Bivacco in uno stato di meraviglioso disordine: sacchetti, cibo, materiali, indumenti sparsi a caso ovunque, e senza nessuno che mi rimproveri per questo.
Sono arrivato verso l'una del pomeriggio, ma già verso le 3 ecco farsi avanti il primo tarlo. Me l'aspettavo: in fondo sono qui anche per questo, ovvero per soddisfare quelli che più che progetti sono veri e propri tarli della mia mente. Vado a spiegarmi meglio.
C'è un sentiero che parte da Pradimezzo (Cencenighe Agordino) e si inoltra a rimontare le Pale di San Lucano. La cosa curiosa è che appena a monte del paese, appena finite le ultime case, proprio lì passa la isoipsa dei 900 m. E cosa ugualmente curiosa, lungo questo stesso sentiero ed esattamente sulla isoipsa 1.700 m è situata, in bella posizione soleggiata su aperto prato, la Casera di Ambrosogn. Insomma tra questi due punti ci sono 800 m giusti giusti di dislivello. E da qualche tempo il mio tarlo è il seguente: sarei in grado di farcela a percorrere questo tratto in un'ora?
Ebbene oggi ci ho provato.
Parto deciso, forse anche un po' troppo allegrotto. Sono in tenuta leggera e porto sulle spalle uno zainetto da 18 litri con acqua e tutto il materiale che reputo proprio indispensabile, senza il quale in montagna non muoverei un solo passo.
La luce è abbacinante in questo torrido pomeriggio di questa fine anomala d'agosto, e non circola una bava di vento.
Dopo pochissimi minuti comincio a boccheggiare: l'aria davanti al mio naso è proprio sparita, procedo in una bolla di vuoto pneumatico. Mi sento soffocare, mi sembra di stare come quando nuoto dove non si tocca e l'acqua tenta di sommergermi. Non ho un rapporto proprio idilliaco con l'acqua io, ma con l'aria di montagna però sì, o almeno in teoria dovrei avercelo, ma qui l'aria è proprio sparita e i miei polmoni pompano spasmodicamente il nulla. Devo rallentare, ora quasi passeggio ma l'ansimare non si placa.
La pendenza è a volte impietosa, ma a volte indugia un po' facendomi riposare. Le gambe rispondono bene, d'altra parte lo so che sono in buona forma, ma sono invece i polmoni quelli che annaspano.
Continuo così con alterna pena sbirciando ogni tanto orologio e altimetro e facendo rapidi calcoli a mente. Non so, ho molti dubbi, temo che non ce la farò.
Gli ultimi metri però li supero bene, il bosco si dirada e compare la luce dei prati alti. Le ultime svolte le conosco a memoria, in fondo la casera non è lontana e l'ora non è ancora scaduta. Arrivo a consumare l'ultimo slancio quando l'ora scocca. Sono arrivato. Ce l'ho fatta. 800 metri/ora, il mio traguardo è raggiunto.
Ma a che pro tutto questo? mi chiederete; in fondo non sei mica un runner, e 800 m/h sono appena più che una performance da buon trekker, un vero runner 800 m se li beve in poco più di mezz'ora.
Già, infatti, proprio così. Però, vedete, a me della velocità non mi è mai fregato una cippa, e non mi sono mai allenato per questo tipo di prestazioni. Dunque questa la considero solo una verifica del mio stato naturale di forma nel 60° anno della mia vita, e da quando ho cominciato a invecchiare (sì perché una volta non invecchiavo affatto) di queste verifiche sento estremo bisogno. Faccio come fa un ipocondriaco quando teme una brutta malattia, ascolto ogni sintomo e mi misuro continuamente.
Perché io sono davvero ipocondriaco, lo ammetto, però soltanto nei confronti della vecchiaia.
E la vecchiaia è una malattia che si può solo rallentare, perché quanto a una cura definitiva siamo ancora ben lontani dal trovarla.

Ad ogni modo se questo inverno avrò palle per fare un po' di allenamento, ho capito dove dovrò puntare: sul fiato, sui polmoni, sul sistema cardiocircolatorio. Rispetto a questo sgangherato sistema, poveraccio lui, le mie pur esili gambe risultano oversized. Vabbè, vedremo cosa si riuscirà a ottenere.
E grazie a chi ha avuto la pazienza di arrivare a leggere fin qui.
