Sappiamo che, prima dell'esplorazione sistematica delle montagne, per scienza e/o diletto, numerosi sono stati i casi di montanari saliti sulle cime, cacciatori o pastori, sempre maschi (protoalpinisti); quello che vi vado ora a raccontare ha per protagonista una donna il che, se non altro, è un fatto curioso, ma potrebbe diventare un primato invidiabile per le Dolomiti Friulane.
Maria Canderan detta la Bisa (1896-1976) abitava a Selva, borgo di Tramonti di Sopra ora vicino alla diga dell'omonimo lago artificiale. Restò vedova negli anni tra le due guerre mondiali, con 7 figli. Per fortuna ereditò dal marito una casa e dei terreni in località Stua e altri fondi in località Pecolat.
Maria e i suoi figli abitavano per circa nove mesi l'anno alla Stua e durante l'inverno tornavano in Selva. L'economia famigliare era molto semplice, uguale a quella di tante nella vallata: coltivazioni di ortaggi, allevamento di bestiame, raccolta dei prodotti del bosco. La terra in Stua era generosa, venivano bene le patate e i fagioli che si potevano conservare per il periodo invernale. Le vacche producevano un piccolo reddito che serviva per l'acquisto di alimenti che non si producevano in valle come la farina di mais; il più delle volte si trattava di baratto: formaggio per polenta.
In inverno le vacche rimanevano nella stalla in Selva e mangiavano il fieno che Maria falciava sulle Ruvîs, portava con la gerla in Stua e poi con un piccolo biroccio fino in Selva tramite una bella mulattiera di circa sei chilometri che ora è sommersa dalle acque del lago artificiale. Durante la bella stagione le vacche erano lasciate a un malgaro che assieme a quelle delle altre famiglie della valle, le portava all'alpeggio o in malga Čhavalot oppure in Navalesc.
Maria possedeva anche qualche pecora che serviva esclusivamente per la lana e gli agnelli; nel piccolo gregge c'era sempre una pecora nera con la cui lana si facevano i calzini. Le pecore condividevano cibo e stalla in inverno con le vacche, ma il loro destino estivo era molto diverso: venivano lasciate libere sulla montagna alle spalle della Stua, che si erge ripida e dirupata per luoghi chiamati Ruvîs, Tasseit, Baita, Maglina, Poul, culminando con la fronte rocciosa detta Dosaip. Munite di marchio e campanaccio, le pecore di Maria, mano a mano che la stagione avanzava si allontanavano sempre più da Stua e salivano verso le cenge erbose superiori dove l'erba era bella fresca e succulenta. Bisognava, per non perderle, ogni pochi di giorni andare a vedere dove fossero e questo era un compito che spettava a Maria, in mancanza del maschio in famiglia; in seguito, quando i figli maschi crebbero, Maria li portava con se sulla montagna, insegnando loro i sentieri e le preziose sorgenti, additando l'aquila e il camoscio.
V'era in Maria, una passione per la mont sconosciuta dai valligiani, che al massimo vi andavano a caccia. Forse la dura prova che l'esistenza le pose davanti, vedova con sette marmocchi da sfamare, aveva esaltato il suo carattere forte, impavido, impermeabile alle avversità.
Fu così che un giorno, cercando le sue pecore, Maria s'infilò in un canalone che spezza le ripide pareti meridionali del Dosaip; probabilmente udiva i campanacci e questo bastava: là era il suo gregge e difficile o non difficile bisognava recuperarlo. Oltre quella cresta, sapeva Maria, c'erano i pastori clautani che certo non disdegnavano di impossessarsi di armenti sperduti.
Seguendo le sue pecore giunse fino in vetta al Dosaip e poi le accompagnò, attirandole col sale, in discesa lungo la cresta ovest e per il pascolo delle Ruvîs fino in Stua. Da quella volta Maria fece quella strada anche solo per il piacere di farlo, insegnandola al figlio Toni che si vantava in valle di questa sua conoscenza della montagna. Fortuna vuole che questa storia sia rimasta nella memoria orale della famiglia, in particolare ricordata da Rina, figlia di Toni, che me l'ha raccontata.
Via da la Bisa al Dosaip
Da la Stua (val Silisia) per il Tasseit e lis Palis di Maglina. Dislivello: 1600 m; difficoltà: EE; tempo di percorrenza: ore 6/7.
Per essere l'unica via diretta da sud al Dosaip, per il suo contenuto storico, per l'ambiente selvaggio, meriterebbe di divenire una classica negli ambienti escursionistici di un certo livello; combinandola con un pernottamento in casera Caserata e il ritorno il giorno seguente per la Cengla dal Giracûl e la Forčha dal Poul costituisce una traversata di grande interesse.
Per la salita da la Stua al Ciucul da lis Sterpis e Palis di Maglina vedi la pubblicazione Alta valle del Meduna (http://latanadellorso.altervista.org/) a pagina 92 (nello stesso volume si possono trovare le relazioni per la Cengla del Giracûl, per la Forčha dal Poul, nonché la salita per le Ruvîs).
Dalla cresta del Ciucul da lis Sterpis si intraprendono lis Palis di Maglina in direzione ovest restando pochi metri sotto le pareti rocciose. Si oltrepassa un primo canalone che interrompe la compattezza delle pareti sovrastanti e se ne raggiunge un secondo, si guada il fondo asciutto e roccioso del canale per poi risalire un ripido pendio erboso che porta sotto le rocce a sinistra, tra queste e un torrione staccato sulla destra. Subito con un breve passaggio su roccia (II°) si esce a destra passando in un foro e con un tornantino si arriva sopra il torrione. Il canalone prosegue facile fino ad un secondo salto che si aggira a destra; tornati nel canalone lo si abbandona per salire una larga cengia ascendente verso sinistra (ovest), con la quale si guadagna un'aerea crestina e per questa la principale che, seguita verso destra porta in vetta al M. Dosaip.

L'inizio del canalone

Il foro

La crestina terminale