Frase di Gervasutti, cerco fonte.

Area di discussione a carattere generale sull'arrampicata.

Messaggioda Cine » mar set 18, 2007 20:43 pm

grizzly ha scritto:
Vivaldi ha scritto:Io ho letto "Scalate nelle Alpi" di Wimper e "La grande parete" di Capra.
Erano scritti bene. Ma i complimenti per "Scalate nelle Alpi" vanno al traduttore, mentre, per quanto riguarda "La grande parete", bisogna sottolineare il fatto che Capra è un insegnante (e solo in seconda battuta un alpinista).
Molti libri che avete posto come esempio sono opere di alpinisti stranieri, in quel caso a scrivere bene sono stati i traduttori (che prima di essere alpinisti sono, appunto, traduttori professionisti!!). Qualunque alpinista straniero potrebbe scrivere un libro avvincente quanto illeggibile, ma è chiaro che se poi la traduzione italiana viene fatta da Umberto Eco, allora il libro ci apparirà spettacolare e perfetto!!
Gervasutti non l'ho ancora letto, ma comprerò presto "Scalate nelle Alpi" perchè mi pare un personaggio in grado di esprimersi con forza ed eleganza.
Poco importa se poi il fortissimo era depresso e fascista, anzi, è un motivo in più per leggerlo e capirlo.
Riguardo alle critiche del Motti, quelle, effettivamente, appartengono ad un'epoca: in quel periodo, infatti, la critica psicanalitica impazzava. Tanto di cappello a chi, come Motti, si è quindi aggiornato leggendo Gervasutti secondo i parametri critici dell'epoca! Questo, da parte di un alpinista puro, mi sorprende!
E anche complimenti a chi di voi dice che Gervasutti incarnava un'idea di alpinismo slegata dalla forza bruta e più vicina, di conseguenza, al mentalismo e all'emozione!

Ma è vero che il fortissimo non era mai caduto prima di fare il volo mortale? Dov'è successo e come?

Grizly... vuoi elevare qualche alpinista a futuro Pirandello o Calvino?! 8O perchè nelle lettere ci si confronta con gente del genere...


Beh... se non ho capito male due libri leggesti... ottimo!
Tienimi informato se incocci in un Pirendillo o un Clavinio... alpinisti.


Io una volta ho visto un Prendipollo e una Clavietta :smt117

O forse li ho sognati? :smt017 Boh, sarà che a forza di legger libri di "visionari" alpinisti ho avuto le visioni . . .

:mrgreen:
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Messaggioda al » mer set 19, 2007 8:58 am

Davide62 ha scritto:Motti non era un fallito ma un uomo del suo tempo.
Apparteneva ad una generazione che ha avuto il coraggio di farsi domande senza risposta struggendosi per non sapersele dare e per non saperle dare a chi sarebbe venuto dopo.
Ad oggi l'opera di Motti in campo di letteratura alpina non ha rivali.
L'attributo accatto è decisamente fuori luogo.
Una motivazione sarebbe doverosa.

Ripeto "I Falliti" è un attributo, un aggettivo, un epiteto, o anche solo semplicemente il titolo di uno scritto di Motti in cui, se non ricordo male, il nostro autore parlava di se stesso, e di una ristretta cerchia di amici/seguaci, alla ricerca di un "senso" sulle vie di montagna o di bassa valle, senso che la montagna, l'alpinismo, il sassismo, il falesismo non fu, non era, non sarà in grado di dare.
Falliti perchè rifiutando l'ideologia della cima - del mito della conquista che aveva nutrito l'alpinismo fino ad allora (era l'epoca di una pervasiva dura critica alla società) - non avevano saputo sostituirgli null'altro.
L'autoreferenzialità del loro andare per pietre - e la visione di "Cannabis rock" potrebbe formire alcuni interessanti spunti di riflessione - era destinata a non superare la loro gioventù anarchica, ribelle, innovativa fino all'autodistruzione, nutrita di miti beat e di sostanze psicotrope.
L'opera di Motti risente pesantemente del clima culturale in cui fu elaborata. Pesante di spiegazioni tratte pari pari da manuali di scienze più o meno occulte: psicologia, sociologia in primis.
Come se le motivazioni individuali dell?andare per il mondo debbano in qualche modo essere spiegate da ragioni, debbano per forza essere "comprese", spiegate. Questo è il senso del termine accatto. Avrei potuto dire esornativo, epifenomenico o molto semplicemente ?Inutile? a dare conto ad un fatto, l?andare per cime, che non può essere banalizzato da formule libresche e pedanti.
"Il fallito era lui" questa è la conclusione di una intervista ad un alpinista torinese dell'epoca.
"In montagna non c'è nulla" Queste parole scorrono come sottotitoli in un film di rebuffat mentre lui scala un camino lunghissimo, film che Motti evidentemente non aveva visto.
Ps
A darsi una ochhiata intorno, guardando la fine che hanno fatto, la generazione del ?68? fu tutta una generazione di falliti.
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Messaggioda grizzly » mer set 19, 2007 10:55 am

#-o ... :lol: ... 8) ...
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Messaggioda Vivaldi » mer set 19, 2007 19:41 pm

rtorresa ha scritto:Sono d'accordo.
Premesso che non ho letto niente di Gervasutti, ho una copia de "I falliti e altri scritti" di Motti, che ho letto e appuntato, tanto mi è piaciuto...

Poi a dire il vero può darsi che sia prevenuto, in quanto mi è stato prestato "Parete Nord" di Harrer. E' lì da almeno due anni. Pensare di leggere qualcosa di quel nazista mi mette rabbia...



AUREO...
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Messaggioda Vivaldi » mer set 19, 2007 19:45 pm

grizzly ha scritto:
Vivaldi ha scritto:Io ho letto "Scalate nelle Alpi" di Wimper e "La grande parete" di Capra.
Erano scritti bene. Ma i complimenti per "Scalate nelle Alpi" vanno al traduttore, mentre, per quanto riguarda "La grande parete", bisogna sottolineare il fatto che Capra è un insegnante (e solo in seconda battuta un alpinista).
Molti libri che avete posto come esempio sono opere di alpinisti stranieri, in quel caso a scrivere bene sono stati i traduttori (che prima di essere alpinisti sono, appunto, traduttori professionisti!!). Qualunque alpinista straniero potrebbe scrivere un libro avvincente quanto illeggibile, ma è chiaro che se poi la traduzione italiana viene fatta da Umberto Eco, allora il libro ci apparirà spettacolare e perfetto!!
Gervasutti non l'ho ancora letto, ma comprerò presto "Scalate nelle Alpi" perchè mi pare un personaggio in grado di esprimersi con forza ed eleganza.
Poco importa se poi il fortissimo era depresso e fascista, anzi, è un motivo in più per leggerlo e capirlo.
Riguardo alle critiche del Motti, quelle, effettivamente, appartengono ad un'epoca: in quel periodo, infatti, la critica psicanalitica impazzava. Tanto di cappello a chi, come Motti, si è quindi aggiornato leggendo Gervasutti secondo i parametri critici dell'epoca! Questo, da parte di un alpinista puro, mi sorprende!
E anche complimenti a chi di voi dice che Gervasutti incarnava un'idea di alpinismo slegata dalla forza bruta e più vicina, di conseguenza, al mentalismo e all'emozione!

Ma è vero che il fortissimo non era mai caduto prima di fare il volo mortale? Dov'è successo e come?

Grizly... vuoi elevare qualche alpinista a futuro Pirandello o Calvino?! 8O perchè nelle lettere ci si confronta con gente del genere...


Beh... se non ho capito male due libri leggesti... ottimo!
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Un po' pochini, lo so...
Perchè di altri mi sono fermato al primo capitolo...
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Messaggioda grizzly » mer set 19, 2007 21:07 pm

Vivaldi ha scritto:Un po' pochini, lo so...
Perchè di altri mi sono fermato al primo capitolo...


Beh... pochini è esagerato... :smt003
Comunque tutti i viaggi cominciano con un piccolo passo...
E quali sarebbero gli "scartati" al primo capitolo?
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Messaggioda Vivaldi » ven set 21, 2007 21:09 pm

Bè... mi spiace parlare male di alpinisti scrittori su internet... ma... parlando personalmente, Bonatti non riesco a leggerlo... non si possono raccontare solo belle avventure, quelle sono comuni, o meglio, sono sempre più comuni di un libro scritto con ricercatezza estetica e letteraria!

Ad ogni modo, invece di continuare a passare in rassegna le mie letture... non salta fuori qualche elemento in più su questo Gervasutti? E' vero chre la sua unica caduta gli è stata fatale?

E Sigismondi? Che figura era questo Sigismondi? Le sue vie sono splendide, ma qualche libro lo ha scritto? (anche se forse sarebbe un po' datato e locale!)
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Messaggioda grizzly » ven set 21, 2007 21:30 pm

Vivaldi ha scritto:Bè... mi spiace parlare male di alpinisti scrittori su internet... ma... parlando personalmente, Bonatti non riesco a leggerlo... non si possono raccontare solo belle avventure, quelle sono comuni, o meglio, sono sempre più comuni di un libro scritto con ricercatezza estetica e letteraria!

Ad ogni modo, invece di continuare a passare in rassegna le mie letture... non salta fuori qualche elemento in più su questo Gervasutti? E' vero chre la sua unica caduta gli è stata fatale?

E Sigismondi? Che figura era questo Sigismondi? Le sue vie sono splendide, ma qualche libro lo ha scritto? (anche se forse sarebbe un po' datato e locale!)


Mannò dai... parliamone invece un po' male di Walter... Tutto quel vetrato che sempre incontrava... :roll: ... :lol: ...
Però devo dire che mi stupisce che ti sei fermato... ci son dei libri suoi che han fatto sognare generasiun... mah... Non tutti i gusti sun alla menta...

Dici questo Gervasutti... e be qui ci andrebbe lucasignorelli... se ha tempo ti fa un trattato in 3 tomi e note fitte fitte a piè di pagina... :lol:

Del Sigismondi? Quello della famusa cresta Sigismondi... quella che han nel curriculum i grandi alpinisti che conosci...
Sono gnurant... adesso stacco e vado a vedere se il Motti ne parla.
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Messaggioda roccia75 » dom gen 13, 2008 13:01 pm

Gervasutti ha studiato Economia e Commercio a Torino, senza però terminare gli studi, per dedicarsi al lavoro e all'alpinismo.
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Messaggioda il.bruno » dom gen 13, 2008 13:21 pm

non mi pare comunque che bonatti racconti solo "belle" avventure...
certe di "bello" non hanno proprio niente
pilone centrale 1961
ritirata dalla solitaria all'eiger
scarica di sassi che ferisce uno dei due e riduce la corda a spezzoni sulle grandes jorasses
tanto per dirne alcune

e comunque
"Nera, furtiva, erratica, veleggia armoniosamente sul levigato fluire del vento. Con brucianti scudisciate d'ali o sibilanti tuffi e cabrate, abbandona e riprende a cavalcare la curva dell'aria, giocando con lirica disinvoltura. A tratti è sospesa nell'azzurro, immobile come fosse aggrappata al cielo, ma subito incomincia a descrivere parabole, volute e spirali, di straordinaria eleganza. Guizza con esultanza e plana in un'estasi di volo silenzioso, su ali tese e aperte. Stride, ogni tanto, con un verso aspro, sonoro, e nel silenzio che segue, sembra compiacersi delle sue note echeggianti nel cielo vuoto. Quando scivola lungo i contorni della parete, a volte mi sfiora con un angolo strettissimo; ma più sovente la sua forma appare fugace e corsara contro il candore dei ghiacci, o impennata superbamente contro l'azzurra cupla del cielo. Dicono che la cornacchia sia un segno di malaugurio, io non lo credo."
(da I giorni Grandi, pag. 81, W.B.)
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Messaggioda PorcaMiseria » dom gen 13, 2008 14:37 pm

Vivaldi ha scritto:Ad ogni modo, invece di continuare a passare in rassegna le mie letture... non salta fuori qualche elemento in più su questo Gervasutti? E' vero chre la sua unica caduta gli è stata fatale?


tieni presente che la caduta fatale è avvenuta durante la risalita della doppia
incastrata, detto questo ti quoto un pezzo raccontato con simpatica ironia da Renato Chabod sul tentativo allo sperone Croz:

La scalata prosegue ma, raggiunto un tratto di roccia liscia che crea non pochi problemi anche al Fortissimo, il robusto Lambert (che, da buon occidentalista, è privo di pedule...) chiede di formare un'unica cordata: «Se lei è salito come secondo - spiega a Renato - io salirò come terzo, mi butti giù una corda e non se ne parli più». Così «slegati tu, che poi mi slego io, manda giù la corda e fa' salire il terzo, poi arriva anche il quarto (cioè, la quarta), e siccome il Fortissimo ed io abbiamo bisogno delle nostre due corde perché sopra c'è un altro passo ardito e loro due scoprono che hanno una corda di riserva nel sacco e bisogna srotolarla e poi legarsi ancora», improvvisamente, dopo tanto trafficare, «le nuvole, che hanno felicemente concluso la loro adunata generale, si decidono a far qualcosa nel nostro interesse e scatenano una di quelle grandinate che, se queste placche fossero coltivate a grano, il raccolto sarebbe ormai irrimediabilmente perduto». La situazione dell'eterogeneo quartetto non è delle più brillanti e, con Lambert e la signorina bloccati in un canale a ricevere addosso «una tal quantità di grandine che - afferma Chabod - non so come facciano a star su, prescindendo da qualsivoglia considerazione altruistica ed umanitaria, sta il fatto che io sono legato a loro e, se partissero, non saprei come fare a tenerli tutti e due (la corda scivola sullo spuntone rotondo e bagnato...), per cui credo che me ne andrei via anch'io e rimarrebbero a tenerci su tutti e tre un chiodo solo ed il Fortissimo che, per quanto fortissimo, se parte il chiodo parte anche lui e buona notte...». Per fortuna la tempesta si placa ma la parete, ora, appare in condizioni decisamente proibitive, avvolta dalla nebbia, e gli abiti dei nostri alpinisti - che comunque riprendono la scalata - sono ormai una crosta di ghiaccio.

In seguito, giunto alla nicchia del nevaio superiore, il Fortissimo crede opportuno «fare l'inventario del materiale chiodistico» e richiede i propri preziosi ferri alla Boulaz, che avrebbe dovuto toglierli: «Ne mancano parecchi, che la signorina dice di non aver potuto levare, e il nostro bilancio è piuttosto magro, dieci chiodi e nove moschettoni». Chabod si rivolge allora al compagno svizzero: «Spero che voi ne avrete, no?» e questi, con autentica soddisfazione, «esibisce tre chiodi di dimensioni spropositate, mostruosi, che avranno forse rappresentato l'ultimo grido della tecnica nel 1885, ma che oggi ci farebbero morir dal ridere, se non fosse che in questo momento non ne abbiamo molta voglia». L'alpinista valdostano chiede allora qualche moschettone e «Lambert stavolta estrae dal suo sacco, emozionante contrasto, tre affarini piccoli piccoli e sottili, che sollevano la mia giusta indignazione e gli dico che di quella roba lì, noi due, al massimo potremmo servircene per attaccarci la catena dell'orologio».

Giunge la sera e, dopo un volo di una decina di metri, assolutamente imprevisto, del grande Gervasutti (che comunque «è proprio fortissimo in tutto, anche nei voli, ed è caduto così bene che non deve essersi fatto un gran male», andando «a finire proprio in una specie di cunetta, utilizzando accortamente quella parte del corpo umano che è la meno sensibile agli urti violenti»), la comitiva decide di bivaccare e, mentre Lambert e la propria cliente riescono a trovare una piccola ma confortevole nicchia nel camino che, trasformandosi in canale ghiacciato, sale fino alla forcella dello sperone, i poveri Renato e Giusto sono costretti a starsene appollaiati, uno in piedi e l'altro seduto, alternandosi ogni mezz'ora, su di un blocco incastrato. La notte purtroppo è gelida e Chabod non può fare a meno di esprimere al compagno la propria ?indignazione?: «Senti Giusto - dice - io ti pagherò due bottiglie invece di una, perché mi hai deciso a venire, ma tu me ne pagherai almeno una per questa notte da cani, te l'avevo detto io che il sacco da bivacco era meglio lasciarlo a casa e prendere roba di lana, tanta lana, un sacco pieno di lana... che freddo, porca miseria!».

Il giorno successivo - quando mancano ormai non più di novanta metri alla cresta e Lambert è impegnatissimo in un passaggio particolarmente ostico mentre gli altri sono fermi dietro di lui in malinconica contemplazione - l'incrollabile Gervasutti sta già pensando ad un eventuale secondo bivacco, ma Chabod reagisce prontamente secondo il proprio stile: «Senti, Fortissimo, io sento che usciremo, ti garantisco che usciremo, perché ne abbiamo proprio bisogno e qui sopra ci deve essere una specie di cengia... e se non si può torniamo indietro, ma io non resto qui a fare segnalazioni con la candela. Ma non parliamone più, caro Giusto, cerchiamo per ora di uscire, ma vorrei vederti con la tua candela a fare le segnalazioni, seduto su quello spuntone lì che è più aguzzo del campanile di Entrèves e se credi di poterci stare su una notte ti sbagli di grosso!». Intanto Lambert, che «sta arrancando disperatamente e ad un certo punto ricorre anche ad un lancio, gettando abilmente la corda su uno spuntoncino e poi issandosi di peso», ottiene la piena approvazione del buon Renato: «Quell'uomo non avrà portato pedule, chiodi e moschettoni, ma indubbiamente il mio cuore di vecchio occidentalista palpita commosso quando vedo una simile manovra di puro stile classico e soprattutto quando sento i chiodi degli scarponi (lo stesso Gervasutti avrebbe utilizzato per la prima volta scarpe con suole di gomma, da lui definite ?una novità che in breve tempo avrebbe rivoluzionato completamente tutta la tecnica delle scalate nelle Alpi occidentali?, solo l'anno successivo, in occasione della prima ascensione della parete Nord-Ovest dell'Ailefroide, ndr) che grattano rabbiosamente il granito... bravo Lambert!».

A trenta metri dalla vetta il Fortissimo torna in testa e dopo un ultimo, delicato tratto roccioso, il gruppo di intrepidi scalatori giunge sulla sommità della sconvolta parete. Ma tutto è diverso da come Chabod l'aveva immaginato: altro che «arrivo lirico, tramonto radioso, il Fortissimo ed io, soli, i vittoriosi... Non siamo i primi, e quindi addio gioia ed abbraccio, ecc., ecc., ma soprattutto è il pomeriggio di una giornata orribile, non vediamo nemmeno la punta Whymper, avvolti come siamo nella nebbia. C'è però una certa qual soddisfazione, ed è quella di esser riusciti ad uscir fuori, perché la pelle resta pur sempre una cosa importante e quando si ha la precisa sensazione di averla cavata da un brutto impiccio ci si sente piuttosto ringalluzziti...». Durante la discesa accade un piccolo imprevisto, con il povero Giusto che «fila come un diretto verso il ?sottostante burrone?, schiena alla roccia e gambe per aria, in perfetta posizione aerodinamica» e con il fido amico che, per fortuna, riesce a trattenerlo, osservando che «rompersi il collo sui Rochers Whymper, dopo aver salito la Nord, sarebbe stato ?poco dignitoso?, e che non bisogna mai fare lo spiritoso e saltellare sulle creste facili, perché talvolta succede di inciampare nella piccozza e di partire in volata». Inoltre «il metodo di assicurazione ?aggrappati a quel blocco e tieni duro!? può dare ottimi risultati, anche nell'epoca dell'assicurazione a forbice e altre simili diavolerie». Al rifugio il morale è basso, ma non tanto da impedire ai nostri personaggi di brindare con una poderosa tazza di acqua calda e zucchero alla salute della valorosa signorina Loulou che, nel 1952, avrebbe salito in prima femminile anche lo sperone Walker.
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Messaggioda Gulfstream » mer gen 16, 2008 23:46 pm

Motti è stato un grande alpinista del suo tempo.
Oltre a compiere delle imprese notevoli ha avuto il coraggio d'andare controcorrente, contro i bacchettoni della scuola Gervasutti degli anni 60' 70'. (L'ho fatta nel 76', non scrivo per sentito dire...)
Quindi caro AL, invece di esternare le tue solite critiche penose, prova ad alzare il tuo culo marcio dal divano e vai a ripetere le vie di Gian Piero, poi magari ne riparliamo.
Gian Piero è considerato un fallito da molti; forse alla fine lui stesso era di questa opinione, altrimenti non avrebbe fatto ciò che ha fatto per uscire di scena...
... ma se tutti quelli che lo criticano senza averlo nemmeno conosciuto, avessero dato anche solo un centesimo di quanto ha dato Motti all'alpinismo...
"Non è perchè le cose sono difficili
che noi non osiamo,
è perchè non osiamo
che le cose sono difficili"
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Messaggioda Payns » gio gen 17, 2008 9:33 am

Gulfstream ha scritto:Motti è stato un grande alpinista del suo tempo.
Oltre a compiere delle imprese notevoli ha avuto il coraggio d'andare controcorrente, contro i bacchettoni della scuola Gervasutti degli anni 60' 70'. (L'ho fatta nel 76', non scrivo per sentito dire...)
Quindi caro AL, invece di esternare le tue solite critiche penose, prova ad alzare il tuo culo marcio dal divano e vai a ripetere le vie di Gian Piero, poi magari ne riparliamo.
Gian Piero è considerato un fallito da molti; forse alla fine lui stesso era di questa opinione, altrimenti non avrebbe fatto ciò che ha fatto per uscire di scena...
... ma se tutti quelli che lo criticano senza averlo nemmeno conosciuto, avessero dato anche solo un centesimo di quanto ha dato Motti all'alpinismo...


Ciao Gulf..................mi hai rubato le parole dalla tastiera! :wink:
Vivevamo in uno stato di magnifica confusione (A. Gobetti)

Io, ancora adesso...(Payns)

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Messaggioda marinoroma » ven gen 18, 2008 12:51 pm

PorcaMiseria ha scritto:........per cui credo che me ne andrei via anch'io e rimarrebbero a tenerci su tutti e tre un chiodo solo ed il Fortissimo che, per quanto fortissimo, se parte il chiodo parte anche lui e buona notte...».


:lol: :lol: geniale, non sembrerebbe proprio uno stile di scrittura da anni 30 ..... hai capito questo Chabod 8)
....no, non ora, non qui, questa pingue immane frana....
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Messaggioda marinoroma » ven gen 18, 2008 15:09 pm

a proposito di Gervasutti, sto leggendo "La morte del chiodo" di Cassarà e vi é riportata una risposta di Cassin molto curiosa alla domanda su cosa ne pensasse di dichiarazione un po' provocatoria di Gervasutti
ebbene cito

....Gervasutti il sesto grado, il nostro sesto grado, non era capace di farlo. Lui faceva sempre il quinto grado in arrampicata libera ma quando c'era da mettere chiodi lui non era capace. Non si puo' discuterlo come alpinista, é stato un grandissimo alpinista, ma parlando di arrampicata il sesto é un'altra cosa.......
.......Qui in Grigna al Nibbio non é riuscito a farlo il sesto. Non aveva la tecnica necessaria per salire su certe difficoltà. Mentre io andavo su e giu' per fargli vedere, l'ho fatto 4 o 5 volte e tu capisci che quando uno fa tante volte un passaggio, dopo é stanco. Volevo fargli vedere che si poteva salire e lui non é stato capace di andare su. Era l'attacco della via Comici. Comici era partito sulle spalle del compagno e quasi tutti partivano cosi'. Io partivo senza. Andavo su. Poi gli ho dato corda e Gervasutti é venuto su


a parte una certa confusione che non si capisce se Gervasutti non fosse bravo ad arrampicare o mettere i chiodi.... ma voi cosa ne pensate :?: :?:

veramente Gervasutti non era all'altezza di passaggi tecnici come quelli affrontati da Cassin? Ho sempre pensato (cioé letto , visto che non l'ho neanche mai vista da lontano) che sulla Est delle Grandes Jorasses Gervasutti era passato su difficoltà incredibili, oggi comparabili al 6b. Non per niente non la ripeté nessuno per decine d'anni....

mi illuminate :idea: :?: :idea:
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Messaggioda roccia75 » lun gen 21, 2008 17:50 pm

Per quanto mi riguarda Gervasutti fu un grande del suo tempo: il giudizio di un'altro alpinista, come Cassin, direi che lascia il tempo che trova, e vorrei spiegerne il motivo. Nel suo giudizio Cassin si basa su un singolo episodio..inoltre tra alpinisti, a quei livelli, c'è sempre stata grande competizione ed è normale che il buon Cassin si sia messo un po' sul piedistallo.
Resto dell'idea che Gervasutti sulle Grandes Jorasses abbia fatto qualcosa di straordinario!
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Messaggioda marinoroma » mar gen 22, 2008 14:14 pm

a proposito ho trovato questa descrizione della via e i tiri di VI non mancano

http://www.scuolagervasutti.it/e_jorass.htm

come dici tu, quel giudizio puo' anche provenire da un episodio (passaggio duro piu' adatto a CAssin), oppure dalla rivalità che immagino non mancava di certo.

E' solo che mi aveva incuriosito e mi chiedevo se ci fossero altre fonti che parlassero di Gervasutti dal punto di vista tecnico-scalatorio
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Messaggioda alberto60 » mer gen 23, 2008 16:26 pm

Val Torrone - Torre Re Alberto con Bonacossa

una placca improteggibile in pura aderenza difficoltà 6a era il 1933

Se questa non è classe.

chiedete a Rampikino che l'ha ripetuta.
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