Erhard Loretan ci ha lasciati

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Messaggioda Siloga66 » mar mag 10, 2011 0:49 am

smauri ha scritto:
Siloga66 ha scritto:
smauri ha scritto:
Siloga66 ha scritto:Per me è un grande alpinista ma NON un grande uomo. Come non lo sono io comunque. Per me un "grande uomo"è chi dedica la sua vita per il bene comune, il bene degli altri.


QUOTO


Ciao smauri. :wink:


:oops:
rileggendo, quoto solo il pezzo in grassetto :oops:

non vorrei mai sottolineare che NON sei un Grande Alpinista, perchè di certo Tu sei modesto, ma io non ti conosco :lol: quindi non posso dire nè una cosa nè l'altra, anche se dalle foto. . .

:oops:
Ella mi lusinga...
:P
Vèi qua che te dò en bàso...
...senza lingua eh... :wink:
Passano le mode ma in Germania la moda dei calzini con i sandali passerà mai.
Ma i tedeschi son fighi lo stesso.
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Messaggioda smauri » mar mag 10, 2011 12:46 pm

.:eZy:. ha scritto:Se dovessimo giudicare l'operato complessivo di una persona dovremmo depennare dai nostri preferiti la maggioranza dei grandi dell'arte e della letteratura, sospendere il giudizio su quanti di essi hanno simpatizzato per il nazismo o sono stati stalinisti, o ancora drogati, fedifraghi, psicotici, violenti e puttanieri ... allora dovremmo rivedere il giudizio di tutti i grandi della musica rock e del jazz, anche su Einstein perchè trattava male le donne...

Perchè l'alpinismo dovrebbe essere diverso?

le virtù di una persona per me sono un valore aggiunto ... ma i difetti e gli errori non tolgono nulla a quanto di buono hanno saputo fare e dare.


non avevo letto il messaggio, infatti io dico

John Bonham = grande Batterista, non grande uomo (tra l'altro mi avrebbe dato lavoro parecchio)

Einstein = grande matematico e a volte grande uomo, bho!, ma non ho per giudicare. . .

e come dici tu guardando approfonditamente tanti cadrebbero dal piedistallo, ma l'essere Gradni in qualcosa non vuol dire essere Grandi Uomini, poi aggiungo che nessuno è perfetto e l'errore scappa a tutti. qualcuno ha la sfiga di fare una strage, qualcuno limita i danni a qualcosa di riparabile.

comunque rimango della mi idea. Grande Alpinista.
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Messaggioda Enzolino » mar mag 10, 2011 12:56 pm

Concordo che essere grandi alpinisti non significa necessariamente essere grandi uomini.

Tuttavia, riguardo la vicenda di Lorethan e suo figlio, penso che per lui stesso

Non e' la prima volta che degli infanti vengono inconsapevolmente uccisi, dopo che il loro pianto fa uscire fuori di testa i genitori ... e credo che sia soprattutto una questione di ignoranza e non cattiveria. L'ignoranza di chi non sa che scuotere appena un infante lo puo' uccidere. Io, ad esempio, prima dell'incidente di Lorethan, non lo sapevo.

Insomma, giudicare un uomo per questo tipo di incidenti mi sembra fuori luogo. Secondo me. Ripeto, secondo me, giudicare un uomo da questo tipo di incidente mi sembra fuori luogo. E credo che lui sia stato una delle vittime principali di quel dramma. Essere responsabili della morte di proprio figlio e' qualcosa che non augurerei a nessuno ...
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Messaggioda smauri » mar mag 10, 2011 13:10 pm

Enzolino ha scritto:Concordo che essere grandi alpinisti non significa necessariamente essere grandi uomini.

Tuttavia, riguardo la vicenda di Lorethan e suo figlio, penso che per lui stesso

Non e' la prima volta che degli infanti vengono inconsapevolmente uccisi, dopo che il loro pianto fa uscire fuori di testa i genitori ... e credo che sia soprattutto una questione di ignoranza e non cattiveria. L'ignoranza di chi non sa che scuotere appena un infante lo puo' uccidere. Io, ad esempio, prima dell'incidente di Lorethan, non lo sapevo.

Insomma, giudicare un uomo per questo tipo di incidenti mi sembra fuori luogo. Secondo me. Ripeto, secondo me, giudicare un uomo da questo tipo di incidente mi sembra fuori luogo. E credo che lui sia stato una delle vittime principali di quel dramma. Essere responsabili della morte di proprio figlio e' qualcosa che non augurerei a nessuno ...



aggiungerei anche che la situazione va vista anche con altri occhi, non sono pochi i casi in cui i genitori sbarellano perchè sono settimane che non dormi. Non è solo perchè sei una pippa o meno, ma dipende MOLTO da chi ti è vicino dandoti un supporto sia fisico che emotivo. La depressione Post Parto, che colpisce soprattutto la donna si fa sentire anche nell'uomo quando passi un po' troppe ore in bianco.
questo non per giustificare, ma per guardare la situazione con un altro punto di vista.
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Messaggioda Enzolino » mar mag 10, 2011 13:47 pm

smauri ha scritto:
Enzolino ha scritto:Concordo che essere grandi alpinisti non significa necessariamente essere grandi uomini.

Tuttavia, riguardo la vicenda di Lorethan e suo figlio, penso che per lui stesso

Non e' la prima volta che degli infanti vengono inconsapevolmente uccisi, dopo che il loro pianto fa uscire fuori di testa i genitori ... e credo che sia soprattutto una questione di ignoranza e non cattiveria. L'ignoranza di chi non sa che scuotere appena un infante lo puo' uccidere. Io, ad esempio, prima dell'incidente di Lorethan, non lo sapevo.

Insomma, giudicare un uomo per questo tipo di incidenti mi sembra fuori luogo. Secondo me. Ripeto, secondo me, giudicare un uomo da questo tipo di incidente mi sembra fuori luogo. E credo che lui sia stato una delle vittime principali di quel dramma. Essere responsabili della morte di proprio figlio e' qualcosa che non augurerei a nessuno ...



aggiungerei anche che la situazione va vista anche con altri occhi, non sono pochi i casi in cui i genitori sbarellano perchè sono settimane che non dormi. Non è solo perchè sei una pippa o meno, ma dipende MOLTO da chi ti è vicino dandoti un supporto sia fisico che emotivo. La depressione Post Parto, che colpisce soprattutto la donna si fa sentire anche nell'uomo quando passi un po' troppe ore in bianco.
questo non per giustificare, ma per guardare la situazione con un altro punto di vista.
E' proprio cosi'.
Qua in Svizzera, quando e' nato nostro figlio, ci hanno dato un numero verde da chiamare nel caso in cui il piccolo non ci avesse fatto dormire. In tal caso del personale sarebbe venuto in casa per accudire il piccolo e far dormire i genitori. Le infermiere ci hanno spiegato che non sono rari i casi di incidenti in cui i genitori "sbarellano" per mancanza di sonno.
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Messaggioda smauri » mar mag 10, 2011 15:12 pm

Enzolino ha scritto:[Qua in Svizzera, quando e' nato nostro figlio, ci hanno dato un numero verde da chiamare nel caso in cui il piccolo non ci avesse fatto dormire. In tal caso del personale sarebbe venuto in casa per accudire il piccolo e far dormire i genitori. Le infermiere ci hanno spiegato che non sono rari i casi di incidenti in cui i genitori "sbarellano" per mancanza di sonno.


sticazzi. . .

da noi sono in voga i consultori che supportano giornalmente le coppie (più che altro le mamme) nella fase di allattamento e quant'altro.

bei servizi, che purtroppo la gente non sfrutta molto perchè diffidente, anche se pian piano stanno iniziando ad affluire più persone.
credo che un po' sia mentalità degli italiani, la stessa mentalità che, con un servizio pari a quello che offrono da voi, porterebbe ad avere un sacco di uscite in case di fancazzisti che si lamentano della prima notte in bianco.

guarda con l'invalidità, cosa siamo capaci di fare!

ma la svizzera è su un altro pianeta!
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Messaggioda Enzolino » ven ott 14, 2011 14:33 pm

http://www.planetmountain.com/News/show ... eyid=38668

Un attimo, e tutto cambia
Per la prima volta dall?incidente, Xenia Minder racconta a Les Temps il dramma vissuto dopo aver trascinato in una caduta in montagna il suo compagno di cordata e di vita, Erhard Loretan.

Il 28 aprile scorso Erhard Loretan, uno degli himalaysti e degli alpinisti più forti di tutti i tempi, ha perso la vita per una caduta in montagna. Allora si scrisse che, sulla Cresta del Grünhorn, Loretan stava "lavorando" come Guida alpina: era legato ad una "cliente" che, dopo l'incidente, era stata ricoverata in gravi condizioni all'ospedale. In realtà quella sua compagna di cordata era Xenia Minder, sua compagna anche nella vita. Ora, per la prima volta, Xenia ha raccontato in un bellissimo articolo pubblicato su Le Temps quel drammatico incidente, e soprattutto ciò che sta vivendo. La sua è una riflessione profonda, emozionante, sincera e densa di interrogativi. Assolutamente da leggere!

UN ATTIMO, E TUTTO CAMBIA di Xenia Minder

Quasi sei mesi fa ho trascinato con me, lungo una caduta di oltre 200 metri, Erhard Loretan, l?uomo che amavo, e anche uno dei più forti alpinisti al mondo. La corda, quel legame sempre presente nelle nostre numerose ascensioni, quel giorno si è dimostrata maledettamente affidabile, facendolo precipitare dietro di me, per poi lasciarlo senza vita al mio fianco.

La morte di Erhard, una tragedia per la Svizzera che l?ha visto nascere, crescere e vivere, ha colpito ancor di più perché avvenuta proprio nel giorno del suo 52esimo compleanno. Tante persone si sono stupite nel vedere che un uomo come lui, il terzo al mondo ad aver scalato senza ossigeno le 14 montagne più alte della Terra, abbia perso la vita nel percorrere una modesta cresta sulle Alpi, sul Gruenhorn, nel Vallese, in compagnia di una donna che la stampa, per una volta discreta, ha descritto come ?una cliente bernese di 38 anni, gravemente ferita e ricoverata in ospedale?.

Erhard era un purista della montagna. Sempre rispettoso e umile, si era costruito una reputazione internazionale per il suo stile leggero e rapido, a qualsiasi altitudine. Applicava questa stessa logica al suo mestiere di guida, spiegando ai clienti che non includeva servizi accessori di confort e assistenza, ma solo quello di essere guidati. Al mattino le nostre ascensioni cominciavano con un tradizionale: ?Ciao , tesoro mio, oggi sono cavoli tuoi? - ammorbidito subito dal suo dolce sorriso - per poi finire molto spesso con bivacchi gelidi, stellati e meravigliosi e, come ricompensa e magra cena dopo dodici ore di marcia, un delizioso Choquito?

Nessuno mi ha addossato la responsabilità della morte di Erhard. Ma, dalla sua scomparsa, sono sommersa da un vuoto assoluto, aggravato dai sensi di colpa.

Dieci anni fa, ugualmente, Erhard era sulle prime pagine della stampa, sempre per ragioni tragiche. Il 23 dicembre 2001, mentre era nel suo chalet a Crésuz, in Gruyère, da solo con il figlio di sette mesi, lo ha scosso, brevemente, per calmare il suo pianto. Il bambino è morto. Erhard è stato condannato a quattro mesi di carcere con la condizionale, per omicidio dovuto a negligenza.

Erhard si è comportato in modo coraggioso e dignitoso di fronte alla scomparsa del figlio. A quel tempo la Sindrome del bambino scosso (Sbs) era quasi sconosciuta, ma lui decise di divulgare il suo nome ai media nella speranza di evitare drammi simili ad altri genitori.

Come mi ha detto più di una volta, Erhard si è sentito sollevato per essere stato condannato dalla giustizia degli uomini, anche se - secondo le sue stesse parole il giorno del processo - quella pena non era minimamente paragonabile a quello che avrebbe sofferto fino alla fine dei suoi giorni.

Ma, durante e dopo il processo, Erhard è diventato il bersaglio di violenti attacchi pubblici. Com?era possibile che un uomo che aveva sfiorato così tante volte la morte nelle sue incredibili ascensioni, avesse potuto perdere i suoi nervi d?acciaio così facilmente proprio con il sangue del suo sangue, innocente e indifeso?

Di fronte a questa perdita irreparabile e alla caccia all?uomo mediatica, Erhard è cambiato. Ovviamente, aveva già perso molti amici in montagna. Ma come ho potuto constatare nel corso dei nostri due anni di felicità, la perdita del proprio figlio era una tragedia dalla quale non si era ripreso, anche se ormai cominciava ad immaginare di nuovo la vita, con me, con tutti i progetti possibili.

Erhard non ha mai voluto la morte del figlio, allo stesso modo in cui io non ho mai voluto la sua.
Il nostro incidente sarebbe stato giudicato diversamente se io non avessi trascinato Erhard nella mia caduta? Oppure, se lui fosse sopravvissuto, sarebbe stato nuovamente il bersaglio di un?offensiva dei media? Sarebbe stato accusato dall?opinione pubblica di aver ucciso, per negligenza, la sua compagna, molto meno esperta di lui, su quelle montagne che conosceva così bene?

Perché due eventi tanto simili vengono trattati in modo così diverso?

Quante più volte mi è stato ripetuto di essere una miracolata, tanto maggiore è stata la mia frustrazione nel dover indossare il ruolo di eroina sopravvissuta, piuttosto che quello di alpinista distratta, la cui disattenzione ha causato una tragedia.

Per questa ragione, tre settimane dopo l?incidente, ho parlato con il procuratore incaricato del dossier per sapere se sarei stata interrogata in qualità di ?persona informata dei fatti?, secondo la terminologia del nuovo Codice di procedura penale. Lui mi ha spiegato che la questione era già chiusa e che presto il caso sarebbe stato archiviato. Nel dossier, di cui mi è stata trasmessa copia su mia richiesta, ho scoperto, in base alle dichiarazioni delle guide e dei medici intervenuti sul luogo dell?incidente, l?esistenza di un?unica testimonianza, la mia: una relazione di diverse pagine scritta la mattina successiva all?incidente da un poliziotto, di cui non ho alcun ricordo. Ero in stato di choc e sicuramente sotto l?effetto di pesanti farmaci. La firma tremolante apposta in calce a ognuna di quelle pagine è sicuramente la mia?.

Il contenuto di quel processo verbale corrisponde in modo sorprendente al mio ricordo confuso dell?incidente e quindi a ciò che ho potuto dichiarare. Dopo aver tolto gli sci e iniziato a salire la cresta che ci avrebbe portato in vetta, il mio piede sinistro è scivolato, facendomi cadere sulla parete. Immagini-flash di balzi all?indietro, la corda che si srotola, i salti di roccia e di ghiaccio, una preghiera per non soffrire troppo prima di morire.

Nessuno ha mai messo in dubbio l?esattezza dei miei ricordi e neppure se era possibile che io ne potessi avere, dopo 200 metri di volo e sette ore trascorse sulla neve ad aspettare, incosciente e in grave stato di ipotermia, l?arrivo dei soccorsi.
Sia i miei amici che i colleghi a me più vicini hanno imputato la mia indignazione, nell?apprendere che il caso era stato archiviato, al mio stato di profondo choc.

Sul piano giuridico la mia ribellione è stata rapidamente smorzata. Di professione giudice, ho dovuto riconoscere che il verdetto di incidente non poteva essere messo in discussione, poiché Erhard, vista la sua esperienza, era per definizione in una posizione di garante nei miei confronti. Quindi era del tutto inutile protestare contro il fatto che era stato considerato automaticamente la mia guida, senza che nessuno si premurasse di verificare se la nostra relazione amorosa fosse accompagnata anche da una relazione contrattuale, che sarebbe una condizione necessaria per riconoscere la qualità di guida.

Sul piano professionale, invece, la mia incomprensione è andata avanti, e va ancora avanti, suscitando a sua volta quella degli altri che, unanimemente, spiegano questo incidente con termini di circostanza: il ?destino?, il ?caso?, ?non era giunto il tuo momento?.

Perché allora il mio malessere?

Senso di colpa del sopravvissuto? Sì, sicuramente, ma sensazione di colpevolezza soprattutto perché Erhard, lui, non ha beneficiato di alcuno sconto quando ha perso il figlio. Forse a causa della sua celebrità. Nel momento esatto in cui si è diffusa la notizia del suo gesto e delle sue drammatiche conseguenze, alcuni media, e con loro parte dell?opinione pubblica, lo hanno considerato responsabile di quella morte, fregandosene del suo dolore di padre.

Proprio nelle ore in cui scrivo queste righe, L?Illustré propone la candidatura di ?Ehrard (sic) Loretan? al suo concorso per eleggere ?il Romancio (l'atleta romando) del secolo?, giustapponendo le sue prodezze himalayane al suo dramma personale: c?è da chiedersi per quali di questi due fatti epocali bisognerebbe eleggerlo? Ed infatti, sotto alla sua foto nel poster della rivista, si può leggere: ?Protagonista dell?ascensione senza ossigeno delle più alte vette del globo, fu oggetto di un?ammirazione universale fino a quella sera del 2003 (sic!) quando, stremato dal pianto incessante del suo bebé, compì l?irreparabile scuotendolo troppo forte?.

Io stessa avevo sentito delle persone parlare di Erhard come di ?colui che ha ucciso suo figlio? e quindi non fui affatto sorpresa quando, nel corso della nostra prima salita assieme, mi annunciò che rifuggiva due categorie di persone: gli avvocati e i giornalisti. Gli dissi che era capitato male, perché io ero giudice e mio fratello giornalista?
Questa sfiducia di Erhard non era legata solo alla sua esperienza personale. Derivava anche dall?accresciuta giuridicizzazione degli incidenti di montagna, conseguenza, sosteneva lui, di una società tecnologicamente avanzata e avida di rischi, ma inadatta ad assumerli.

Erhard era critico nei confronti dei rischi corsi da alpinisti esperti a causa dei neofiti che si muovono da soli in un mondo di cui non conoscono nulla. Parallelamente, criticava la deresponsabilizzazione assoluta dei clienti nei confronti delle loro guide. Secondo lui, in troppi processi risultava che le guide avessero come unico torto quello di aver rischiato la propria vita per guidare i clienti in escursioni che si sono rivelate tragiche solo per il loro esito fatale. Come la nostra...

La sua reazione, certo, era molto emotiva, legata intrinsecamente al suo mestiere di guida. Io, come giudice, non posso biasimare l?applicazione della legge. Ma avendo perso colui che amavo in quelle terribili circostanze del 28 aprile 2011, la mia coscienza è scossa. In particolare, nel constatare che le nozioni di colpevolezza e innocenza , indipendentemente dal verdetto giudiziario, possono distinguersi fra loro per un soffio appena. Un semplice gesto di troppo nel caso di Erhard. Oppure un sottile strato di ghiaccio, come quello che mi ha fatto perdere l?equilibrio quel fatidico giorno.
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Messaggioda Enzolino » ven ott 14, 2011 14:35 pm

http://www.planetmountain.com/News/show ... eyid=38668

Un attimo, e tutto cambia
Per la prima volta dall?incidente, Xenia Minder racconta a Les Temps il dramma vissuto dopo aver trascinato in una caduta in montagna il suo compagno di cordata e di vita, Erhard Loretan.

Il 28 aprile scorso Erhard Loretan, uno degli himalaysti e degli alpinisti più forti di tutti i tempi, ha perso la vita per una caduta in montagna. Allora si scrisse che, sulla Cresta del Grünhorn, Loretan stava "lavorando" come Guida alpina: era legato ad una "cliente" che, dopo l'incidente, era stata ricoverata in gravi condizioni all'ospedale. In realtà quella sua compagna di cordata era Xenia Minder, sua compagna anche nella vita. Ora, per la prima volta, Xenia ha raccontato in un bellissimo articolo pubblicato su Le Temps quel drammatico incidente, e soprattutto ciò che sta vivendo. La sua è una riflessione profonda, emozionante, sincera e densa di interrogativi. Assolutamente da leggere!

UN ATTIMO, E TUTTO CAMBIA di Xenia Minder

Quasi sei mesi fa ho trascinato con me, lungo una caduta di oltre 200 metri, Erhard Loretan, l?uomo che amavo, e anche uno dei più forti alpinisti al mondo. La corda, quel legame sempre presente nelle nostre numerose ascensioni, quel giorno si è dimostrata maledettamente affidabile, facendolo precipitare dietro di me, per poi lasciarlo senza vita al mio fianco.

La morte di Erhard, una tragedia per la Svizzera che l?ha visto nascere, crescere e vivere, ha colpito ancor di più perché avvenuta proprio nel giorno del suo 52esimo compleanno. Tante persone si sono stupite nel vedere che un uomo come lui, il terzo al mondo ad aver scalato senza ossigeno le 14 montagne più alte della Terra, abbia perso la vita nel percorrere una modesta cresta sulle Alpi, sul Gruenhorn, nel Vallese, in compagnia di una donna che la stampa, per una volta discreta, ha descritto come ?una cliente bernese di 38 anni, gravemente ferita e ricoverata in ospedale?.

Erhard era un purista della montagna. Sempre rispettoso e umile, si era costruito una reputazione internazionale per il suo stile leggero e rapido, a qualsiasi altitudine. Applicava questa stessa logica al suo mestiere di guida, spiegando ai clienti che non includeva servizi accessori di confort e assistenza, ma solo quello di essere guidati. Al mattino le nostre ascensioni cominciavano con un tradizionale: ?Ciao , tesoro mio, oggi sono cavoli tuoi? - ammorbidito subito dal suo dolce sorriso - per poi finire molto spesso con bivacchi gelidi, stellati e meravigliosi e, come ricompensa e magra cena dopo dodici ore di marcia, un delizioso Choquito?

Nessuno mi ha addossato la responsabilità della morte di Erhard. Ma, dalla sua scomparsa, sono sommersa da un vuoto assoluto, aggravato dai sensi di colpa.

Dieci anni fa, ugualmente, Erhard era sulle prime pagine della stampa, sempre per ragioni tragiche. Il 23 dicembre 2001, mentre era nel suo chalet a Crésuz, in Gruyère, da solo con il figlio di sette mesi, lo ha scosso, brevemente, per calmare il suo pianto. Il bambino è morto. Erhard è stato condannato a quattro mesi di carcere con la condizionale, per omicidio dovuto a negligenza.

Erhard si è comportato in modo coraggioso e dignitoso di fronte alla scomparsa del figlio. A quel tempo la Sindrome del bambino scosso (Sbs) era quasi sconosciuta, ma lui decise di divulgare il suo nome ai media nella speranza di evitare drammi simili ad altri genitori.

Come mi ha detto più di una volta, Erhard si è sentito sollevato per essere stato condannato dalla giustizia degli uomini, anche se - secondo le sue stesse parole il giorno del processo - quella pena non era minimamente paragonabile a quello che avrebbe sofferto fino alla fine dei suoi giorni.

Ma, durante e dopo il processo, Erhard è diventato il bersaglio di violenti attacchi pubblici. Com?era possibile che un uomo che aveva sfiorato così tante volte la morte nelle sue incredibili ascensioni, avesse potuto perdere i suoi nervi d?acciaio così facilmente proprio con il sangue del suo sangue, innocente e indifeso?

Di fronte a questa perdita irreparabile e alla caccia all?uomo mediatica, Erhard è cambiato. Ovviamente, aveva già perso molti amici in montagna. Ma come ho potuto constatare nel corso dei nostri due anni di felicità, la perdita del proprio figlio era una tragedia dalla quale non si era ripreso, anche se ormai cominciava ad immaginare di nuovo la vita, con me, con tutti i progetti possibili.

Erhard non ha mai voluto la morte del figlio, allo stesso modo in cui io non ho mai voluto la sua.
Il nostro incidente sarebbe stato giudicato diversamente se io non avessi trascinato Erhard nella mia caduta? Oppure, se lui fosse sopravvissuto, sarebbe stato nuovamente il bersaglio di un?offensiva dei media? Sarebbe stato accusato dall?opinione pubblica di aver ucciso, per negligenza, la sua compagna, molto meno esperta di lui, su quelle montagne che conosceva così bene?

Perché due eventi tanto simili vengono trattati in modo così diverso?

Quante più volte mi è stato ripetuto di essere una miracolata, tanto maggiore è stata la mia frustrazione nel dover indossare il ruolo di eroina sopravvissuta, piuttosto che quello di alpinista distratta, la cui disattenzione ha causato una tragedia.

Per questa ragione, tre settimane dopo l?incidente, ho parlato con il procuratore incaricato del dossier per sapere se sarei stata interrogata in qualità di ?persona informata dei fatti?, secondo la terminologia del nuovo Codice di procedura penale. Lui mi ha spiegato che la questione era già chiusa e che presto il caso sarebbe stato archiviato. Nel dossier, di cui mi è stata trasmessa copia su mia richiesta, ho scoperto, in base alle dichiarazioni delle guide e dei medici intervenuti sul luogo dell?incidente, l?esistenza di un?unica testimonianza, la mia: una relazione di diverse pagine scritta la mattina successiva all?incidente da un poliziotto, di cui non ho alcun ricordo. Ero in stato di choc e sicuramente sotto l?effetto di pesanti farmaci. La firma tremolante apposta in calce a ognuna di quelle pagine è sicuramente la mia?.

Il contenuto di quel processo verbale corrisponde in modo sorprendente al mio ricordo confuso dell?incidente e quindi a ciò che ho potuto dichiarare. Dopo aver tolto gli sci e iniziato a salire la cresta che ci avrebbe portato in vetta, il mio piede sinistro è scivolato, facendomi cadere sulla parete. Immagini-flash di balzi all?indietro, la corda che si srotola, i salti di roccia e di ghiaccio, una preghiera per non soffrire troppo prima di morire.

Nessuno ha mai messo in dubbio l?esattezza dei miei ricordi e neppure se era possibile che io ne potessi avere, dopo 200 metri di volo e sette ore trascorse sulla neve ad aspettare, incosciente e in grave stato di ipotermia, l?arrivo dei soccorsi.
Sia i miei amici che i colleghi a me più vicini hanno imputato la mia indignazione, nell?apprendere che il caso era stato archiviato, al mio stato di profondo choc.

Sul piano giuridico la mia ribellione è stata rapidamente smorzata. Di professione giudice, ho dovuto riconoscere che il verdetto di incidente non poteva essere messo in discussione, poiché Erhard, vista la sua esperienza, era per definizione in una posizione di garante nei miei confronti. Quindi era del tutto inutile protestare contro il fatto che era stato considerato automaticamente la mia guida, senza che nessuno si premurasse di verificare se la nostra relazione amorosa fosse accompagnata anche da una relazione contrattuale, che sarebbe una condizione necessaria per riconoscere la qualità di guida.

Sul piano professionale, invece, la mia incomprensione è andata avanti, e va ancora avanti, suscitando a sua volta quella degli altri che, unanimemente, spiegano questo incidente con termini di circostanza: il ?destino?, il ?caso?, ?non era giunto il tuo momento?.

Perché allora il mio malessere?

Senso di colpa del sopravvissuto? Sì, sicuramente, ma sensazione di colpevolezza soprattutto perché Erhard, lui, non ha beneficiato di alcuno sconto quando ha perso il figlio. Forse a causa della sua celebrità. Nel momento esatto in cui si è diffusa la notizia del suo gesto e delle sue drammatiche conseguenze, alcuni media, e con loro parte dell?opinione pubblica, lo hanno considerato responsabile di quella morte, fregandosene del suo dolore di padre.

Proprio nelle ore in cui scrivo queste righe, L?Illustré propone la candidatura di ?Ehrard (sic) Loretan? al suo concorso per eleggere ?il Romancio (l'atleta romando) del secolo?, giustapponendo le sue prodezze himalayane al suo dramma personale: c?è da chiedersi per quali di questi due fatti epocali bisognerebbe eleggerlo? Ed infatti, sotto alla sua foto nel poster della rivista, si può leggere: ?Protagonista dell?ascensione senza ossigeno delle più alte vette del globo, fu oggetto di un?ammirazione universale fino a quella sera del 2003 (sic!) quando, stremato dal pianto incessante del suo bebé, compì l?irreparabile scuotendolo troppo forte?.

Io stessa avevo sentito delle persone parlare di Erhard come di ?colui che ha ucciso suo figlio? e quindi non fui affatto sorpresa quando, nel corso della nostra prima salita assieme, mi annunciò che rifuggiva due categorie di persone: gli avvocati e i giornalisti. Gli dissi che era capitato male, perché io ero giudice e mio fratello giornalista?
Questa sfiducia di Erhard non era legata solo alla sua esperienza personale. Derivava anche dall?accresciuta giuridicizzazione degli incidenti di montagna, conseguenza, sosteneva lui, di una società tecnologicamente avanzata e avida di rischi, ma inadatta ad assumerli.

Erhard era critico nei confronti dei rischi corsi da alpinisti esperti a causa dei neofiti che si muovono da soli in un mondo di cui non conoscono nulla. Parallelamente, criticava la deresponsabilizzazione assoluta dei clienti nei confronti delle loro guide. Secondo lui, in troppi processi risultava che le guide avessero come unico torto quello di aver rischiato la propria vita per guidare i clienti in escursioni che si sono rivelate tragiche solo per il loro esito fatale. Come la nostra...

La sua reazione, certo, era molto emotiva, legata intrinsecamente al suo mestiere di guida. Io, come giudice, non posso biasimare l?applicazione della legge. Ma avendo perso colui che amavo in quelle terribili circostanze del 28 aprile 2011, la mia coscienza è scossa. In particolare, nel constatare che le nozioni di colpevolezza e innocenza , indipendentemente dal verdetto giudiziario, possono distinguersi fra loro per un soffio appena. Un semplice gesto di troppo nel caso di Erhard. Oppure un sottile strato di ghiaccio, come quello che mi ha fatto perdere l?equilibrio quel fatidico giorno.
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Messaggioda marinoroma » mar ott 25, 2011 22:58 pm

un bellissimo reportage (in francese) andato in onda sulla TSR.
Alcuni passaggi sono veramente molto intensi, schietti e trasmettono una grande semplicità e maturità.
Purtroppo non l'ho mai conosciuto personalmente, ma in cuor mio speravo sempre di vederlo sbucare in un rifugio. Ha sempre esercitato un fascino particolare su di me (e su tutti i montanari di queste parti, qui era un considerato un vero mostro sacro).

Grande alpinista, grande uomo ? Sull'alpinista non ho dubbi, il resto che importa....i grandi uomini sono merce rara, quando ne incontri uno non ti puoi sbagliare, ti parla al cuore

http://www.tsr.ch/video/emissions/passe-moi-les-jumelles/3523798-erhard-loretan-respirer-l-odeur-du-ciel.html
....no, non ora, non qui, questa pingue immane frana....
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Messaggioda spaceC » mer ott 26, 2011 0:51 am

marinoroma ha scritto:un bellissimo reportage (in francese) andato in onda sulla TSR.
Alcuni passaggi sono veramente molto intensi, schietti e trasmettono una grande semplicità e maturità.
Purtroppo non l'ho mai conosciuto personalmente, ma in cuor mio speravo sempre di vederlo sbucare in un rifugio. Ha sempre esercitato un fascino particolare su di me (e su tutti i montanari di queste parti, qui era un considerato un vero mostro sacro).

Grande alpinista, grande uomo ? Sull'alpinista non ho dubbi, il resto che importa....i grandi uomini sono merce rara, quando ne incontri uno non ti puoi sbagliare, ti parla al cuore

http://www.tsr.ch/video/emissions/passe-moi-les-jumelles/3523798-erhard-loretan-respirer-l-odeur-du-ciel.html



Grazie della segnalazione :wink:
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