da ultimo alpino » ven giu 10, 2005 16:55 pm
da huizinga » ven giu 10, 2005 17:36 pm
da Siloga66 » sab giu 11, 2005 9:06 am
da AlbertAgort » dom giu 12, 2005 19:53 pm
da Marco Anghileri » lun giu 13, 2005 9:06 am
Siloga66 ha scritto:La Solleder, come dice Iacopelli, è in condizioni poche settimane o spesso pochi giorni all'anno. Ma in giugno non lo è mai stata.
da Marco Anghileri » lun giu 13, 2005 9:07 am
Siloga66 ha scritto:La Solleder, come dice Iacopelli, è in condizioni poche settimane o spesso pochi giorni all'anno. Ma in giugno non lo è mai stata.
da Marco Anghileri » lun giu 13, 2005 9:08 am
Siloga66 ha scritto:La Solleder, come dice Iacopelli, è in condizioni poche settimane o spesso pochi giorni all'anno. Ma in giugno non lo è mai stata.
da MauriS » mar giu 14, 2005 8:13 am
da MauriS » mar giu 14, 2005 8:14 am
da MauriS » mar giu 14, 2005 8:17 am
da Marco Anghileri » mar giu 14, 2005 18:33 pm
da sberla » mar giu 14, 2005 22:42 pm
Marco Anghileri ha scritto:Be',
quel giorno di giugno con la pioggerellina ero in compagnia di un amico che non era mai stato in Dolomiti a scalare e si era fidato delle parole del suo compagno "dai che danno bel tempo, vedrai che ambienti!"...in cima allo zoccolo si capiva che il tempo non era il massimo e che di ambienti meravigliosi non ne avrebbe visti...ma anche lì ha dato fiducia alle parole del suo compagno..."Ok Michele, se non aumenta la pioggia per me si può anche salire, prima del traverso facciamo il punto della situazione e vediamo, da lì si scende ancora senza troppi problemi... andiamo via veloci, quando finisce la corda vieni a dietro".
In due tiri eravamo al traverso, la pioggerellina era sempre quella e la fiducia anche.
Con un tiro l'arrivo alla fessura friabile altezza cristallo e bevuta, poi le parole famose da me pronunciate..."andiamo, ci vediamo in cima!"
con due tiri eravamo su e pure col sole.
Quel giorno era una prova generale che mi diede una bella sorpresa...cinque ore per la Solleder fatta in conserva e con la pioggerellina![]()
Ma allora da solo ce ne metto meno di quattro?!
e invece, circa un mese più tardi e quel giorno da solo...
L'AZIONE E IL RICORDO
di Marco Anghileri
Il freddo, la neve e la fatica della ripetizione in solitaria invernale alla via Solleder sulla Civetta sono ricordi ancora vivi ed intensi dentro di me. Forse un po? sbiaditi ed appannati dai mesi successivi appena trascorsi, nei quali, dopo un riposo forzato a causa dei congelamenti riportati i pensieri si sono indirizzati verso un nuovo progetto che mi affascina da qualche stagione.
Ora, in un giorno di piena estate, giungo ancora alla Malga Pioda sotto la Civetta nel pieno dello svolgimento del nuovo progetto tanto interessante che consiste nel concatenamento in giornata e solitaria delle pareti Marmolada, Civetta, Agner, per le vie Vinatzer/Messner, Solleder e Gilberti.
Al momento di muovere i primi passi verso il rifugio Coldai ho il primo flash-back che mi riporta a sei mesi prima, esattamente al 14 gennaio ed al freddo delle sette del mattino con l?aria tipica e gelida che tira sui colli di montagna. Anche quel giorno d?inverno, nello stesso luogo, stavo seguendo la voglia e lo stimolo di andare a vivere un mio grande sogno. Con gli sci ai piedi e 33 kg di materiale appresso, mi avviavo per raggiungere il presumibile traguardo della giornata; arrivare in cima allo zoccolo e, perché no? salire anche un paio di tiri per entrare in sintonia con quell?avventura.
Ora invece sono qui in piena estate, con tutte le abissali differenze che ne comporta.
A quei pensieri, partendo leggerissimo e semplicemente con due rinvii, due fettucce, magnesio, scarpette, una barretta e un panino, accenno decisamente un sorriso e avverto per la prima volta nella ?corsa? sulla Solleder di oggi una strana sensazione che si rivelerà poi essere un misto di ricordi, sorprese, pensieri ed emozioni che mi accompagneranno per tutto il corso della salita.
Passo dopo passo, ritornano lucidi molti brevi momenti vissuti e cose fatte che sono stati riposti e messi in disparte nella mia mente. Attimi e situazioni forse non di primaria importanza per la riuscita dell?invernale ma comunque facenti parte di una moltitudine di piccoli elementi che nel loro insieme mi hanno permesso di realizzarla.
Il posto è sempre lo stesso, ora però appare molto differente. Niente pendii di neve da interpretare per impiegare meno tempo e sprecare minor fatica, al più posso scegliere qualche scorciatoia da seguire per non fare tutti i tornanti del sentiero.
Raggiunto il rifugio Coldai, nonostante la ?corsa contro il tempo? che sto facendo, penso che una breve sosta di qualche minuto per salutare gli amici gestori non arriverà a compromettere il concatenamento. Sull?uscio, il pensiero dilaga agli attimi trascorsi in inverno. Feci una breve sosta nel locale invernale a me molto familiare per scrivere due righe del mio passaggio, e poi via, saccone in spalla e sci ai piedi.
Il tempo che trascorre anche quel giorno aveva la sua importanza ma paradossalmente, nonostante le giornate più corte ed il mio lento procedere, era meno predominante di oggi.
Lo sapevo! Fa parte della mia filosofia maturata in anni di invernali. Avrei utilizzato il tempo che quella salita mi avrebbe richiesto per viverla al meglio e soprattutto per viverla in relativa sicurezza interiore, fosse stato questo un giorno o una settimana. In mezzo a molti problemi e difficoltà da affrontare non era predominante agitarsi e cercare di recuperare alcuni secondi nelle situazioni, tutto ciò sarebbe servito solo a generarmi stress inutile. L?importante era andare a vivere l?avventura che sognavo da tempo nel modo giusto per farmela piacere.
E lo stesso lo sto vivendo ora, nello stesso luogo, dove le tappe da raggiungere stando in tempi prestabiliti però giocano un ruolo molto importante per la riuscita del progetto. E allora via! Ad andatura regolare e sostenuta, cercando di non esagerare considerato quello che devo ancora affrontare.
Nell?attraversare il tratto vicino al laghetto, resto sorpreso di come il mio fisico reagisce bene nonostante abbia già salito un?ora e mezza prima una parete come la sud della Marmolada, e ancor più mi stupisco dei tempi di percorrenza che sto realizzando, addirittura minori di quelli pronosticati sapendo inoltre di aver mantenuto un?andatura forzatamente inferiore alle mie potenzialità.
Questi pensieri navigano nella mia mente, inframmezzati dai flash che a fasi alterne mi riportano all?inverno precedente. Ma oggi, l?estate la percepisco benissimo. Quanta gente c?è sui sentieri illuminata da un sole splendente di tarda mattina e non ancora disturbato dai cumuli d?umidità che cominciano a prendere forma sulle cime circostanti.
Veloci scorrono i pensieri e le emozioni che invadono il mio cuore, in questo momento inversamente proporzionali alla lentezza del procedere d?inverno. Anche allora ero giunto nel punto che io definisco ?la porta d?ingresso? alla parete nord-ovest della Civetta e cioè la forcella di Col Negro. Ero stato disturbato dalla neve soffiata che mi fece faticare non poco per arrivare proprio sulla forcella, ma l?apertura di un paesaggio così affascinante, alimentò in me una spinta interiore ancora più forte verso il mio progetto. Una sensazione che si ripresenta anche adesso, essendo pronto a mettermi a confronto con la parete e con me stesso attraverso i semplici mezzi di cui un uomo dispone: mente e corpo.
Incrocio gente che giunge dal rifugio Tissi. Persone di ogni genere e tipologia, e non sento alcun tipo di solitudine, forse un po? di estraneità ma molto sottile, perché nonostante gli obbiettivi completamente differenti in questo momento stiamo tutti facendo una cosa che ci accomuna ? andiamo in montagna.
Oltre al posto, solo una cosa c?è in comune fra l?invernale e questo concatenamento, o meglio, una persona. Walter Bellenzier gestore del rifugio Tissi e grande amico, che sta aspettandomi nei pressi dello zoccolo con qualcosa da bere e da sgranocchiare. Anche allora venne lì per prendere sci e scarponi abbandonati da me all?attacco. Due semplici gesti ma di grande umanità ed amicizia.
Salire lo zoccolo in velocità ed arrivare alla grotta posta alla base della fessura d?attacco non mi crea in versione estiva nessun problema. Dentro me, i paragoni con l?inverno sono molto frequenti nei primi tratti della via; sulla fessura ed il diedro per raggiungere in breve il famoso camino bloccato. Mi accorgo di voler trascorrere qualche attimo in più alla sosta che precede quel camino, sulla quale d?inverno dovetti fare una doppia di troppo con relativa risalita per recuperare il Gri-Gri che mi era caduto. Alzando lo sguardo, la strozzatura strapiombante del camino fa addirittura più impressione ora. Mi era già capitato di avere meno soggezione di una parete in condizioni invernali piuttosto che estive, quando la tranquillità, l?abbandono, i silenzi e la presenza della neve, regalano quasi l?impressione di sentirla addormentata.
Quanti vivi ricordi nei metri di dolomia verticali che fiancheggiano la strozzatura del camino. Gli appigli che utilizzo sopra la sosta sono ancora gli stessi ma la loro dimensione appare quasi raddoppiata senza la presenza di ghiaccio e neve. La relazione dice chiaramente di ??salire dritti sullo spigolo di sinistra del camino?? ma in quel freddo 15 gennaio, l?aspetto ostile ed alcuni chiodi sulla sinistra, mi portarono verso quella direzione. Ora invece non c?è proprio nulla che possa disturbare o impedire la mia progressione, se non la mia mente con le sue paure. Ma queste non hanno ragione d?esistere?mi sento molto bene e così la curiosità, l?incognita ed anche quell?aspetto ostile ma accattivante sono la spinta per voler salire quei metri esattamente come la relazione li descrive. Movimenti fantastici, forse i passaggi più belli dell?intera salita. Uno splendido mix fra esposizione, bella roccia ed il piacere dell?arrampicata non estrema e di grande soddisfazione. Al termine del tiro posso fare solo due considerazioni: darmi dello stupido per aver sbagliato in inverno e prendere ancora più atto della forza e capacità dei primi salitori, Emil Solleder e Gustav Lettenbauer, nell?affrontare quel tratto.
Da lì in avanti è un continuo susseguirsi di momenti significanti. Il punto del secondo bivacco effettuato nell?invernale, un terrazzino di neve spianata ricavato da un pendio a ridosso della parete del quale posso ancora scorgere i segni dei chiodi da me infissi in quei giorni ad almeno un metro sopra lo spazio utile di battuta che le mie braccia potrebbero utilizzare in questo momento. E poi il famoso e lungo traverso verso destra che tanto mi aveva fatto dannare a causa del sacco da recupero. I tiri dei diedri a metà parete superati anche allora senza grandi problemi perché sgombri dalla neve, fino a giungere con un?emozione incredibile nei pressi di quel terrazzino dove trascorsi la terza notte?forse la più fredda, forse la più lunga, forse la più difficile di quei cinque giorni e di tutte le mie notti in montagna.
Guardo l?orologio e resto incredibilmente stupito nello scoprire d?aver impiegato solo 55 minuti per giungere qua, quasi metà del tempo previsto!
Spendo qualche minuto per cercare e poi osservare attentamente quel metro di roccia orizzontale del bivacco e quasi non lo riconosco per la differenza che c?è senza la neve. Sono trascorsi più di sei mesi ma avverto quasi la sensazione d?esserci stato semplicemente il giorno prima. Sento ancora tutto vivo e forte dentro me. Chiudo gli occhi e riesco per un attimo ad immedesimarmi ancora esattamente nella posizione che mantenni quelle ore, a percepire tutto ciò che mi aveva circondato, addirittura anche i miei stati d?animo. Mi ricordo, e lo sento anche adesso, com?ero permeato nello stesso istante da quelle convinzioni e paure, autocontrollo e precarietà, stima di sé stesso e dubbi e mille altre spigolature del mio carattere che in certi momenti trascorsi in montagna riesco ad avere e soprattutto a percepire.
Con il cuore colmo d?emozione raggiungo il tratto della cascata e poco dopo quel benedetto muro che tanto mi aveva fatto tribolare in inverno. Nel percorrerlo appare chiara ed evidente l?enorme differenza tra l?inverno e l?estate che già ho avuto modo di incontrare ma che in questo punto raggiunge davvero l?apice. Cinque metri in camino con una lieve strozzatura strapiombante ed il passaggio in uscita non del tutto semplice ma che, con le scarpette sulla roccia e con l?alternanza di opposizioni, spinte e qualche appiglio, percorro in brevissimo tempo.
Incredibile!!! In inverno impiegai un?ora e mezza o forse più, perché non trovavo il modo di alzarmi dal fondo del camino. Un muro di neve completamente verticale e con un fungo in alto. Neve fredda ed inconsistente che non reggeva il mio peso. Dopo tre tentativi tutti falliti, non sapevo più cosa poter fare per riuscire a venirne a capo. Insomma, ero di fronte ad un passaggio che pur non essendo estremamente difficile, mi stava creando una situazione decisamente complicata e strana. Eppure qualcosa dovevo inventare, una soluzione dovevo trovarla. Non pensavo assolutamente al tempo perso, quello non era un problema, o almeno non era il problema principale. E neanche alla via in sé, alla solitaria invernale. Ormai era solo una questione fra me e quel muro di neve. Lo guardavo dal basso ed era come partecipare ad un ?gioco?, senza rendermi esattamente conto dove lo stavo giocando, e cioè, in pieno inverno, solo ed arroccato a 800 metri da terra. Ero attirato dalla voglia di riuscire in quel gioco, di non darmi per vinto e trovare la soluzione del problema.
Ora invece salgo velocissimo cercando anche di ricordare come vinsi la partita.
I pensieri vanno e vengono e non riesco a ricordarlo pienamente. Alla fine mi dico semplicemente che se avevo avuto la voglia di andare a giocare quel ?gioco?, voleva dire che avevo anche le carte giuste per vincerlo. Una spiegazione forse poco razionale ma di grande aiuto morale anche per il nuovo gioco che in queste ore sto facendo. Nelle varie rientranze e strozzature del camino, cerco di capire l?esatto punto del quarto ed ultimo bivacco in parete: tutto è completamente diverso senza la neve ed il ghiaccio e me ne vado con il forte dubbio, di aver dormito semplicemente su di un terrazzo di neve sospesa!
Nonostante ora tutto mi venga molto semplice ed immediato, ogni metro che salgo fa aumentare il rispetto per quella ripetizione invernale insieme alla fierezza di me stesso per essere riuscito a portarla a termine. Non ho la minima esitazione sul percorso da seguire perché in quei punti è molto logico e soprattutto perché è ancora vivo nei miei ricordi. Più avanti, devo fare qualche passaggio su roccia delicata per raggiungere lo stretto camino considerato l?ultimo tratto impegnativo prima della cima. E? molto bagnato, freddo e con un po? di neve caduta due notti prima. Ricordo molto bene l?enorme sasso incastrato ed anche ora vi salgo completamente sopra per proseguire, ma nel resto del tiro capisco di arrampicare in modo decisamente differente. In inverno, a causa del sottile strato di ghiaccio spalmato sulla parete destra, cercai di alzarmi in spaccata lavorando esasperatamente con le punte dei ramponi per cercare degli appoggi che potessero rendere relativamente sicura la mia progressione in solitaria. Ora, alcune belle tacchette e soprattutto le scarpette spalmate sulla roccia mi fanno progredire senza problemi.
Un pensiero che sto avendo di frequente, è capire se mi sentissi più in sicurezza la volta dell?invernale grazie al sistema di auto-assicurazione, oppure oggi completamente slegato ma in condizioni della parete ed ovviamente anche mie, decisamente differenti. Certo! Sei mesi prima, il fatto di utilizzare il Gri-Gri ed una corda fissata alla sosta, erano una sicurezza, ma credo più psicologica che pratica. Essendo abbastanza abituato ad arrampicare completamente slegato, il semplice fatto di avere una corda con me era già una presenza rincuorante. In entrambe le situazioni comunque, la cosa sicura è una sola: la possibilità di un volo deve essere un elemento decisamente remoto ed inaccettabile.
Con questi pensieri giungo alla cengia ghiaiosa che precede gli ultimi tratti di parete. Avrei dovuto sentirmi ormai fuori, certo d?avercela fatta anche questa volta, ma il ricordo invernale del tiro successivo è ancora impresso nella mia mente. In quei 40 metri di strana arrampicata, avevo salito forse una delle lunghezze più complicate e ?stressanti? a causa delle condizioni trovate e di un vento allucinante che ormai da due giorni mi tormentava e raggelava.
Il destino però ha voluto che anche in questo giorno d?estate, le condizioni del tiro siano decisamente pessime: i segni del maltempo dei giorni precedenti li vedo purtroppo evidenziati da alcuni cm di neve che mi disturbano e mi fanno salire con una strana sensazione, aumentata forse anche dai ricordi invernali. Al termine del tiro mi sento sollevato da un forte peso e procedo veloce verso la cima.
Seppur poca, la neve presente mi impedisce di andare con le scarpette ai piedi a toccare i chiodi di una sosta lasciata d?inverno. In condizioni estive, nessuno sarebbe andato in quel punto lontano a fare sosta. Quella sera invernale però, col freddo intenso ed il buio che si avvicinava, raggiunsi un cono di neve e ne approfittai per alzarmi il più possibile, fino al termine dei 60 metri di corda disponibili. In quel momento, non potevo immaginare che quella piccola deviazione mi avrebbe permesso di arrivare in cima alla lunghezza successiva proprio con l?ultimo metro di corda risparmiandomi un?altra sosta e soprattutto tanto tempo.
Ora, ripensando a quella ?fortuita? situazione, voglio fermarmi un attimo a guardare quel luogo e quei chiodi che, proprio perché distanti, potranno rimanere lì come piccola testimonianza di una salita che resterà per sempre nel mio cuore.
Di nuovo via veloce, ormai sento d?essere giunto al termine, ora devo solo portarmi su medie e basse difficoltà all?uscita della via nei pressi della croce di vetta. Utilizzo questi momenti per sciogliere un po? il fisico e per cominciare a distrarre la mente. Nel giro di poche ore dovranno essere di nuovo pronti ad affrontare l?ultima delle tre grandi pareti del concatenamento, l?interminabile spigolo Nord dell?Agner.
Insieme alla felicità per la salita, negli ultimi metri cerco di risentire le emozioni percepite in queste veloci ma intense 2 ore e 15 minuti sulla Solleder. Le sensazioni si mischiano ancora una volta ai ricordi appena rivissuti in una circostanza che sta giungendo al suo termine. All?ultimo metro, paradossalmente sento quasi un po? di amarezza per il raggiunto termine ma capisco presto d?aver potuto vivere uno di quei momenti meravigliosi che resterà per sempre impresso nella mia memoria.
Proprio adesso afferro pienamente l?enorme soddisfazione ricavata da quei cinque giorni di solitaria invernale. Una soddisfazione interiore, derivata dall?essere riuscito a superare anche i duri momenti in cui mi dissi: ?Qui non ce la faccio??, a vincere quelle situazioni e quei limiti che forse non avrei mai creduto di poter superare.
Salgo ancora pochi metri sulla cresta dopo il colle d?uscita e illuminato dal sole caldo d?estate, raggiungo la croce e la cima vera e propria della Civetta.
Di lì a poco, alle 13:05 di quel fantastico 1° agosto 2000, i ricordi si diradarono lentamente e l?azione riprese con tutta la sua energia per arrivare ad arrestarsi poche ore più tardi sull?ultima delle tre meravigliose cime dolomitiche concatenate quel giorno, il monte Agner.
Marco Anghileri
Riferimenti delle salite:
14 - 18 gennaio 2000 ? 1.a solitaria invernale Via ?Solleder ? Lettenbauer? ? Civetta
1 agosto 2000 ? Concatenamento in solitaria
Vinatzer / Messner, Marmolada,
Solleder ? Lettembauer, Civetta,
Gilberti ? Soravito, Agner
Poi non dite che non si parla di montagna in questo Forum![]()
![]()
![]()
Marco
da sberla » mar giu 14, 2005 22:43 pm
Marco Anghileri ha scritto:Be',
quel giorno di giugno con la pioggerellina ero in compagnia di un amico che non era mai stato in Dolomiti a scalare e si era fidato delle parole del suo compagno "dai che danno bel tempo, vedrai che ambienti!"...in cima allo zoccolo si capiva che il tempo non era il massimo e che di ambienti meravigliosi non ne avrebbe visti...ma anche lì ha dato fiducia alle parole del suo compagno..."Ok Michele, se non aumenta la pioggia per me si può anche salire, prima del traverso facciamo il punto della situazione e vediamo, da lì si scende ancora senza troppi problemi... andiamo via veloci, quando finisce la corda vieni a dietro".
In due tiri eravamo al traverso, la pioggerellina era sempre quella e la fiducia anche.
Con un tiro l'arrivo alla fessura friabile altezza cristallo e bevuta, poi le parole famose da me pronunciate..."andiamo, ci vediamo in cima!"
con due tiri eravamo su e pure col sole.
Quel giorno era una prova generale che mi diede una bella sorpresa...cinque ore per la Solleder fatta in conserva e con la pioggerellina![]()
Ma allora da solo ce ne metto meno di quattro?!
e invece, circa un mese più tardi e quel giorno da solo...
L'AZIONE E IL RICORDO
di Marco Anghileri
Il freddo, la neve e la fatica della ripetizione in solitaria invernale alla via Solleder sulla Civetta sono ricordi ancora vivi ed intensi dentro di me. Forse un po? sbiaditi ed appannati dai mesi successivi appena trascorsi, nei quali, dopo un riposo forzato a causa dei congelamenti riportati i pensieri si sono indirizzati verso un nuovo progetto che mi affascina da qualche stagione.
Ora, in un giorno di piena estate, giungo ancora alla Malga Pioda sotto la Civetta nel pieno dello svolgimento del nuovo progetto tanto interessante che consiste nel concatenamento in giornata e solitaria delle pareti Marmolada, Civetta, Agner, per le vie Vinatzer/Messner, Solleder e Gilberti.
Al momento di muovere i primi passi verso il rifugio Coldai ho il primo flash-back che mi riporta a sei mesi prima, esattamente al 14 gennaio ed al freddo delle sette del mattino con l?aria tipica e gelida che tira sui colli di montagna. Anche quel giorno d?inverno, nello stesso luogo, stavo seguendo la voglia e lo stimolo di andare a vivere un mio grande sogno. Con gli sci ai piedi e 33 kg di materiale appresso, mi avviavo per raggiungere il presumibile traguardo della giornata; arrivare in cima allo zoccolo e, perché no? salire anche un paio di tiri per entrare in sintonia con quell?avventura.
Ora invece sono qui in piena estate, con tutte le abissali differenze che ne comporta.
A quei pensieri, partendo leggerissimo e semplicemente con due rinvii, due fettucce, magnesio, scarpette, una barretta e un panino, accenno decisamente un sorriso e avverto per la prima volta nella ?corsa? sulla Solleder di oggi una strana sensazione che si rivelerà poi essere un misto di ricordi, sorprese, pensieri ed emozioni che mi accompagneranno per tutto il corso della salita.
Passo dopo passo, ritornano lucidi molti brevi momenti vissuti e cose fatte che sono stati riposti e messi in disparte nella mia mente. Attimi e situazioni forse non di primaria importanza per la riuscita dell?invernale ma comunque facenti parte di una moltitudine di piccoli elementi che nel loro insieme mi hanno permesso di realizzarla.
Il posto è sempre lo stesso, ora però appare molto differente. Niente pendii di neve da interpretare per impiegare meno tempo e sprecare minor fatica, al più posso scegliere qualche scorciatoia da seguire per non fare tutti i tornanti del sentiero.
Raggiunto il rifugio Coldai, nonostante la ?corsa contro il tempo? che sto facendo, penso che una breve sosta di qualche minuto per salutare gli amici gestori non arriverà a compromettere il concatenamento. Sull?uscio, il pensiero dilaga agli attimi trascorsi in inverno. Feci una breve sosta nel locale invernale a me molto familiare per scrivere due righe del mio passaggio, e poi via, saccone in spalla e sci ai piedi.
Il tempo che trascorre anche quel giorno aveva la sua importanza ma paradossalmente, nonostante le giornate più corte ed il mio lento procedere, era meno predominante di oggi.
Lo sapevo! Fa parte della mia filosofia maturata in anni di invernali. Avrei utilizzato il tempo che quella salita mi avrebbe richiesto per viverla al meglio e soprattutto per viverla in relativa sicurezza interiore, fosse stato questo un giorno o una settimana. In mezzo a molti problemi e difficoltà da affrontare non era predominante agitarsi e cercare di recuperare alcuni secondi nelle situazioni, tutto ciò sarebbe servito solo a generarmi stress inutile. L?importante era andare a vivere l?avventura che sognavo da tempo nel modo giusto per farmela piacere.
E lo stesso lo sto vivendo ora, nello stesso luogo, dove le tappe da raggiungere stando in tempi prestabiliti però giocano un ruolo molto importante per la riuscita del progetto. E allora via! Ad andatura regolare e sostenuta, cercando di non esagerare considerato quello che devo ancora affrontare.
Nell?attraversare il tratto vicino al laghetto, resto sorpreso di come il mio fisico reagisce bene nonostante abbia già salito un?ora e mezza prima una parete come la sud della Marmolada, e ancor più mi stupisco dei tempi di percorrenza che sto realizzando, addirittura minori di quelli pronosticati sapendo inoltre di aver mantenuto un?andatura forzatamente inferiore alle mie potenzialità.
Questi pensieri navigano nella mia mente, inframmezzati dai flash che a fasi alterne mi riportano all?inverno precedente. Ma oggi, l?estate la percepisco benissimo. Quanta gente c?è sui sentieri illuminata da un sole splendente di tarda mattina e non ancora disturbato dai cumuli d?umidità che cominciano a prendere forma sulle cime circostanti.
Veloci scorrono i pensieri e le emozioni che invadono il mio cuore, in questo momento inversamente proporzionali alla lentezza del procedere d?inverno. Anche allora ero giunto nel punto che io definisco ?la porta d?ingresso? alla parete nord-ovest della Civetta e cioè la forcella di Col Negro. Ero stato disturbato dalla neve soffiata che mi fece faticare non poco per arrivare proprio sulla forcella, ma l?apertura di un paesaggio così affascinante, alimentò in me una spinta interiore ancora più forte verso il mio progetto. Una sensazione che si ripresenta anche adesso, essendo pronto a mettermi a confronto con la parete e con me stesso attraverso i semplici mezzi di cui un uomo dispone: mente e corpo.
Incrocio gente che giunge dal rifugio Tissi. Persone di ogni genere e tipologia, e non sento alcun tipo di solitudine, forse un po? di estraneità ma molto sottile, perché nonostante gli obbiettivi completamente differenti in questo momento stiamo tutti facendo una cosa che ci accomuna ? andiamo in montagna.
Oltre al posto, solo una cosa c?è in comune fra l?invernale e questo concatenamento, o meglio, una persona. Walter Bellenzier gestore del rifugio Tissi e grande amico, che sta aspettandomi nei pressi dello zoccolo con qualcosa da bere e da sgranocchiare. Anche allora venne lì per prendere sci e scarponi abbandonati da me all?attacco. Due semplici gesti ma di grande umanità ed amicizia.
Salire lo zoccolo in velocità ed arrivare alla grotta posta alla base della fessura d?attacco non mi crea in versione estiva nessun problema. Dentro me, i paragoni con l?inverno sono molto frequenti nei primi tratti della via; sulla fessura ed il diedro per raggiungere in breve il famoso camino bloccato. Mi accorgo di voler trascorrere qualche attimo in più alla sosta che precede quel camino, sulla quale d?inverno dovetti fare una doppia di troppo con relativa risalita per recuperare il Gri-Gri che mi era caduto. Alzando lo sguardo, la strozzatura strapiombante del camino fa addirittura più impressione ora. Mi era già capitato di avere meno soggezione di una parete in condizioni invernali piuttosto che estive, quando la tranquillità, l?abbandono, i silenzi e la presenza della neve, regalano quasi l?impressione di sentirla addormentata.
Quanti vivi ricordi nei metri di dolomia verticali che fiancheggiano la strozzatura del camino. Gli appigli che utilizzo sopra la sosta sono ancora gli stessi ma la loro dimensione appare quasi raddoppiata senza la presenza di ghiaccio e neve. La relazione dice chiaramente di ??salire dritti sullo spigolo di sinistra del camino?? ma in quel freddo 15 gennaio, l?aspetto ostile ed alcuni chiodi sulla sinistra, mi portarono verso quella direzione. Ora invece non c?è proprio nulla che possa disturbare o impedire la mia progressione, se non la mia mente con le sue paure. Ma queste non hanno ragione d?esistere?mi sento molto bene e così la curiosità, l?incognita ed anche quell?aspetto ostile ma accattivante sono la spinta per voler salire quei metri esattamente come la relazione li descrive. Movimenti fantastici, forse i passaggi più belli dell?intera salita. Uno splendido mix fra esposizione, bella roccia ed il piacere dell?arrampicata non estrema e di grande soddisfazione. Al termine del tiro posso fare solo due considerazioni: darmi dello stupido per aver sbagliato in inverno e prendere ancora più atto della forza e capacità dei primi salitori, Emil Solleder e Gustav Lettenbauer, nell?affrontare quel tratto.
Da lì in avanti è un continuo susseguirsi di momenti significanti. Il punto del secondo bivacco effettuato nell?invernale, un terrazzino di neve spianata ricavato da un pendio a ridosso della parete del quale posso ancora scorgere i segni dei chiodi da me infissi in quei giorni ad almeno un metro sopra lo spazio utile di battuta che le mie braccia potrebbero utilizzare in questo momento. E poi il famoso e lungo traverso verso destra che tanto mi aveva fatto dannare a causa del sacco da recupero. I tiri dei diedri a metà parete superati anche allora senza grandi problemi perché sgombri dalla neve, fino a giungere con un?emozione incredibile nei pressi di quel terrazzino dove trascorsi la terza notte?forse la più fredda, forse la più lunga, forse la più difficile di quei cinque giorni e di tutte le mie notti in montagna.
Guardo l?orologio e resto incredibilmente stupito nello scoprire d?aver impiegato solo 55 minuti per giungere qua, quasi metà del tempo previsto!
Spendo qualche minuto per cercare e poi osservare attentamente quel metro di roccia orizzontale del bivacco e quasi non lo riconosco per la differenza che c?è senza la neve. Sono trascorsi più di sei mesi ma avverto quasi la sensazione d?esserci stato semplicemente il giorno prima. Sento ancora tutto vivo e forte dentro me. Chiudo gli occhi e riesco per un attimo ad immedesimarmi ancora esattamente nella posizione che mantenni quelle ore, a percepire tutto ciò che mi aveva circondato, addirittura anche i miei stati d?animo. Mi ricordo, e lo sento anche adesso, com?ero permeato nello stesso istante da quelle convinzioni e paure, autocontrollo e precarietà, stima di sé stesso e dubbi e mille altre spigolature del mio carattere che in certi momenti trascorsi in montagna riesco ad avere e soprattutto a percepire.
Con il cuore colmo d?emozione raggiungo il tratto della cascata e poco dopo quel benedetto muro che tanto mi aveva fatto tribolare in inverno. Nel percorrerlo appare chiara ed evidente l?enorme differenza tra l?inverno e l?estate che già ho avuto modo di incontrare ma che in questo punto raggiunge davvero l?apice. Cinque metri in camino con una lieve strozzatura strapiombante ed il passaggio in uscita non del tutto semplice ma che, con le scarpette sulla roccia e con l?alternanza di opposizioni, spinte e qualche appiglio, percorro in brevissimo tempo.
Incredibile!!! In inverno impiegai un?ora e mezza o forse più, perché non trovavo il modo di alzarmi dal fondo del camino. Un muro di neve completamente verticale e con un fungo in alto. Neve fredda ed inconsistente che non reggeva il mio peso. Dopo tre tentativi tutti falliti, non sapevo più cosa poter fare per riuscire a venirne a capo. Insomma, ero di fronte ad un passaggio che pur non essendo estremamente difficile, mi stava creando una situazione decisamente complicata e strana. Eppure qualcosa dovevo inventare, una soluzione dovevo trovarla. Non pensavo assolutamente al tempo perso, quello non era un problema, o almeno non era il problema principale. E neanche alla via in sé, alla solitaria invernale. Ormai era solo una questione fra me e quel muro di neve. Lo guardavo dal basso ed era come partecipare ad un ?gioco?, senza rendermi esattamente conto dove lo stavo giocando, e cioè, in pieno inverno, solo ed arroccato a 800 metri da terra. Ero attirato dalla voglia di riuscire in quel gioco, di non darmi per vinto e trovare la soluzione del problema.
Ora invece salgo velocissimo cercando anche di ricordare come vinsi la partita.
I pensieri vanno e vengono e non riesco a ricordarlo pienamente. Alla fine mi dico semplicemente che se avevo avuto la voglia di andare a giocare quel ?gioco?, voleva dire che avevo anche le carte giuste per vincerlo. Una spiegazione forse poco razionale ma di grande aiuto morale anche per il nuovo gioco che in queste ore sto facendo. Nelle varie rientranze e strozzature del camino, cerco di capire l?esatto punto del quarto ed ultimo bivacco in parete: tutto è completamente diverso senza la neve ed il ghiaccio e me ne vado con il forte dubbio, di aver dormito semplicemente su di un terrazzo di neve sospesa!
Nonostante ora tutto mi venga molto semplice ed immediato, ogni metro che salgo fa aumentare il rispetto per quella ripetizione invernale insieme alla fierezza di me stesso per essere riuscito a portarla a termine. Non ho la minima esitazione sul percorso da seguire perché in quei punti è molto logico e soprattutto perché è ancora vivo nei miei ricordi. Più avanti, devo fare qualche passaggio su roccia delicata per raggiungere lo stretto camino considerato l?ultimo tratto impegnativo prima della cima. E? molto bagnato, freddo e con un po? di neve caduta due notti prima. Ricordo molto bene l?enorme sasso incastrato ed anche ora vi salgo completamente sopra per proseguire, ma nel resto del tiro capisco di arrampicare in modo decisamente differente. In inverno, a causa del sottile strato di ghiaccio spalmato sulla parete destra, cercai di alzarmi in spaccata lavorando esasperatamente con le punte dei ramponi per cercare degli appoggi che potessero rendere relativamente sicura la mia progressione in solitaria. Ora, alcune belle tacchette e soprattutto le scarpette spalmate sulla roccia mi fanno progredire senza problemi.
Un pensiero che sto avendo di frequente, è capire se mi sentissi più in sicurezza la volta dell?invernale grazie al sistema di auto-assicurazione, oppure oggi completamente slegato ma in condizioni della parete ed ovviamente anche mie, decisamente differenti. Certo! Sei mesi prima, il fatto di utilizzare il Gri-Gri ed una corda fissata alla sosta, erano una sicurezza, ma credo più psicologica che pratica. Essendo abbastanza abituato ad arrampicare completamente slegato, il semplice fatto di avere una corda con me era già una presenza rincuorante. In entrambe le situazioni comunque, la cosa sicura è una sola: la possibilità di un volo deve essere un elemento decisamente remoto ed inaccettabile.
Con questi pensieri giungo alla cengia ghiaiosa che precede gli ultimi tratti di parete. Avrei dovuto sentirmi ormai fuori, certo d?avercela fatta anche questa volta, ma il ricordo invernale del tiro successivo è ancora impresso nella mia mente. In quei 40 metri di strana arrampicata, avevo salito forse una delle lunghezze più complicate e ?stressanti? a causa delle condizioni trovate e di un vento allucinante che ormai da due giorni mi tormentava e raggelava.
Il destino però ha voluto che anche in questo giorno d?estate, le condizioni del tiro siano decisamente pessime: i segni del maltempo dei giorni precedenti li vedo purtroppo evidenziati da alcuni cm di neve che mi disturbano e mi fanno salire con una strana sensazione, aumentata forse anche dai ricordi invernali. Al termine del tiro mi sento sollevato da un forte peso e procedo veloce verso la cima.
Seppur poca, la neve presente mi impedisce di andare con le scarpette ai piedi a toccare i chiodi di una sosta lasciata d?inverno. In condizioni estive, nessuno sarebbe andato in quel punto lontano a fare sosta. Quella sera invernale però, col freddo intenso ed il buio che si avvicinava, raggiunsi un cono di neve e ne approfittai per alzarmi il più possibile, fino al termine dei 60 metri di corda disponibili. In quel momento, non potevo immaginare che quella piccola deviazione mi avrebbe permesso di arrivare in cima alla lunghezza successiva proprio con l?ultimo metro di corda risparmiandomi un?altra sosta e soprattutto tanto tempo.
Ora, ripensando a quella ?fortuita? situazione, voglio fermarmi un attimo a guardare quel luogo e quei chiodi che, proprio perché distanti, potranno rimanere lì come piccola testimonianza di una salita che resterà per sempre nel mio cuore.
Di nuovo via veloce, ormai sento d?essere giunto al termine, ora devo solo portarmi su medie e basse difficoltà all?uscita della via nei pressi della croce di vetta. Utilizzo questi momenti per sciogliere un po? il fisico e per cominciare a distrarre la mente. Nel giro di poche ore dovranno essere di nuovo pronti ad affrontare l?ultima delle tre grandi pareti del concatenamento, l?interminabile spigolo Nord dell?Agner.
Insieme alla felicità per la salita, negli ultimi metri cerco di risentire le emozioni percepite in queste veloci ma intense 2 ore e 15 minuti sulla Solleder. Le sensazioni si mischiano ancora una volta ai ricordi appena rivissuti in una circostanza che sta giungendo al suo termine. All?ultimo metro, paradossalmente sento quasi un po? di amarezza per il raggiunto termine ma capisco presto d?aver potuto vivere uno di quei momenti meravigliosi che resterà per sempre impresso nella mia memoria.
Proprio adesso afferro pienamente l?enorme soddisfazione ricavata da quei cinque giorni di solitaria invernale. Una soddisfazione interiore, derivata dall?essere riuscito a superare anche i duri momenti in cui mi dissi: ?Qui non ce la faccio??, a vincere quelle situazioni e quei limiti che forse non avrei mai creduto di poter superare.
Salgo ancora pochi metri sulla cresta dopo il colle d?uscita e illuminato dal sole caldo d?estate, raggiungo la croce e la cima vera e propria della Civetta.
Di lì a poco, alle 13:05 di quel fantastico 1° agosto 2000, i ricordi si diradarono lentamente e l?azione riprese con tutta la sua energia per arrivare ad arrestarsi poche ore più tardi sull?ultima delle tre meravigliose cime dolomitiche concatenate quel giorno, il monte Agner.
Marco Anghileri
Riferimenti delle salite:
14 - 18 gennaio 2000 ? 1.a solitaria invernale Via ?Solleder ? Lettenbauer? ? Civetta
1 agosto 2000 ? Concatenamento in solitaria
Vinatzer / Messner, Marmolada,
Solleder ? Lettembauer, Civetta,
Gilberti ? Soravito, Agner
Poi non dite che non si parla di montagna in questo Forum![]()
![]()
![]()
Marco
da ultimo alpino » ven giu 17, 2005 16:31 pm
da ultimo alpino » ven giu 17, 2005 16:32 pm
da MauriS » mar giu 21, 2005 13:52 pm
da danny36 » lun lug 03, 2006 18:27 pm
Marco Anghileri ha scritto:Ora, in un giorno di piena estate, giungo ancora alla Malga Pioda sotto la Civetta nel pieno dello svolgimento del nuovo progetto tanto interessante che consiste nel concatenamento in giornata e solitaria delle pareti Marmolada, Civetta, Agner, per le vie Vinatzer/Messner, Solleder e Gilberti
da Paolo Marchiori » lun lug 03, 2006 18:30 pm
danny36 ha scritto:Marco Anghileri ha scritto:Ora, in un giorno di piena estate, giungo ancora alla Malga Pioda sotto la Civetta nel pieno dello svolgimento del nuovo progetto tanto interessante che consiste nel concatenamento in giornata e solitaria delle pareti Marmolada, Civetta, Agner, per le vie Vinatzer/Messner, Solleder e Gilberti
Scusate ma in cosa consiste questo concatenamento?
da danny36 » lun lug 03, 2006 18:40 pm
Paolo Marchiori ha scritto:ehmmm..;immagino quelle tre viette una dietro l'altra...in giornata...
Il Forum è uno spazio dincontro virtuale, aperto a tutti, che consente la circolazione e gli scambi di opinioni, idee, informazioni, esperienze sul mondo della montagna, dellalpinismo, dellarrampicata e dellescursionismo.
La deliberata inosservanza di quanto riportato nel REGOLAMENTO comporterà l'immediato bannaggio (cancellazione) dal forum, a discrezione degli amministratori del forum. Sarà esclusivo ed insindacabile compito degli amministratori stabilire quando questi limiti vengano oltrepassati ed intervenire di conseguenza.