lasciatemi dire che il mio è Week End è stato assai emozionante - anzi direi proprio che sono contento di essere qui a raccontarvelo. Si dice che l'alpinista esperto è colui che sopravvive ai propri errori. Per ora posso solo dirvi che si tratta di un alpinista fortunato.
Ma andiamo con ordine...
Sabato io, la mia ragazza ed un terzo compare andiamo a Gaeta, alla Montagna Spaccata per ripetere la Via dello Spigolo, classicissima che conosco. Sia io che il compare infatti siamo stati su quelle pareti già un paio di volte quest'inverno. Le premesse sono buone, la giornata è calda e soleggiata, l'umore è buono e la forma fisica adeguata al cimento.
Ci caliamo per la prima doppia (pochi metri) e attrezziamo la seconda con le corde giuntate e ci caliamo anche per la seconda doppia che ci porta fino alla grotticella che si trova un po' oltre la metà della parete.
Facciamo per recuperare le corde e azz, ci accorgiamo che il nodo di giunzione si è incastrato in una fessura tra due rocce. E pensare che mi ero calato dalla sosta più a sinistra (guardando la parete), che mi sembrava potesse creare meno problemi - credo fosse l'ultima sosta di Segni Particolari.
Corda incastrata dunque. E che si fa? La si smuove, la si cuote, la si fa ondeggiare, ma non serve a niente. E allora non resta che risalire in autosicura sui due capi che ancora abbiamo a disposizione. Tanto, mi dico, sono qualche decina di metri di quarto grado. Che problema c'è?
Mi faccio un bel Marchand, controllo che blocchi e comincio a salire. Dopo qualche metro mi accorco che qualcosa non va. La corda non va su per la Via dei Camini, ma tira a sinistra, poprio su segni particolari e la via che sto seguendo mi piace poco. Traverso un po' a destra, poi di nuovo a sinistra e sono sotto l'incastro a non molti metri dalla catena. L'incastro però è dopo un muretto e su una brutta pancetta. Di qui mi fido - mi dico. Devo assolutamente scendere di qualche metro e raggiungere la Via dei Camini. La cosa però non è semplice perchè la corda mi tira proprio sotto la pancia dove non avrò di che tenermi. Deciso di provare lo stesso a traversare - tanto sono in autosicura e al limite spenzolerò un po'.
Muovo un paio di passi verso i Camini, mi trovo a sballonzolare nel vuoto e - ORRORE

Comincio a scendere. Sempre più velocemente.
Mi attacco alla corda con entrambe le mani e la cosa mi rallenta per qualche secondo.
Poi l'attrito diventa insopportabile e le mani si aprono.
Qualche metro ancora e il cordino si rompe per il calore.
Guardo giù e vedo che la sosta si avvicina a una impressionante velocità. Sotto la sosta qualche metro di corda che penzola, qualche decina di metri di vuoto e poi rocce e mare.
Mi rendo conto che probabilmente non c'è più niente da fare e sono stranamente tranquillo. In quel momento mi sento stranamente assente e l'unica cosa che rieco a pensare è: "Si può morire così? Ma che strano. Evidentemente era destino". Niente invocazione all'Onnipotente e niente vita che ti passa davanti.
E' un attimo. Piombo sul terrazzino, sbatto da tutte le parti e prima di rimbalzare fuori vengo tirato dentro dai miei compagni di arrampicata che si buttano su di me tirandomi a fatica in sosta. Per qualche attimo resto immobile gettandoli nel panico. Io stento a credere di essere tutto intero ed in effetti così non è. Mi scuoto un attimo e mi accorgo che le mani sono completamente ustionate, un piede non mi regge e il braccio sinistro si muove a fatica. La testa però è tutta intera ed io mi stupisco che il casco abbia retto ad un paio di craniate di quella portata. La mia ragazza si è con molta evidenza rotta il mignolo ed il mio compare lamenta dolori intercostali.
In sosta c'è solievo e sconforto e cerchiamo di schiarirci le idee.
Per fortuna, come Deus Ex Machina, compare sulla Croce del Sud una cordata di tedeschi che ha vito tutto e si offre di darci una mano.
Loro, forti scalatori, chiudono la Croce in breve tempo e recuperano dall'alto le nostre corde. Dopo un breve consulto decidiamo che val la pena di provare a salire e grazie alla loro sicura dall'alto chiudiamo i Camini in condizioni pietose e con grandissima sofferenza. La gentilezza dei tedeschi non si ferma qui e visto che dopo la scalata ormai il mio piede non risponde più, mi portano in braccio fino al parcheggio.
Di qui prendiamo la macchiana e il compare ci porta al Pronto Soccorso di Gaeta.
Io ho un piede rotto, sospetto trauma cranico, un tricipite stirato ed escoriazioni da film di Dario Argento, la mia ragazza una frattura scomposta e frammentata al mignolo, il compare per fortuna viene dimesso subito.
Adesso, finito il periodo di osservazione sono tornato a Roma e per fortuna riesco a stare al PC. Ne avrò per un mesetto, ma devo dire che mi è andata veramente bene.
Ci ho messo un po' a schiarirmi le idee, ma alla fine credo di aver capito perchè è successo tutto questo casino: ho - udite, udite - fatto un Marchand con tre sole spire su un cordino troppo lungo. Anche solo una di queste due cose avrebbe potuto compromettere la tenuta del nodo. Non so che mi sia passato per la mente quando l'ho fatto, ma forse stavo pensando al Prusik.
In ogni caso, a posteriori un amico mi ha spiegato che questo rischio si può evitare autoassicurandosi ad un'asola di corda raccolta da quella che sta sotto all'arrampicatore. Asola che verrà rifatta mano a mano che si sale. Se il nodo cede - o è mal fatto - questo backup fermerà il volo.
Che dire per concludere... Condivido con voi questa esperienza nella speranza che da ciò ognuno ne possa ricavare qualcosa. Per me è ancora un evento recente e aspetto di vedere cosa proverò la prossima volta che salirò su una via a più tiri. Per ora, in questo mese a casa, mi ripasserò un po' di teoria sui sacri testi.
Ciao a tutti

Matteo