da pf » lun set 19, 2005 8:22 am
Un'osservazione, che devo proprio fare.
La pericolosità era da sottolineare dopo che, sbagliando, avevamo detto che la via era di media difficoltà.
Non so se il nostro è stato alpinismo al 5 o al 90% rispetto ad altre salite, non so neanche io perchè ma fra le migliaia di cose lette e stralette la mia salita principe, quella verso cui mi sento piccolo e insignificante, è la via senza ritorno di Doseth e compagni a Trango. Rispetto a quella, se uno dovesse fare percentuali, tutte le vie di cui si è parlato in questo topic scompaiono, letteralmente scompaiono.
Nel nostro piccolissimo, abbiamo passato cinque giorni molto intensi, e francamente sorrido e un pò mi viene rabbia a leggere etichette tipo alzarsi di 7-8 metri e poi rispittare ovunque. Non ci siamo proprio, scusa, e spero che tu possa venire a qualche serata che mi capita di fare in giro per parlarne a tu per tu, molta gente incontrandomi ha capito qualche cosa in più.
Penso che le vie vanno proprio fatte, per capire, proprio fatte. E, comunque sia, nessuna ripetizione potrà mai avvicinarsi all'avventura dell'apertura. C'è comunque un punto che hai toccato che io sollevo sempre, quando parlo di vie e salite: la ricerca del punto debole.
Io, nel mio piccolo, non vado mai a cercare il punto debole, e tantomeno quella che viene chiamata logica.
Detesto la logica, l'ho studiata e applicata e forse per questo la ripudio. E i punti deboli delle cose mi lasciano indifferente. Quando salgo vengo attratto ora da un particolare ora da un altro, ma MAI da logica e debolezza. Magari vedo un pancione grigio a buchi, e vado là, e se a cinque metri c'è una spianata di terzo non me ne frega niente, io vado al pancione, se i buchi ne disegnano sopra un sogno. E se in un oceano di roccia a onde c'è a lato un diedro fratturato, io vado verso l'oceano, perchè adoro perdermi. E se vedo un pezzo di roccia colorata in maniera particolare io vado là, e dimentico tutto il resto. E così via. Forse sono mie "menate" e d'altronde il gusto di una persona si vede anche in queste scelte. Per me salire a tutti i costi non vuolo dire NIENTE, assolutamente NIENTE. Il pilastro poteva essere salito in dieci modi diversi, tutti più facili, un paio dei quali super logici. Senza spit, fra l'altro, e, credimi, dal punto di vista alpinistico sarebbe stata una passeggiata rispetto a quanto abbiamo fatto. In due giorni al massimo, generose clessidre e un paio di diedri avrebbero portato in cima, immagino con del settimo grado, forse poco più. Usando i chiodi, poi, con dell'ottavo grado, che fa anche audience, a chiodi.
Ma la linea da sogno, quella che ho visto la prima volta col binocolo da mille metri più in basso, se ne fregava di tutto questo perchè ambiva a due oceani, uno grigio e uno arancione, e a un pancione. E poi rincorreva il filo del pilastro, io impazzisco per la cornice di un qualcosa, mi sembra di camminare sull'orlo e di vedere di più. Per questo, per esempio, al penultimo tiro sono andato così tanto in traverso, e mille metri più sotto il Dodo non capiva. Volevo andare sul filo perchè là avrei visto dove nasceva la cascata che ci aveva tormentato per tre giorni, splendida e assordante, anche paurosa. E infatti, arrivato là, ho goduto come un bambino ad appollaiarmi in una sosta ILLOGICA superesposta sopra un baratro, io impazzisco quando vedo il vuoto sotto di me. E avevo visto che l'ultimo tiro ci avrebbe fatto scomparire alla vista, avremmo raggiunto la cima del pilastro senza che nessuno ci vedesse, e non me ne fotteva niente della difficoltà che avremmo incontrato, è poi stata 6b+ ma anche se fosse stata quinto o ottoa sarebbe stata fantastica lo stesso perchè in quegli ultimi 35 metri hai il pilastro a sinistra e un imbuto siderale a destra, sei col cuore che batte forte perchè non puoi tornare indietro da lì in doppia e la cima la immagini ma non la vedi se non all'ultimo. E gli spit sono pochissimi e lontanissimi perchè così ce la siamo sentiti, in quei tiri avremmo poturo mettere cento chiodi e venti friends ma non ce ne fregava niente di fermarci ad ogni metro, scalare lì è stato fantastico e fermarsi a mettere qualcosa ogni 15 metri è stata una necessaria ma fastidiosa incombenza. Forse neanche necessaria, in effetti lì li abbiamo messi più per gli altri che per noi. E infatti ho dei rimpianti.
A noi non ce ne frega niente se qualcuno va a ripeterla e poi conta i metri fra ogni protezione; aprirò pochissime vie nella mia vita e MAI perchè siano ripetute. E penso proprio che Matteo sia come me, ed infatti lassù c'era da andare fuori di testa in parecchie occasioni, ci è capitato di tutto ma ci siamo trovati ad avere la stessa passione per certe cose, che sono un pò quelle che ho scritto e un pò sono altre ancora, e non so se sono alpinismo al 5 o al 30%, questo lo lascio giudicare a te ma ti invito, benignamente, a non fare come certi giornalisti di montagna che pontificano su tutto senza sapere assolutamente niente di niente. Sicuramente tu sei uno che scala e va in montagna e sa le cose, per questo ti invito ad andare a vedere la nostra via, anche solo a vederla, e capirai che la nostra non è stata una prestazione ( non siamo nè Huber nè Sharma, sai...) ma l'illogica e immatura corsa di incoscienti. E io ora qui, seduto davanti ad un PC, sono lontano un infinito da quello che ero là, infatti non mi capacito di come non avessimo stimato certi pericoli, ma, cacchio, è stato grande quello che abbiamo vissuto.