Masochismo alpino?

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Masochismo alpino?

Messaggioda Falco5x » gio ago 23, 2007 15:21 pm

"Grazie montagna, per avermi dato lezioni di vita, perché faticando ho imparato a gustare il riposo, perché sudando ho imparato ad apprezzare un sorso di acqua fresca, ......, perché solo, immerso nel tuo silenzio, mi sono visto allo specchio e spaventato ho ammesso il mio bisogno di verità ed amore, perché soffrendo ho assaporato il sapore della vetta percependo che le cose vere, quelle che portano la felicità, si ottengono solo con la fatica. E chi non sa soffrire mai potrà capire".

Il pistolotto di cui sopra faceva bella mostra di sé appeso all'interno di un bivacco.
Dopo averlo letto mi sono chiesto come percepisco io la presunta sofferenza che la montagna richiederebbe. Ma questa sofferenza confesso che non l'ho trovata, e me ne sono ampiamente compiacuto.
Io quando vado in montagna e riesco a fare poca fatica sono più contento, infatti mi alleno proprio per farne il meno possibile, e quindi godere di più.
Il mio godimento, dunque, non sta nel privarmi di un bene per poterlo meglio gustare, il mio piacere di salire, ad esempio, non risiede nel riposo che ne conseguirà, ma consiste invece nel gesto in sé, nel procedere con minor fatica possibile sentendo che la mia macchina corporea risponde al meglio, nel sudare il meno possibile per aver meno necessità di bere e quindi di fermarmi e di consumare la provvista, non per poter meglio gustare una bevuta!
La solitudine dei monti, poi, mi piace un sacco di per sé, non me la creo soltanto per amplificare un presunto bisogno d'amore o di verità che al momento percepisco superflui (ovviamente entro i limiti del fisiologico).
Insomma, questa pedagogia della fatica, della privazione, della sofferenza non la condivido proprio, nemmeno come metafora della vita, perché anche se volessi credere in questa simbiosi tra fatica e felicità, la realtà di tutti i giorni sarebbe sempre lì pronta a smentirmi.
Credo che la montagna sia bellissima e godibile di per sé, non perché induca pedagogiche sofferenze, e in genere credo che affermare di saper soffrire non abbia senso. La sofferenza infatti è qualcosa che, quando viene, capita purtroppo nostro malgrado, e non c'è verso che si riesca mai a impararla.
Insomma, mi chiedo, si tratta forse del solito masochismo di stampo clericale-ottocentesco che sopravvive ancora in certa cultura alpina e del quale mi hanno riempito la scatole fin dalla scuola elementare, oppure sono invece io che sto diventando acido e intollerante oltre misura?
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Messaggioda MacOnions » gio ago 23, 2007 15:39 pm

Quella cagata simil-epitaffio campeggia in molti rifugi, il peggiore male della montagna è la retorica, IMHO.

Cmq è bello quando a faticare sono gli altri per te. :twisted:
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Messaggioda Ricard » gio ago 23, 2007 16:25 pm

Le solite perversioni...non capisco perchè le mettano nei rifugi con tutti i siti sadomaso che si trovano sulla rete... :roll:
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Messaggioda Roberto » gio ago 23, 2007 17:22 pm

Va beh, quella è sfacciata retorica, ma io un mazzo tanto in montagna me lo faccio sempre e un po masochista mi sento.
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Re: Masochismo alpino?

Messaggioda Andrea Orlini » gio ago 23, 2007 18:07 pm

Falco5x ha scritto:"Grazie montagna, per avermi dato lezioni di vita, perché faticando ho imparato a gustare il riposo, perché sudando ho imparato ad apprezzare un sorso di acqua fresca, ......, perché solo, immerso nel tuo silenzio, mi sono visto allo specchio e spaventato ho ammesso il mio bisogno di verità ed amore, perché soffrendo ho assaporato il sapore della vetta percependo che le cose vere, quelle che portano la felicità, si ottengono solo con la fatica. E chi non sa soffrire mai potrà capire".


Sarà anche prosaico ma... sinceramente, e personalmente, non trovo nulla di sbagliato in questa frase.
Sudare per raggiungere qualcosa, sia essa una salita in montagna o nella vita quotidiana, ti rende l'idea del valore che acquisti. Oppure accettiamo che possiamo/dobbiamo avere il "tutto facile" con le conseguenze che vediamo tutti i giorni.
E perché, l'allenamento per potere salire senza fatica non è fatica egli stesso?
Bere a un ruscello, dopo che hai patito una sete boia, e che magari lo hai cercato dove sapevi fosse, ebbene, quest'acqua ha lo stesso sapore di quello della bottiglia del supermercato?
Non credo che la montagna induca a sofferenze pedagogiche; la fatica, in montagna, ma come anche nel ns vivere comune, è parte di essa.
Mio figlio di sette anni si è accorto di quanto parsimoniosi si debba essere nell'usare la legna, specie in inverno, per scaldarsi, solo perchè ha provato sulla sua pelle quanta fatica si faccia a fare legnatico. Ma non per questo è triste quando si va in montagna...
Sarà anche una frase di stampo retorico ma, forse c'è più di qualcuno che forse la vede, e non ancora, così. Per i diversi da noi bisogna per forza diventare acidi?
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Messaggioda tommy~ » gio ago 23, 2007 18:41 pm

Quindi chi abita in montagna e non fa fatica ad arrivarci dovrebbe aver meno soddisfazione di uno che parte dalla pianura padana?

Tanto vale andar in palestra no?
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Re: Masochismo alpino?

Messaggioda klicchete » gio ago 23, 2007 18:43 pm

Andrea Orlini ha scritto:
Falco5x ha scritto:"Grazie montagna, per avermi dato lezioni di vita, perché faticando ho imparato a gustare il riposo, perché sudando ho imparato ad apprezzare un sorso di acqua fresca, ......, perché solo, immerso nel tuo silenzio, mi sono visto allo specchio e spaventato ho ammesso il mio bisogno di verità ed amore, perché soffrendo ho assaporato il sapore della vetta percependo che le cose vere, quelle che portano la felicità, si ottengono solo con la fatica. E chi non sa soffrire mai potrà capire".


Sarà anche prosaico ma... sinceramente, e personalmente, non trovo nulla di sbagliato in questa frase.
Sudare per raggiungere qualcosa, sia essa una salita in montagna o nella vita quotidiana, ti rende l'idea del valore che acquisti. Oppure accettiamo che possiamo/dobbiamo avere il "tutto facile" con le conseguenze che vediamo tutti i giorni.
E perché, l'allenamento per potere salire senza fatica non è fatica egli stesso?
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nel tesserrino cai ci sta scritto: La montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte. Guido Rey

Io penso che tutto quello che la montagna scaturisce nell'uomo sia intimo e personale. e perciò, diverso. Io apprezzo tutti e due questi messaggi proprio perchè la fatica la sento eccome, come dopo il godimento nel riposo. E poi forse mi capita spesso di perdere il valore delle piccole cose e di ritrovarmi ad annoiarmi senza saper cogliere le magie e le piccolezze di ogni giorno...un messaggio vuole essere un messaggio, un tentativo di esprimere una sensazione. per me ci sono riusciti, e bene anche.
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Messaggioda Roberto » gio ago 23, 2007 18:53 pm

La parola "masochista" mi viene in mente spesso, mentre sono impegnato in una salita dove fatico come un somaro, rischio di farmi male e senza sapere neppure bene il perché lo faccio.
Certo, non è vero masochismo, non godo affatto nel faticare (anzi), ma è innegabile che per questa passione si fanno delle cosa insolite, direi inspiegabili dal punto di vista impegno=risultato.
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Re: Masochismo alpino?

Messaggioda Falco5x » gio ago 23, 2007 18:58 pm

Andrea Orlini ha scritto:
Falco5x ha scritto:"Grazie montagna, per avermi dato lezioni di vita, perché faticando ho imparato a gustare il riposo, perché sudando ho imparato ad apprezzare un sorso di acqua fresca, ......, perché solo, immerso nel tuo silenzio, mi sono visto allo specchio e spaventato ho ammesso il mio bisogno di verità ed amore, perché soffrendo ho assaporato il sapore della vetta percependo che le cose vere, quelle che portano la felicità, si ottengono solo con la fatica. E chi non sa soffrire mai potrà capire".


Sarà anche prosaico ma... sinceramente, e personalmente, non trovo nulla di sbagliato in questa frase.
Sudare per raggiungere qualcosa, sia essa una salita in montagna o nella vita quotidiana, ti rende l'idea del valore che acquisti. Oppure accettiamo che possiamo/dobbiamo avere il "tutto facile" con le conseguenze che vediamo tutti i giorni.
E perché, l'allenamento per potere salire senza fatica non è fatica egli stesso?
Bere a un ruscello, dopo che hai patito una sete boia, e che magari lo hai cercato dove sapevi fosse, ebbene, quest'acqua ha lo stesso sapore di quello della bottiglia del supermercato?
Non credo che la montagna induca a sofferenze pedagogiche; la fatica, in montagna, ma come anche nel ns vivere comune, è parte di essa.
Mio figlio di sette anni si è accorto di quanto parsimoniosi si debba essere nell'usare la legna, specie in inverno, per scaldarsi, solo perchè ha provato sulla sua pelle quanta fatica si faccia a fare legnatico. Ma non per questo è triste quando si va in montagna...
Sarà anche una frase di stampo retorico ma, forse c'è più di qualcuno che forse la vede, e non ancora, così. Per i diversi da noi bisogna per forza diventare acidi?
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Andrea, questa tua risposta un po' controcorrente mi induce a una meditazione ulteriore.
Obiettivamente questo pistolotto appare un po' stomachevole, non puoi negarlo, anche se per certi versi concordo con te che, all'atto pratico, oggi la cultura del "tutto subito e facile" produce danni forse maggiori del masochismo impegnato quale traspare dalle alate parole di questo epitaffio.
Quello che non riesco a digerire è che la sofferenza debba per forza essere considerata addirittura utile e desiderabile, come se fosse un valore in sé. Se mi dici che la fatica è connaturata con varie attività umane e montane posso anche essere d'accordo, però non per questo credo che dobbiamo elevare a sistema la sofferenza come una maestra di vita. Continuo a credere che se potessimo evitare la sofferenza faremmo ben volentieri a meno di tale arcigna maestra (anche se è ben vero, come dice Roberto tra il serio e il faceto, che gli alpinisti un po' in odore di masochismo lo sono!). Vedo un po' troppo compiacimento in quelle parole, insomma. A leggerle pare che il bello dell'andare in montagna sia privarsi del bene per poi goderne più intensamente. Io dico invece che il bello dovrebbe trovarsi esattamente in ciò che si fa, passo dopo passo, appiglio dopo appiglio.
Il bello del camminare è il cammino stesso, non la meta, il bello dell'arrampicata è l'arrampicare, non la vetta. Se uno non godesse di questi gesti ma li facesse in vista d'altro, se per procurarsi un minuto di paradiso nel dissetarsi si sottoponesse scientemente a una sete terribile per ore, se per riposare paradisiacamente un'ora si sobbarcasse una pena disumana per dodici ore, avrebbe cannato di brutto il bilancio costi/benefici. Non vedrei niente di educativo in ciò.
Credo che l'ideale sia riuscire ad assaporare ogni minuto della nostra vita, senza finalizzarlo necessariamente a un bene successivo.
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Messaggioda davi » gio ago 23, 2007 19:16 pm

mi inducete a una meditazione ulteriore: io non capisco che bisogno ci sia di fare tutta questa fatica quando si può benissimo prendere una bella seggiovia o sfogliare riviste :?
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Messaggioda MacOnions » gio ago 23, 2007 19:31 pm

Mah, che si faccia fatica è un conto, che ci piaccia par strano ... però dai non facciamola più grossa di quello che è.
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Messaggioda davi » gio ago 23, 2007 19:33 pm

queste risposte un po' controcorrente mi inducono a una meditazione ulteriore
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Messaggioda n!z4th » gio ago 23, 2007 19:44 pm

Che nella fatica trovo piacere...no...

Ma che noi andiamo a cercare la fatica...questa si :!:

8)
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Re: Masochismo alpino?

Messaggioda davi » gio ago 23, 2007 19:58 pm

Falco5x ha scritto: si tratta forse del solito masochismo di stampo clericale-ottocentesco che sopravvive ancora in certa cultura alpina e del quale mi hanno riempito la scatole fin dalla scuola elementare, oppure sono invece io che sto diventando acido e intollerante oltre misura?
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la prima che hai detto. Non è un caso che nei campeggi parrocchiali la gita in montagna sia un ingrediente fondamentale quanto temuto dai poveri educandi . Non è un caso che la cultura clericale abbia un rapporto privilegiato con la montagna.
Non è un caso che MONTAGNA - CHIESA - DESTRA siano storicamente molto amiche fra loro.
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Re: Masochismo alpino?

Messaggioda MacOnions » gio ago 23, 2007 21:39 pm

davi ha scritto: Non è un caso che MONTAGNA - CHIESA - DESTRA siano storicamente molto amiche fra loro.


rotfl!
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Messaggioda davi » gio ago 23, 2007 21:47 pm

ma guardate in basso che razza di siti consiglia google :roll:

http://www.bjnewlife.org/italian.html?g ... Xgod6XzpOw
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Messaggioda n!z4th » gio ago 23, 2007 23:27 pm

davi ha scritto:ma guardate in basso che razza di siti consiglia google :roll:

http://www.bjnewlife.org/italian.html?g ... Xgod6XzpOw


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Re: Masochismo alpino?

Messaggioda lucasignorelli » gio ago 23, 2007 23:32 pm

Andrea Orlini ha scritto:
Falco5x ha scritto:"Grazie montagna, per avermi dato lezioni di vita, perché faticando ho imparato a gustare il riposo, perché sudando ho imparato ad apprezzare un sorso di acqua fresca, ......, perché solo, immerso nel tuo silenzio, mi sono visto allo specchio e spaventato ho ammesso il mio bisogno di verità ed amore, perché soffrendo ho assaporato il sapore della vetta percependo che le cose vere, quelle che portano la felicità, si ottengono solo con la fatica. E chi non sa soffrire mai potrà capire".


Sarà anche prosaico ma... sinceramente, e personalmente, non trovo nulla di sbagliato in questa frase.


La frase è sicuramente un po' retorica, ma è anche retorica - di segno opposto, ma sempre retorica - quella del divertimento a tutti i costi, in cui se qualcosa non è immediatamente "piacevole", se non è supinamente adattato ad un canone consumista e un po' alienante di "plaisir", allora è strano, pericoloso, "masochista" e chissà a quali derive ideologiche porta... in altre parole, la montagna deve essere come la spiaggia, altrimenti è troppo montagna, e questo è male.

A me sta cosa dell'"alpinismo di sofferenza" (soprattutto detto con un po' di puzza sotto il naso da qualche climber) mia sempre fatto un po' ridere. Milleduecento metri di dislivello e due bivacchi non sono "sofferenza". Sì, fatica, sì, tensione, sì, qualche volta paura, ma la sofferenza è un'altra cosa. Tre mesi di ospedale ad assistere un figlio malato sono "sofferenza"; un ciclo di chemioterapia è "sofferenza"; le indegnità a cui costringe la vecchiaia sono "sofferenza". Andare in montagna è spesso faticoso, ma in ultima analisi è divertente (e se non ti diverti, che ci vai a fare?).

(ed è vero, non c'è niente di veramente bello che non si ottenga faticando almeno un po')

Su questo tema, l'ultima parola l'ha detto una grande uomo e grande scrittore mio concittadino, il signor Primo Levi. Levi (che di sicuro la sofferenza vera aveva imparato a conoscerla!) . Se andate a vedere il suo libro "Conversazioni" (che raccoglie più o meno tutte le interviste da lui concesse) troverete anche quella che fece con "La Rivista della Montagna" nel 1982, in cui parlò con del suo rapporto con l'alpinismo, e del tema "montagna come scuola di vita". Molto illuminante, credetemi, una lettura obbligatoria.

(Per inciso, in realtà la frase citata all'inizio ha qualcosa di sbagliato, perchè sembra voler implicare che il silenzio - per esempio - porti sempre a voler "sentire il bisogno di verità e amore", cosa non sempre vera - il silenzio può portare a volere altro silenzio.)
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Messaggioda roby1984 » gio ago 23, 2007 23:59 pm

"Punisci il tuo corpo per rendere perfetta la tua anima."
- Mark Twight

... e ancora, dal sito della "palestra" che ha aperto ora:

"Gym Jones is not a cozy place. There's no AC, no comfortable spot to sit and there are no mirrors. Stressors are intentionally designed to cause discomfort and apprehension. Effort and pain may not be avoided. Physical and psychological breakdowns occur. The support of a like-minded group, dedicated to The Art of Suffering, provides a safety net."
- Mark Twight

:)
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Messaggioda lucasignorelli » ven ago 24, 2007 0:03 am

roby1984 ha scritto:"Punisci il tuo corpo per rendere perfetta la tua anima."
- Mark Twight


Sì, ma quella è di nuovo retorica, questa volta in perfetto stile americano - tutto deve essere "estremo", altrimenti è come se non esistesse... con tutta la simpatia per Twight, che aveva dei gusti musicali eccellenti, preferisco ancora l'ironia e l'understatement inglese, quello di Saunders, Fowler, Venables... che poi "soffrono" pure quelli, ma sembra sempre che si divertano!
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