[Fotografia] Il paesaggio malinteso

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[Fotografia] Il paesaggio malinteso

Messaggioda Zio Vare » lun nov 14, 2005 13:41 pm

Articolo pubblicato su nadir.it
http://www.nadir.it/tec-crea/paesaggio- ... llorto.htm

Il nostro paese è considerato a buon diritto la patria del paesaggio dolce e armonioso (ho dei dubbi che lo resti per molto tempo ancora, ma questa è un?altra storia). Le colline dell?Italia centrale, tanto per fare un facile esempio, sono decantate e raffigurate da secoli; la fotografia non si è certo tirata indietro in questa gara celebrativa. Campi di grano, pascoli, filari di cipressi, oppure frutteti in fiore, vigneti nei caldi colori autunnali, e ancora campi di lavanda, di girasoli, di colsa. È tutto un inno alla bucolica poesia della natura? della ?natura?? Esiste un fondamentale equivoco su questo punto, che a mio parere ha conseguenze subdole.
Campi fioriti, pascoli, boschi di coltivazione fanno parte in realtà del cosiddetto paesaggio antropizzato, ambienti modificati dall?uomo, anche se ormai entrati a far parte della cultura e dell?esperienza visiva di ogni giorno. Sono i luoghi di un?armonia tipicamente umana, razionalizzata, ordinata e addomesticata, ma anche ricca di una sua valenza estetica specifica per l?estremo rigore compositivo in lei connaturata. Tuttavia parliamo di ambienti sostanzialmente artificiali: il loro carattere monotipico e l?appiattimento ambientale che ne deriva li caratterizza anzi come sinonimo di povertà naturale; sono la tomba della famosa ?biodiversità?, di cui tanto si parla in questo periodo (spesso a sproposito, rischiando di trasformarla in un vuoto slogan). Nella sua eleganza organizzata il paesaggio antropizzato è qualcosa di molto diverso dal paesaggio della Natura, quella con la ?N? maiuscola.
A questo punto occorrerebbe una definizione di cos?è la Natura, un tema che da solo riempirebbe un libro, mentre ho già consumato la metà dello spazio concessomi per questo intervento? limitiamoci a considerare Natura quell?ambiente che si autoregola e autodetermina, i cui meccanismi sono leggi alle quali l?uomo si adegua, rispettandole, e che non sovverte interamente a fini utilitaristici. Qualcuno potrebbe dire che di questo tipo di Natura non ne esiste sostanzialmente più (i pochi lembi lasciati esistere per gentile concessione, come foglie di fico) e forse non avrebbe tutti i torti (anche su questo punto si potrebbe scrivere un libro, anzi è già stato scritto: ?La fine della Natura?, Billy McKibben, Bompiani 1989).
Cosa centra la fotografia in tutto questo, direte voi? Centra, perché questi posti, alla fine, a noi piacciono. Li cerchiamo, li fotografiamo. Nulla di male in questo, anzi, ma è interessante come il modo in cui ci rapportiamo ad essi ci possa far capire quali sono i nostri meccanismi mentali e gli equivoci che possono generare.
L?uomo tende ad apprendere e ragionare per simboli, categorie e schemi, e di conseguenza sente più prossimo a sé quello che risponde a queste logiche, anche dal punto di vista puramente estetico. Il nostro occhio ?legge? il paesaggio selettivamente, siamo colpiti dai motivi geometrici, forse in quanto apparenti frutti dell?intelletto anziché del disordine casuale, e quindi più simili al nostro modo di pensare. Quasi invochiamo con lo sguardo moduli ripetitivi, linee rette e contorni definiti, prospettive, volumi e contorni certi, al punto che quando fotografiamo il paesaggio naturale lo rimettiamo ?in ordine?, per rendere una foto più fruibile e interessante. Nel caso dei paesaggi antropizzati veniamo accontentati, perché troviamo filari, ondulazioni, sequenze di colori, stratificazioni di petali e corolle, fughe di tronchi e sentieri.
I nostri schemi mentali sono basati su un estetica razionale, e riluttanti ad apprezzare gli schemi caotici propri della Natura; ?caos? in questo caso va inteso solamente nel senso visivo, perché dal punto di vista funzionale la Natura è decisamente antitetica al caos. Da tutto questo probabilmente nasce il malinteso che qualsiasi spazio verde (in senso lato) sia automaticamente buono e giusto, persino un campo da golf, tanto per citare una delle cose più ?morte? che ci siano. Un equivoco basato su una percezione antropocentrica del paesaggio, che trasforma le sensazioni di ?pelle? in valori e giudizi fuorvianti, che hanno assecondato negli anni l?impoverimento delle nostre ricchezze naturali.
Quante volte ci troviamo ad ammirare un bosco pulito dall?uomo pensando ?sembra un giardino?? La foresta vergine, col suo disordinato sottobosco a tratti impenetrabile e i suoi tronchi marcescenti, appare invece ai più come una sgradevole cacofonia visuale, un luogo persino ostile. E le paludi, gli stagni? Luoghi maleodoranti e malarici, da spazzare via, un tempo. Ora invece, consci della loro importanza fondamentale per la vita, siamo in grado di apprezzarle e proteggerle proprio per la loro naturalità (cosa che, tristemente, non ne impedisce un rapido declino). C?è voluta una forte azione educatrice per farcene comprendere il valore.
Si può difendere un ambiente che non ci tocca immediatamente nell?animo? Lo si può poi rimpiangere quando scompare? C?è un innegabile divario tra ciò che ci piace vedere, che sentiamo più simile a noi, e ciò che è davvero importante. La sfida dovrebbe essere, per il fotografo che l?abbia a cuore, cercare di trasmettere un?immagine della Natura che la faccia apprezzare istintivamente, in quanto tale. Una sfida, lasciatemelo dire, davvero ardua.

Vitantonio Dell'Orto © 11/2005
Pubblicato in "L'Arzigogolo" di dicembre 04, Oasis 158



mi pare interessante.

Ciao ciao
Zio Vare
 
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Messaggioda .:eZy:. » lun nov 14, 2005 14:17 pm

Interessante.
Indubbiamente il nostro modo di 'vedere' e quindi di 'fotografare' è il significato di quello che viviamo....
Nel vedere i meravigliosi paesaggi di campi arati, geometrie e caos di di filari e nebbie e colori perfetti, rimango spesso indifferente forse per quell'eccesso di ricerca formale ... preferisco magari il disordine e lo sporco della periferia o di qualche discarica ma è esempre un processo di analisi formale il principio che mi guida... il punto di partenza è il mio paesaggio 'culturale', comunque in evoluzione e cambiamento ...
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Re: [Fotografia] Il paesaggio malinteso

Messaggioda Enzolino » lun nov 14, 2005 14:41 pm

Zio Vare ha scritto:A questo punto occorrerebbe una definizione di cos?è la Natura ? limitiamoci a considerare Natura quell?ambiente che si autoregola e autodetermina, i cui meccanismi sono leggi alle quali l?uomo si adegua, rispettandole, e che non sovverte interamente a fini utilitaristici.
... mmm ... ma allora ... l'essere umano e' naturale o artificiale? :roll:
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Re: [Fotografia] Il paesaggio malinteso

Messaggioda Zio Vare » lun nov 14, 2005 14:50 pm

Enzolino ha scritto: ... mmm ... ma allora ... l'essere umano e' naturale o artificiale? :roll:

:D
io lo considero come l'unico animale che riesce ad uscire dal proprio ecosistema modificandolo pesantemente immettendo energia dall'esterno
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Re: [Fotografia] Il paesaggio malinteso

Messaggioda Enzolino » lun nov 14, 2005 16:48 pm

Zio Vare ha scritto:
Enzolino ha scritto: ... mmm ... ma allora ... l'essere umano e' naturale o artificiale? :roll:

:D
io lo considero come l'unico animale che riesce ad uscire dal proprio ecosistema modificandolo pesantemente immettendo energia dall'esterno
... energia dall'esterno? Esterno all'ecosistema? Cioe', l'uomo e' una specie di extraterrestre che pero' vive nel pianeta terra e, dall'esterno ... ehm ... cioe' dall'interno, riesce a modificarlo pesantemente ... mmm ... sono ancora piu' confuso ... :roll: 8O :?\

Ancora non mi e' chiaro se l'essere umano e' naturale o artificiale ... se l'indigeno, l'ingegnere elettronico o nucleare hanno lo stesso grado di naturalita' o artificialita' ... :roll: :? :(
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Messaggioda Tom Adams » lun nov 14, 2005 18:04 pm

Il malinteso vero secondo me è il concetto di Natura, con lettera capitale.

Del paesaggio fanno parte le dighe dei castori, le torri delle termite, e le strade dell'uomo.

Uomo cancro e parassita di questo scoglio di roccia che naviga nell'universo, ma per me è come la glicine che soffoca l'albero di giuda, è un peccato, ma che spettacolo.




Adesso Zio Vare penserà che ce l'ho con lui perchè sono intervenuto di nuovo in topic per contradire lui :wink: :lol:
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Messaggioda smaz » lun nov 14, 2005 19:57 pm

Tom Adams ha scritto:Il malinteso vero secondo me è il concetto di Natura, con lettera capitale.

Del paesaggio fanno parte le dighe dei castori, le torri delle termite, e le strade dell'uomo.

Uomo cancro e parassita di questo scoglio di roccia che naviga nell'universo, ma per me è come la glicine che soffoca l'albero di giuda, è un peccato, ma che spettacolo.




Adesso Zio Vare penserà che ce l'ho con lui perchè sono intervenuto di nuovo in topic per contradire lui :wink: :lol:


Bhé l'uomo è andato troppo oltre ormai, che ci trovi di bello nelle città dei nostri giorni? noi scaliamo le montagna che in genere sono abbastanza integre, ma le valli? non ce ne sono più o quasi di alberate, quando ne incontri una che meraviglia!
L'articolo sottolinea un concetto interessante, l'amore per la bellezza della natura, qualla vera e selvaggia, non è qualcosa di innato per chi vive in città o nella campagna coltivata, va riscoperto, insegnato, educato. Solo così, forse, qualcosa si salverà.
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Messaggioda il.bruno » lun nov 14, 2005 20:08 pm

smaz ha scritto:ma le valli? non ce ne sono più o quasi di alberate, quando ne incontri una che meraviglia!

Faccio notare che questa affermazione non risponde a verità. La superficie boscata in Italia, soprattutto in montagna, è aumentata sensibilmente negli ultimi decenni, a causa dell'abbandono degli alpeggi. Molti pendii disboscati dall'uomo nei secoli passati sono stati riconquistati dal bosco, dapprima ceduo, poi via via d'alto fusto. Ad esempio, la famosa wilderness della Val Grande 50 anni fa era inconcepibile, ora è coperta una immensa (e splendida) faggeta.
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Messaggioda Zio Vare » lun nov 14, 2005 21:18 pm

il.bruno ha scritto:Molti pendii disboscati dall'uomo nei secoli passati sono stati riconquistati dal bosco, dapprima ceduo, poi via via d'alto fusto.

Sul particolare del ceduo avrei qualcosa da ridire :wink:
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Messaggioda Zio Vare » lun nov 14, 2005 21:25 pm

Tom Adams ha scritto:Del paesaggio fanno parte le dighe dei castori, le torri delle termite, e le strade dell'uomo

Tom su questo siamo perfettamente d'accordo, l'uomo per centinaia di anni ha sostenuto un equilibrio del paesaggio sostanzialmente artificiale, portando anche a grandi sconvolgimenti del pesaggio naturale che poi vengono ugualmente apprezzati moltissimo (i terrazzamenti, le sistemazioni dei versanti, l'alternanza bosco - pascolo etc.).
L'articolo mette in evidenza un altro discorso, ci si chiede se realmente siamo capaci di apprezzare quello che è naturale, che è Natura, ma che siamo abituati a considerare come "non bello". Dal punto di vista estetico pochissimi oggi riuscirebbero ad apprezzare i boschi di Paneveggio se non fossero gestiti dall'uomo.


Tom Adams ha scritto:Adesso Zio Vare penserà che ce l'ho con lui perchè sono intervenuto di nuovo in topic per contradire lui :wink: :lol:

ma figurati! :D
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Re: [Fotografia] Il paesaggio malinteso

Messaggioda Zio Vare » lun nov 14, 2005 21:28 pm

Enzolino ha scritto:... energia dall'esterno? Esterno all'ecosistema? Cioe', l'uomo e' una specie di extraterrestre che pero' vive nel pianeta terra e, dall'esterno ... ehm ... cioe' dall'interno

Dipende solo dalla scala con cui consideri un ecosistema. Non dobbiamo necessariamente pensare su scala globale. Se consideri ecosistema un pratopascolo, un versante, una vallata l'uomo è in grado di agire "dall'esterno".
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Messaggioda Enzolino » mar nov 15, 2005 10:04 am

Personalmente trovo strana la distinzione tra naturale e artificiale.
Il formicaio o il termitaio sono naturali o artificiali?
Le orde di cavallette o di bruchi nei boschi, che alterano il cosiddetto ecosistema, sono naturali o artificiali?
La baita in cui vive il pastore e' naturale o artificiale?
La metropoli e' naturale o artificiale?

A me sembra che tutto sia naturale, ma che a volte, il nostro vivere quotidianamente in ambienti antropizzati, ci fa percepire un'eccesso di umanita' che noi chiamiamo artificiale.
Allora capita come quando sono andato in Dolomiti con la mia morosa messicana. Quando ha visto la prima seggiovia e' rimasta impressionata. Ha fatto un sacco di foto davanti ai miei occhi increduli ed allibiti. Per lei, che in Messico non aveva visto niente del genere, era come una celebrazione all'ingegno ingegneristico umano.
Ma quando, dopo una settimana, siamo andati via, lei era disgustata da quell'eccesso di seggiovie che, a suo avviso, snaturavano (termine sul quale si potrebbe discutere) la bellezza del posto. Forse e' quello a cui si riferisce l'autore del testo da te riportato. Lei non trovava neanche piacevole quell'eccesso di ordine, perfezione e pulizia (sebbene lei sia molto piu' pulita e ordinata di me) nei paesini, coi fiori nei balconi, con le macchine in ordine e neanche un segno di sporcizia nel pavimento. Quella perfezione sembrava disumanizzare il posto.
Al contrario, ha trovato molto umani e belli posti come la Val di Mello. Insomma, vedere attraverso uno sguardo fresco delle cose che conoscevo gia', mi ha fatto parecchio riflettere su cosa sia naturale e artificiale.

Ciao :wink:

Lorenzo
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Messaggioda Weiss » mar nov 15, 2005 12:22 pm

[quote="Zio Vare"
>L'articolo mette in evidenza un altro discorso, ci si chiede se realmente >siamo capaci di apprezzare quello che è naturale, che è Natura, ma che >siamo abituati a considerare come "non bello". Dal punto di vista >estetico pochissimi oggi riuscirebbero ad apprezzare i boschi di >Paneveggio se non fossero gestiti dall'uomo.


Riusciamo ad apprezzare anche paesaggi assolutamente naturali purche' rispecchino l'idea di "armonia" che culturalmente abbiamo dentro di noi.

La foto del Cimon della Pala innevato, le foto di Camisasca delle Alpi Occidentali: i panorami possono essere pressoche' inalterati da decine di migliaia di anni senza traccia umana.
Nello stesso modo possiamo apprezzare una costa selvaggia, una spiaggia primeva, una forra , un dirupo, un laghetto glaciale.

Ma sarebbe interessante definire come mai, in linea di larga massima, tutti preferiscono una montagna innevata con un ghiacciaio candido e poderoso, degno di un'era glaciale, pinnacoli ricoperti da meringhe, ad un nevaio consunto, grigiastro e butterato, con una morena infinita, piena di detriti di un nero ributtante (appunto!).
E perche' preferiamo un bosco ad una radura piena di sterpi stenti?
Beninteso: adoriamo pure i deserti infiniti ma possibilmente devono rispettare i canoni cinematografici di Lawrence d'Arabia, un tratto di deserto "normale" ci ricorda molto da vicino una discarica, una cava di ghiaia: bocciato.
E ancora: molti definirebbero "bello" un leone (ma anche una zebra, una tigre, una gazzella) ben pochi, immagino, una iena o un licaone.
O un dugongo, per dire.
Ma non importa: perche' siamo in grado ormai di proteggere il dugongo anche se non e' armonioso e bello come un delfino (e di distruggere lo squalo, che sfido chiunque a definire brutto).

E cosi' dovrebbe essere per la natura: siamo in grado di proteggere anche le paludi, pur se ci sembrano brutte.

Ripeto: il criterio che ci fa preferire esteticamente un particolare ambiente naturale ad un altro direi che e' essenzialmente culturale con qualche residuo ancestrale, forse.

Weiss
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