Roberto ha scritto:La notizia della scomparsa di Stefano non è stata data, non è questione che se ne è parlato in giro e quindi, "tanto vale non scrivere nulla".
Non conosco Pierangelo Maurizio, di certo sarà stato bravissimo, io parlo del caso di Stefano, che da noi era conosciutissimo e apprezzato, uno che ha fatto delle salite che, come ho già detto, fatte al nord erano in prima pagina, mentre nessuno ne ha mai fatto nota.
Ho semplicemente notato un velo di ipocrisia nella scusa della rivista.
Certo, non nego una mia certa sensibilità regionale, come anche il fatto che un certo oblio, su certe notizie, dipende anche dal fatto che dietro non ci sono nomi famosi o sponsor interessati.
Sulla pronuncia del cognome di Stefano devo contraddirti in modo convincente, visto che Stefano Zavka lo conoscevo da quando si è affacciato le prime volte al Gran Sasso e non sapevo affatto come si scriveva il nome, ma solo come si pronunciava

Beh, la questione della pronuncia del cognome era, come vedo hai capito dalla faccina che hai messo, provocatoria e si riallacciava a tutto il discorso che ho messo in piedi.
Non sono d'accordo con te sul fatto che l'alpinismo del centro-sud Italia sia la cenerentola della situazione, Bini, Caruso, Mario tanto per citarne alcuni ne sono la riprova, a mio avviso come cita sergio36 non si può paragonare il numero di persone che frequentano la montagna al nord con quello di centro e sud, perchè il paragone sarebbe sempre (almeno fin'ora) in difetto per il centro- sud, con la logica conseguenza che si senta parlare molto più spesso di alpinisti del nord.
Non per difendere qualcuno nè tantomeno la redazione di PM che non credo ne abbia bisogno, ribadisco che per me la loro reazione nei confronti della notizia non è stata sbagliata, forse anche per capire di chi si trattasse, perchè come dici tu stesso stefano zavka non era un nome noto, e voler dare una notizia corretta mi sembra sia oggi una rarità...
Poi tutto è interpretabile...
Così, come è interpretabile la riflessione di Berzi...
per rispondere ad Enzolino:
non credo sia giusto limitare gli ottomila ai fuoriclasse, perchè tutto ciò che è alpinismo a mio avviso non deve avere limitazioni in quanto libera espressione personale. Mi fa però pensare, e mi ha fatto ripensare la riflessione di Nicolò, ad "Aria Sottile" il libro di Jon Krakauer che non a caso surclassato dalle polemiche, riporta le stesse considerazioni.
Non so se l'hai letto ma a me ha fatto riflettere parecchio sulle motivazioni attuali di buona parte delle spedizioni e sulla sfilza di morti che ci sono ogni anno da quelle parti. Immaginare con le parole di chi l'ha vissuta la riga di cadaveri che c'era tra l'ultimo campo e la vetta, e pensare a tutti quelli che ci passavano sopra, obbligatoriamente, pur di salire alla cima, mi fa pensare che un certo tipo di alpinismo, quel tipo di alpinismo, è qualcosa di malato legato a filo doppio con le frustrazioni della società moderna. Logicamente la considerazione è relativa a quanto esposto da krakauer e non alle tragiche scomparse dei due alpinisti italiani, che per quanto mi riguarda, sono da considerare dei fuoriclasse.
Io la riflessione di Nicolò l'ho letta in questo modo.