Tuttavia mi sembra un' idea centrale per analizzare la dinamica psico-fisica che tante volte ci guida nell' arrampicata.
Noi alziamo le mani sulla roccia, troviamo due prese così e cosà e a questo punto diciamo che, avendo affrontato passaggi simili in passato, sappiamo cosa fare, nel senso che ricordiamo il movimento efficace con cui abbiamo già superato un passo analogo.
(N.B. a me capita più spesso di ricordare un movimento che non sono riuscito a fare su un passo analogo

Tuttavia io credo che siamo molto influenzati non tanto dalla sensazione di economicità del movimento, quanto dal fatto che con un gesto simile siamo riusciti a tenere le prese, per assurdo anche con un movimento tecnicamente cannato in quella posizione.
Quindi più che di memoria del gesto, io parlerei di memoria della ghisa: ho retto quello sforzo, che conosco e ricordo, e sono passato, dunque in quel modo posso farcela di nuovo.
Un po' come i campioni di judo che hanno uno "speciale": loro hanno perfezionato un movimento e tentano quello, anche se l' avversario sarebbe più vulnerabile a un altro tipo di attacco.
E c' è una gradazione psicologica che avvalora la memoria della ghisa: minima corda dall' alto in falesia, modesta corda dall' alto in parete, discreta a vista in falesia, forte da primi in parete, fortissima in montagna con un chiodaccio arrugginito n metri sotto i piedi...
Fokozzone