Ed è così che in comune accordo con Alberto, lunedì scorso decidiamo di provare questa via e come al solito per questi posti le levataccie sono consuete.
Appuntamento alle 4.45 in Val San Lucano e da Col di Prà, prendiamo la traccia che zigzagando in mezzo ai faggi (abbiamo lasciato qualche ometto) sale ripidamente, raggiungendo la cengia sopra l?affioramento roccioso orizzontale alla base della Lastìa di Gardes; tratti in inganno da un?ulteriore fascia di parete, ci alziamo troppo e quando traversiamo a destra l?unico modo di ridiscendere è fare qualche doppia tra la fitta vegetazione. Giunti nel tetro canalone Van del Pez, raggiungiamo una cengia alberata attraverso una parete erbosa (non banale e pericolosa! 3 chiodi di cui 2 di sosta), e da qui finalmente all?attacco della via. Fin qui 5
ore: probabilmente noi ne abbiamo persa una salendo e scendendo, ma ci sembra che siano comunque da mettere in conto 4 ore.
Qui guardando in su non si può non rimanere impressionati dall?oceano di
roccia che ci sovrasta: sembra di essere fuori dal mondo. La relazione di Casarotto e Radin, è molto accurata (anche se a nostro parere i gradi sono un po? stretti) e la via è molto logica, per cui non abbiamo difficoltà a salire velocemente. La roccia all?inizio è un po? detritica, poi si fa
ottima nella parte centrale, dove tra l?altro abbiamo scelto di fare la variante intermedia.
Bisogna invece prestare particolare attenzione nel tiro sopra la sommità del pilastro con roccia scagliosa, mentre il penultimo tiro è piuttosto pericoloso, dal momento che è franato un pezzo di montagna e la roccia è quasi terrosa con grosse scaglie instabili (chiodo lasciato). E? impressionante traversare sotto questi enormi strapiombi gialli, pensando che qui nel 1908 precipitò una spaventosa frana che causò la morte di una trentina di persone e la distruzione degli abitati di Prà e Lagunaz.
E? una via in cui spesso non si riesce a proteggersi adeguatamente: rocccia particolarmente compatta, poche fessure e cieche, irregolari e spesso erbose. Negli ultimi tiri abbiamo lasciato 3 chiodi oltre a quelli segnati nella relazione e nei tiri finali, guardandoci sotto, rimaniamo impressionati dal vuoto che abbiamo: questo è un posto da aquile, non da uomini?!!
Dopo 8 ore e mezza di salita siamo fuori, il tempo di mangiare qualcosa e commentare entusiasticamente che ci scapicolliamo giù per il sentiero che ci riporta a Pont e poi alla macchina in poco meno di un?ora e mezza, disfati dalla stanchezza ma felici come non mai.
Questa è la quinta ripetizione dal 1974 e come per la gran parte delle vie di queste montagne così vicine e così lontane, le ripetizioni a distanza di tantissimi anni si contano solo su una mano?fortunatamente?
Tirando le somme, dobbiamo fare i complimenti come al solito al povero Casarotto e al suo compagno Piero Radin per l?intuito e la volontà di raggiungere posti del genere per aprire linee sempre dure, belle, ed estetiche.
Naturalmente un pensiero va ovviamente a Marco Anghileri, per aver ripetuto questa via in solitaria invernale?.congratulazioni, veramente!!
Beppe e Alberto
Alberto nei tiri iniziali
Sulla variante Del Din-Santomaso
Sempre Alberto sul tiro sopra la sommità del pilastro
Sul 10° tiro della meravigliosa lama
Verso la fine del 10° tiro
Sul terz'ultimo tiro con la Valle di San Lucano ai piedi