Sogni di grandezza

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Sogni di grandezza

Messaggioda Roberto » mar lug 27, 2010 19:26 pm

Dopo una salita gratificante, di quelle di cui vi sentite orgogliosi, indipendentemente dal reale valore assoluto, cosa vi passa per la mente?

E' il momento più appagante, quello in cui si concretizza il fatto, si ripassa con la mente la scalata, il passaggio duro superato con trepidazione, la cima e la stretta di mano con il compagno. Ti rivedi e sei contento di avercela fatta, soddisfatto di essere stato all' altezza; dopo tante esitazioni sei riuscito finalmente a salire 'sta benedetta via.
Allora ti senti leggero, hai l' impressione di essere uno in gamba, di quelli che se vogliono sanno il fatto loro, un' alpinista vero, quasi come Bonatti o Cassin o Casarotto... o per lo meno della stessa razza.
Immagini come racconterai la tua piccola-grande conquista agli amici, quasi quasi scriveresti un alticolo per la Rivista del CAI, di foto interessanti ne hai fatte.
Tutti, più o meno, dopo una via impegnativa ci sentiamo dei conquistatori. Qualcuno si fa prendere dalla fantasia e si illude, la maggioranza sa bene il proprio vero valore, ma sente piacere ad immaginarsi grande alpinista.
Non c' è nulla di male, è bello credersi eccellenti sapendo di non esserlo, avere per un momento la sensazione di avere come colleghi Walter, Riccardo e Renato, anche se il livello è ben diverso.
Chi fa alpinismo con un minimo di credibilità è sempre un po pieno di se, in modo sincero, senza pretese. La giusta autoconsiderazione per avere la voglia di mettersi alla prova, per il gusto di sentirsi capaci di osare, sempre relativamente alle proprie capacità.
Siamo un "etnia" di presuntuosi in senso buono, costruttivo, positivo. Ci crediamo superuomini sapendo che non lo siamo, ma apprezziamo la sensazione di verticale alterigia rispetto ai non alpinisti, a quelli che "Guarda quello appeso in parete, come fa a non avere le vertigini?"
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Messaggioda arteriolupin » mar lug 27, 2010 21:55 pm

Roberto,

non è presunzione, è quel sano egotismo minimo che viene spesso chiamato "orgoglio"...

Vale non solo per l'alpinismo, ma per la maggior parte delle attività in cui uno decide di agire da individuo, da singolo, non come parte irriconoscibile di un "tutto" privo di forme definite (come spesso capita, soprattutto nelle città).
E' perfettamente logico che chi per molti giorni accetta il compromesso con lo stress lavorativo, quando può "staccar la spina", ama anche lasciarsi andare ai sogni, alle sensazioni, a quel piccolo superomismo che non fa male a nessuno.

Diverso il caso per chi si crede davvero superiore o crede davvero in un superomismo a propria misura...

Siccome, però, i veri amanti della montagna sanno prendersi in giro ed essere onesti così come amano "magnificarsi e magnificare ciò che fanno", un po' di sana autocelebrazione od autocompiacimento, secondo me, male non fa.

Non è differente dal pescatore che, dopo aver pescato una occhiatina da mezzo etto, racconta al lunedì agli amici della lotta per riuscire a portare a riva il branzino da sei chili...
O del cacciatore che, dopo aver sparato per disperazione al solito cartello di divieto di sosta non avendo visto nemmeno un passero, racconta agli amici di come, dopo tre fagiani, quattro lepri ed un tot di pernici, quel cinghiale gli sia sfuggito per un pelo...

Che c'è di nuovo?

Nulla...

Stiamo solo ripetendo ciò che molti hanno fatto prima e molti altri faranno dopo.

ll solo fatto di provare piacere a farlo e la capacità di sorridere sopra anche alle nostre piccolezze, oltre che di sentirci gratificati da ciò che facciamo (sboronate comprese), fa sì che continuiamo a farlo.

E' così bello lasciarsi andare ogni tanto al superomismo, ci aiuta a ricordare che siamo umani, troppo umani...

Ciao Robbe'
Ultima modifica di arteriolupin il mar lug 27, 2010 23:17 pm, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda Maramaldo » mar lug 27, 2010 22:13 pm

Arte, ma lo sai che 'ste riflessioni, se ci facessi dei seminari di autoconsapevolezza e quelle robe lì :D, ti faresti i soldi?
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Messaggioda arteriolupin » mar lug 27, 2010 22:19 pm

Se c'è una cosa in cui non credo sono quel tipo di seminari lì...

Io mi limito ad osservare le persone...

D'altra parte, va detto che le aziende, con la scusa di far fare quel tipo di seminari, danno da vivere a brave persone che fanno finta di credere a ciò che vanno raccontando per giustificare l'esborso dell'azienda stessa per il corso...

Le torovo americanate inutili, più o meno come le riunioni aziendali con applausi, "il motivatore", gli slogan da urlare e bla bla bla...

Il vedere qualcuno come un "guru"...

Tutto troppo distante da me...

Quando qualcuno si erge a "guru", l'unica parola che mi viene è questa: "ma vaffanguru".

Pe ril resto, non sono altro che riflessioni mie, non sull'autoconsapevolezza, ma sulla consapevolezza della nostra picoclezza umana, resa però così carina da quell'insieme di piccolezze che, una volta riconosciute ed accettate, ci rende tutti unici, più o meno simpatici, ma almeno piacevoli per noi stessi.

Null'altro.

Se, comunque, vuoi pagare per la seduta, sono 500 Euro più IVA.


:lol: :lol: :lol:
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Messaggioda spaceC » mar lug 27, 2010 22:26 pm

Maramaldo ha scritto:Arte, ma lo sai che 'ste riflessioni, se ci facessi dei seminari di autoconsapevolezza e quelle robe lì :D, ti faresti i soldi?


Quotissimo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
A Robbe e Arterio....... se venite al di qua dell'oceano in men che non si dica siete milionari!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Qui la gente sembra bisognosissima di guru e tuttologi vari, vedi Oprah Winfrey, Deepak Chopra ,Dr David Simon... Dr. Wayne Dyer...

Ps: li manderei tutti a rampegha'
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Messaggioda claudio1949 » mar lug 27, 2010 22:37 pm

Detto da uno come me che fa robetta geriatrica, la cosa più bella oltre alla (modestissima) realizzazione è lo stupore dei non alpinisti cui la racconto. Li vedo sorridere come dei ragazzini. Per un attimo, forse, risognano un po' di avventura. Devo dire che è un momento bello e vero.
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Re: Sogni di grandezza

Messaggioda Danilo » mer lug 28, 2010 0:00 am

[quote="Roberto"]Dopo una salita gratificante, di quelle di cui vi sentite orgogliosi, indipendentemente dal reale valore assoluto, cosa vi passa per la mente?

E' il momento più appagante, quello in cui si concretizza il fatto, si ripassa con la mente la scalata, il passaggio duro superato con trepidazione, la cima e la stretta di mano con il compagno. Ti rivedi e sei contento di avercela fatta, soddisfatto di essere stato all' altezza; dopo tante esitazioni sei riuscito finalmente a salire 'sta benedetta via.
Allora ti senti leggero, hai l' impressione di essere uno in gamba, di quelli che se vogliono sanno il fatto loro, un' alpinista vero, quasi come Bonatti o Cassin o Casarotto... o per lo meno della stessa razza.
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A me passano per la mente tutte quelle cose e cosine come dopo una serata d'amore passata sotto le coperte con la persona a cui più ci tieni,attendendo la prossima volta,senza aver fretta di strafare e....aspettando il momento opportuno per farsi di nuovo coccolare

dimenticando i ritardi....auguri di buon compleanno,Roberto,sei troppo "beat" :D
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Messaggioda gab_go » mer lug 28, 2010 1:05 am

concordo, nel piccolo delle mie imprese, con tutte le sensazioni di cui avete parlato, e ammetto di sentirle chiaramente ogni volta.
oltre alle cose già dette e più profonde, però, vorrei aggiungere un dettaglio più concreto e banale, ma che non posso evitare di notare con piacere ogni volta: il tintinnio della ferramenta appesa all'imbrago, dopo che ha fatto il suo dovere insieme a me, il peso del materiale che a cose fatte sembra rilassarsi. e poi, con tutto quel tintinnare e sferragliare andare a godersi una birretta fredda, la giornata e il senso di vittoria... 8)
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Messaggioda gug » mer lug 28, 2010 8:34 am

Io difficilmente racconto le vie fatte ad amici non alpinisti, mi piace invece ultimamente fare molte foto e condividerle con altri scalatori
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

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Messaggioda Roberto » mer lug 28, 2010 12:35 pm

Anche in altre discipline si ha una sana soddisfazione per il risultato avuto, ma quella sensazione di essere un po speciali te la da solo un' attività nella quale senti di essere in gioco, dove la sensazione del pericolo è tangibile.
Nell' alpinismo lo vedi il vuoto, lo senti il rischio, percepisci che un errore potrebbe essere fatale e non ti tiri indietro, lo affronti.
Quando ti alzi dal chiodo e provi il passaggio, vedi allontanare da te una certezza, sali verso una possibilità, anche se remota, di cadere. Tutto ciò ti coinvolge completamente, sei tu e il pezzo di roccia intorno a te e se passi la soddisfazione non è paragonabile ad una carpa di 5 chili. Ti senti un po speciale, un po diverso dalla gente che passeggia sotto la parete con il naso all' insù, piena di stupore per le tue evoluzioni.
Certo, è solo un' illusione, sceso a terra sei di nuovo uno dei tanti, ma quando ripensi a quei momenti riassaggi il gustro dell' individualità, di un' azione un po speciale, sai di essere un alpinista... e scusa se è poco.
Questa la chiamerei "presunzione controllata", piccolo peccato veniale che ci da la capacità di sentirci meno anonimi in una società che banalizza e omologa tutto.
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Messaggioda mcorobic » mer lug 28, 2010 12:42 pm

L'importante è non arrivare alla superbia, senno poi si complica tutto.
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Messaggioda n!z4th » mer lug 28, 2010 12:45 pm

Questa la chiamerei "presunzione controllata", piccolo peccato veniale che ci da la capacità di sentirci meno anonimi in una società che banalizza e omologa tutto.


=D>
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Messaggioda gug » mer lug 28, 2010 14:28 pm

L'orgoglio di essere alpinista per me è una sensazione diffusa e non legata a una specifica salita, dato che i profani non sanno apprezzare le difficoltà e le ansie che è costata
Mi piace invece parlare e condividerla con altri alpinisti e sicuramente in quei casi lo faccio anche con orgoglio, ma cercando di non esagerare
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Messaggioda Falco5x » mer lug 28, 2010 14:40 pm

Provo anch'io a dire la mia ma la prendo un po' alla lontana, per convergere sul tema verso la fine dell'intervento.

Credo che qualunque sia l'attività nella quale si prova l'orgoglio di una conquista, la categoria di fondo sia sempre la stessa: superare la dimensione del tempo puntando all'eternità; infatti ciò che non riusciremmo a sopportare sarebbe l'idea di non aver lasciato alcuna traccia del nostro passaggio in questo mondo, perché sarebbe come se fossimo vissuti invano.

Quindi l'orgoglio di una qualsiasi conquista cui sappiamo che molti non potrebbero nemmeno lontanamente aspirare ha sempre, secondo me, la stessa matrice di fondo: calcare nella terra un'orma della propria anima che possa sopravviverci almeno un poco. In tale ottica lasciare le nostre impronte, la pelle dei nostri polpastralli, qualcosa di noi insomma aggrappato alle rugosità di un pilastro che ci sopravviverà miloni di anni, non è cosa da poco. Se la montagna fosse invece anche lei effimera quanto noi, la cosa non avrebbe la stessa importanza, e allora ripiegheremmo come fanno tanti in cerca di eternità più spicciole che si chiamano "notorietà". E la "rete" ci aiuta in questo, perché la visibilità che oggi otteniamo da ogni nostro scritto è molto maggiore di ieri quando il sistema principale per sopravvivere alla propria fine era solo quello di fare un gran numero di figli; i gigabytes ci sopravviveranno e questo lo sappiamo bene quando scriviamo in qualche forum.

Ma centrando finalmente il tema, fra tutte le attività che ci fanno sentire un po' superuomini, e quindi un po' anche eterni, l'alpinismo è, io credo, quella che ha in sé un valore maggiormente intrinseco e meno legato al concetto di visibilità e notorietà. E la ragione di ciò sta forse nel fatto che la montagna ci coinvolge con una carica emozionale difficilmente riscontrabile altrove. E poiché sappiamo che molto difficilmente questa carica potrebbe venire interamente compresa da chi non l'ha mai provata di persona, fatalmente il circuito di queste emozioni rimane chiuso e confinato ai suoi (relativamente) pochi abituali fruitori che nella gran maggioranza vivono con enorme compiacimento più il sentimento dell'essere che quello dell'apparire. In fondo quando abbiamo compiuto un'impresa per noi degna almeno di un barlume d'eternità ci sentiamo già appagati e abbastanza eterni da non sentire nemmeno la necessità di parlarne, non prima almeno di averne interamente stemperato il compiacimento al nostro interno in ogni nostra singola fibra muscolare e nervosa.

Perché a differenza di altre attività, il gesto dell'alpinismo lo percepiamo già intimamente eterno di per sé, e spesso non ci interessa nemmeno che se ne sappia troppo in giro.
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Messaggioda mcorobic » mer lug 28, 2010 14:55 pm

Credo che qualunque sia l'attività nella quale si prova l'orgoglio di una conquista, la categoria di fondo sia sempre la stessa: superare la dimensione del tempo puntando all'eternità; infatti ciò che non riusciremmo a sopportare sarebbe l'idea di non aver lasciato alcuna traccia del nostro passaggio in questo mondo, perché sarebbe come se fossimo vissuti invano


Suona male questo concetto, scusa, ma mi ricorda Giulio cesare che si faceva fare le statue per rimanere enterno, conscio che anche lui sarebbe morto prima o poi.
L'immortalità non è per nessuno e la presunzione di lasciare traccia di sè vale zero.
Mi sento molto piu affine agli sherpa ( non tutti ) che in cima non ci vanno perchè li stanno gli dei.
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Messaggioda n!z4th » mer lug 28, 2010 15:08 pm

gli sherpa ( non tutti ) che in cima non ci vanno perchè li stanno gli dei.


Ah sì?
credevo venissero pagati.
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Messaggioda mcorobic » mer lug 28, 2010 15:12 pm

vile denaro.
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Messaggioda n!z4th » mer lug 28, 2010 16:15 pm

mcorobic ha scritto:vile denaro.


:D
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Messaggioda Falco5x » mer lug 28, 2010 16:37 pm

mcorobic ha scritto:
Credo che qualunque sia l'attività nella quale si prova l'orgoglio di una conquista, la categoria di fondo sia sempre la stessa: superare la dimensione del tempo puntando all'eternità; infatti ciò che non riusciremmo a sopportare sarebbe l'idea di non aver lasciato alcuna traccia del nostro passaggio in questo mondo, perché sarebbe come se fossimo vissuti invano


Suona male questo concetto, scusa, ma mi ricorda Giulio cesare che si faceva fare le statue per rimanere enterno, conscio che anche lui sarebbe morto prima o poi.
L'immortalità non è per nessuno e la presunzione di lasciare traccia di sè vale zero.
Mi sento molto piu affine agli sherpa ( non tutti ) che in cima non ci vanno perchè li stanno gli dei.

Forse non hai colto il senso. Il discorso è generale. Dell'alpinismo parlo alla fine, e in quel caso l'eternità ha un altro significato.... ma leggi fino in fondo e capisci.
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Messaggioda mcorobic » mer lug 28, 2010 16:49 pm

... e che parli troppo forbito, io sono rimasto alle incisioni rupestri.
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