da grizzly » mar set 11, 2007 14:53 pm
da Roberto » mar set 11, 2007 17:49 pm
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da il.bruno » mar set 11, 2007 17:50 pm
la stampa ha scritto: 11/9/2007 (7:59) - REPORTAGE
L'eroe riemerso dal passato
Il Monte Rosa restituisce resti di 50 anni fa, forse appartengono al leggendario Zapparoli
TERESIO VALSESIA
MACUGNAGA (Verbania)
A chi appartengono i resti trovati domenica sul ghiacciaio di Macugnaga da un escursionista alla ricerca di cristalli? Un indizio porta a un nome illustre nel mondo degli scalatori di mezzo secolo fa: Ettore Zapparoli. Si tratta di un fazzoletto bianco, finemente ricamato, rinvenuto accanto a un mucchietto di ossa e a brandelli di vestiti. Nessun altro segno di riconoscimento, nonostante le minuziose ricerche scavando nel ghiaccio, da parte del brigadiere Francesco Galeandro dei carabinieri di Macugnaga insieme ai finanzieri e al capo del soccorso alpino del Club alpino italiano, Fulvio Pirazzi.
Oltre agli abiti c?era un moschettone di vecchio stampo ovale, utilizzato nel dopoguerra, fino agli anni ?60. Questo elemento è servito a scremare le ipotesi che altrimenti avrebbero investito un arco di tempo più vasto, coinvolgendo una decina di alpinisti precipitati sulla Est del Rosa e mai più ritrovati.
Il quadro per l?identificazione si restringe quindi agli anni ?40-?50 e le vittime soltanto a quattro: Zapparoli, scomparso nell?estate del 1951, Angelo Vanelli e Sergio Ferrario di Legnano, caduti sulla Dufour nel 1957, e Gildo Burgener di Macugnaga, precipitato l?anno seguente. Vanelli e Burgener erano guide alpine, ma i frammenti di maglione rinvenuti ora sono verdi, quindi escludono una loro attribuzione perché indossavano il tradizionale maglione rosso.
Resta quel vezzoso fazzoletto ricamato che potrebbe deporre a favore di Ettore Zapparoli, musicista e scrittore, idealista e romantico, definito «il vero scalatore solitario». In un ventennio ha tracciato importanti vie sulla Est del Rosa facendo rivivere le sue avventurose imprese in due romanzi autobiografici («Blu Nord» e «Il silenzio ha le mani aperte») che ebbero notorietà solo dopo la sua morte. Nel 1934 sale al colle Gnifetti, nella parte più aspra e pericolosa della Est; nel ?37 apre una nuova via alla Nordend (la «cresta del Poeta») che dedicò al suo amico Guido Rey. Il 17 e il 18 settembre 1948 traccia l'ennesima via alla parete, ancora sulla Nordend e questa volta a destra della Cresta del Poeta: il «canalone della solitudine».
Il 18 agosto 1951, al pastore dell?alpe Fillar che gli chiedeva dove fosse diretto rispose: «Vado a morire sul mio Rosa». Una tragedia annunciata? Il custode del rifugio Zamboni-Zappa, Zaverio Lagger, vecchio lupo di montagna, seguì casualmente con il binocolo un punto nero nel cuore della parete del Rosa, fin sotto la Punta Zumstein. Poi rimase solo lo scivolo nudo del ghiaccio, fra un dedalo di seracchi.
Le guide di Macugnaga l?hanno cercato per più giorni. Fra loro il parroco don Sisto Bighiani, guida anche lui e suo grande amico. Dino Buzzati gli dedicò un commovente elzeviro sul Corriere della Sera, che è un testo da antologia della letteratura alpina. Per ricordarlo è stato attribuito il suo nome alla cresta centrale della parete est mentre sopra il pianoro della Pedriola gli è stata eretta una cappelletta. Sin quando ha potuto, vi andava anche la madre, Anita Nuvolari, che ha voluto essere sepolta nel cimitero di Macugnaga. Non c?erano altri congiunti stretti. Ma ora la possibile individuazione di eventuali parenti a Mantova (città natale di Zapparoli) potrebbe permettere un confronto del Dna con i resti biologici venuti alla luce e accertarne scientificamente l?attribuzione.
Il ghiacciaio di Macugnaga è molto poco generoso. L?ultimo caso clamoroso fu quello della guida di Valtournenche Casimiro Bich, precipitato nel 1925 dal Colle Gnifetti, a 4400 metri di quota. I suoi resti sono affiorati a distanza di quarantasei anni, a 2000 metri, dopo aver percorso cinque chilometri ibernato nel ghiaccio. Li ha rinvenuti un?altra guida, Luciano Bettineschi di Macugnaga, insieme al distintivo di guida che ne permise l?attribuzione inequivocabile.
Di Zapparoli, in oltre mezzo secolo, il ghiacciaio non ha reso più nulla. Ora ci sono questo mucchietto di ossa e di abiti sfilacciati, e un moschettone e un fazzoletto che attendono un?identificazione. Ma forse lui avrebbe preferito che il Monte Rosa conservasse il segreto integrale.
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