Il lungo addio

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Il lungo addio

Messaggioda gug » lun giu 01, 2015 22:12 pm

In pochi giorni su FB mi sono imbattuto in due belle riflessioni sullo stesso tema, anche se completamente antitetiche.
La prima è dell'irriducibile Roberto, che esprimeva la pulsione che continua a provare per il mettersi in gioco in montagna.
La seconda invece è un bellissimo post di Stefano Lovison su FB che esprime invece un sentimento antitetico e cioè quello di vedere la determinazione che serve ad affrontare certe attività in montagna che piano piano si affievolisce.
Sono entrambe bellissime espressioni di due atteggiamenti diversi su cui si potrebbe molto riflettere e ho voluto riportarle sul blog che ho aperto proprio con lo scopo di mettere maggiormente in risalto pensieri e racconti, miei e di altri, dato che spesso sui forum e sui social ne trovo di bellissime che però poi si perdono.
La prima la trovate qui: https://traguardieffimeri.wordpress.com/2015/05/21/vado/
La seconda invece qui: https://traguardieffimeri.wordpress.com/2015/06/01/il-lungo-addio/
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Re: Il lungo addio

Messaggioda PIEDENERO » mar giu 02, 2015 17:03 pm

bravo gug, hai postato un argomento interessante con due punti di vista diversi e chiari.
dicevo interessante per chi ha una certa età ed un po di km di verticale, riflessioni da vecchi.
mi ha sempre incuriosito chi ha praticato un' attività totalizzante come l' arrampicata e poi ha smesso di colpo per fare altro.
io non appartengo a quella categoria e almeno per ora non riuscirei a rinunciare a certe stati d'animo a certi "odori" unici ed inebrianti . magari riduco gli obiettivi ma non riuscirei a privarmi del piacere di una bella gita scalatoria.
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Re: Il lungo addio

Messaggioda Roberto » mar giu 02, 2015 19:20 pm

In realtà, sotto sotto, se si legge trale righe, le due riflessioni sono antitetiche solo esteriormente.
Il "Vado" di Iannilli, che conosco personalmente e mi confida tutto, è una questione di compulsione, di necessita che fa virtù. In realtà, il poveretto se ne starebbe comodamente a casa a falciare l' erba del prato ma non ne può fare a meno, è dipendente da certe emozioni indipendentemente dalla vera voglia di averle.
Stefano Lovison, più concreto e saggio, comprende i tempi ed i modi e si adegua. Che poi in realtà sono sicuro che anche lui continua ad "andare", soltanto che va più rilassato, per puro gusto e non per dipendenza.
E' il confronto tra chi si costringe a vivere e chi sa vivere.
Il primo "va", nonostante non ne abbia più tanta voglia (per inerzia, appunto), il secondo dice che tira i remi a bordo ma poi prosegue, soltanto in modo umano, divertito, saggio.
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Re: Il lungo addio

Messaggioda gug » mar giu 02, 2015 22:46 pm

Roberto ha scritto:In realtà, sotto sotto, se si legge trale righe, le due riflessioni sono antitetiche solo esteriormente.
Il "Vado" di Iannilli, che conosco personalmente e mi confida tutto, è una questione di compulsione, di necessita che fa virtù. In realtà, il poveretto se ne starebbe comodamente a casa a falciare l' erba del prato ma non ne può fare a meno, è dipendente da certe emozioni indipendentemente dalla vera voglia di averle.
Stefano Lovison, più concreto e saggio, comprende i tempi ed i modi e si adegua. Che poi in realtà sono sicuro che anche lui continua ad "andare", soltanto che va più rilassato, per puro gusto e non per dipendenza.
E' il confronto tra chi si costringe a vivere e chi sa vivere.
Il primo "va", nonostante non ne abbia più tanta voglia (per inerzia, appunto), il secondo dice che tira i remi a bordo ma poi prosegue, soltanto in modo umano, divertito, saggio.


E' vero, si può leggere benissimo sotto questo punto di vista e allora i due atteggiamenti diventano più due reazioni differenti a uno stesso stato d'animo, piuttosto che due approcci diversi.

Io ancora non mi ritrovo nella malinconica consapevolezza di Stefano, forse mi manca qualche anno per arrivarci, o forse semplicemente il mio approccio con la montagna è sempre stato diverso da quello descritto sia da Stefano che da Roberto. Mi sembra che entrambi hanno sempre più cercato l'ingaggio, mentre io mi rendo sempre più conto che l'ingaggio quando c'è stato l'ho sempre subito e non sono mai andato a cercarlo con predeterminazione.
Ho sempre cercato di praticare l'attività in montagna con un discreto margine, come in fondo tanti altri, e forse questo margine è sempre stato troppo e non mi ha consentito di fare vie che forse avrei potuto tentare. Non dico di non aver fatto belle vie in montagna, anche classiche e famose, ma le ho fatte perché ho aumentato il mio livello, ma non ho mai seriamente cercato di andare più vicino al limite, forse proprio per evitare l'ingaggio troppo alto.
Ho sempre tratto soddisfazione dal rendermi conto che su una via che avevo prima temuto e desiderato mi trovassi a mio agio, che fossi in grado di tenere la situazione sotto controllo, piuttosto che invece sentire di essere su quella linea sottile del rischio calcolato.

Tutto questo pippozzo per dire che forse è questo che fa si che Stefano e Roberto reagiscano in maniera quasi di rifiuto per l'attività che hanno praticato molti anni, quando invece forse per me, e per tanti alpinisti normali come me, è più facile andare avanti, anche fino a età molto avanzate, senza sentire questo sentimento.
O forse io ho sempre amato "collezionare" le vie classiche e famose, per riandarci con il ricordo, per riassaporare a posteriori l'emozione di esserci stati e ora ancora di più per rivedersi la sequenza fotografica (per questo faccio tante foto) e questo gusto continuerò ad averlo, magari aumentando il margine. Invece se il motore è l'ingaggio, questa emozione è molto forte, ma anche molto logorante e può dar luogo a questi stati d'animo descritti così bene dai nostri due amici.
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Re: Il lungo addio

Messaggioda gug » mer giu 03, 2015 10:14 am

PIEDENERO ha scritto:mi ha sempre incuriosito chi ha praticato un' attività totalizzante come l' arrampicata e poi ha smesso di colpo per fare altro.
io non appartengo a quella categoria e almeno per ora non riuscirei a rinunciare a certe stati d'animo a certi "odori" unici ed inebrianti . magari riduco gli obiettivi ma non riuscirei a privarmi del piacere di una bella gita scalatoria.


Non so, mi sembra invece che soprattutto per le attività alpinistiche valga invece il contrario: è molto difficile vedere qualcuno che smette e invece si vedono moltissimi continuare a praticare (anche con buoni risultati) anche in età avanzata.
Forse è perché si tratta di attività a basso impatto fisico o perlomeno che si possono praticare rallentando più di altre, o forse perché sono più totalizzanti come dici tu. Ne avevo scritto qui: https://traguardieffimeri.wordpress.com ... essionati/
Però rimane il fatto che per quanto riguarda la ricerca del limite e dell'ingaggio le cose invece cambiano come abbiamo letto nelle due riflessioni citate
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Re: Il lungo addio

Messaggioda funkazzista » mer giu 03, 2015 11:39 am

PIEDENERO ha scritto:mi ha sempre incuriosito chi ha praticato un' attività totalizzante come l' arrampicata e poi ha smesso di colpo per fare altro.

"Quand on a chassé le lion, le lapin c'est petit…", diceva il pragmatico Greco.
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Re: Il lungo addio

Messaggioda Lc » mer giu 03, 2015 11:56 am

funkazzista ha scritto:
PIEDENERO ha scritto:mi ha sempre incuriosito chi ha praticato un' attività totalizzante come l' arrampicata e poi ha smesso di colpo per fare altro.

"Quand on a chassé le lion, le lapin c'est petit…", diceva il pragmatico Greco.


bof, ci sono un sacco di attivita' che sono facilmente sostituibili all'arrampicata come 'emozioni provate': penso a montain bike, windsurf/kitesurf, scialpinismo... per citare solo quelle che pratico o ho praticato.
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Re: Il lungo addio

Messaggioda batman » mer giu 03, 2015 12:12 pm

funkazzista ha scritto:
PIEDENERO ha scritto:mi ha sempre incuriosito chi ha praticato un' attività totalizzante come l' arrampicata e poi ha smesso di colpo per fare altro.

"Quand on a chassé le lion, le lapin c'est petit…", diceva il pragmatico Greco.


Dipende se, quando cacciavi il leone, quello che ti interessava di più era il leone o la caccia...

A me piace la caccia. Tanto, di leoni ne ho sempre presi pochini. E c'è pieno in giro di bellissimi conigli.

E mi chiedo spesso (anche se è scontato che ciascuno fa quello che gli pare, e chi son io per dare giudizi) cosa c'è dietro la "passione per la montagna" di quelli che dicono "quando non sarò più in grado di fare la sud del Fou smetto".
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Re: Il lungo addio

Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » mer giu 03, 2015 12:19 pm

Considerazioni di un pippon, che ha cominciato a scalare in età piuttosto avanzata.

Innanzitutto, penso che l'aspetto dell'ingaggio sia presente per tutti: se uno vuole solo godersi la natura e la bellezza della montagna, cammina per sentieri. Arrampicata e alpinismo hanno sempre una componente di sfida e confronto con il limite.
Detto questo, c'è un'ampia variabilità nel declinare questo confronto. Io personalmente mi diverto quando arrampico su difficoltà sotto il mio limite, in modo tale che non sento ghisa, non mi preoccupa la corda sotto e riesco a salire in modo fluido muovendomi con tranquillità: per me la soddisfazione sta nel vedere che riesco a sentirmi a mio agio su difficoltà dove una volta avrei avuto problemi a salire.
Per mia moglie per esempio è molto diverso, lei sente sempre il bisogno di alzare l'asticella (spesso la prendo in giro dicendo che se non sente il sibilo della signora con la falce non si diverte): questo naturalmente è funzionale per alzare il livello, anche se evidentemente espone a qualche rischio in più.

Non c'è un modo giusto o uno sbagliato, siamo tutti fatti in modo diverso e ognuno trova i suoi equilibri. Poi c'è chi realizza grandi cose da giovane, a un certo punto si rende conto che più di così non potrà mai fare, e decide di cercare nuovi terreni di gioco; e chi continua a godersi la montagna nei decenni adattando gli obiettivi alle proprie possibilità fisiche. L'importante a mio avviso è essere consapevoli: delle proprie capacità, dei rischi che si vogliono o non si vogliono correre, e di quello che il nostro fisico ci permette di fare - anche in relazione al tempo che passa.

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Re: Il lungo addio

Messaggioda Roberto » mer giu 03, 2015 13:39 pm

Personalmente sono consapevole fino in fondo del mio essere uomo qualunque, perso nella moltitudine di qualunquomini. E' l' alpinismo che mi fa sentire, sembrare meno qualunque, più unico e irripetibile.
Poi lo so benissimo che non è vero, ma quando sto lassù, appiccato sopra il sentiero ed osservo scorrere gli altri, i caciaroni della domenica al rifugio, non posso fare a meno di percepire qualche cosa di speciale in me.
Tutta illusione, tutto sogno, ma in quel momento mi pare di avere davvero qualche cosa.
Ecco, appunto, quando arrivi ad una certa età fai farica ad ammetere che è passato, che devi ritirare i remi in barca, almeno io, e quindi "vado", nonostante vado ... e "speriamo che io me la cavo" 8) :mrgreen:
Ultima modifica di Roberto il mer giu 03, 2015 13:45 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: Il lungo addio

Messaggioda Roberto » mer giu 03, 2015 13:41 pm

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Re: Il lungo addio

Messaggioda PIEDENERO » mer giu 03, 2015 14:17 pm

gug ha scritto:....Però rimane il fatto che per quanto riguarda la ricerca del limite e dell'ingaggio le cose invece cambiano come abbiamo letto nelle due riflessioni citate



altro argomento col quale avrei avuto il piacere di confrontarmi:
come ci si relaziona con la ricerca del LIMITE dividendo bene il limite legato alla prestazione relativa al grado e quello legato all'ingaggio inteso come limite di sopravvivenza in condizioni diciamo così "estreme" (termine che per fortuna non è più di moda) in termini di condizioni ambientali e/o di stress.

Roberto ha scritto:..Ecco, appunto, quando arrivi ad una certa età fai farica ad ammetere che è passato, che devi ritirare i remi in barca, almeno io, e quindi "vado", nonostante vado ... e "speriamo che io me la cavo" 8) :mrgreen:


ma il bello può essere anche la ricerca del limite in relazione al tempo che passa non in assoluto.
vista così è ricca di fascino. anche perché lo sappiamo che in assoluto siamo tutti pippe.

batman ha scritto: ...Dipende se, quando cacciavi il leone, quello che ti interessava di più era il leone o la caccia...

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=D> 8) :lol:
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Re: Il lungo addio

Messaggioda VECCHIO » mer giu 03, 2015 14:49 pm

Penso che per tutti l'unica certezza della vita sia la sua fine.
Quando si prende coscienza di questo si trovano varie spiegazioni del perchè si vive e talvolta si prendono anche delle decisioni per vivere.
Penso anche che ognuno di noi esprima la propria natura e viva secondo essa.
Siamo tutti diversi, ma spesso incontriamo in altri qualcosa di nostro.
Non c'è nulla che si possa chiamare verità, ma nemmeno che si possa dire sbagliato.

L'incontro, la visione delle differenze, la curiosità di conoscere ciò che si avvicina a noi e magari il riuscire a comunicare qualcosa che abbiamo vissuto intensamente, tutto questo penso sia il bello della vita, anche se tutto prima o poi finisce e scompare.
E non importa se tutto va veloce o lento, se richiede leggerezza o impegno profondo.
Secondo me bisogna guardare la natura di una persona per capirla, ma per fare questo bisogna accettare se stessi senza voler essere diversi da ciò che si è.
....ALPINISTA......NO GUIDA....... questa mi scombussola
Scalare con gli esperti del cai... son sempre dei grossi guai...... questa mi piace
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Re: Il lungo addio

Messaggioda gug » mer giu 03, 2015 15:16 pm

tacchinosfavillantdgloria ha scritto:Innanzitutto, penso che l'aspetto dell'ingaggio sia presente per tutti: se uno vuole solo godersi la natura e la bellezza della montagna, cammina per sentieri. Arrampicata e alpinismo hanno sempre una componente di sfida e confronto con il limite.
Detto questo, c'è un'ampia variabilità nel declinare questo confronto. Io personalmente mi diverto quando arrampico su difficoltà sotto il mio limite, in modo tale che non sento ghisa, non mi preoccupa la corda sotto e riesco a salire in modo fluido muovendomi con tranquillità: per me la soddisfazione sta nel vedere che riesco a sentirmi a mio agio su difficoltà dove una volta avrei avuto problemi a salire.
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Non sono d'accordo, certamente c'è nell'arrampicata una ricerca nell'alzare il limite, ma anche in altri sport e anche se uno fa escursionismo prendendo tempi di percorrenza e distanze e dislivelli. In alpinismo e arrampicata non c'è neanche bisogno di prendere i tempi, ci sono i gradi di difficoltà, e è sufficiente riferirsi a quelli.
Però un conto è questo alzare l'asticella, un conto è quello di affrontare rischi oggettivi e soggettivi maggiori nel farlo. Da quello che dici tu, come me e come molti altri, sei attratto dalla sensazione di sicurezza che si può sentire in alpinismo quando ci si rende conto di essere in forma e allenati e avere margine in una situazione che è intrinsecamente più complessa e pericolosa che andare per sentieri. A me piace anche alzare il grado di difficoltà, non essere sicuro di riuscire a passare, però credo che l'ingaggio non stia li, ma stia nell'esporsi a pericoli più concreti di quello di non passare.
Vie in apertura o in ripetizione con difficoltà di ritirata, con un grado vicino al nostro limite e protezioni aleatorie o da inventare, isolamento e lunghezza sono tutte componenti che secondo me fanno la differenza e quando si cercano queste componenti la situazione è ben diversa dall'altro approccio.
Secondo me però questo approccio è più logorante e diventa difficile continuare a farlo quando gli anni passano, a meno di eccezioni come quelle della nostra "forza della natura" che volente o suo malgrado continua ad "andare".
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Re: Il lungo addio

Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » mer giu 03, 2015 16:20 pm

Sì, probabilmente non sono riuscito a esprimere bene quello che volevo dire.

Per "alzare l'asticella" si possono intendere due cose diverse: aumentare la difficoltà tecnica, magari in sicurezza, oppure decidere di accettare un rischio maggiore. Sono due aspetti "oggettivamente" diversi (anche se sul piano della percezione soggettiva io mi sento magari più stressato su un tiro verticale a spit S2 dove sono al limite, che su un rumego di quarto con sassi instabili, cenge pericolose e caduta potenzialmente disastrosa 8O ).

Sulle possibili spiegazioni di atteggiamenti così eterogenei nei confronti di attività rischiose, mi permetto di rimandare a un link:

"Quando il limite incontra il rischio"
http://www.equilibero.org/app/.../Brega ... 12.pdf?t...

probabilmente l'ho già citato, abbiate pazienza, ma se qualcuno non l'avesse visto lo ripropongo.

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Re: Il lungo addio

Messaggioda Danilo » mer giu 03, 2015 22:18 pm

tacchinosfavillantdgloria ha scritto:.........

http://www.equilibero.org/app/.../Brega ... 12.pdf?t...

probabilmente l'ho già citato, abbiate pazienza, ma se qualcuno non l'avesse visto lo ripropongo.

.....


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Re: Il lungo addio

Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » mer giu 03, 2015 23:07 pm

Danilo ha scritto:
tacchinosfavillantdgloria ha scritto:.........

http://www.equilibero.org/app/.../Brega ... 12.pdf?t...

probabilmente l'ho già citato, abbiate pazienza, ma se qualcuno non l'avesse visto lo ripropongo.

.....


non si vede


Acc :?

Allora, clicca su sollevamenti.org (ce l'ho in firma), poi su "pubblicazioni", poi su "Brega Galiazzo Rieti 2012".

Macchinosi saluti
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Re: Il lungo addio

Messaggioda funkazzista » gio giu 04, 2015 8:56 am

Lc ha scritto:
funkazzista ha scritto:
PIEDENERO ha scritto:mi ha sempre incuriosito chi ha praticato un' attività totalizzante come l' arrampicata e poi ha smesso di colpo per fare altro.

"Quand on a chassé le lion, le lapin c'est petit…", diceva il pragmatico Greco.


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Si.
Quindi dai ragione a Livanos?
Occorre cercare leoni diversi per provare le emozioni di prima?

Io personalmente NON la vivo come il Greco (piuttosto come batman), ma è vero che c'è gente che, per vari motivi, uno dei quali potrebbe essere quello che dice Livanos, ha smesso più o meno completamente e/o si è dedicata ad altro.
I primissimi che mi vengono in mente, oltre al Greco: Bonatti, Marco Bernardi, Jerry Moffatt...

Lc ha scritto:bof

OT: ti sei proprio francesizzato :wink:
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Re: Il lungo addio

Messaggioda Danilo » gio giu 04, 2015 9:49 am

comunque è bello ad una certa età scoprire di avere spazio sufficiente a contenere un'area cingolata anteriore nella calotta cranica.

etilisti e contemporaneamente motricisti saluti :(
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