER ha scritto:tacchinosfavillantdgloria ha scritto:Mi fa sempre piacere sentir citare i veda, personalmente amo molto l'advaita vedanta. Mi suonerebbe un po' strano, peraltro, utilizzarli in una discussione per difendere una scelta carnivora, visto che la cultura indiana è quella che forse ha dato maggior enfasi alla non violenza e l'India è in un certo senso la patria del vegetarianesimo.
Comunque i nostri antenati dicevano "tot capita, tot sententiae"...
Pluralisti saluti
TSdG
Due cit. Poi chiudo.14. Se uno desidera un figlio di carnagione chiara, che sappia recitare un Veda, che viva intera la sua vita (di cento anni), dopo aver fatto bollire del riso nel latte, insieme con la moglie lo mangi, condito con burro fuso: saranno così adatti a generare [un tal figlio].
[...]
18. Se poi desidera un figlio colto, famoso, che partecipi alle assemblee e pronunci discorsi ascoltati, che sappia recitare tutti i Veda, che viva intera la sua vita, dopo aver fatto bollire del riso con della carne, insieme con la moglie lo mangi, condito con burro fuso: saranno così adatti a generare [un tal figlio]. [Si deve trattare di carne] di manzo o di toro.
Bhradaranjaka Upanishad, VI Adhyana, I, IV Brahmana, 14,14.18
Yajnavalkya non era uno che si tirava indietro, quando si trattava di far andare le ganasce attorno a una succosa costata di manzo.
In effetti le Upanishad sono tentativi di risposta ad alcuni problemi esistenziali colossali, tra i quali il fatto che la vita si nutre per lo più di altra vita, eccezion fatta per alcuni vegetali, che però spesso prosperano proprio laddove gli animali o ciò che di loro resta si decompongono.
Cfr. per es. questo passo, un dialogo tra Varuna e Bhrgu:1. Bhrgu, figlio di Varuna, s'accostò al padre Varuna e gli disse: "Insegnami, o venerabile, il Brahman". A lui quegli rispose: "Il [Brahman] è cibo, soffio vitale, vista, udito, mente, parola "
18. Ancora gli disse: "Quello dal quale le creature nascono, per opera del quale una volta generate vivono, nel quale morendo penetrano, questo devi cercare di conoscere. Esso è il Brahman".
Bhrgu praticò l'ascesi e, praticata l'ascesi,
2. conobbe che il Brahman è cibo. In verità dal cibo le creature nascono, per opera del cibo una volta generate si mantengono in vita, nel cibo morendo ritornano.
TAITTIRIYA UPANISAD, PARTE TERZA, LA LIANA DI BHRGU 17 [sembra il Signore degli Anelli, ma non lo è; è robba vera].
Che il problema sia fondamentale - e trovi sempre e solo soluzioni parziali - anche nella tradizione giudaico-cristiana, è secondo me dimostrato dalla vicenda dell'Arca di Noè, in Gen.
Come diavolo sono riusciti a stare assieme 40 gg., in uno spazio ristretto, coppie di ogni animale esistente sulla terra, senza divorarsi?
Credo che il simbolo tenti di suggerire che il mondo può persistere solo se i vari esseri che ne fanno parte sono in grado di autolimitarsi in questo divorarsi reciproco, del resto inevitabile (altrimenti YHWH/Elohim non avrebbe/ro creato gli animali che mangiano altri animali, non avrebbe/ro creato Leviathan e Behemot, i mostri dell'abisso).
Sto scrivendo in chiave di miti religiosi fondativi, non in chiave scientifica, eh?
Ok, passo e chiudo.
A ognuno la responsabilità della propria scelta.
Bye
Beh, il discorso è interessante.
Io purtroppo ho una conoscenza meno che superficiale dei veda e non so entrare nel merito. L'impressione, grossolana finché si vuole, è che si possa trovarci un po' di tutto, e supportare così tesi anche molto diverse.
Comunque, il succo del mio punto di vista vorrebbe essere questo.
In tutte le culture, dalla preistoria (quando pare si compiessero rituali per chiedere perdono agli animali che si sarebbero uccisi nella caccia) all'epoca classica (vedi appunto anassimandro), alle filosofie orientali, alla tradizione cristiana (hai citato la genesi, potremmo parlare di Francesco d'assisi che va pure di moda adesso) si pone il problema: il fatto stesso di esistere, di sopravvivere e occupare un posto nel mondo, implica inevitabilmente entrare in conflitto con altri esseri, causare loro sofferenza e al limite anche ucciderli.
Questa è una legge, cui non sembra possibile sfuggire. Il punto cruciale, come la vedo io, è: come esseri umani, intendiamo utilizzare le nostre facoltà superiori unicamente per tranne un vantaggio nella darwiniana struggle for life, o riteniamo che la nostra coscienza morale ci possa far guardare un po' più avanti?
Io personalmente credo che porsi realmente il problema, sforzarsi di vivere causando la minor sofferenza possibile agli esseri senzienti che condividono con noi la vita su questo pianeta sia una responsabilità importante. Poi ognuno andrà inevitabilmente incontro a contraddizioni, cedimenti, incoerenze, ma credo che perlomeno sia doveroso provarci (di solito a questo punto caldeggio sempre la lettura de "il primo gradino" di Tolstoj. Se mi ripeto chiedo venia, gli anni sono quelli che sono e i neuroni si riducono a vista d'occhio).
Grafomani saluti
TSdG