Percorrere la Val di San Lucano è già di per sè un sogno ad occhi aperti.
Forno de Val evoca il nome del Boràl de la Besàusega. Poi c'è la famosa chiesa, sulla destra. Poi ancora più dentro, in questa valle glaciale che non vuol prender quota, soffocata da appicchi da vertigine. Lo spigolo dell'Agnèr si stacca impossibile a sinistra, attira continuamente lo sguardo. Le Pale di San Lucano hanno prospettive più difficili, non si riesce a coglierne bene le proporzioni, le distanze, sicuramente nascondono più gelosamente i loro segreti.
Non mi è venuto in mente neanche per un attimo di salire dalla parte di Garès, un giro importante come quello di oggi deve partire per forza da qui, da questa valle: bassa forse di quota ma già elevata ad altre altitudini, ad altre atmosfere. Lo splendore di questa limpida mattina ha poi sciolto ogni incertezza della sera scorsa: quando col Falco parto da Agordo la nostra meta è sicura, andremo verso il Còr. Calcare per la prima volta, almeno in abito estivo, i sentieri della Val di San Lucano e volerne subito scoprire uno dei luoghi più intimi sa forse di presunzione ma l'idea è nata così, quasi per caso e la nostra unica sicurezza è quella di saper di andare ad attraversare ad ogni passo, nella salita e nella discesa, posti che sanno ancora di montagna antica, di montagna intatta.
A Col di Pra ci sembra opportuno abbandonare il nostro mezzo da sbarco: a me proseguir più oltre (per pochi metri, poi) sembra quasi profanare un luogo sacro, o forse sarà che nei miei sogni più spinti spero questa sera di rientrare per una valle diversa da quella che stiamo imboccando. In ogni caso sembra un buon augurio il sole che, illuminandoci giusto da Est, riscalda in modo inconsueto la nostra partenza. I primi passi sono subito svelti, lo sguardo però attento e curioso, a cogliere le tracce che presto partono verso luoghi a volte intuibili, a volte misteriosi. Cascata dell'Inferno è un nome che ho già sentito, anche Pònt e Bordina sono nomi che riesco ad agganciare a fili di ricordi che emergono. Un cartello che perentorio indica lo "Scurton" appena percorso ci fa sorridere, ma intanto abbiamo percorso in un attimo questi primi duecento metri; un bivio a sinistra che conosciamo, poi una curva verso destra, la ricordo: ecco qui a sinistra una baita, tra poco siamo al ponte. Lasciamo sulla destra l'unico sentiero che ho qui conosciuto, porta in Malgonera, ed insistiamo invece sulla strada che si inoltra in Val di Reiane. La grande mole dell'Agnèr è sempre una presenza incombente anche alle nostre spalle, si stenta invece ad aprire il panorama nella valle ancora incassata. Un'ulteriore scorciatoia ci fa guadagnare poca quota ma ci permette di gustar meglio profumi di bosco, di piante, di rugiada. A sinistra parte una buona traccia che senza dubbio va verso una casera e poi alla mitica grotta di San Lucano; noi passiamo il Pont de la Pita e proseguiamo sulla strada, a lungo, su buon fondo e modesta pendenza.
Si apre la Val di Reiane, incominciamo a intravedere la nostra meta.
Si apre infine la valle, ed a sinistra, in fondo, indaghiamo con lo sguardo per cogliere la traccia che ci porterà in cima alla nostra montagna. Prati, rocce vulcaniche stratificate, bosco sempre più rado; la nostra strada, ormai mulattiera, cammina sempre tranquilla ma ardita su burroni, alta sulla valle. Traversa infine, e con gli ultimi tornanti ci porta alla scoperta della Casera Campigàt; dietro Forcella Cesurette troneggiano cime più famose, sagome per me inconsuete, probabilmente Cima dei Bureloni ed altre di cui non riesco a ricordare il nome. Alla malga sostiamo per far rifornimento ad una buona fontana e per scambiare quattro chiacchiere con l'ultimo dei ciclisti che ci aveva sorpassato: scenderà verso la Capanna Cima Comelle, noi prenderemo presto a sinistra risalendo verso l'Alptipiano. Alcuni cartelli sulla porta dell'edificio ci ricordano che la pochezza umana non rispetta neanche il labile confine dell'alta montagna; ci apprestiamo a ripartire lasciandoci alle spalle inutili recriminazioni, negli occhi il verde di Campo Boaro e l'ultimo dentino, già visibile dal basso, del Sas Négher.
La valle che ci stiamo lasciando alle spalle, verso il Prademur.
Casera Campigàt.
Un avviso piuttosto esplicito.
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[edit 21 luglio 2021]
A quasi 11 anni di distanza da questa bellissima gita vado a cancellarne il report.
Non che avessi scritto chissà che, tanto oggigiorno a qualcuno sembra essere necessaria una traccia GPS se non una scia luminosa per terra... Ma coerentemente alla decisione di tanti amici preferisco non dare troppa pubblicità a questo percorso. Anche se ormai da qualche anno le Guide Alpine ne agevolano l'ascensione a cadenza prefissata, dandone ampia e banale visibilità. Lascio quel poco di mistero che resta, per quel che vale. Credendo - come sempre ho fatto - in una montagna di tutti e per tutti, assimilata con pazienza ed entusiasmo ognuno secondo le proprie forze e attitudini, mai svenduta.