La banalità dei grandi

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Re: La banalità dei grandi

Messaggioda Danilo » ven mar 18, 2016 0:36 am

VECCHIO
#haicristalizzatolepalle


(però non riesco a spiegarmelo che senza di te il forum prenderebbe una brutta piega)
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda wolf jak » ven mar 18, 2016 2:21 am

Danilo ha scritto:
wolf jak ha scritto:
il Duca ha scritto:Comunque interessante vedere che viaggio si è fatto questo topic 8)


alla fine si è parlato di "alpinismo", spero non ti spiaccia se ho un po' portato alla deriva il tuo topic :-"

A proposito, tu, non vuoi raccontarmi qualcosa? O:)

permettimi la mia indescrizione...ma tu sei un prete :?:
o sei uno studente di seminario :?:

mah...


Spero di non deluderti, ma né l'uno né l'altro, anche se non nego di aver ricevuto una solida istruzione cattolica
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda il Duca » ven mar 18, 2016 8:54 am

wolf jak ha scritto:alla fine si è parlato di "alpinismo", spero non ti spiaccia se ho un po' portato alla deriva il tuo topic :-"


Figurati, mi piace vedere le divagazioni dei discorsi. D'altronde ho studiato filosofia e lì capitava di partire dal culo di una compagna di banco per arrivare all'ermeneutica gadameriana.
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda il Duca » ven mar 18, 2016 9:01 am

wolf jak ha scritto:A proposito, tu, non vuoi raccontarmi qualcosa? O:)


Premesso che il mio grado massimo su roccia è pari a quello di riscaldo del Pippon Club, provo a rispondere anch'io alle tue domande

Il pensiero che possa schiattare in montagna mi viene soprattutto il giorno prima (ovviamente dipende poi da cosa vado a fare). Ho passato notti da solo in bivacco pensando continuamente (e dandomi anche del c******e): “domani alle prime luci del sole me ne vado a casa, fanculo alla montagna!”. Poi però il giorno dopo si saliva lo stesso, magari all'inizio solo per vedere com'è e poi via fino in cima. In questo senso avere un compagno di cordata, soprattutto se fidato, dà una certa sicurezza in più e fa pensare meno a certe cose; distrae da certe nefaste previsioni.
Però avere coscienza del concreto rischio di non tornare, aiuta a trovare la giusta concentrazione per fare quello che si deve fare, quindi un po' di paura è sacrosanta e serve.
A volte la coscienze di quello che si è rischiato arriva in modo più chiaro e lampante il giorno dopo, quando si ha una visione più empirica di quello che si è fatto. Così ad esempio mi è capitato dopo essere volato in un crepaccio, per la rottura di un ponte: il giorno dopo a casa tremavo come una foglia, mentre sul momento ero troppo occupato a trovare una soluzione.
Ecco, il pensiero della morte scompare quasi completamente mentre si sale, quando si è sul pezzo. Li si è concentrati su quello che si sta facendo, si è in una sorta di trance, tutto te stesso è occupato a fare quello che si sta facendo. Bellissimo.
E qui mi collego alla seconda domanda: l'accettazione del rischio è proporzionata alla grandezza della bellezza e del desiderio. Se il desiderio è potente sono disposto a rischiare, per entrare in quello stato di grazia che dicevo prima. Se il desiderio è basso, se me ne frega poco, la testa non accetterà mai alcun rischio.
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda @Colapesce » ven mar 18, 2016 10:29 am

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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda wolf jak » ven mar 18, 2016 10:49 am

Grazie del tuo contributo, molto interessante e su certe -tante- cose mi ritrovo

Mi interessa molto questo passaggio
il Duca ha scritto:l'accettazione del rischio è proporzionata alla grandezza della bellezza e del desiderio. Se il desiderio è potente sono disposto a rischiare, per entrare in quello stato di grazia che dicevo prima. Se il desiderio è basso, se me ne frega poco, la testa non accetterà mai alcun rischio.


perché mi sembra un efficace punto di vista sulla potenza delle passioni come impulso al nostro agire.

Ma come riconoscere una virtuosa spinta emotiva, capace di darci quel quid in grado di farci compiere l'impresa, da un eccesso di hybris che rischia di trasformarci in un moderno Icaro?

Scartando la risposta banale per cui sarebbe il successo o l'insuccesso a definire la scelta (e, in sostanza, anche sbagliata perché potrei essere stato incauto e può essermi andata bene), e dando altrettanto per scontato che il limite è diverso non solo per ciascuno, ma anche ogni giorno per ognuno di noi (panta rei si studiava a scuola), forse la risposta va ricercata in un atteggiamento mentale?

Alla fine anche gli alpinisti (e, quindi, l'alpinismo) si dividono in emotivi e razionali? O esiste una risposta valida per entrambi su quando saper riconoscere certi segnali e, quindi, rinunciare?

Di primo acchito direi che il limite potrebbe essere eguale per entrambi, eppure mi viene anche da pensare che, siccome questi due tipi attingono le proprie energie da fonti diverse, potrebbero anche avere limiti diversi...
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda VECCHIO » ven mar 18, 2016 10:51 am

Mi ricordo che "SETTIMO GRADO" era stato molto contestato "dall'autorità competente" (i brocchi e gli incapaci).
Ora che questi hanno preso tutti i ruoli importanti di controllo, insegnamento e sanzione non si parla più di quel libro.
Forse nemmeno si pensa di ristamparlo.
O come al solito sto facendo casino?
Io non lo trovo più in casa mia. :lol:

Vorrei commentate Il duca e il lupo: siamo tutti uomini e non siamo mai uguali, talvolta abbiamo qualcosa che ci accomuna per un po' di tempo......e ogni tanto quel qualcosa appare bellissimo, poi il tempo e chi ci seguirà deciderà il suo significato, questo vale sempre anche mentre viviamo, ma di sicuro scompariamo.
....ALPINISTA......NO GUIDA....... questa mi scombussola
Scalare con gli esperti del cai... son sempre dei grossi guai...... questa mi piace
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda @Colapesce » ven mar 18, 2016 11:14 am

“Il perché è una cosa schizofrenica. Noi andiamo là dove si potrebbe morire, per non morire. Chi non vuole morire non ci va in quei posti, mentre noi siamo disposti a fare una cosa del tutto schizofrenica.”


R.M.

:smt069
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda il Duca » ven mar 18, 2016 11:39 am

Secondo me è un po' manicheo dividere gli alpinisti in razionali ed emotivi, razionalmente l'alpinismo non regge, ma se fosse solo emotività non si campa mica tanto (andrebbe molto peggio di come già è).
Il rapporto tra razionalità ed emotività è però la chiave, sono d'accordo con te, ma secondo me sono presenti sempre entrambi. Però se l'emotività è forte (e questo dipende da molti fattori, anche dalla giornata sì o giornata no), allora si riesce ad accettare un rischio che la razionalità pone alto.

Io penso che sia importante valutare sempre razionalmente il rischio, poi però è nel rapporto tra razionalità ed emotività che si decide se accettarlo o no. E in questo trovo interessate che l'alpinismo è una bella bilancia per pesare l'intensità del proprio desiderio: in una società del subito ora, dover mettere alla prova il proprio desiderio è rivoluzionario, doversi chiedere se "l'oggetto" del proprio desiderio vale la fatica e il rischio che richiede.
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda scairanner » ven mar 18, 2016 12:37 pm

il Duca ha scritto:Secondo me è un po' manicheo dividere gli alpinisti in razionali ed emotivi, razionalmente l'alpinismo non regge, ma se fosse solo emotività non si campa mica tanto (andrebbe molto peggio di come già è).
Il rapporto tra razionalità ed emotività è però la chiave, sono d'accordo con te, ma secondo me sono presenti sempre entrambi. Però se l'emotività è forte (e questo dipende da molti fattori, anche dalla giornata sì o giornata no), allora si riesce ad accettare un rischio che la razionalità pone alto.

Io penso che sia importante valutare sempre razionalmente il rischio, poi però è nel rapporto tra razionalità ed emotività che si decide se accettarlo o no. E in questo trovo interessate che l'alpinismo è una bella bilancia per pesare l'intensità del proprio desiderio: in una società del subito ora, dover mettere alla prova il proprio desiderio è rivoluzionario, doversi chiedere se "l'oggetto" del proprio desiderio vale la fatica e il rischio che richiede.


Molto rapidamente, credo che un ruolo fondamentale in questo rapporto lo giochi l'età: a 20 anni hai una percezione diversa del tutto rispetto a quando ne hai 40
-Come sarà la scalata di Adam Ondra nel 2030?
-Arrampicherò di certo. Spero di non scalare peggio di quanto non faccia ora...


-meno internet, più cabernet
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda espo » ven mar 18, 2016 15:15 pm

scairanner ha scritto:
wolf jak ha scritto:
...

Finora, non mi ero fatto problemi ad andare in cordata da tre. Poi ho scoperto che un mio amico le evita accuratamente, perché i secondi sarebbero appesi a una corda sola, che in caso di eventuale caduta pietre/spigoli taglienti/vattelapesca sarebbe disastroso.

...



Quando sei in 3 hai 2 corde indipendenti, di solito.
Per il resto, solite cose già dette in altri topici: per quanto mi riguarda in tre ci si diverte di più e bestemmi di meno quando si aggroviglia la corda, e non è vero che perdi più tempo, dipende da chi sono quei 3.


la stra grande maggioranza delle vie dure che ho fatto le ho fatte in 3. mai avuto problemi. anzi. se devo fare una via dura preferisco di gran lunga farla in 3 al punto da non farla in 2 a volte. solitamente quando sono via in 3 con i miei amici si superano tutte le cordate da 2 o quasi.

se uno non è in grado di gestire il cambio sosta per alternarsi davanti in una cordata da 3 mettendoci lo stesso numero di secondi come se fosse in 2 vuol dire che è nel posto sbagliato con le persone sbagliate e doveva andare da un'altra parte. meglio se orizzontale. sono i fondamentali della costruzione della sosta e del modo di fare sicura in gioco. quindi la sicurezza stessa della cordata.

andare a studiare :mrgreen:
massimo

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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda espo » ven mar 18, 2016 15:20 pm

il Duca ha scritto:Forse sono io che sono di cattivo umore. Forse è il fatto che non mi è mai stato molto simpatico.
Ma perché Messner deve per forza dire la sua, anche quando dice banalità enormi?

http://montagna.tv/cms/86516/valanghe-m ... -himalaya/

Se ha bisogno di esprimersi a caso potrebbe sempre iscriversi al forum



messner che deve sopravvivere a se stesso non perde occasione per impedire alla gente di fare quello che lui ha fatto. siccome è famoso può permetterselo. ci saran state un migliaio di persone per una centinaio di gite, al ribasso, quel giorno sulle alpi aurine.

mi spiace che non si sia capito nell'articolo di gallo la provocazione, anche usando termini non corretti, e la voglia di libertà di andare.

forse è la mentalità da nomenclatura?
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda wolf jak » ven mar 18, 2016 15:50 pm

espo ha scritto:
scairanner ha scritto:
wolf jak ha scritto:
...

Finora, non mi ero fatto problemi ad andare in cordata da tre. Poi ho scoperto che un mio amico le evita accuratamente, perché i secondi sarebbero appesi a una corda sola, che in caso di eventuale caduta pietre/spigoli taglienti/vattelapesca sarebbe disastroso.

...



Quando sei in 3 hai 2 corde indipendenti, di solito.
Per il resto, solite cose già dette in altri topici: per quanto mi riguarda in tre ci si diverte di più e bestemmi di meno quando si aggroviglia la corda, e non è vero che perdi più tempo, dipende da chi sono quei 3.


la stra grande maggioranza delle vie dure che ho fatto le ho fatte in 3. mai avuto problemi. anzi. se devo fare una via dura preferisco di gran lunga farla in 3 al punto da non farla in 2 a volte. solitamente quando sono via in 3 con i miei amici si superano tutte le cordate da 2 o quasi.

se uno non è in grado di gestire il cambio sosta per alternarsi davanti in una cordata da 3 mettendoci lo stesso numero di secondi come se fosse in 2 vuol dire che è nel posto sbagliato con le persone sbagliate e doveva andare da un'altra parte. meglio se orizzontale. sono i fondamentali della costruzione della sosta e del modo di fare sicura in gioco. quindi la sicurezza stessa della cordata.

andare a studiare :mrgreen:


Premesso che forse non servirebbe neanche rispondere, ma ci casco e vediamo che succede

Dove leggi che io o il mio amico (o scai) non sappiamo alternarci al comando in una cordata da 3? E anche non lo sapessimo fare "mettendoci lo stesso numero di secondi come se fosse in 2", davvero questo sarebbe sufficiente per decretare che bisognerebbe dedicarsi ad una diversa attività? :?
mi pare che, a questo giro, supponi e sentenzi davvero un pochino troppo.

Perché non ci racconti invece del tuo approccio al rischio in montagna? :D mi pare di capire -da molti dei tuoi interventi- che tu possa avere un bagaglio di esperienze interessanti da condividere.

Per esempio, che ne pensi del fatto che, davanti agli stessi pericoli oggettivi, e a parità di allenamento fisico e mentale, impegni a casa ecc... due scalatori possano arrivare a una valutazione del rischio anche piuttosto differente?


Sinceramente, che tu sappia fare in maniera incredibilmente veloce il cambio al comando in cordata da tre, poco aggiunge alla discussione (l'esempio poi era sul pericolo intrinseco nell'affidare i secondi di cordata a una corda sola). E se superate -quasi- sempre le cordate da due, forse siete su terreni fin troppo facili per le vostre qualità. Che non c'è niente di male, perché scegliere una via solo per la difficoltà è limitante, però poi non è elegante fare gli splendidi sulla propria velocità in parete. Secondo me
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda espo » ven mar 18, 2016 15:55 pm

wolf jak ha scritto:Premesso che forse non servirebbe neanche rispondere, ma ci casco e vediamo che succede

Dove leggi che io o il mio amico (o scai) non sappiamo alternarci al comando in una cordata da 3? E anche non lo sapessimo fare "mettendoci lo stesso numero di secondi come se fosse in 2", davvero questo sarebbe sufficiente per decretare che bisognerebbe dedicarsi ad una diversa attività? :?
mi pare che, a questo giro, supponi e sentenzi davvero un pochino troppo.



era in qualche commento prima ho letto una casino di post uno dietro altro e poi ho risposto dicendo la mia sul andare in 3 e sul fatto che sia un casino per cambiare la sosta e che si è lenti.

non era rivolto a nessuno in particolare. meno che meno a scai :mrgreen: ma neanche a te.

cmq se vuoi capire il senso del discorso capiscilo. se vuoi leggere alla llettera le parole leggile alla lettera. :wink:
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda wolf jak » ven mar 18, 2016 15:57 pm

scairanner ha scritto:
il Duca ha scritto:Secondo me è un po' manicheo dividere gli alpinisti in razionali ed emotivi, razionalmente l'alpinismo non regge, ma se fosse solo emotività non si campa mica tanto (andrebbe molto peggio di come già è).
Il rapporto tra razionalità ed emotività è però la chiave, sono d'accordo con te, ma secondo me sono presenti sempre entrambi. Però se l'emotività è forte (e questo dipende da molti fattori, anche dalla giornata sì o giornata no), allora si riesce ad accettare un rischio che la razionalità pone alto.

Io penso che sia importante valutare sempre razionalmente il rischio, poi però è nel rapporto tra razionalità ed emotività che si decide se accettarlo o no. E in questo trovo interessate che l'alpinismo è una bella bilancia per pesare l'intensità del proprio desiderio: in una società del subito ora, dover mettere alla prova il proprio desiderio è rivoluzionario, doversi chiedere se "l'oggetto" del proprio desiderio vale la fatica e il rischio che richiede.


Molto rapidamente, credo che un ruolo fondamentale in questo rapporto lo giochi l'età: a 20 anni hai una percezione diversa del tutto rispetto a quando ne hai 40


Perdonami, devo essermi espresso male.
Non intendevo dividere gli alpinisti in due categorie, ma più che altro l'approccio alla scelta. Concordo con te che la natura umana è molto sfaccettata, per comodità ho definito razionale la scelta dove prevale tale fattore, ma sono stato impreciso e sbrigativo.
E concordo con VECCHIO sul fatto che tutti gli uomini siano diversi, ma che nel loro percorso possano trovarsi in assonanza e vivere qualcosa di molto bello.

Mi piace molto la tua riflessione sul fatto di mettere alla prova il proprio desiderio, specie in un'attività come questa dove c'è anche dietro (molto) impegno e preparazione.

Testardaggine, tracotanza, hybris da un lato, oppure ardimento, visione, audacia dall'altro... sono solo il costume del tempo e il sentire comune a stabilire il limite tra questi elementi, o c'è qualcosa di più?

Quando un rischio è troppo? (l'esempio di Bonatti che aggancia la corda tipo "bolas" su un fungo di neve viene spesso citato) EDIT: aggancio su speroni, grazie Spartaco, andavo a memoria, sbagliando

E' vero che non giova a nessuno stabilirlo, e ognuno è libero di fare -e deve fare- le proprie valutazioni...

Ma quando penso all'alpinismo, non posso fare a meno di pormi questi questiti, e vedo che non sono solo :wink:
Ultima modifica di wolf jak il ven mar 18, 2016 16:10 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda espo » ven mar 18, 2016 16:04 pm

scairanner ha scritto:Molto rapidamente, credo che un ruolo fondamentale in questo rapporto lo giochi l'età: a 20 anni hai una percezione diversa del tutto rispetto a quando ne hai 40


[/quote]

a 20 anni pensi solo a passare

a 40 pensi + che altro a ritornare

a 55 pensi solo a ritornare intero
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda Spartaco » ven mar 18, 2016 16:07 pm

wolf jak ha scritto: (l'esempio di Bonatti che aggancia la corda tipo "bolas" su un fungo di neve viene spesso citato)


ha sbagliato.forse.ha visto cliffhanger.
ascolta.si fa sera.
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda wolf jak » ven mar 18, 2016 16:09 pm

Spartaco ha scritto:
wolf jak ha scritto: (l'esempio di Bonatti che aggancia la corda tipo "bolas" su un fungo di neve viene spesso citato)


ha.sbagliato.forse.ha visto cliffhanger.


chiedo perdono. Petit-Dru, aggancio di bolas su speroni
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda espo » ven mar 18, 2016 16:09 pm

wolf jak ha scritto:
Perché non ci racconti invece del tuo approccio al rischio in montagna? :D mi pare di capire -da molti dei tuoi interventi- che tu possa avere un bagaglio di esperienze interessanti da condividere.

Per esempio, che ne pensi del fatto che, davanti agli stessi pericoli oggettivi, e a parità di allenamento fisico e mentale, impegni a casa ecc... due scalatori possano arrivare a una valutazione del rischio anche piuttosto differente?



l'approccio cambia ad ogni salita che fai. aumenta diminuisce resta costante. segue quello che fai quello che rischi e anche quello che non fai. segue quanto sei allenato motivato con chi sei... impossibile secondo me fare una media o dire un modus operandi. ognuno trova la sua risposta che vale per quel momento. spesso senza una ragione concreta.

cmq non esistono parità di allenamento fisico mentale e quanto altro fra 2 esseri umani. esiste solo una stessa o diversa motivazione.
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Re: La banalità dei grandi

Messaggioda espo » ven mar 18, 2016 16:10 pm

wolf jak ha scritto:
Spartaco ha scritto:
wolf jak ha scritto: (l'esempio di Bonatti che aggancia la corda tipo "bolas" su un fungo di neve viene spesso citato)


ha.sbagliato.forse.ha visto cliffhanger.


chiedo perdono. Petit-Dru, aggancio di bolas su speroni


grazie al c*** :mrgreen: o così o restava là per sempre... nn penso faccia statistica
massimo

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