Di Manolo è apprezzabile il fatto che alcune sue realizzazioni hanno difficoltà per esseri umani
Gli arrampicatori sportivi di adesso sono degli eccezionali tecnici, eccellenti atleti ma a parer mio son molto meno eroici degli scalatori di un tempo. Affrontano, come Sharma, difficoltà davvero ai limiti della presa e della resistenza (9b), ma con molti più mezzi di quelli a disposizione di un Buhl (leggete "è buio sul ghiacciaio"). Inoltre, sempre a parer mio, l'idea estetica di cercar il difficile anzichè il bello (non è sempre così, per fortuna) non rende molte realizzazioni contemporanee (quelle che salverei io si contano sulle dita di una mano) eterne, come le molte del passato, che miravano alla linea più logica, alla varietà del passaggio, ecc... Per "eterne" intendo delle vere oper d'arte, quelle che non invecchiano mai, che rispecchiano le aspettative, la volontà e l'etica di una generzione intera di scalatori, di un periodo storico.
Mettiamo a confronto per esempio la via Comici sulla Cima Grande di Lavaredo e la Bellavista di Huber sulla Cima Ovest di Lavaredo, una è di VI- e A1 (6b+ max) e l'altra di XI- (8c obbligatorio). La via di Huber rispecchia una ricerca molto personale del suo apritore, e nessuno mai gli toglierà il merito della realizzazione. La via di Comici e dei fatelli Dimai è un simbolo, il frutto di 10 tentativi da parte dei più forti che hanno conquistato il muro metro per metro e con grane sforzo, cerca i punti più facili della parete ma cerca di rimanere sempre dritta nella linea, è alla portata di molte più persone rispetto alla Bellavista ma al tempo stesso rimane una sfida per chi vi si cimenta. Ed essa fu aperta con una povertà di mezzi sconcertante...
Sono bravissimi, ma gli arrampicatori sportivi non sono "eroi"...
