Lascio la macchina a La Valle a quota 900 m. circa, dove inizia una strada ad accesso limitato che porta ad alcune malghe, la più famosa delle quali è certamente, e non immeritatamente, la Malga Foca (che dio la benedòca).
Giunto a un capitello dall?interno del quale una madonnina, detta la Madona dei S?ciar, ti guarda con occhi attoniti e spiritati, prendo una scorciatoia che salendo nel bosco senza tanti complimenti porta alla f.lla Folega, nei pressi della quale c?è un bel baitino rinnovato, il Bait de Folega, aperto e accessibile.

La Madona dei S?ciar

Il Bait de Folega
Da qui alla f.lla Pongol il passo è breve. Poco oltre quest?ultima forcella (quota 1.549 m.) si diparte il sentiero che sale al Celo, una sequela di serpentine tra i mughi che mi permette di guadagnare rapidamente quota. Arrivo in una zona incenerita dal recente incendio che ha devastato il versante orientale e meridionale, e ne esco che sembro un carbonaio.

Nella zona arsa dall?incendio
Un triste camoscio incrocia la mia strada, fa impressione vederlo in questo luogo di neri spettri carbonizzati, probabilmente è spaesato da questa inconsueta boscaglia pietrificata fatta di rami neri e scheletriti.

Camoscio tra i mughi arsi
Salgo in fretta, il sentiero è buono e porta rapidamente alla vetta (2.083 m.).

Sulla vetta del Celo, vista verso le Pale di San Martino

L?inconfondibile profilo della vicina Schiara
Da lì il sentiero continua scendendo lungo la cresta occidentale del monte e insinuandosi in un vallone pietroso che divide in due tutto il versante nord.

Il vallone che scende ripido a nord
Mi precipito giù per questa traccia che permette una veloce discesa fino a incontrare il sentiero che, seguendo il tracciato di una antica strada militare, taglia orizzontalmente tutto il versante nord. Per questo rientro infine nuovamente alla f.lla Pongol.
Ma sono appena le 11 o poco più, troppo presto per tornare a casa, vero? E? quello che ho pensato anch?io. Imbocco dunque il sentiero che da qui sale alla lunga costiera della Valaràz (1.883 m.), e dopo aver toccato con vari saliscendi le Pale del Fien, le Cime de Scalabras, il passo di Scalabras, arriva a ricongiungersi col sentiero che scende dalla f.lla Moschesin e che porta alla Malga Moschesin (1.800 m.). Da questa è possibile scendere poi a Malga Foca (che dio?) e ritornare quindi a La Valle. E questo è precisamente ciò che ho fatto.
Confesso che questo giro non l?ho progettato con gran cura, è venuto un po? da sé, mi sono lasciato trasportare dall?ispirazione del momento. E alla fine tra saliscendi vari (alcuni dovuti anche a errori di percorso con conseguente ritorno sui propri passi poiché la traccia non è sempre così evidente) penso di aver fatto qualcosa come 1.725 m. di dislivello in salita e altrettanti in discesa, per uno sviluppo complessivo di 18,750 km.
Non intendo di sicuro relazionare su tutto per filo e per segno, mi limiterò a raccontare solo qualche impressione.
-Appena subito sopra f.lla Pongol faccio un incontro interessante: una vispa viperozza proprio in mezzo al sentiero, adagiata sulle foglie secche di faggio. Quando mi vede tenta di scappare sotto un sasso, ma io che sono un coscienzioso e sistematico rompicoglioni la stano dolcemente con la punta del mio bastoncino, che lei tenta di mordere ripetutamente. E? spaventata poverina, ma quando poi alla fine capisce che la voglio solo fotografare esce e si distende con consumata arte da modella, docile ai miei flash. Scatto, la saluto e proseguo.

Vipera
[Nota polemica]
-Qualcuno ha avuto la bella pensata di scrivere un libro sponsorizzato dal Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi intitolato ?La Montagna dimenticata?, che descrive il percorso che ho fatto in buona parte io, prolungandolo però a monte e a valle fino a farlo arrivare alla miniere di Valle imperina. Non contento di ciò, il Parco ha disseminato questo percorso di cartelli dalla grafica accattivante che richiamano il titolo del libro. Pare poi che con iniziativa precedente, della quale ho purtroppo perso le tracce, qualcun altro abbia avuto l?idea geniale di inventarsi una fantomatica Via dei Capitaniati, segnandone alcuni punti con cartelli appositi e dipingendo qualche segno azzurro sugli alberi qua e là. Ecco, lungo il mio percorso ho trovato parecchi di questi segnali, e dire che fanno solo confusione (a mio parere modestissimo) è usare un eufemismo. E? cosa arcinota come i sentieri, anche quelli seri e consolidati, col tempo si degradino, i segnavia si stingano, i cartelli cadano, i tracciati crollino, gli alberi cadano sbarrando la via, i costoni franino, ecc. ecc. Figuriamoci dunque cosa resterà tra qualche anno di queste cervellotiche vestigia. Ora la mia opinione è la seguente: il compito del segnavia non è quello di suggerire improbabili concatenamenti tematici, ma è soltanto quello di definire con precisione e in modo univoco tratti di sentiero, lasciando poi a ogni singolo percorritore il compito di inventarsi concatenamenti tematici a suo esclusivo uso e consumo. Oppure ben vengano anche i suggerimenti da parte di pubblicazioni in grado di sopperire alla mancanza di estro degli escursionisti più pigri, però almeno vorrei che ci si limitasse a suggerire di concatenare il sentiero 543, col 541, ecc. ecc. evitando di disseminare la montagna con cartelli tematici, in parte sovrapposti e in parte no alla segnaletica ufficiale. Tutto il resto è noia (e casino).
[Fine della nota polemica]
-La prima metà del percorso, che si svolge in cresta o poco sotto di essa, è impressionante a causa degli scoscendimenti che sprofondano nella Val Clusa, mille metri più in basso. E? incredibile come questi costoni verdi e ben inerbiti possano rimanere sospesi in certe posizioni innaturali ridendosene della gravità. Tratto di grande fascino da passare con qualche circospezione. Come molti altri itinerari tracciati lungo verdi creste, ispira serenità.

Tracce serene su verdi aerei crinali
- Forcella Scalabras è davvero brutta, come anche il suo nome lascia intuire.

Il Tamer e il Castello di Moschesin ripresi da inconsueta angolatura
-Alla Malga Moschesin c?è finalmente acqua (la precedente era vicino al Bait de Folega). Mai stato così disidratato come in questa traversata, ho bevuto come un cammello.

La Malga Moschesin

La malga Foca
-Alla Malga Foca (?la benedòca), ho incontrato due graziose raccoglitrici di lamponi?

Lamponi alla Malga Foca
?che me ne hanno offerti in cambio di alcuni miei racconti epici, gli stessi che sto elargendo qui gratis. Anzi, adesso che ci penso stavolta sto proprio esagerando con la prodigalità, dunque in assenza di ulteriori donazioni di lamponi smetto subito.