Personalmente non mi ritengo ne' eternamente insoddisfatto, ne' deluso, ne' scontento. La felicita' sono in questo momento presente mentre scrivo davanti al computer e lo sara' probabilmente tra dieci minuti in laboratorio. L'avventura non e' solo nelle montagne o nelle cascate ma nella vita ... anche e soprattutto quella quotidiana ...paolo75 ha scritto:Allora vorrei rilanciare: siamo etrni insoddisfatti, delusi, scontenti? voglio dire, chi è sereno e in pace con la vita, ha bisogno di metterla a repentaglio per poterla meglio apprezzare? chi è soddisfatto della realtà in cui si trova, sente la necessità di sfuggirla, per cercare altrove la propria felicità?
Purtroppo non ho mai letto "I falliti" di Moti, e spero di colmare al più presto questa lacuna, ma mi è sembrato di capire che egli tratti, nell'articolo, questi argomenti.
Mi sbaglio? Chi l'ha letto può dire se è così?
Che senso ha cercare il rischio e l'esposizione in montagna se poi non ci si mette in gioco nel quotidiano?
Ovviamente l'insoddisfazione temporanea fa parte della nostra umanita', e quando abbiamo fame mangiamo, quando abbiamo sete beviamo, e quando abbiamo bisogno di verticalita' andiamo a scalare ... ma son sicuro che se scalassi tutti i giorni avrei nostalgia del mio lavoro ...
Forse che abbiamo bisogno di una corrispondenza tra la verticalita' interiore e quella esteriore ...
Forse che il nostro bisogno atavico della scimmia di arrampicare si esprime attraverso la montagna ...
Forse che l'esposizione induce stati di coscienza che, liberando endorfine, ci producono piacere ...
Forse ... forse ... forse ...
Il discorso che fa Motti sui Falliti mi sembra che riguardi coloro che si rifugiano esclusivamente nell'alpinismo incapaci di relazionarsi e realizzarsi altrimenti. Che magari ognuno e' in qualche misura un po' fallito, nel proprio campo, lo e' ... chissa' ...
Ciao

Lorenzo