Per salire il Pizzocco occorre andare a San Gregorio nelle Alpi, e da qui raggiungere la frazione di Roncoi dove si lascia l'auto a quota m.747.

Rustico in frazione Roncoi
Lungo la salita verso il Pizzocco un interessante punto di sosta intermedio è il bivacco Palia (m.1577) affacciato alla Valbelluna. Nei pressi di questo, però, la vista migliore si gode dal monte Piz (m.1608), un belvedere più che una cima, attrezzato con la sua brava croce in ferro. Da questo punto una ripida cresta erbosa scende fino al Rifugio Casera Ere (m.1297), bel luogo di ristoro in amena e panoramica posizione, meta di pantagruelici appuntamenti domenicali.
In questa stagione io sono sempre alla ricerca di mete che mi possano aiutare a recuperare la forma fisica in vista dell'estate, per cui le mie attenzioni si rivolgono spesso a questa prima fascia alpina sulla quale la neve si scioglie in anticipo grazie all'alito caldo che sale da sud. E visto dalla Valbelluna, ieri il Pizzocco appariva proprio bello pulito e incoraggiante.
Nell'ossessione di raggiungere un grado di allenamento accettabile, nella prima ora di escursione (o comunque fino alla prima meta significativa) sono solito salire a una velocità che non potrei sostenere ulteriormente. E poi valuto: se dopo pochi minuti di riposo non mi sento pronto a ripartire significa che la mia forma è ancora carente e allora sono anche capace di rinunciare a proseguire. Se invece questo non accade, dopo dieci muinuti di sosta riparto e completo il programma.
Arrivato così di slancio al biv. Palia, notai che il tempo che ci avevo messo era identico a quello di due anni fa. Ottimo, dunque; mantenermi è già per me un grande risultato. Lungo la salita quasi nessuno, solo un gruppetto di 5 ragazzi francesi di Grenoble (questo però l'ho saputo dopo).

Il bivacco Palia
Dopo breve sosta al bivacco ripartii stavolta prendendo un ritmo decisamente meno indiavolato.

Verso il Pizzocco
Notai con piacere che la neve era poca, solo qualche piccola chiazza all'ombra, ma...
Lo sapevo bene che c'è un punto speciale in questa salita, l'unico esposto: si tratta di una breve cengia stretta da passare con una certa attenzione, d'estate niente di speciale. Però la neve, sapendo che io non nutro per lei sentimenti benevoli, stavolta aveva deciso di tendermi proprio lì la sua trappola: una bella colata di roba fonda, bagnata, inconsistente rendeva invisibile tutta la cengia. I bastoncini affondavano senza sforzo fino all'impugnatura, pareva di immergerli nella panna montata.

L'inizio della cengia
Sono stato tentato di rinunciare, ma poi applicando la filosofia della calma e mettendo un piede dopo l'altro mi sono battuto una bella traccia, passando e ripassando, stando attento a consolidare bene quello che pestavo per non avere brutte sorprese. È stato un lavoro di precisione, alla fine ci sarebbe passato senza problemi anche Annibale con tutti gli elefanti. Ci ho messo un'infinità di tempo per quel brevissimo tratto, forse anche una mezz'ora, poi arrivato dall'altra parte mi sono seduto a riposare. Quand'ecco spuntare inaspettatamente i francesi, i quali dopo una prima perplessa occhiata a quel traverso poco invitante, sfruttando la "mia" traccia mi raggiunsero in pochi minuti, ringraziandomi pure per il servizio.
Da lì, superata la forcella tra il Pizzocchetto e il Pizzocco, ci sono altri 200 metri per la cima, anch'essa dotata della sua brava croce in ferro. Ma si tratta piuttosto di una cima convenzionale. Per raggiungere la cima vera si deve percorrere una cresta che d'estate non presenta problemi ma che ieri appariva sormontata dalla solita brutta neve bagnata e inconsistente. Decisi così di contentarmi e di fermarmi alla croce.

La cima vera del Pizzocco

La cresta innevata
Intanto i francesi, che mi avevano raggiunto in vetta, mi confessarono che se non fosse stato per la mia traccia sarebbero tornati indietro.

I francesi in cima
A quel punto tentai di farmi pagare, senza però riuscirci. I francesi anzi rilanciarono, proponendomi (per scherzo, s'intende) di fare per loro un'altra traccia lungo tutta la cresta, e meritandosi così da parte mia il gesto dell'ombrello (che non so quanto sia internazionale, ma che dettero l'impressione di comprendere bene).
Il tempo si incupiva e così, salutati i giovani, scesi veloce fermandomi appena un momento presso la cima del monte Piz, e scendendo poi per la verde cresta, lungo una traccia non segnata, fino al Rifugio Ere, in questa stagione chiuso al di fuori dei fine settimana.

La croce del monte Piz

La cresta che scende dal monte Piz al Rifugio Casera Ere

Il Rifugio Casera Ere
Dopo un'altra mezz'ora di discesa ero alla macchina, giusto in tempo per evitare un diluvio che, immagino, avrà invece colto quei francesi profittatori di tracce altrui in un punto imprecisato privo di riparo: in fondo c'è giustizia, a questo mondo.
