Arriva solo a 2.229 metri, è vero, però sorge da una profonda valle, quella del Piave, qui quotata 550 metri circa, dunque esibisce uno stacco verticale di ben 1.700 metri.
E a dispetto del fatto che non moltissimi ne sanno il nome, si tratta di una vetta davvero arcinota che tutti conoscono di vista, perché domina con la sua possanza il lago di Centro Cadore.
Per salirlo occorre dunque lasciare la macchina quasi al lago, ovvero a circa 700 m. di quota, da cui si deduce che il volonteroso salitore deve sciropparsi oltre 1.500 metri di dislivello (e dico oltre a causa di un rispettabile saliscendi verso la fine).
Questa occasione di salirlo è per me particolarmente emozionante: il Picco di Roda mi è familiare da almeno 50 anni essendo io in grande confidenza col Cadore fin dal lontano ?59 quando iniziai a frequentarlo nelle vacanze estive.
Mi sono ripromesso infinite volte di salirla questa fiera testa rocciosa emergente dal suo verde, nobile mantello e impreziosita da una lunga e bianca cravatta centrale, una testa regale e fiera che ho sempre ammirato dalla finestra di casa mia a Tai di Cadore; ma per motivi vari non ho mai portato a termine il progetto.
Oggi la giornata è calda, limpida ma greve di foschia, e promette dunque afa e forse anche qualche temporale nel tardo pomeriggio.
In questa impresa non sono solo, mi accompagna il mio pargolo Falchetto.
All?inizio della salita c?è una stradina asfaltata ma impercorribile in auto a causa di certi scoli trasversali profondissimi che non mi sento di affrontare con la mia auto cittadina.
Poi a quota 1.130 circa, il nostro percorso si separa dalla strada e inizia a salire nel bosco.

Il sentiero nel bosco
Così prosegue stando prevalentemente sul crinale della cresta boscosa che prende il nome di Croda Longa prima e Costa Precipizio poi.

Vista sulle Marmarole oltre il lago di Centro Cadore
Al sommo di questa, a quota 1.980 circa, il sentiero si incunea in una ripida gola verde in discesa. Dalle carte Tabacco che possiedo si capisce che questa è una variante recente, il vecchio sentiero pare corresse più a est procedendo su esterne spalle mugose. Il motivo di questa variante non mi è del tutto chiaro, fatto sta che il vecchio sentiero non è più identificabile per cui non resta che scendere la gola e raggiungere in fondo a essa un catino ghiaioso, le cui ghiaie discendono da alcune alte forcelle.

La verde gola discendente e il catino ghiaioso; la traccia poi risale la forcella di sinistra
La traccia si insinua decisa risalendo una di queste, ma al centro il ghiaione è molle e non è facilmente percorribile in salita, motivo per cui cerchiamo di rimontarlo spostandoci a sinistra e a destra, dove massi di maggiori dimensioni e il fianco roccioso stesso del canale offrono più saldo contributo all?ascesa.
La salita è faticosa ma alla fine raggiungiamo la forcella, al di là della quale un lungo traverso ulteriormente ascendente tra i mughi porta finalmente nei pressi del Passo di Roda.

Traverso finale mugoso verso il Passo di Roda
Da questo passo un sentiero di cresta conduce a una prima vetta, quindi discende e risale a una seconda vetta intesa come vetta principale, sulla quale finalmente sostiamo.
La meta è stata raggiunta in 4 ore precise.

In vetta

Un'anticima più bassa nasconde in parte la visuale verso Tai di Cadore

Vista sugli Spalti di Toro

Oltre il basso Passo di Roda, vista sul Duranno a destra; emergono anche le ugualmente lontane cuspidi della Cima dei Frati e della Cima dei Preti
Il ritorno, effettuato per la stessa via di salita, non ha molta storia. Da notare solo qualche bella scivolata, e qualche involontario scivolone, su ghiaia, nonché la prevedibile tribolazione che una discesa di 1.500 metri comporta, e che si conclude infine alla macchina in 3h30m dalla vetta.
Quanto al previsto temporale invece nulla di fatto, in fondo quando ripartiamo in macchina verso casa sono appena le 15.30, avrà tempo di organizzarsi.
Senza di noi, però.
