grenoble ha scritto:PURTROPPO?!?!??!
Ci si lamenta della deforestazione e delle sue conseguenze e tu mi parli dell'espansione dei boschi come se fossero una piaga???
Prima c'erano i prati perche la gente lavorava la terra è un BENE che la natura si sia riresa i suoi spazi.
allora, tralasciando altri discorsi inter nos, ti rispondo in quanto la tua posizione è emblematica ed assai diffusa tra chi "ama la natura", ma è privo di alcune informazioni.
per cui ti esorto ad astrarti dal nick dello scrivente e premetto che concetti espressi in due righe, non possono essere motivati in modo esauriente.
come faceva presente er chiodo, attualmente in ambito dolomitico vi è una superficie forestale estremamente più ampia che a fine '800.
ma che bosco è?
una foresta vergine?
no.
è un "bosco coltivato" da duemila anni ed oltre.
la gestione boschiva delle comunità locali di un tempo (regole ecc...) e della repubblica veneta, hanno fatto sì che la struttura di questi boschi sia simile, sia tendente alla situazione primigenia, ma per forza di cose così non può essere.
unitamente a ciò aggiungici che attualmente per molte imprese del legno è economicamente vantaggioso acquistare dall'est europa.
conseguenza=> attualmente si taglia molto meno di quanto si dovrebbe da un pdv
colturale.
ne consegue che sovente abbiamo troppi alberi mal assortiti per classi diametriche o d'età, piante le cui radici sono spesso in toto anastomosizzate con le piate vicine, fattore positivo per certi aspetti, ma deleterio per altri.
così avviene che marciumi radicali (tipicamente da Armillaria sspp - i "chiodini" tanto buoni...) siano diffusi oltremodo.
come qualsiasi altra comunità di viventi, anche un bosco vive bene finchè le condizioni sono ottimali, ma nel momento stesso in cui si presenta un anomalo fattore di disturbo, tutti gli individui "deboli" subiscano un cospicua falcidie (come gli effetti delle epidemie di peste nell'europa del '600).
ecco che quindi che le "eccezionali" nevicate dello scorso inverno hanno cagionato una moltitudine di schianti di piante con l'apparato radicale troppo ridotto (eccessivo n° piante/ettaro) o mezzo marcio, nonchè di rotture di cimali.
bene
qual'è il problema?
la natura si autoregola.
si, ma torniamo all'origine del discorso: si autoregola in una condizione di foresta vergine.
però noi abitiamo nei pressi del bosco; ne cogliamo vantaggi diretti (massa legnosa derivante dai tagli, ecc...) ed indiretti (difesa del suolo, valore paesaggistico con relativi influssi turistico ricreativi che generano un certo reddito).
possiamo quindi abbandonare tutto lasciando alla libera evoluzione?
non pare proprio il caso.
teniamo inoltre conto che anche se il bosco fosse tutto "foresta vergine", saremmo noi in grado di viverci appresso nelle
attuali condizioni di sviluppo?
non credo.
per fare un esempio, una foresta di alta quota è strutturalmente coetanea; nel momento stesso in cui i suoi individui saranno senescenti, schianteranno tutti assieme in seguito ad un evento perturbante (vento, patogeni... più spesso la somma di più fattori) e ripartirà il ciclo della materia finche dopo molto tempo (secoli) riavremo un analogo bosco stramaturo in quella località.
ma siamo disposti, possiamo permetterci di avere ampie superfici forestali in tali condizioni?
i dinamismi naturali sono ovvii e "normali" dove esiste lo spazio perchè essi si manifestino, ma non in aree dove di fatto noi conviviamo con la natura.
e rifacendoci alle premesse, con una natura che è stata pesantemente modificata, guidata, coltivata dall'uomo per migliaia di anni.
e per concludere (...), tu dici "se il pascolo viene abbandonato, che il bosco se lo riprenda".
ed il bosco dagli anni'70 ad oggi lo ha fatto più che abbondantemente.
al punto che adesso è bene impedirglielo e salvaguardare i prati stabili ed i pascoli rimasti: da un pdv paesaggistico (evidente!) e naturalistico (molte sspp animali trovano cibo nel prato e non nel bosco!=> capriolo, coturnice, lepre...).