?Ho spesso sostenuto che molti, tra noi, scalatori moderni ? questo termine sottintende tutto: tetti, chiodi, staffe e competizioni ? realizzano grandi cose sotto l?impulso della più fervida passione per la montagna e non per spirito sportivo. Proprio perché amiamo le montagne con la parte migliore di noi stessi, abbiamo il desiderio e la forza di compiere determinate imprese. Ma, come quella del giocoliere di Notre-Dame, questa espressione del nostro amore non è troppo semplice? Forse la più grande prova della nostra passione sta nella rinuncia. Non già quella iniziale, troppo facile, ma, dopo averlo sperimentato, la rinuncia all?alpinismo estremo, in cui ogni scalatore rischia di lasciarsi prendere dal miraggio della grande impresa. Forse, questa è la soluzione del problema offerto dall?alpinismo. Progressi tecnici, evoluzioni, conquiste? Tutto questo mi pare troppo semplice. La vera conquista? Non richiede nè gradi, né staffe: consiste nell?essere soli, in montagna, e nel saper sognare?.
Queste parole sono di Georges Livanos, il grande della Su Alto, della Cima di Terranova e del Sass de la Crusc e sono tratte da ?Au delà de la verticale?. Sono parole solari com?erano i suoi soggiorni nei rifugi delle dolomiti, chiare come le sue Calanques. Scritte nel 1964 sono moderne ed evocative. Si prestano ad essere reinterpretate, in cento modi diversi. Certo è che il suo ?ritirarsi? dall?alpinismo ?della gloria?, riassunto in queste parole, dimostra il limite della passione per l?alpinismo, il suo paradosso. Rinchiusa nell?uso della tecnologia, nella prestazione e ancora nella conquista, la passione si snatura e decade?
Forse è solo retorica ma è così dolce pensare, oggi, a quella solitudine e al ?suo? sogno, non solo come questione privata ma anche in una visione attuale, forse utile.