Mi limito a girare una lettera.
Che internet fosse una strumento potentemente rivoluzionario
e intrinsecamente liberale, già lo sapevamo: consente di
estendere al mondo i nostri pensieri, di confrontarli con
quelli degli altri, di comunicare a costi modesti e con una
potenza di diffusione fino a ieri incredibile.
Per quanto in Italia sia usato e quasi monopolizzato dalle
sinistre e negletto dalle forze del Polo, che sembrano
spesso credere che si tratti di una forma di televisione
povera, internet è e rimane una creatura sospetta ed
ambivalente per tutti coloro che hanno fissa in mente l'idea
che qualcuno deve pensare e decidere che cosa sia meglio per
noi, ed è comunque troppo incontrollabile e pericoloso
perché l'attuale governo possa pensare davvero di
inverstirci, avendo per giunta già a disposizione gran parte
della scuola e dell'editoria tradizionale.
Ma qui si va ben oltre, e non riusciamo a capire come sia
possibile che una trovata simile passi sotto silenzio, per
quanto sommersa nel bel mezzo delle normicine e dei
mercimoni legislativi che accompagnano i giorni convulsi di
una delle più pericolose finanziarie mai uscite dalla mente
nostri legislatori. Un decreto legge recentissimo - una
norma quindi già in vigore salvo conversione da parte del
Parlamento - recita:
Articolo 32 - (Riproduzione di articoli di riviste o
giornali)
1. All'articolo 65 della legge 22 aprile 1941, n. 633, dopo
il comma 1, è aggiunto il seguente:
"I soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la
riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o
giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per
le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura
di tale compenso e le modalità di riscossione sono
determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al
periodo precedente e le associazioni delle categorie
interessate. Sono escluse dalla corresponsione del compenso
le amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 dell'articolo
1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29". (Decreto
Legge 262 del 3 ottobre 2006)
Modificando la legge sul diritto d'autore, si stabilisce
dunque l'obbligo di un pagamento per la riproduzione di
articoli di attualità senza scopo di lucro, contrariamente a
quanto prevedeva la precedente formulazione sul diritto
d'autore che poneva come unico obbligo la citazione della
fonte e dell'autore. La norma, vagamente incomprensibile
perché non spiega se e come la Siae debba essere coinvolta
nella quantificazione e nell'esazione del nuovo balzello, e
perché sembra ignorare che se di diritti si deve parlare,
occorrerebbe anche tener conto dei diritti degli autori,
oltre che di quelli dell'editore, renderebbe - anzi rende -
in sostanza onerosa la creazione di qualsivoglia rassegna
stampa. Da quelle sui canali televisivi, a quella su Radio
Radicale - ma loro sono stati ampiamente locupletati da un
altro capitolo della Finanziaria - giù giù fino a Il Legno
Storto. Eppure le rassegne stampa sono sempre state
considerate una forma prestigiosa di pubblicità per l'autore
e per la fonte citata, e prolungano l'efficacia e la
leggibilità del pezzo nel tempo e nello spazio.
Questa vera e propria follia dovrebbe essere giustificata
dall'idea di recuperare qualche spicciolo in un momento in
cui per finanziare le spese più strane si è fatta frenetica
la gara a chi inventa nuovi cespiti: non è chiaro quanto ci
guadagni l'erario, ma altrimenti perché collegare tutto alla
Finanziaria?
È poi un provvedimento dalla difficile attuazione e dai
risultati certamente modesti sul piano delle entrate, che
rischia però di far morire in un sol colpo una parte dello
spirito e del senso di Internet, nel quale ci si è sempre
mossi con l'idea che la diffusione delle idee e delle opere
dell'intelletto dovesse essere sostanzialmente garantita
come precondizione per una democrazia moderna. E in fondo, a
ben vedere, forse è proprio per questo che il governo di
Prodi, nella sua opera di restaurazione, ha voluto colpire
anche Internet.
Dal canto nostro, continueremo a informare i nostri lettori
di quello che si pubblica di interessante sulla stampa
italiana e straniera, citando ovviamente autori e fonte:
verificheremo poi se il decreto vivrà abbastanza per avere
una serie di norme attuative, o se non verrà spazzato via
dalla ribellione che, immaginiamo, sarà forte e, speriamo,
bipartisan.
Fate circolare questo commento, anche lui potrebbe essere
utile per indurre il Parlamento a non convertire in legge
questo obbrobrio.
Il Legno Storto