Paura post-caduta

Area di discussione a carattere generale sull'arrampicata.

Messaggioda gug » gio mar 06, 2008 15:18 pm

Gigi64 ha scritto:[ però poi anche tutti gli altri aspetti mi hanno affascinato, successivamente per diversi anni ho purtroppo sofferto di DAP (Disturbi da Attacchi di Panico), e lo studio di questa nevrosi mi ha fatto approfondire la parte inerente alle paure, per cercare di risolvere i miei problemi...


Approfondiresti questo punto? Ho spesso sentito parlare di questi disturbi, ma non so esattamente cosa sia e mi interessa (metti i punti però :wink: :lol: ).
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

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Messaggioda ciocco » sab mar 08, 2008 3:39 am

Di voli ne ho fatti diversi in falesia e uno abbastanza serio anche in montagna, tutti senza conseguenze e ogni volta sono ripartito subito con una incazzatura che si trasformava in grinta.
Però ogni volta che mi trovo sul punto di volare e me ne rendo conto ho paura e cerco magari di scendere verso l'ultima protezione.
Ma la cosa più strana mi è successa sulla "micheluzzi" al ciavazes:
arrampicavamo a comando alternato, poi, all'improvviso sul primo tiro in traverso mi ha colto il terrore e ho fatto tirare il resto della via al mio compagno.
E' stato frustrante e mi ha lasciato l'amaro in bocca, in più ci ho messo un pò x tornare ad arrampicare tranquillo.
Non c’è sconfitta nel cuore di chi se ne sbatte il ca.zzo
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Messaggioda Raven » sab mar 08, 2008 10:45 am

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Messaggioda Gigi64 » dom mar 09, 2008 16:40 pm

Enzolino ha scritto:Si, apprezzo molto RWW perche' combina diversi (ma non tutti) aspetti della psicologia dello sport.
Uno di questi e' la PNL (Programmazione Neuro Linguistica) e poi altri.
Ma ignora l'imagery, che io traduco con "immaginazione", ed altri aspetti.

Non lavoro nel campo ma ho letto, leggo (la biblioteca di Zurigo e' molto ben fornita) e sperimento molto.
Il libri sull'allenamento mentale nello sport sono tanti e migliorano progressivamente ...



Leggendo quanto scrivi su RWW e avendo sentito anche altri che lo hanno letto ma che precedentemente avevano trattato gli argomenti del libro in modo più esteso, penso che questa opera di Ilgner sia una sorta di "guida rapida" all'uso di molti meccanismi comportamentali e di approccio mentale che possono essere d'aiuto nel superamento delle tipiche barriere psicologiche che si pongono nell'arrampicata.
Poi quanto applichiamo in una determinata esperienza per rendere la nostra azione più efficace può essere applicato in altre situazioni anche in altri contesti della nostra vita, e anche su questo ho trovato RWW molto interessante.

Mi interessa molto quanto citi (e che appunto non viene trattato in RWW) riguardo all'imagery, dopo aver letto i tuoi precedenti post ho pensato alla cosa, io sono una persona molto curiosa e come te mi piace molto leggere e sperimentare, però in situazioni (per me) limite di scalata (parlo sempre dell'andare da primo) faccio fatica anche solo a immaginarmi "felice" mentre scalo, cioè, mi piace molto arrampicare, mi piace mettermi alla prova e migliorare me stesso, ma nei momenti che forzo i miei limiti provo più una sensazione di controllo del disagio e della paura piuttosto che una gioia, gioia che invece provo quando la scalata è decisamente alla mia portata, non so se ti ho reso l'idea...
Certo che se riuscissi a trasferire anche minimamente quanto provo quando sono entro i miei limiti a quando li forzo, beh, il disagio e la paura diminuirebbero, ma quando mi alzo sopra all'ultimo spit moschettonato e quanto trovo sopra è molto incerto per le mie capacità, mi è molto difficile vedermi felice, probabilmente dovrei superare di più la paura della caduta...
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Messaggioda Gigi64 » dom mar 09, 2008 16:43 pm

gug ha scritto:
Gigi64 ha scritto:[ però poi anche tutti gli altri aspetti mi hanno affascinato, successivamente per diversi anni ho purtroppo sofferto di DAP (Disturbi da Attacchi di Panico), e lo studio di questa nevrosi mi ha fatto approfondire la parte inerente alle paure, per cercare di risolvere i miei problemi...


Approfondiresti questo punto? Ho spesso sentito parlare di questi disturbi, ma non so esattamente cosa sia e mi interessa (metti i punti però :wink: :lol: ).


Non ci penso neanche minimamente di mettere i punti Gug, te ne ho messi 3 nel post che hai quotato e ti devono bastare per tutto il resto del thread, perciò munisciti di emostatico e leggi!!! :twisted: :twisted: :twisted:

Dai, a parte gli scherzi :D ti posto il link su wikipedia che spiega bene questi disturbi, se poi vuoi fare domande specifiche sono a tua disposizione...

Il link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Attacchi_di_panico
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Messaggioda Gigi64 » dom mar 09, 2008 16:46 pm

Raven ha scritto:riguarda ogni cosa che mi trovo davanti quando sono legata ad una corda e devo salire. e inizio a pensare ...........adesso succederà qualcosa che io non riesco a vedere e mi farò male........... il trening mi aiuta a concentrarmi e a reagire ma basta un treverso di tre passi, uno strapiombo che mi impedisce di vedere bene, un sassolino che cade o anche solo il rumore che il cuore riprende a saltare sù e giù per la gola....... insomma ricordo a malapena la sensazione di libertà profonda che mi dava legarmi ad una corda, quell'entrare in una dimensione sospesa dove pensiero e movimento si fondevano l'uno nell'altro. ora sono uno contro l'altro. e metterli d'accordo è più faticoso che scalare.

solo lamemoria di quello che ho preso e trovato scalando mi fa continuare a provare, ma ogni volta la vittoria è solo quella di aver tenuto a bada la paura, non quella di aver ritrovato l'antica sintonia,l'antica anima animale.........



:oops:

attacchi di panico dici??? :?



buona montagna,a chi può! :wink:


Guarda, da quanto ho letto il tuo incidente è stato particolarmente brutto, e perciò ti ha lasciato questa ferita psicologica che fa fatica a cicatrizzarsi, io come ho scritto ho sofferto per anni di attacchi di panico, perciò so cosa vuol dire affrontare la paura, convivere con essa, ma anche non arrendersi ad essa, cosa che mi sembra faccia anche tu, nonostante il disagio che provi...

Riguardo al discorso specifico dell'arrampicata, vedendo la scia che mi ha lasciato la caduta di cui parlo nel post d'apertura di questo topic, scia che per fortuna va mano a mano affievolendo, ma che ogni tanto sento ancora (ieri ad esempio), posso pensare alla tua esperienza come a quello che provo io, ma moltiplicato per un numero molto alto di volte!

Se posso darti un consiglio usa solo fino ad un certo punto il ricordo di come affrontavi la scalata un tempo, quando non avevi subito quello shock, perchè se da una parte quella cosa ti da un input per continuare a provare, dall'altra ti genera delle aspettative che al momento non possono essere realizzate, e sono troppo lontane dal tuo stato attuale, questo è deleterio Raven, è come se anzichè ragionare su una via cercando la risoluzione dei singoli passi tu ragionassi guardando la catena, capisci cosa intendo?

Tu non sei la Raven di prima, e devi fartene una ragione di questo, devi costruire quello che sarai su quello che sei oggi.

Ti cito quanto mi ha detto un giorno il mio amico Oliviero Bellinzani, alpinista disabile, ha 52 anni, 9 più di me, ha perso una gamba con amputazione alta in seguito ad un incidente in moto quando ne aveva 21, da allora ha scalato più di 700 vette, arrampica da primo sino a al 6a (forse anche di più), da secondo arriva sino a dei 6b o dei 6c, e, nota bene, anche in ambiente, e... scusa se non è poco nelle sue condizioni! ;)
Comunque, dopo l'incidente lui voleva continuare ad andare in montagna, la sua passione non si era spenta, ma era alimentata da una speranza, una speranza che lo spingeva fuori dai limiti imposti dai canoni a cui abitualmente siamo abituati, ma la cosa più importante Raven è che lui non poteva pensare a quello che era prima dell'incidente, ma a come era dopo, e doveva costruire tutto da lì, da quel suo corpo nuovo, più limitato, ma ancora efficiente, ripensare a molte cose che normalmente faceva prima ricostruendole da zero, ripensandole in tuttaltro modo, con altre prospettive e altre dinamiche...

Io non ti conosco personalmente, ma ti ho letto spesso (sai, noi maschietti seguiamo sempre con attenzione le donne del forum!!! :P :D ), mi dai l'idea di una persona in gamba, e la passione per la montagna e l'arrampicata è sempre molto forte in te, altrimenti non ti sottoporresti all'affrontare quei disagi, perciò dimentica com'eri, pensa a come sei adesso, le limitazioni di Oliviero erano e sono nel suo fisico, per te sono nella tua psiche, ma la differenza con Oliviero e che tu, come io, le limitazioni psicologiche possiamo col tempo, col lavoro, la pazienza e la costanza, eliminarle o almeno ridurle, a lui una gamba non crescerà mai più!
Perciò continua ad usare la tua passione come molla, senza pensare al passato, resetta te stessa e cerca di ripartire da zero costruendo giorno per giorno la tua via, a piccoli passi, cercando il più possibile di vedere i fiori che crescono e non le foglie che cadono lungo il tuo sentiero, e costruisci su quei fiori, non lasciarti distrarre dalle foglie che cadono, se le lasci perdere quelle si depositeranno a terra e faranno sì che i fiori che cresceranno saranno sempre più grandi e più belli... ;)
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Messaggioda Raven » mar mar 11, 2008 18:05 pm

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Messaggioda Enzolino » lun mar 17, 2008 11:13 am

Gigi64 ha scritto: Leggendo quanto scrivi su RWW e avendo sentito anche altri che lo hanno letto ma che precedentemente avevano trattato gli argomenti del libro in modo più esteso, penso che questa opera di Ilgner sia una sorta di "guida rapida" all'uso di molti meccanismi comportamentali e di approccio mentale che possono essere d'aiuto nel superamento delle tipiche barriere psicologiche che si pongono nell'arrampicata.
Poi quanto applichiamo in una determinata esperienza per rendere la nostra azione più efficace può essere applicato in altre situazioni anche in altri contesti della nostra vita, e anche su questo ho trovato RWW molto interessante.

Mi interessa molto quanto citi (e che appunto non viene trattato in RWW) riguardo all'imagery, dopo aver letto i tuoi precedenti post ho pensato alla cosa, io sono una persona molto curiosa e come te mi piace molto leggere e sperimentare, però in situazioni (per me) limite di scalata (parlo sempre dell'andare da primo) faccio fatica anche solo a immaginarmi "felice" mentre scalo, cioè, mi piace molto arrampicare, mi piace mettermi alla prova e migliorare me stesso, ma nei momenti che forzo i miei limiti provo più una sensazione di controllo del disagio e della paura piuttosto che una gioia, gioia che invece provo quando la scalata è decisamente alla mia portata, non so se ti ho reso l'idea...
Certo che se riuscissi a trasferire anche minimamente quanto provo quando sono entro i miei limiti a quando li forzo, beh, il disagio e la paura diminuirebbero, ma quando mi alzo sopra all'ultimo spit moschettonato e quanto trovo sopra è molto incerto per le mie capacità, mi è molto difficile vedermi felice, probabilmente dovrei superare di più la paura della caduta...
Sono d'accordo con quanto dici.

Penso anche che la paura puo' essere un ottimo meccanismo di difesa.
Il punto e' che puo' anche innescare dei meccanismi contro producenti quando, di fronte al rischio, ci blocca, inibisce il movimento e di conseguenza aumenta la probabilita' che si verifichi una caduta.
Allora bisogna pensarci prima di essere di fronte alla situazione. E l'uso della visualizzazione e del rilassamento sono, secondo me, degli ottimi espedienti.

Riguardo l'imagery, ad esempio, pensiamo a quanto ha scritto Raven:

riguarda ogni cosa che mi trovo davanti quando sono legata ad una corda e devo salire. e inizio a pensare ...........adesso succederà qualcosa che io non riesco a vedere e mi farò male........... il trening mi aiuta a concentrarmi e a reagire ma basta un treverso di tre passi, uno strapiombo che mi impedisce di vedere bene, un sassolino che cade o anche solo il rumore che il cuore riprende a saltare sù e giù per la gola....... insomma ricordo a malapena la sensazione di libertà profonda che mi dava legarmi ad una corda, quell'entrare in una dimensione sospesa dove pensiero e movimento si fondevano l'uno nell'altro. ora sono uno contro l'altro. e metterli d'accordo è più faticoso che scalare.

solo lamemoria di quello che ho preso e trovato scalando mi fa continuare a provare, ma ogni volta la vittoria è solo quella di aver tenuto a bada la paura, non quella di aver ritrovato l'antica sintonia,l'antica anima animale.........

Il ricordo di un'esperienza negativa, inevitabilmente ha asciato una traccia profonda nel suo inconscio, il quale si nutre di immagini ed emozioni.
Di conseguenza se ancora viene alimentato da pensieri negativi, e' inevitabile che ne conseguino paura, panico, eccetera.
Allora l'anidoto e' alimentare il proprio inconscio con pensieri positivi e a questo contribuiscono anche nuove esperienze positive, salite facili in ambienti solari, eccetera.

Riguardo il panico, mi ha colpito l'esperienza di Alain Robert, il quale soffre di vertigini. :roll: 8O
Il punto e' che la vertigine deriva dal tentativo di controllare volontariamente l'equilibrio da parte della mente cosciente, quando in realta' dovrebbe essere un meccanismo inconscio automatico.
A causa di disfunzioni dell'equilibrio, quando questo controllo volontario si manifesta si crea un conflitto conscio-inconscio e ne deriva capogiro e, appunto, vertigini.

Lui e' riuscito a continuare ad arrampicare in freesolo, superando il controllo volontario conscio del suo equilibrio. 8O
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Messaggioda Gigi64 » lun mar 17, 2008 13:33 pm

Enzolino ha scritto:
Gigi64 ha scritto: Leggendo quanto scrivi su RWW e avendo sentito anche altri che lo hanno letto ma che precedentemente avevano trattato gli argomenti del libro in modo più esteso, penso che questa opera di Ilgner sia una sorta di "guida rapida" all'uso di molti meccanismi comportamentali e di approccio mentale che possono essere d'aiuto nel superamento delle tipiche barriere psicologiche che si pongono nell'arrampicata.
Poi quanto applichiamo in una determinata esperienza per rendere la nostra azione più efficace può essere applicato in altre situazioni anche in altri contesti della nostra vita, e anche su questo ho trovato RWW molto interessante.

Mi interessa molto quanto citi (e che appunto non viene trattato in RWW) riguardo all'imagery, dopo aver letto i tuoi precedenti post ho pensato alla cosa, io sono una persona molto curiosa e come te mi piace molto leggere e sperimentare, però in situazioni (per me) limite di scalata (parlo sempre dell'andare da primo) faccio fatica anche solo a immaginarmi "felice" mentre scalo, cioè, mi piace molto arrampicare, mi piace mettermi alla prova e migliorare me stesso, ma nei momenti che forzo i miei limiti provo più una sensazione di controllo del disagio e della paura piuttosto che una gioia, gioia che invece provo quando la scalata è decisamente alla mia portata, non so se ti ho reso l'idea...
Certo che se riuscissi a trasferire anche minimamente quanto provo quando sono entro i miei limiti a quando li forzo, beh, il disagio e la paura diminuirebbero, ma quando mi alzo sopra all'ultimo spit moschettonato e quanto trovo sopra è molto incerto per le mie capacità, mi è molto difficile vedermi felice, probabilmente dovrei superare di più la paura della caduta...
Sono d'accordo con quanto dici.

Penso anche che la paura puo' essere un ottimo meccanismo di difesa.
Il punto e' che puo' anche innescare dei meccanismi contro producenti quando, di fronte al rischio, ci blocca, inibisce il movimento e di conseguenza aumenta la probabilita' che si verifichi una caduta.
Allora bisogna pensarci prima di essere di fronte alla situazione. E l'uso della visualizzazione e del rilassamento sono, secondo me, degli ottimi espedienti.

Riguardo l'imagery, ad esempio, pensiamo a quanto ha scritto Raven:

riguarda ogni cosa che mi trovo davanti quando sono legata ad una corda e devo salire. e inizio a pensare ...........adesso succederà qualcosa che io non riesco a vedere e mi farò male........... il trening mi aiuta a concentrarmi e a reagire ma basta un treverso di tre passi, uno strapiombo che mi impedisce di vedere bene, un sassolino che cade o anche solo il rumore che il cuore riprende a saltare sù e giù per la gola....... insomma ricordo a malapena la sensazione di libertà profonda che mi dava legarmi ad una corda, quell'entrare in una dimensione sospesa dove pensiero e movimento si fondevano l'uno nell'altro. ora sono uno contro l'altro. e metterli d'accordo è più faticoso che scalare.

solo lamemoria di quello che ho preso e trovato scalando mi fa continuare a provare, ma ogni volta la vittoria è solo quella di aver tenuto a bada la paura, non quella di aver ritrovato l'antica sintonia,l'antica anima animale.........

Il ricordo di un'esperienza negativa, inevitabilmente ha asciato una traccia profonda nel suo inconscio, il quale si nutre di immagini ed emozioni.
Di conseguenza se ancora viene alimentato da pensieri negativi, e' inevitabile che ne conseguino paura, panico, eccetera.
Allora l'anidoto e' alimentare il proprio inconscio con pensieri positivi e a questo contribuiscono anche nuove esperienze positive, salite facili in ambienti solari, eccetera.

Riguardo il panico, mi ha colpito l'esperienza di Alain Robert, il quale soffre di vertigini. :roll: 8O
Il punto e' che la vertigine deriva dal tentativo di controllare volontariamente l'equilibrio da parte della mente cosciente, quando in realta' dovrebbe essere un meccanismo inconscio automatico.
A causa di disfunzioni dell'equilibrio, quando questo controllo volontario si manifesta si crea un conflitto conscio-inconscio e ne deriva capogiro e, appunto, vertigini.

Lui e' riuscito a continuare ad arrampicare in freesolo, superando il controllo volontario conscio del suo equilibrio. 8O


Il dirigere la nostra mente in un senso o in un altro è sicuramente un argomento complesso Enzolino! ;)

Mi ha incuriosito il tuo riferimento ad Alain Robert, a volte, e per certi caratteri, l'avere uno o più problemi che ti limitano funziona da incentivo anzichè da disincentivo per fare cose al di sopra della norma, prendi ad esempio il mio amico Oliviero Bellinzani, alpinista e climber disabile, cosa riesce a fare senza una gamba...
Ma lo vedo anche nel mio piccolo, mi sarei messo ad arrampicare o a fare altre cose che richiamano certi rischi se non avessi sofferto di attacchi di panico in passato?
Forse sì e forse no, chissà... ;) :)

Comunque, su quanto dici sto elaborando alcune strategie, ad esempio ho notato che per l'immagine mentale dell'arrampicata e dei suo rischi percepiti è importante una volta per l'altra, ovvero, se l'ultima volta abbiamo scalato bene, divertendoci e provando poca paura, o una paura ragionevole, la volta dopo saremo più carichi e meno timorosi.
Sei (e siete, la cosa non è rivolta solo ad Enzolino) d'accordo su questo?

Per questo motivo mi strutturo l'uscita nell'affrontare le difficoltà su di una linea che si potrebbe vedere come una parabola, parto sul facile per un riscaldamento fisico, nervoso e psicologico, mi porto gradatamente sulle mie massime difficoltà, spendo le mie energie, quando mi accorgo che sto per finire "la benzina" (a livello di giornata, non di singolo tiro) o per questioni di tempo la giornata sta per finire, mi riporto sul facile.
In pratica, l'ultimo tiro lo spendo su di una difficoltà che posso fare agevolmente, possibilmente un tiro che è per me molto divertente, e rigorosamente da primo! ;)

Perchè questo?
Perchè ci lascia un ricordo di una scalata molto sciolta, bella e divertente, nonostante siamo stanchi, e la volta successiva ripartiremo con questa traccia mnemonica molto positiva e le sue piacevoli sensazioni dentro di noi.

In poche parole: "si finisce come si inizia" (più o meno... :D ).

La cosa peggiore è da ultra-stanchi fare magari un tiro che è al nostro limite ma che avevamo già fatto e non riuscire a chiuderlo perchè siamo appunto troppo stanchi, per quanto la prendiamo sportivamente e ragionando sul fatto che siamo troppo brasati per farlo, ci lascia dentro una sensazione di insuccesso non positiva, e se la volta dopo saremo in una giornata di particolare tensione, questa traccia negativa andrà ad aggiungersi agli altri elementi (psicologici e mentali) negativi...

Poi ho scoperto un'altra cosa su cui mi piacerebbe sentire un tuo parere, ad esempio sulla paura di cadere, se è questa la cosa più limitante spesso molti dicono che bisogna cercare di non pensarci, però ho notato che quando hai una paura, o riesci a distrarti al punto di non pensarci veramente, oppure più cerchi di non pensarci e... più ci pensi!!! :(

Così a me che piace sperimentare ho appunto... fatto un esperimento! :D

Anzichè cercare di non pensare alla caduta, ho iniziato a concentrarmi su quella, a pensarci in continuazione volontariamente, però attenzione, usando l'imagery in quel contesto, ovvero richiamando le cadute che ho fatto e che sono state senza conseguenze, quasi divertenti... (adrenaliniche ma divertenti)

Quando dovevo partire guardavo il tiro, vedendo dei punti belli verticali, con delle pance o leggermente strapiombanti, mi immaginavo di cadere lì, ma di cadere piacevolmente, senza farmi male, beh, sai che più ci pensavo e... meno ci pensavo?! :D

Poi manco a farlo apposta nel passaggio chiave di un tiro ho cannato al linea di salita e mi sono trovato in un punto morto, sono sceso un po per ridurre la caduta, ho avvertito la mia socia e... mi sono lasciato andare, mi sono trovato un paio di metri o poco più sotto, non una gran caduta, ma sempre una caduta con lo spit sotto ai piedi (giusto giusto appena sotto!).

Quando ti lasci andare senti un qualcosa nello stomaco, come un vuoto, non è solo la paura del farti male, è... un lasciare una certezza e affidarti non a te stesso ma a qualcosa di esterno, e su una cosa che è potenzialmente pericolosa per la tua incolumità e che perciò senti particolarmente...
Però ha il suo aspetto piacevole, questo è da tenere come ricordo per le volte successive, ovviamente usandolo con intelligenza, non andrò a pensare di cadere senza conseguenze mettendomi ad arrampicare sopra ai miei limiti e in un punto in cui la caduta è pericolosa, quella è incoscienza e stupidità, che non c'entra con quanto stiamo discutendo! ;)

Per finire, riassumendo quest'ultima parte, la chiave è di concentrare la propria strategia psicologica sull'elemento che fa paura e non sulle altre cose complementari, è inutile che penso di scalare felice se la paura della caduta è particolarmente forte dentro di me, devo concentrarmi su ciò che mi fa paura, appunto la caduta.
Così prima dello scalare penserò alla caduta, immaginandola senza conseguenze e divertente (c'è gente che paga fior di soldi per buttarsi con un elastico nel vuoto!!! :mrgreen: ), quest'immagine mi sbloccherà anche i pensieri per immaginarmi ad arrampicare felice e sciolto anche nei punti di maggior difficoltà, cercando di fare viceversa, ovvero pensare ad arrampicare felice presupponendo che così vedrò in modo meno negativo anche un'eventuale caduta, la cosa non funzionerà! ;)
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Messaggioda Enzolino » lun mar 17, 2008 15:10 pm

Quella che tu descrivi credo si chiami "legge del contrasto".

Viene usata anche per altre situazioni.

Il punto e' che lo sforzo per ottenere un effetto viene interpretato dall'inconscio in maniera inversa proprio perche' lo sforzo implica un feeling negativo.

Se ad esempio mi sforzo di dormire, non mi addormentero', allora una tecnica consiste nel sforzarsi di rimanere svegli e, come per incanto, ci si addormenta.
Ho letto anche che si usa per situazioni d'ansia pre-gara in cui l'atleta dovrebbe immaginarsi situazioni drastiche ... ma da proiettare in un oggetto ... non ricordo bene nei dettagli ...

Sull'imagery, ho iniziato ad interessarmi quando ho scoperto l'effetto psicologico delle mie aspettative su certe vie.

Ho avuto paura su vie dall'obbligatorio relativamente basso (6b), mentre non ne ho avuto in vie dall'obbligatorio relativamente piu' alto (6c+).

Analizzando il perche' mi sono accorto che sull'obbligatorio di 6b, mi immaginvo gli spit vicini.
Quando poi nella realta' scoprivo che non erano cosi' vicini, mi ha preso paura.
Al contrario, sul 6c+ obbligatorio mi immaginavo gli spit chilometrici.
Una volta sulla via scalavo tranquillo lontano dagli spit e dicevo a me stesso "questa via non mi sembra affatto psicologica ...".

Lo stesso discorso vale per le freesolo, ma serebbe molto lungo ed ora ho da lavorare ... :wink:
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Messaggioda Gigi64 » mar mar 18, 2008 1:10 am

Interessante questo discorso della "legge del contrasto" (o come si chiama), per fare un'altro esempio oltre a quello appropriato che hai fatto sul dormire, una situazione tipica è quando devi fare un lavoro ripetitivo e noioso, un lavoro che non vedi l'ora di finire, guardi l'orologio pensando che sia passata un'ora e magari sono passati 20 minuti, o meno...
Invece se fai un lavoro che ti piace hai l'effetto contrario.
Nell'arrampicata si nota tipicamente questa sensazione temporale quando il socio che arrampica si lavora un passo per molto tempo, a lui sembra che sia passato poco tempo mentre il socio che fa sicura percepisce il tempo normalmente, o... in modo dilatato se incomincia a rompersi le palle!!! :mrgreen:

Riuscire a manipolare queste sensazioni renderebbe molte cose più agevoli, o meno fastidiose...

Per le sensazioni che descrivi in base alla chiodatura più o meno lunga, a me ad esempio una volta è capitata una cosa molto esemplificativa di questo effetto.
Due tiri vicini, molto simili e della stessa difficoltà, una volta ne salgo uno, nel passo chiave non visualizzo lo spit successivo, vedo quello dopo, inizia a prendermi una sensazione di paura, mi appendo più volte tra vari tentativi, alla fine passo e di colpo vedo lo spit avendolo quasi superato...
Una volta successiva sulla via di fianco, ad un certo punto trovo una specie di ritmo nel salire, sai quando scali come se fossi più leggero, con una giusta tensione nervosa ma senza paura, una bella sensazione...
Arrivo in catena, ma quando scendo... mi accorgo di aver saltato uno spit!!!

Due situazioni, come dire... speculari?! 8O

Pensa che le cadute più significative che ho fatto ultimamente sono state due, la prima è quella che descrivo nel primo post di questo thread, con ripercussioni psicologiche, ma... se vogliamo guardare alla fine è una caduta paurosa ma non pericolosa, mentre la seconda è per aver saltato il secondo spit (è la seconda volta che mi capita questa cosa, la prima è quella che ho raccontato sopra), in questo caso sono arrivato a terra! :(
Ora, la prima delle due cadute mi ha impaurito molto pur essendo senza conseguenze, la seconda invece ha avuto una dinamica che mi ha segnato molto meno psicologicamente, forse perchè è stata improvvisa, pur essendomi fatto leggermente male (incassata del torace con difficoltà respiratoria per qualche minuto) e avendo rischiato di spaccarmi qualche osso, addirittura la schiena...

Mi incuriosisce anche la tua citazione al freesolo, personalmente non so se me la sentirei, e comunque se dovessi farlo starei su qualcosa mooolto al di sotto della mia difficoltà massima...

Se hai voglia e tempo di parlarne la cosa è interessante, comunque penso che un po di spunti interessanti per lavorare sulle proprie paure li abbiamo messi a fuoco.

Un'ultima cosa, se mi dovessero per assurdo proporre una pillola che mi toglie o mi attenua la paura quando scalo non la vorrei neanche se mi pagano, il capire se stessi, interpretare le proprie paure e riuscire a controllarle con le sole proprie forze penso sia uno degli aspetti più intriganti dell'arrampicata! ;) :D
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Messaggioda Enzolino » mar mar 18, 2008 10:38 am

Nel tuo lungo messaggio tocchi diversi aspetti sui quali la psicologia dello sport ha approfondito parecchio.

Nella prima parte, sulla noia o eccitazione del lavoro, gli psicologi chiamano flow o zone lo stato di attivazione mentale ideale tra un livello basso di sfida (= noia) ed uno eccessivamente elevato (= ansia, paura, frustrazione). Nello stato di flow il tempo mentale quasi si ferma e si e' totalmente assorbiti dal cio' che si sta facendo.
I bambini hanno molta familiarita' con questa esperienza.
Nel nostro caso e' come se, assorbiti dal gesto e dall'arrampicata, ci dimentichiamo degli spit o persino del fluire del tempo (ricordo una bella storiella a riguardo su un monaco che, assorbito dal canto dell'usignolo, non si accorse di essere scivolato nell'eternita').

Un modo di manipolare queste situazioni e' il rilassamento, l'imagery e, addirittura, l'autoipnosi, di cui, pare, usufruisce anche qualche famoso climber (Sharma)

Da:
http://www.planetmountain.com/Special/p ... index.html

Come ti sei preparato concretamente (per Biographie)?

Ho fatto degli esercizi di rilassamento, e di meditazione, visualizzando i movimenti della via uno ad uno, ripercorrendola immobile e concentrandomi sulle mie emozioni. Questi esercizi mi hanno aiutato moltissimo. Mia madre mi ha insegnato ad impostare gli esercizi di autoipnosi. Salire la via è stato un po? come stare in una ?dimensione parallela?, i movimenti si seguivano con una precisione limpida. Poi tutto è successo così velocemente...


Sulle freesolo il discorso si approfondisce ulteriormente.
Il nemico peggiore del freesolo sono i dubbi e i pensieri negativi, perche' preparano l'inconscio al fallimento.
Non e' un caso che esperti di freesolo (Huber, Ueli Steck, Auer) mostrino una sorprendente sicurezza di non fallire.
La convinzione di riuscire, i pensieri positivi sono delle condizioni importanti per minimizzare il rischio di una caduta. L'autoconvincimento portato all'estremo permette di esperire la solitaria (slegato) quasi come se il climber inserisse un pilota automatico.
Se si vede Huber sulla Hasse sembra in uno stato di trance.
Auer (quello del pesce slegato) dice che quando arrampica slegato si accende uno speciale interruttore nel cervello.

Insomma, il movimento e la prestazione sono la risultante di un processo ideomotorio in cui l'inconscio, il conscio ed il corpo devono cooperare in maniera sinergetica.
Il bello e' scoprire come funzionano le leggi di queste interazioni ... :wink:
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Messaggioda Raven » mar mar 18, 2008 11:56 am

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Messaggioda Enzolino » mar mar 18, 2008 12:25 pm

Raven ha scritto:se non ho letto o capito male quello che scrivete, le paure di cui parlate sono legate alla possibilità di un volo dovuto a un fattore soggettivo: io perdo la presa, io non intuisco la sequenza, io non mi tengo, io mò mollo.......... ecc. ecc.

e quando la paura è legata ad un'irrazionalità di tipo oggettivo? quando ciò che sta di fronte non riesce più ad essere assimilato come qualcosa di amico? quando subentra la diffidenza verso quell'elemento che è la roccia, per cui ogni volta che la tocchi ti domandi : ma questa cade? si stacca? ............... al di là di quanto i tuoi occhi vedono e cioè magari un monolitico e granitico blocco compatto.............. dubiti di tutto perchè?


è vero, alla fine anche questa è una questione interna, è il dubbio sulla propria capacità di leggere l'esterno, di decodificare l'altro da sè, di saper valutare, di fidarsi delle proprie percezioni...........


però a quel punto spit lontano o vicino, grado facile o difficile, non è che serva a molto ragionare su questi fattori................

mi sto incartando nei miei pensieri............. :cry:
Secondo me metti insieme aggettivi che si contraddicono a vicenda.
Come ad esempio quando scrivi: e quando la paura è legata ad un'irrazionalità di tipo oggettivo?

Le parti nere in grassetto, secondo me, hanno tutti valenze soggettive.

Secondo me bisogna distinguere tre diversi aspetti.
L'analisi prima dell'azione, che ci fa capire nei limiti ragionevoli in che misura una via e' impegnativa, la roccia e' affidabile, o i possibili rischi di una caduta.
La preparazione psicologica, ovvero il rilassamento, il caricamento psicologico, l'attivazione mentale ottimale, e cosi' via.
L'azione, in cui il movimento dovrebbe fluire, possibilmente senza farsi intralciare dal pensiero.

Per fare un esempio, basta immaginare di cammninare lungo una linea larga 20 cm.
Se questa linea e' alta 10 cm da terra, probabilmente saremmo in grado di camminarci senza problemi.
Se ' alta 1000 metri, i pensieri negativi di una possibile caduta, ci farebbero iper-controllare il movimento rischiando di farci perdere l'equilibrio.
Da un punto di vista motorio la situazione e' oggettivamente la stessa.
Da un punto di vista mentale (soggettivo) no.
E paradossalmente il pensiero puo' risultare piu' dannoso rispetto alla situazione in cui si cammina in maniera rilassata senza farsi sopraffare dai pensieri, soprattutto quelli negativi, che possono portare al panico.

Personalmente, comunque, penso che un minimo di paura sia necessaria per mantenerci un minimo all'erta.
Quindi, la situazione ideale consiste nel sintonizzare, regolare la propria paura.
Come?
Col respiro, con i pensieri positivi, rilassando il corpo, e quindi la mente ... secondo me ...
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Messaggioda Gigi64 » mar mar 18, 2008 13:55 pm

Enzolino ha scritto:Nel tuo lungo messaggio tocchi diversi aspetti sui quali la psicologia dello sport ha approfondito parecchio.

Nella prima parte, sulla noia o eccitazione del lavoro, gli psicologi chiamano flow o zone lo stato di attivazione mentale ideale tra un livello basso di sfida (= noia) ed uno eccessivamente elevato (= ansia, paura, frustrazione). Nello stato di flow il tempo mentale quasi si ferma e si e' totalmente assorbiti dal cio' che si sta facendo.
I bambini hanno molta familiarita' con questa esperienza.
Nel nostro caso e' come se, assorbiti dal gesto e dall'arrampicata, ci dimentichiamo degli spit o persino del fluire del tempo (ricordo una bella storiella a riguardo su un monaco che, assorbito dal canto dell'usignolo, non si accorse di essere scivolato nell'eternita').

Un modo di manipolare queste situazioni e' il rilassamento, l'imagery e, addirittura, l'autoipnosi, di cui, pare, usufruisce anche qualche famoso climber (Sharma)

Da:
http://www.planetmountain.com/Special/p ... index.html

Come ti sei preparato concretamente (per Biographie)?

Ho fatto degli esercizi di rilassamento, e di meditazione, visualizzando i movimenti della via uno ad uno, ripercorrendola immobile e concentrandomi sulle mie emozioni. Questi esercizi mi hanno aiutato moltissimo. Mia madre mi ha insegnato ad impostare gli esercizi di autoipnosi. Salire la via è stato un po? come stare in una ?dimensione parallela?, i movimenti si seguivano con una precisione limpida. Poi tutto è successo così velocemente...


Sulle freesolo il discorso si approfondisce ulteriormente.
Il nemico peggiore del freesolo sono i dubbi e i pensieri negativi, perche' preparano l'inconscio al fallimento.
Non e' un caso che esperti di freesolo (Huber, Ueli Steck, Auer) mostrino una sorprendente sicurezza di non fallire.
La convinzione di riuscire, i pensieri positivi sono delle condizioni importanti per minimizzare il rischio di una caduta. L'autoconvincimento portato all'estremo permette di esperire la solitaria (slegato) quasi come se il climber inserisse un pilota automatico.
Se si vede Huber sulla Hasse sembra in uno stato di trance.
Auer (quello del pesce slegato) dice che quando arrampica slegato si accende uno speciale interruttore nel cervello.

Insomma, il movimento e la prestazione sono la risultante di un processo ideomotorio in cui l'inconscio, il conscio ed il corpo devono cooperare in maniera sinergetica.
Il bello e' scoprire come funzionano le leggi di queste interazioni ... :wink:


Una premessa:
mi scuso se scrivo veramente dei post chilometrici :) ma è un argomento che mi appassiona tantissimo e su cui parlerei all'infinito... :)

Proseguendo, molti degli aspetti che tocchi, soprattutto sul freesolo, hanno molte attinenze con quanto fanno molti (per non dire tutti) corpi speciali militari o di polizia, l'addestramento e le simulazioni portate all'estremo fanno sì che "l'azione" del "momento della verità" sia predominante sulle paure che possono nascere in quelle situazioni altamente pericolose per la loro vita.

Tornando all'arrampicata, anche qui, l'addestramento (la palestra e la stessa arrampicata), la sicurezza nelle proprie capacità in rapporto alla via che si andrà a scalare, l'uso di tecniche che potenziano tutto questo, come quelle che citavi per Sharma, alla fine portano ad avere una concentrazione molto alta e scevra da inquinamenti portati da paure e insicurezze, quasi come se durante l'azione si instaurasse uno stato di coscienza alternativo.
Questo stato di coscienza è il massimo dell'efficienza che un essere umano può ottenere per un'azione pericolosa...

Quando acquisisci queste capacità puoi veramente usare tutto te stesso, tutte le tue capacità, nell'arrampicata.
Io, nel mio piccolo, mi accorgo di avere un grado, forse più, di differenza tra lo scalare con la paura di cadere e lo scalare con la sicurezza psicologica della corda dall'alto, nonostante a livello tecnico scalo meglio da primo (c'era un interessante topic di Scott sull'argomento), però in questa situazione ho anche più limitazioni.

Per dirtela in numeri (o meglio in gradi! :D ), io da primo sino ad ora ho fatto dei 6a+, se hai letto altri miei post saprai che non è moltissimo tempo che scalo su roccia, ho tentato un 6b, quello della caduta del primo post di questo thread, tra l'altro molti di questo 6a+ non li ho liberati in quanto ho fatto dei resting, però da secondo (sempre corda un po lasca o tesa senza scaricare peso) riesco a fare nello stesso modo dei 6b+, addirittura qualche 6c, mentre molti di quei 6a+ su cui magari mi fermo, da secondo vado su pulito e senza problemi...
Oltre a qualche problema di risparmio energetico, risparmio energetico che con la paura riesce più difficile, il fatto è che da primo la mia mente tende a limitarmi anche su di un livello di fatica minore a quello che realmente mi metterebbe a rischio di caduta, come se si tenesse un margine, mentre da secondo non ho questa limitazione, tiro sino a quando ne ho e non mi appendo.

Sto lavorando su me stesso per ridurre la paura della caduta, in modo da ridurre piano piano questa limitazione, prendendo poi fiducia nelle mie forze e nelle mie capacità, si innesca un circolo positivo che mi porta a migliorare progressivamente le mie prestazioni da primo e avvicinarle a quelle che ho da secondo.

Una cosa invece interessante l'ho scoperta quelle volte che la mia paura post-caduta (giusto per tornare in pieno in topic! :D ) mi ha limitato anche su difficoltà da me ben dominabili sopra allo spit.
Quando avevo quella sensazione di paura crescente, sempre cercando di concentrarmi sul respirare in modo profondo e regolare, era come se una voce interna mi suggerisse "adesso cadi! adesso cadi! stai per cadere!", così semplicemente mi domandavo, molto consciamente, "ma perchè dovrei cadere?!", questa domanda posta a me stesso mi faceva rendere conto che anche se ero sopra allo spit avevo buoni appoggi e buoni appigli in rapporto alle mie capacità tecniche e fisiche, e... non stavo affatto per cadere, magari bastava che mi rilassavo un po e trovavo una migliore posizione di equilibrio.
La paura magari non svaniva ma si riduceva a livelli tali da lasciarmi continuare la scalata.

La stessa cosa l'ho poi usata in situazioni meno agevoli di quelle, magari durante passaggi di equilibrio molto delicati in placca...
Negli ultimissimi mesi ho migliorato molto il mio senso dell'equilibrio, lavorandoci sopra specificamente, con esercizi del tipo di quelli proposti da Caruso, o il camminare su di un trave stretto, fare movimenti lunghi e su prese piccole sul pannello verticale in palestra o alla base di una falesia, però nei momenti in cui la paura sta per prendere il sopravvento sembra che una parte di me stesso si dimentichi di questa mia capacità acquisita negli ultimi tempi...

Il farmi in quei momento quella domanda, "perchè dovrei cadere?", mi riconduce, magari non completamente, ma almeno in parte, all'uso di queste mie capacità e a proseguire la scalata...
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Messaggioda Gigi64 » mar mar 18, 2008 14:15 pm

Raven ha scritto:se non ho letto o capito male quello che scrivete, le paure di cui parlate sono legate alla possibilità di un volo dovuto a un fattore soggettivo: io perdo la presa, io non intuisco la sequenza, io non mi tengo, io mò mollo.......... ecc. ecc.

e quando la paura è legata ad un'irrazionalità di tipo oggettivo? quando ciò che sta di fronte non riesce più ad essere assimilato come qualcosa di amico? quando subentra la diffidenza verso quell'elemento che è la roccia, per cui ogni volta che la tocchi ti domandi : ma questa cade? si stacca? ............... al di là di quanto i tuoi occhi vedono e cioè magari un monolitico e granitico blocco compatto.............. dubiti di tutto perchè?


è vero, alla fine anche questa è una questione interna, è il dubbio sulla propria capacità di leggere l'esterno, di decodificare l'altro da sè, di saper valutare, di fidarsi delle proprie percezioni...........


però a quel punto spit lontano o vicino, grado facile o difficile, non è che serva a molto ragionare su questi fattori................


mi sto incartando nei miei pensieri............. :cry:


Ciao Raven :)
secondo me prima di tutto devi focalizzare qual'è la tua paura per lavorarci sopra, altrimenti rischi di lavorare su cose complementari tralasciando il nocciolo del problema...

Come ho spiegato alcuni post sopra, dove dicevo che se la paura di cadere è immotivata (cioè quando il rischio della caduta è accettabile e non potenzialmente pericoloso) non serve a niente continuare a concentrare i propri pensieri positivi sullo scalare, sul gesto, cosa su cui si ha già una discreta o buona fiducia, perchè questo non toglie la paura della caduta in quanto si sa che se si vuole andare al proprio limite si può cadere anche se si è bravi a scalare, così funziona il gioco!

Bisogna invece concentrarsi sulla cosa che ci fa realmente paura, la caduta, e perciò attuare delle strategie psicologiche su quella, magari immaginando delle cadute senza conseguenze, persino divertenti, e magari provandole anche, ovviamente in situazioni di massima sicurezza e con progressione, intendiamoci bene! ;)

Per quanto ti riguarda mi sembra che il tuo problema non sia sicuramente nella fiducia che riponi in te stessa per quanto riguarda la tua capacità tecnica e fisica, mi sembra anche che non siano nemmeno nella paura della caduta, non mi sembra tu ne abbia molta di più della media degli scalatori...

Invece ho l'impressione che il fulcro delle tue paure sta nella paura che la roccia si stacchi.
Correggimi se sbaglio Raven...

Se è così devi concentrarti nel lavorare su questa specifica paura! ;)
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Messaggioda Enzolino » mar mar 18, 2008 14:54 pm

Gigi64,
in effetti questo argomento e molto interessante ... dei corpi speciali non so niente ... so, invece, che uno modo che usavano i samurai per superare la paura della morte era, paradossalmente, accettare l'idea di morire ...

Quindi, la spada, non diventava solo un futile diletto, ma una via che era anche una questione di vita o di morte ...

Allo stesso modo uno puo' vedere l'arrampicata come una via, anche se non in maniera cosi' drastica ...

Raven,
io non so che incidente tu abbia avuto ... penso comunque che osservare gli altri, arrampicare su roccia indiscutibilmente affidabile, sia un modo per convincerti sempre di piu' che la roccia possa essere amica ...

Io, anche dagli incidenti, ho imparato molto ... magari lo stesso vale per te ... non so ... magari la roccia doveva insegnarti qualcosa ...
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Messaggioda Raven » mar mar 18, 2008 15:20 pm

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Messaggioda Enzolino » mar mar 18, 2008 15:46 pm

Raven ha scritto: credo che il problema più grande consista nell'amnesia....quel buco nero e profondo dove è sprofondata per una parentesi di tempo la mia coscienza rifiutandosi di tornare indietro. dicono che sia un modo per superare gli shock, invece per me è diventata una prigione. non riuscire a ricordare perchè sono volata, come è successo, non riuscire a ricordare neppure il dolore o la paura. ti vedi e ti senti mentre stai scalando e un attimo dopo ti vedi e ti senti mentre stai quindici metri più in basso con milza polmoni reni ossa e cervello che urlano in una lingua sconosciuta........... e in quell'attimo non sapere cosa è successo. quindi può essere successo tutto.

è per questo che alla fine ho paura di tutto.

soggettivo e irrazionale non sono più antitetici quando di mezzo c'è l'amnesia, perchè qualcosa di tuo, di imprescindibilmente soggettivo si nega alla tua consapevolezza pur continuando a viverti dentro.

io sto cercando di accumulare esperienze di ritorno alla sintonia con la roccia per cercare di rendere questo vuoto di tempo meno importante, per provare a lasciarlo indietro o forse solo per aspettare il momento in cui qualcosa arrivi a far riemergere l'attimo.

e la speranza è l'ultima a morire. :wink:
Forse ognuno reagisce in maniera diversa ed ognuno ha i suoi meccanismi di difesa che cambiano anche a seconda dell'esperienza ...

Al di la' delle differenze penso che l'importante sia non forzare le cose e prendere confidenza con la causa di un nostro incidente in maniera graduale e senza forzature ... alla fine, i nostri sogni, desideri e aspirazioni ci faranno superare tutte le barriere e le difficolta' ... e mi pare che tu sia una sognatrice ... :wink:
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Messaggioda nglblu » sab mar 22, 2008 19:34 pm

Fortunatamente non ho mai fatto cadute rovinose nè tantomeno mai fatto seriamente male. Le mie cadutine,cadute e cadutone le ho fatte ma mai nessun "trauma post caduta". Probabilmente perchè appunto non mi son mai fatto male..

Rischiando di andare un po' OT vorrei pero' postare una mia riflessione proprio odierna in merito alla paura del volare.
Sino a 2 anni fa arrampicavo pensando che avrei dovuto abituarmi alla paura del volo e quindi imparare anche a cadere. Col tempo e con qualche caduta ho pero' cambiato idea.
Ho tutta una mia teoria personale (parlo di falesia chiaro) basata sul fatto che quando uno arrampica dovrebbe essere il piu' concentrato possibile nel comprendere la salita, estraniandosi il piu' possibile da fattori ad essa completamente esterni (il chiasso,il climber che sale affianco, il vento) ma anche da fattori molto meno esterni come appunto la chiodatura.
In pratica uno, nella condizione perfetta di concentrazione al 100%, non dovrebbe mai avere paura di cadere semplicemente perchè il volo, qualora dovesse venire, è improvviso, inevitabile, non percepito nè concepito. Non esiste in questo "stato di grazia", come lo chiama Jolly nel suo libro, la paura del piede che potrebbe cedere da un momento all'altro generando tensione piuttosto che l' appiglio duro che non sai per quanto riuscirai a tenere e ti genera ansia.
In pratica ho imparato che quando vado ad arrampicare, la vera forza non sta nel non temere il volo bensi' nel sapersi concentrare al punto che sei solo tu,la roccia,e i tuoi movimenti su di essa. Il volo non centra nulla.
Mi scuso per la mia noiosa retorica, semplicemente volevo condividere cio' che sento di aver imparato.
Ciao
nglblu
 
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