Mago del gelato ha scritto:In quello che scrivi c'è probabilmente del vero. Io penso comunque che l'Heinz non ce l'avesse con chi non ha talento, ma con chi non avendolo pretende di essere il migliore solo perchè fa gradi alti lavorati.
Mi dispiace ma proprio non ci siamo.
Vorrei spiegare a te, e a tutti gli amici in ascolto, che quelle di Mariacher erano solo menate da sbruffone. E che di simili menate è del resto pieno il mondo, dunque non c'è da allarmarsi.
Io vi consiglio anzitutto di separere l'uomo dall'atleta. L'atleta può essere degnissimo di ammirazione, l'uomo può avere i suoi limiti.
Chiarirò una volta per tutte la faccenda del lavorato. Volete sapere quanto ci ha messo Mariacher a liberare Kendo? (il primo 8b di Val S. Nicolò). Pensate davvero che l'abbia fatta in due-tre giri?
No, ragazzi. L'ha lavorata molto, molto, e infine ne è venuto a capo.
Ma la storia di Kendo è simile a tante altre.
Lavorare tanto una via, non è un segno di debolezza, di scarso talento. Al contrario: è ciò che hanno fatto, e fanno, tutti gli arrampicatori di punta che vogliano spingersi davvero al loro limite.
Ci vuole molta volontà, molta motivazione. IL PROFESSIONISMO NON ESISTE: nessuno ti paga perché stai facendo i tentativi da due mesi su un 8c+. Forse, se alla fine lo fai, verrà una ditta di scarpette a elargirti un paio di pedule... Se invece fai le gare, se ti fai vedere, ti danno pure due soldi (ma devi essere fra i 4-5 più forti del tuo paese).
Insomma il lavorato è uno stile a sé. E non viene riconosciuta grande differenza fra chi libera un 9a in due mesi di tentativi, e chi ce ne mette il doppio. In estrema sintesi: l'importante è arrivarci. Certo, se poi c'è uno che lo fa in due o tre tentativi, o è un grande exploit, oppure (cosa più frequente) si rivede la quotazione della via, abbassandola di mezzo grado.
Quanto al fatto di studiare la via: non sempre bastano pochi tentativi per scoprire tutto. A volte si scopre un metodo nuovo per fare un certo movimento, decisivo, al 15° tentativo, se non di più.
Marco Bernardi, Mariacher, Manolo, Andrea Gallo, Severino Scassa, Alberto Gnerro: la lista potrebbe risultare alquanto lunga. Sono nomi di arrampicatori fortissimi, che hanno fatto la storia dell'arrampicata sportiva italiana. Tutti costoro hanno arrampicato sia a vista che sul lavorato. A volte hanno fatto meglio in un senso, a volte in un altro. Qualcuno ha fatto numeri più rischiosi, qualcuno (secondo me intelligentemente) ha contenuto i rischi. Ognuno di noi si faccia la sua idea. Ma non prendiamo per oro colato le loro affermazioni, spesso dettate da rivalità "interne".
Io ad esempio so chi merita di più e chi meno la mia stima sul piano umano, ma questo, ripeto, è un altro discorso.
Per ora basta così.