http://sergiodicorimodiglianji.blogspot ... rande.htmlAbbandonate le trincee. Il grande paradosso del vero combattente post-moderno.
di Sergio Di Cori Modigliani
C'è una gran voglia di guerra in giro per il mondo, vedi Ucraina, Siria, Iraq, Afghanistan, Lybia, Nigeria, Somalia , ecc.
Ma c'è anche una grandiosa voglia di pace, questo è il bello.
Mentre il 2015, che si affaccia all'orizzonte, ci induce ad atroci pensieri nel comprendere che la neo-aristocrazia all'attacco è diventata consapevole delle enormi difficoltà sociali che sta incontrando nella sua guerra contro i poveri -e quindi spinge dovunque e comunque per fomentare odio e guerre facendo sbranare i dannati della Terra tra di loro, lucrandoci abbondantemente sopra- allo stesso tempo c'è da essere contenti all'idea che comincia a diffondersi sempre di più e sempre più marcatamente, un sincero, autentico e collettivo senso di pacifismo.
Quantomeno in occidente.
E' uno dei tanti risvolti dei dati macro-economici diffusi in questi giorni.
La Gran Bretagna segna il più grosso avanzamento economico nell'Unione Europea e gli Usa confermano di aver risolto la loro crisi economica segnando la progressione più forte degli ultimi cinque anni e -in termini assoluti- la produzione di ricchezza industriale più forte mai registrata negli ultimi 156 anni. Quando la borghesia ben pasciuta celebra i fasti dei suoi profitti, tende a ricordarsi della democrazia; non hanno bisogno di chiamare le bande fasciste a fare il lavoro sporco, non hanno bisogno di inventare e costruire nemici esterni contro i quali andare a dar bastonate per rinfocolare lo spirito patriottico.
La guerra è sempre un ottimo business.
Ma se la realtà dei fatti dimostra invece che la pace lo è di più, diventa davvero molto più facile affermare gli autentici valori del pacifismo internazionale.
Questa è la grande sfida che ci attende: riuscire ad affrontare e risolvere i conflitti senza far più la guerra.
La globalizzazione diventa allora elemento propulsivo per aumentare il benessere collettivo di tutto il pianeta, solo e soltanto se si postula, come principio base, la basica condizione di dichiarare l'abolizione del concetto di guerra tra i popoli, tra le nazioni, tra gli stati.
In questi giorni è uscito -rispetto a questi fatti- uno splendido libro "La tregua di Natale" (editore Lindau, Torino, 1914. 14 euro), un libro curato e ben orchestrato da Alberto Del Buono, che raccoglie le lettere dal fronte della micidiale prima guerra mondiale, la notte di natale di cento anni fa, con la fortissima sottolineatura e documentazione biografica dell'evento più bello e spettacolare mai accaduto nella storia della civiltà europea.
E' avvenuto sul fronte nord-occidentale.
Da una parte francesi, belgi e inglesi, dall'altra i tedeschi.
Senza alcun preavviso, senza alcuna strategia, dopo dieci giorni di pioggia battente, mentre i generali e gli alti ufficiali dei rispettivi comandi se ne stavano al calduccio a Parigi, Berlino, Bruxelles, con le loro famiglie, la notte del 24 dicembre 1914, alle 19.30 alcuni soldati francesi esausti dallo stress, la fame, la nostalgia, la paura, il freddo, uscirono (senza le armi) dalle trincea nella quale erano rintanati come topi in mezzo al fango e al gelo e attraversarono i 94 metri che li separavano dalle trincee nemiche, la stessa lunghezza di un campo da calcio. Invece di essere sparati, vennero accolti a braccia aperte. E, come risposta, i soldati tedeschi uscirono dalla loro trincea e andarono dalla parte opposta. Dopo un'ora erano già tutti mescolati. Si riconobbero i cacciatori, dell'una e dell'altra parte, e insieme si gettarono nei boschi per andare a uccidere dei cinghiali selvaggi invece che degli esseri umani. Ritornarono dopo qualche ora con la preda e a mezzanotte imbandirono insieme una comune cena di natale dividendosi il tabacco, il cognac e la birra che erano andati a prendere nei magazzini degli ufficiali. Il mattino dopo cominciò a nevicare e la temperatura si abbassò. Decisero di sfidarsi in una partita di calcio che organizzarono al pomeriggio sul prato che separava le due trincee. Vinsero i tedeschi per 3-2. Due settimane fa, il presidente dell'Uefa, Michel Platini, si è recato nel luogo esatto dove si sono verificati i fatti per ricordare l'evento e ha dichiarato che "si è trattata della più bella partita di calcio mai giocata in Europa la cui memoria deve essere ricordata e tramandata ai nostri figli".
Concordo.
Quando i generali, a Londra, Parigi e Berlino seppero dell'accaduto, inviarono subito dei messaggeri minacciando i loro soldati di immediata fucilazione per diserzione e insurrezione. Ma i soldati proseguirono fino al 27 a festeggiare insieme.
Poi, arrivarono i superiori che li obbligarono a rientrare nei ranghi, uccidendone qualcuno e spaventando a morte gli altri, applicando il principio folle "o vai a uccidere uno sconosciuto che magari ti sta anche simpatico, oppure io uccido te".
In Gran Bretagna, in questi giorni, sia alla televisione che alla radio e sui giornali, si sta sottolineando con enorme enfasi questo episodio.
In una delle lettere contenute nel libro, il caporale Leon Harris, del 13esimo battaglione della guardia scelta del London Regiment, scrivendo ai genitori che si trovavano a Exeter (e trovate il tutto, nel caso vi interessi, sul sito inglese
http://www.christmastruce.co.uk) così scriveva "Carissima mammina, stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle".
Per cento anni, in Europa questo episodio è stato minimizzato, sottaciuto, addirittura negato e censurato durante tutto il periodo della guerra fredda. Soltanto intorno al 1995 è stato possibile ricominciare a parlarne.
Basterebbe questo dato per comprendere quanto e come, paradossalmente, sarebbe facile.
Un gruppo di soldati che si riconoscono come persone, decidono di non uccidersi e di festeggiare insieme la ricorrenza della nascita di Colui che tutti loro accettano come il Redentore nel nome dell'amore, e per aver fatto ciò alcuni vengono fucilati.
Ma il loro comportamento è arrivato, come eredità fino a noi, ignari pronipoti.
Cento anni dopo.
A rilento, a fatica, ma il messaggio e il segnale sono arrivati.
Auguro a tutti un Natale pieno di autentica pace interiore, con la speranza di poter dire il 24 dicembre 2015
"E' stato un anno splendido per l'Italia, possiamo davvero dire: meglio tardi che mai".
P.S. L'immagine che vedete in bacheca è la fotografia dei soldati nemici, tutti insieme, che venne pubblicata a Londra sul Daily Mirror il 29 dicembre 1914 provocando scandalo.