da un'apertura

Arrampicata e alpinismo su roccia in montagna

Messaggioda Rock bandit » sab set 10, 2005 14:53 pm

Sul sito dei ragni c'è la relazione della via con un po' di foto:
http://www.ragnilecco.com/
Ciao,
Matteo
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Messaggioda pf » sab set 10, 2005 15:12 pm

Già,

ma ci hanno scambiato in tuttele foto!!!!
E sì che abbiamo 19 anni di differenza
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Messaggioda Maurizio » lun set 12, 2005 8:01 am

ciao a tutti,

...prima di cadere negli odiosi discorsi di etica, sono scontati i complimenti agli apritori, soprattutto a Matteo, giovane astro nascente - da quanto leggo - ma già maturo nelle riflessioni...

...vorrei buttare giù alcune considerazioni dopo quello che ho letto in qs topic.

Lasciando perdere tutti i consueti parallelismi con lo stile tradizionale o semitradizionale (piantaspit), che secondo me non funzionano per niente ...vorrei invitare chi fa normalmente "riflessioni" su questo stile davanti ad un computer, ad almeno provare una volta a bucare col trapano a dieci metri di distanza dall'ultimo spit, e non su due scalini stando in piedi, ma magari appeso a cliff traballanti. Vorrei che capisse che il salire non è un fatto di "culo" ma un mix tra esperienza e capacità, conquistati in anni e anni di fatica, allenamento, insuccessi. E' fondamentale per intenderci...perchè altrimenti si parlano due lingue diverse!

Personalmente ciò che ho aperto sono sempre stato in grado di ripetere abbastanza agevolmente, gli unici problemi potevano essere dati dalla continuità, ma gli obbligatori li ho sempre rifatti bene, dato che il conoscere la sequenza, vedere lo spit successivo, sapere la difficoltà etc etc agevola non poco. Da qui la prassi normalmente seguita, e cioè che ognuno libera i tiri che si apre, a meno che uno dei due non sia troppo stanco o non se la senta. Dopo qualche anno passato ad aprire in coppia o in trio con Larcher, ho imparato a non saltare mai i passaggi, anche se son stanco, perchè poi quando risali dal basso ciò che hai saltato (in maniera sporca, o semplicemente tirandoti al rinvio, mettendo il piede sullo spit, etc...sono nodi che vengono sempre al pettine e ti impediscono di realizzare la RP).

Io credo che i tempi siano maturi perchè questo stile, dal basso col trapano, qualcuno lo battezzò HLF, solo fix, possa avere una sorta di codificazione. Io e Rolando (che non siamo certo gli unici, ma che da tanti anni in Italia apriamo con qs stile sulle pareti di tutto il mondo) pensiamo che salire in questa maniera abbia un senso solo se si rispettano certe "regole" (arghhhhh :wink: :lol: l'ho detto!). Oltre ai trucchi già ampiamente discussi qui e in altre sedi, come per esempio usare dell'artificiale o riposi parziali tra le protezioni, cosa comune a molti apritori anche di livello altissimo, e cosa che secondo noi banalizza eticamente e sportivamente questo stile-rendendo salibile qualsiasi parete -, vorrei focalizzare l'attenzione ora sulla distanza tra gli spit, che in qs topic mi sembra l'argomento dominante.

Noi crediamo che l'obiettivo per chi apre vie in qs stile, non debba essere il fare la via più pericolosa, bensì la più impegnativa a livello fisico e mentale. E un giusto mix tra queste due componenti, si raggiunge aprendo tiri continui con obbligatori impegnativi e con protezioni normalmente sui 5/7 metri, su pareti verticali e strapiombanti che non concedono tregua (Hotel Supramonte ne sta diventando, non a caso, un icona). Forse mi sono spiegato male, ma per chi ha un livello 8a, non è poi così difficile fare 40 m di 6b, da sosta a sosta, senza mettere niente. Semplicemente, però, è un rischio fine a se stesso che non ha senso, perchè quello che cerchiamo è altro. E non ha senso, poi, se sul 7c ho invece bisogno dello spit ogni due metri, altrimenti non sono capace di salire. E' in quel momento che devo trovare la forza di allungare, è lì che devo osare per forzare i miei limiti mentali, non dove sono superiore di 5 gradi alla difficoltà! Che senso ha fare il 6a con uno, due, tre spit su 50 m, dico spesso, se Vinatzer lo faceva quasi senza chiodi alla sua epoca? Nel 2005, se uso i moderni strumenti di apertura, devo essere capace di confrontarmi su un terreno consono a questi strumenti e alle capacità di oggi. Non sul 6b! A meno che le mie intenzioni non siano di fare una via "plaisir", cioè fatta per la massa...
Dunque sulle nostre vie è capitato spesso di aggiungere spit sui tiri facili (qualche volta, su una linea, ne può capitare qualcuno), ma quasi MAI su quelli duri. Il nostro obiettivo non è l'S6, perchè l'S6 è un controsenso (allora perchè ti porti appresso gli spit, se rischi di morire??), aggiunto alla scala semplicemente per inerzia... E con questo credo di aver risposto ai dubbi di Matteo, chiarendo cosa farei io nel suo caso...

Dopo aver aperto decine di vie in qs stile, vi posso garantire che ciò che ci stimola a livello sportivo è sempre questa ricerca del difficile, rimanendo fedeli ad un unica maniera di affrontarlo. Se chiodiamo un tiro continuo di 7c o 8a regolare, ogni 5 m (quindi S2/S3) siamo ultrafelici, convinti di aver fatto bene, di aver dato il massimo! Se cediamo alla paura, alla stanchezza e in qualche tratto avviciniamo, per noi è una sorta di sconfitta...e non serve certo che il compagno o altri te lo facciano notare, lo sappiamo noi stessi! Se siamo costretti a ricorrere all'artificiale pur di passare, preferiamo scendere e scegliere una via alla nostra portata. E una via sportiva va sempre liberata, dal basso, perchè altrrimenti è come un lavoro eseguito a metà... infatti ci sono alcune vie che abbiamo finito da due anni che attendono la nostra libera, e non ne abbiamo dato ancora notizia. Questa è la nostra filosofia di apertura in questo stile, il resto riteniamo sia un mix che però inquina, che non è nè carne nè pesce e, purtroppo, confonde le idee e porta a scrivere cose che ho letto qui, a confrontare piantaspit e trapano, ripetitori e apritori, vie d'artificiale liberate con vie aperte in libera, vie di trent'anni fa con vie di oggi, come se il tempo nel frattempo si fosse fermato...e chi più ne ha più ne metta!

Tutto ciò naturalmente non per criticare Fabio o Matteo, per carità, ma per aiutare a chiarire le idee. Naturalmente ho scritto queste considerazioni anche a nome di Rolando dopo averne parlato con lui.

saluti e baci a tutti

Maurizio
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Messaggioda Topocane » lun set 12, 2005 8:18 am

Maurizio ha scritto:....Naturalmente ho scritto queste considerazioni anche a nome di Rolando dopo averne parlato con lui.
Maurizio


...chapeau!!! :o

clap-clap-clap! :wink:

ciàp
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Messaggioda Enzolino » lun set 12, 2005 9:07 am

I confronti tra gli stili sono inevitabili, spesso necessari e, per fortuna dovuti, senza la necessita' di dover "mettere uno spit a dieci metri da quello precedente" prima di poter dire la propria. Come se uno debba fare un 8000 prima di poter dire qualcosa sugli stili mega spedizione degli ultimi tempi.
Se tu (Maurizio) hai anni di esperienza che ti hanno permesso di raggiungere un certo equilibrio, "occhio" e maturita' nell'aprire vie dal basso con gli spit, c'e' anche chi ha fatto delle grandi cagate. Allora le critiche servono anche da ammonizione e filtro nei confronti di queste cose.
Sembrera' spocchioso, arrogante, presuntuoso, ecc. ma, dal mio punto di vista, per aprire vie dal basso con gli spit bisogna essere bravi, capaci e maturi, altrimenti si rischia di fare delle grandi porcherie.

Fabio e Matteo, a cui voglio fare i miei piu' vivi complimenti per l'impresa (che, a giudicare almeno dai numeri e dall'esperienza precedente degli apritori, secondo me e' alquanto notevole), sono un esempio di quello che intendo dire.
A sensazione, ho avuto l'impressione che Fabio, prima di cimentarsi nell'apertura di vie, abbia seguito un certo percorso, abbia voluto far maturare una certa visione dell'arrampicata ed ha voluto raggiungere un certo livello, ripetendo vie che hanno lasciato un segno, e poi iniziare ad aprire e quindi esprimersi in queste imprese.

Mi e' capitato di leggere (e forse anche vivere) storie analoghe a quelle raccontate da Fabio e Matteo, affrontate con stili e "numeri" diversi. Quello che importa, allora, non e' solo quello che si lascia per gli altri, ma anche capire cosa succede in queste esperienze dentro di noi, tra una protezione e la successiva, e in tutta la via. Quel "viaggio", quel "nulla" che Manolo chiama "l'Antardide". E, se ci si riesce, comunicarlo agli altri.

Ciao :wink:

Lorenzo
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Messaggioda pf » lun set 12, 2005 9:21 am

Ciao Maurizio.

Matteo è scappato al mare e non può leggere, prima dell'inizio dell'Università, aveva bisogno di ricaricare le pile...e io ieri ero un automa, evidentemente siamo un pò ko. Ieri pioveva, ho provato ad allenarmi e non mi tiravo su niente...
Ho parlato due ore con Rolando Larcher ieri, mi ha telefonato e voglio dire che è stato un onore, noi non siamo neanche lontanamente paragonabili a certi livelli. Ha visto le foto sul sito dei ragni, ha fatto domande, stamattina gliele ho spedite in alta risoluzione. E' rimasto sconcertato dalla serie di errori/ingenuità che abbiamo commesso, d'altronde la nostra esperienza era prossima a zero e lui ha capito che la lunghezza da liberare che secondo noi è almeno S5 e secondo me S6 l'abbiamo aperta del tutto inconsapevolmente. Fra l'altro c'è il filmato in cui Matteo apre il run-out più lungo e si vede che solo due volte gira la testa indietro, per guardare dov'era l'ultima protezione, ma siccome l'ultima protezione è dall'altra parte del pilastro che hai alle spalle, lui non se ne accorge e tira dritto. Lentamente, provando ogni passo più volte, e poi superando anche un ultimo passo davvero difficile che io, da secondo, ho fatto al pelo. In quel punto sei altissimo e il volo direi che è vietato senza condizioni. Questo run-out è stato aperto in oltre dieci minuti.
Io avevo fatto lo stesso sotto fino al terzo spit. So che pare incredibile, ma nessuno di noi due, talmente concentrati sull'andare avanti, si è accorto del pericolo...solo Dodo, il penultimo giorno, aveva fermato me che stavo proseguendo ancora di più, avvisandomi del pericolo. Fino allo strapiombo, che è superobbligato e direi anche molto expo ma sicuro ( voli nel vuoto, al max di 15 metri; mentre non voli sicuramente, se sei arrivato li', vicino alla sosta, cioè negli ultimi due metri), il tiro sarà intorno al 7a+, direi. Il superamento dello strapiombo è un fantastico obbligato, secondo me di 7b, a bellissimi e difficili movimenti, dove io sono volato otto volte e Matteo una prima di passare con sequenza da urlo. Poi lui è andato avanti ancora tanti e tanti metri, fino all'attuale sosta.
Negli altri tiri, c'è il capolavoro della quarta lunghezza, dove Matteo ha messo il primo spit solo dopo 15 metri di 6c aleatorio: e secondo me questo inizio esula da tutte le considerazioni ed è un vero capolavoro di classe ( fra l'altro filmato per metà da me, quel giorno eravamo solo noi due), non so quanti tiri ci siano in giro così. Mi piacerebbe dare un'occhiata a famosi tiri della Marmolada, l'anno prossimo. bontà sua, ha messo uno spit di direzione...praticamente, lui ha aperto a vista un tiro di 6c sprotetto...e non per fare un record, ve lo posso assicurare!!
Sopra io ho messo due spit sul 6a e lui tre spit sull'ultimo tiro di 6b+/6c semplicemente perchè volevamo arrivare alla cima, era l'ultimo giorno e abbiamo corso.
la relazione è stata pubblicata perchè penso sia giusto così, sia io che Matteo abbiamo intenzione di liberare la via, forse lui questo Settembre, io l'anno prossimo. So che lui vorrebbe farlo per primo, mentre io, dico la verità, non ho mai considerato così importante liberare per primo una lunghezza. Ho voluto anche specificare bene che i cliff sono stati usati SOLO per piazzare gli spit e SOLO in 5 su 25 spit della via, e SOLO da Matteo. Purtroppo io non mi fido proprio dei cliff e questo, fra l'altro, fa sì che dopo due o tre spit ho il sinistro comletamente acciaiato e devo dare il cambio. Rolando non ci poteva credere che fossi così pivello...Non ci siamo mai tirati su, mai staffato, mai azzerato. Sono cose che esulano dalla nostra mentalità.
c'è un'altra considerazione che faccio, a freddo: noi siamo andati su senza la minima intenzione di aprire S2, S3, S5 o qualsiasi altra cosa. Fra l'altro questa scala, per me interessante e chiara, ha molti detrattori e non so quanti la conoscono ( ieri Simone pedeferri al telefono ridendo mi chiedeva: ma cosa vuol dire? E ho lasciato perdere). In Svizzera per esempio è ignota! E anche se i ricordi sono ormai, grazie al cielo, sfumati, mi sa tanto che Achtibahn al Ratikon è pericolosa quanto la nostra via, e da informazioni indirette anche Chlini...( che vuol dire: mano ferma sul 7a...un nome, un programma!!) e Zauberlhering ( aperta da R. Mathis a 16 anni, pare la via più expo del ratikon) sono superpericolose e su difficoltà massimali per le vie in questione. Che dire poi della Vita el Sibar all'Eiger, non si sa niente ( matteo stava andando a ripeterla col padre, poi è cambiata la meteo...). Così come sono sicuro che certe vie nelle Dolomiti su cui si sa pochissimo hanno le stesse caratteristiche, e mi sembra difficile pensare che uno vada ad aprire con l'intenzione di aprire una via a caduta vietata. Chi è che può decidere una cosa simile???? Voglio dire, si sa di qualcuno che ha fatto cose simili in falesia, volutamente correndo sul filo della morte, ma non ho mai sentito di apritori che sono partiti con l'idea di aprire un tiro mortale in montagna!!! Casomai ( e questo bisogna anche dirlo...) certe vie sono diventate mortali e pericolose perchè aperte in artificiale con poi l'artificiale cambiato negli anni...per esempio fermandosi su tricam,cliff e quant'altro prima di proseguire, e così via, e il povero ripetitore si trova in un mare di roccia ovviamente senza dieci tricam in dotazione e quindi in situazione mortale, mentre per l'apritore la situazione era audace e basta. In questo, voglio sottolinearlo, la nostra via, pur risultata da errori di valutazione di pericolosità ( per cui, come mi ha detto Rolando facendomi piegare dal ridere: vi siete creati una rogna e adesso liberarla sarà una rogna...chi è causa del suo mal...), è stata aperta con la massima etica possibile di una via a spit, per giunta senza friends, che invece il ripetitore può portare e usare in 5 lunghezze su 7 ( i due tiri duri, sfortunatamente, non sono addolcibili: poi magari metteranno un cordone di 4 metri e buona notte...come è successo su Hotel Supramonte e tante altre vie, vero?).
Insomma, siamo stati dei pazzi furiosi, come ha detto Erik, ma del tutto inconsapevolmente. Matteo risulta più pazzo di me solo perchè è più forte e quindi io mi arresto sul 7a obb. e spesso sotto, in apertura e lui sull'almeno 7a+. So che è difficile crederlo, ma se oggi avesse avuto l'8a a vista e non il 7c ( peraltro recentissimo, e immediatamente consolidato) appena(!!) penso che il terzo tiro di 7c+ sarebbe stato un tiro non come è adesso ( 4 protezioni, e una messa solo perchè investito da cascata...) ma una vera e propria leggenda. E fammi dire, Maurizio, che al di là di regole, metri e scale e valutazioni, è fantastico che un ragazzo in apertura salga senza guardarsi indietro e fermandosi solo quando la difficoltà è troppo alta. Senza nessun tipo di calcolo. E' incosciente, è pazzia, ma è così. Magari già dalla prossima via inizierà ad aprire guardandosi indietro come tutti e calcolando metri, distanze e scale, e allora sicuramente aprirà vie durissime, sempre più dure, ma non più pericolose. io sicuramente lo farò. Giusto così, tuttavia ( quando va bene...) certe cose è anche bello che scaturiscano dall'irrazionale, no?
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Messaggioda ghisino » lun set 12, 2005 10:45 am

...premesso che non ho nè il livello meramente arrampicatorio nè quello "alpinistico" per immaginarmi cosa possa realmente essere la vostra creatura (le foto danno comunque l'idea per carità...) e dunque mi guardo bene dall'entrare nel merito della discussione...

..sarà il fatto che conosco abbastanza il teo, sarà che fabio mostra, sulla pagina, un'entusiasmo assolutamente incredibile, insomma il vostro racconto è davvero coinvolgente e mette voglia di...allenarmi per (un giorno) ripetere? No di certo 8O 8O 8O !!! (anzi quasi quasi spero che se anche un giorno dovessi avere il livello, non mi venga l'idea malsana di cacciarmici)

Però voglia di arrampicare e inseguire i miei personalissimi sogni/obiettivi con maggiore perseveranza, me ne state mettendo tanta.
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Messaggioda pietrodp » lun set 12, 2005 13:29 pm

pf ha scritto:...E fammi dire, Maurizio, che al di là di regole, metri e scale e valutazioni, è fantastico che un ragazzo in apertura salga senza guardarsi indietro e fermandosi solo quando la difficoltà è troppo alta. Senza nessun tipo di calcolo. E' incosciente, è pazzia, ma è così.


Vorrei sentire la voce di Matteo a proposito, che di nuovo ci spiegasse cosa gli passava per la testa, a cosa pensava/non pensava mentre non vedeva l'ultimo spit e andava avanti e avanti...

E devo dire che, tutto sommato, capisco fino ad un certo punto le considerazioni di Maurizio sul "rischio inutile" di non proteggere i tiri di 6a e 6b per chi tira in apertura l'8a: perchè lo scopo principe dell'apritore dovrebbe essere solo quello di allungare e rendere psicologiche le protezioni dei tiri chiave? Rendere rischiosi i tiri più facili può essere invece un modo di aumentare il valore complessivo della via, giacchè anche il rischio è parte indissolubile delle grandi vie in ambiente, non solo la difficoltà.
Poi, come scrive Fabio, Matteo semplicemente non ci pensava, di proteggersi sui tiri "facili": gli è venuta così e basta. Adesso avranno una bella gatta da pelare, a ripetere, e magari cederanno alle (giustificate!) paure e decideranno di aggiungere qualcosa, ma intanto hannno fatto davvero una bella impresa, non importa se mossa dall'inconsapevolezza, o dalla follia (quante non lo furono, nella storia dell'alpinismo?!).
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Messaggioda gug » lun set 12, 2005 13:49 pm

Mi sento di dissentire su un punto.
A mio parere l'Alpinismo non è e non deve essere una ricerca gratuita del rischio fine a se stesso.
Mi sembra sterile aprire vie e renderle artificialmente rischiose evitando di mettere protezioni dove si potrebbe farlo.
Se si apre con mezzi tradizionali, non ha senso non mettere un chiodo in una fessura o un friend e passare sprotetti solo per aumentare il rischio della via. Quella via non diventerà più "importante" per questo.
Posso capire il decidere di non mettere uno spit su una via tradizionale e prendere il rischio conseguente: è ciò che ha fatto Bini quella famosa volta sul Vecchiaccio per non forare, ma in questi casi si prende un rischio per alzare il livello seguendo lo stile che si era scelto.
Però se si sta aprendo una via in libera a fix, avere la possibilità di fermarsi a metterne uno (perchè c'è la possibilità di cliffare o perchè ci si può tenere) e non farlo e proseguire rendendo maggiormente rischiosa, se non mortale, la salita, mi sembra altrettanto sterile che non mettere un buon chiodo in una fessura su una via tradizionale per creare così un passaggio sprotetto.
Diverso sarebbe dover "per forza" proseguire senza possibilità di proteggersi per mancanza dei punti adatti a fermarsi.
In questo caso si prenderebbe un rischio per qualcosa di concreto e non in maniera fine a se stessa.
Per cui l'evoluzione, in questo stile, non sta nel rendere più pericolosi tiri che sono sotto il limite del periodo, ma nell'alzare questo limite, anche affrontando run out più lunghi e perciò anche pericoli maggiori.
Penso che questo sia il motivo per cui Fabio si rammarica e cioè il non essersi resi conto dei pericoli e aver preso dei rischi non indispensabili.
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

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Messaggioda pietrodp » lun set 12, 2005 14:01 pm

gug ha scritto:Mi sento di dissentire su un punto.
A mio parere l'Alpinismo non è e non deve essere una ricerca gratuita del rischio fine a se stesso.
Mi sembra sterile aprire vie e renderle artificialmente rischiose evitando di mettere protezioni dove si potrebbe farlo.
Se si apre con mezzi tradizionali, non ha senso non mettere un chiodo in una fessura o un friend e passare sprotetti solo per aumentare il rischio della via. Quella via non diventerà più "importante" per questo.
Posso capire il decidere di non mettere uno spit su una via tradizionale e prendere il rischio conseguente: è ciò che ha fatto Bini quella famosa volta sul Vecchiaccio per non forare.
Però se si sta aprendo una via in libera a fix, avere la possibilità di fermarsi a metterne uno (perchè c'è la possibilità di cliffare o perchè ci si può tenere) e non farlo e proseguire rendendo maggiormente rischiosa, se non mortale, la salita, mi sembra altrettanto sterile che non mettere un buon chiodo in una fessura su una via tradizionale per creare così un passaggio sprotetto.
Diverso sarebbe dover "per forza" proseguire senza possibilità di proteggersi per mancanza dei punti adatti a fermarsi.
In questo caso si prenderebbe un rischio per qualcosa di concreto e non in maniera fine a se stessa.
Penso che questo sia il motivo per cui Fabio si rammarica e cioè il non essersi resi conto dei pericoli e aver preso dei rischi non indispensabili.


Capisco il punto di vista e lo rispetto, ma rimango invece d'accordo con me medesimo :P : il rischio (anche gratuito: l'alpinismo è un'attività gratuita) fa parte dello scalare le pareti e ne è una componente -quasi- inscindibile. Tante vie sono diventate famose non perchè belle o difficili ma perchè rischiose, e anche gran parte di quello che prende il nome di "etica alpinistica" a pensarci bene, non è altro che il cercare di ridurre le protezioni aumentando il rischio.
La free solo è il massimo (eticamente) non solo perchè virtualmente non lascia segni sulla roccia, ma perchè è mortale.

(Ovviamente l'etica comune ha direzione uguale e contraria... ma qui parlo di etica alpinistica).

Ad ogni modo, nel caso specifico della via Portami Via, il rischio non è stato cercato gratuitamente, è arrivato un pò per caso un pò per insperienza.
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Messaggioda pf » lun set 12, 2005 14:06 pm

Ciao Gug.

Molto onestamente, io non mi rammarico. E' accaduto, punto.
Il rischio è una cosa che fa parte della vita e troppo spesso lo mettiamo da parte; con questo, sia chiaro, ognuno ha dei propri paletti e sicuramente il mio non andava al di là del se cado muoio. Per carità, ho già perso un amico in montagna, figurati.
Comunque io e matteo siamo legatissimi ma diversi; io non nego che in un paio di momenti ho anche cercato il rischio ( ma non sapevo fino a quel punto), mentre lui semplicemente ha classe. Io in quel paio di momenti mi dicevo: forza Fabio, vai avanti. Lui non se lo è mai detto, sicuro. Lo si vede anche da come sale; lui come se fosse in spiaggia, io ben conscio di essere su una parete dove i soccorsi fanno pure fatica ad arrivare. Lui è un fenomeno e i fenomeni, non dimentichiamolo, assaggiano la vita con gusto, stile e padronanza diversa che non un tipaccio come me. Infine, lui ha 21 anni ed è tanto sfrontato in parete quanto umile verso la scalata e per questo posso elogiarlo senza paura che si monti la testa. Io da lui ho imparato tantissimo e quando si rischia insieme si impara un pò l'uno dall'altro perchè in parecchi frangenti si diventa deboli, molto deboli. Abbiamo perso la testa un paio di volte, lassù, eravamo nella merda fino al collo e abbiamo trovato le parole giuste verso l'altro. In un altro tipo di via queste cose non sarebbero accadute e per questo dico anche che quando si rischia, diciamo pure inutilmente, ci si conosce molto.
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Messaggioda Maurizio » lun set 12, 2005 15:25 pm

Ciao Enzolino,

so che il discorso dà fastidio, ma è così. Se non provi, non sai di che parli e parli a vanvera, allo stesso modo di quello che potrei dire io se parlassi di nanotecnologie che sono il tuo campo. Io non dico di fare quella via prima di dire qualcosa, dico che uno che non hai mai usato il cliff o piantato uno spit col trapano in mano non ha ben chiaro di che si tratti, discute e basta. E' un dato di fatto, non c'è da offendersi. Io almeno non mi offenderei. Peraltro non mi riferivo minimamente a te, che so che sei un apritore anche se non a spit.

A Fabio,

si, ho capito, ma io mica ho insinuato che vi siete tirati o alcunchè. Io facevo notare altre cose che nella tua risposta non ho trovato. Ad esempio, io mai ora partirei dalla sosta con un runout di 15 m sul 6c, semplicemente perchè mi sembra stupido, o forse perchè già una volta ci ho perso due dita, maciullate in un discensore tentando di tenere un volo sulla sosta. E una volta che provi non lo fai più, ti posso assicurare. Questa consapevolezza del rischio, quello inutile e quello meno inutile, ti viene con l'esperienza. Ho capito che Matteo non si guardava indietro e bla bla bla, ma ti posso assicurare che anche io ho arrampicato con ragazzi giovani che hanno fatto le stesse cose e si comportavano alla stessa maniera, uno dei quali conosci bene, magari anche su vie che non avevano l'ombra di uno spit a garantire la salvezza in caso di caduta. Il problema è di arrivare intero alla vecchiaia, come dicevi anche tu, e questa capacità è quella che distingue un bravo da un cattivo alpinista o da un kamikaze, fortuna e sfortuna a parte. Solo che se cade e si ammazza poi si dice che è stato sfortunato, o che non ha trovato la manetta della salvezza... Questo non l'ho detto certo io, ma ben altri prima di me, tra cui Messner credo...

Sulla scala: certo che non è conosciuta, certo che i tuoi amici fanno finta di non conoscerla e la snobbano e che in svizzera si mettono a ridere...io non mi offendo di certo, è la realtà. La nostra era una proposta senza pretese universali, una semplice proposta che è stata adottata in più guide, non per volere nostro, ma perchè è stata ritenuta dagli editori abbastanza valida. Certo, ha dei grossi limiti, ma ritengo con un pizzico di presunzione che sia meglio del TD, ED che c'era prima, con cui sarebbe difficile valutare questo tipo di vie. Se oggi tu puoi diquisire sull'S5 o S6 della tua via, vuol dire che prima c'è chi ha sentito l'esigenza di creare un parametro per esprimere questo tipo di impegno...e guarda caso prima nessuno l'aveva proposto, al di là dei simboletti divertenti di talune guide, quella di Vitali, ad esempio.

Resta il fatto che nelle vie valutate in qs modo io so più o meno quello che vado ad affrontare, ma l'intenzione mia, e credo anche quella dei co-autori della scala, era di creare un parametro che fosse una media dei tiri. Vale a dire che se il tiro più facile è mortale, la via non diventa automaticamente S6, perchè allora anche Hotel Supramonte lo è, dato che notoriamente l'ultimo tiro ha due spit in 60 m. E con lei una vagonata di altre vie in tutte le Alpi e gli Appennini.
Dopo lunghe discussioni io, Svab e Tondini, eravamo arrivati all'accordo di inserire un + in una via che non fosse omogenea, e di valutare le vie in base ad una media di chiodatura dei tiri. Ricordo, per chi non ha presente la scala, che avevamo pensato grosso modo ai seguenti valori:

S0 = via superspittata, uno ogni metro
S1 = via spitata tipo falesia, che secondo il cosiroc francese è non oltre i 4 m
S2 = spittatura compresa dai 3 ai 5 m
S3 = dai 5 ai 7 m
S4 = dai 7 ai 10 m
S5 = oltre i 10 m
S6 = cadute mortali

quindi, se hai compreso bene, nella mia idea (poi ci possono essere diverse interpretazioni, per carità) la scala non doveva fornire una valutazione per ogni tiro (allora dovremmo valutare ogni run out???), ma una media dell'intera via. Se sulla tua via la media tra i tiri duri e quelli facili è sui 10 m, dovresti dare S4, eventualmente col +, per indicare una disomogeneità tra le lunghezze. Del resto Con Le ali Sotto i piedi a Gorroppu di kammerlander l'abbiamo valutata S4, ed anche lì ci sono cadute importanti, mi sembra. Inoltre c'è il discorso friend da non sottovalutare, perchè non puoi certo impedire ai ripetitori di proteggersi, se si può farlo!
Se tu valuti la via s6, come mi è parso di capire, vorrebbe dire che su tutta la via non puoi volare, pena la morte o l'azzoppamento nel migliore dei casi. E' effettivamente così? Se si, io mi chiedevo nel mio discorso, che senso ha usare gli spit? Ma voi, stando al vs racconto, non siete volati ripetutamente senza conseguenze? Non prenderle come malignità, sia chiaro,io cerco solo di capire le diverse interpretazioni della ns scala, per eventualmente uniformarci.

Nel mio precedente intervento ti spiegavo dunque quali sono le nostre premesse di apertura, che spesso non sono state comprese, o per meglio dire fraintese. Se ricordi bene qualcuno di tua conoscenza andò su Hotel Supramonte e disse: "Ehi, ma qui gli spit non sono così distanti come credevo! E' una falesia!" Certo, perchè quel qualcuno non aveva capito che il gioco non era a chi metteva lo spit più distante, bensì a passare su quel muro rovesciato senza fare artif tra uno spit e l'altro. E già metterli anche solo a 3/5 m c'è voluta tutta la vita verticale di un Larcher e di un Vigiani messi insieme, non due qualunque, pensa un po' te! Quindi, come vedi, il discorso è complesso, entrerebbero in gioco innumerevoli altri fattori che qui non sono stati nemmeno menzionati, come la roccia, la sua inclinazione, la continuità dei tiri etc etc. Ma, ripeto ancora, come si fa a spiegarli a chi non ha mai aperto con qs stile?
Visto che c'è qualcuno che rivanga i tempi andati vorrei avere il tempo di scartabellare nell'archivio del mio computer e riprendere certi tuoi interventi di quando scrivevi sull'alp list o simili. Ne è passata di acqua sotto i ponti, nel frattempo sei diventato apritore, e vedi le cose diversamente, ti rendi più conto di cosa vuol dire. Certi discorsi, come mi hai detto tu stesso, non ti sogneresti più di rifarli. Per quello io invito spesso su qs forum ad andare cauti, spesso si parla, ma non si sa neanche bene di cosa...

Spero ora di essere stato chiaro, pace e bene

Maurizio
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Messaggioda marchino » lun set 12, 2005 15:49 pm

Maurizio ha scritto:Ciao Enzolino,

so che il discorso dà fastidio, ma è così. Se non provi, non sai di che parli e parli a vanvera, allo stesso modo di quello che potrei dire io se parlassi di nanotecnologie che sono il tuo campo. Io non dico di fare quella via prima di dire qualcosa, dico che uno che non hai mai usato il cliff o piantato uno spit col trapano in mano non ha ben chiaro di che si tratti, discute e basta. E' un dato di fatto, non c'è da offendersi. Io almeno non mi offenderei. Peraltro non mi riferivo minimamente a te, che so che sei un apritore anche se non a spit.

Maurizio


...beh, se è a me che ti riferisci, o comunque a quello che ho scritto giorni fa, sappi che anche io sono un apritore, anche a spit, e sono stato appeso anche su cliffs e frendini scricchiolanti, ma continuo a pensare che aprire sia + facile, o comunque psicologicamente meno impegnativo che ripetere, soprattutto sulla chiodatura lunga a spit, perchè anche se l'apritore è superesperto e bravissimo, quando va' lungo da uno spit al successivo (che deve mettere), può capitare che passi perchè ha azzeccato una particolare sequenza (magari se non la avesse azzeccata avrebbe messo lo spit + vicino, o meglio, meno lontano), comunque sia nel caso non dovesse riuscire a passare e trovarsi nella cacca può sempre decidere di mettere lo spit, il ripetitore no!, e se oltrepassa il punto di non ritorno su una sequenza sbagliata.....splash!
ovvio che ripetere un tiro che tu stesso hai chiodato ti risulta + facile, in fondo conosci già i movimenti!
Ma, domanda, hai mai provato a ripetere un tiro chiodato lungo da Larcher? è la stessa cosa? ti esce comunque senza problemi comew sui tuoi? beh, in tal caso BRAVO!

inoltre non credo che il modo o le motivazioni + giuste per aprire una via moderna siano quelle che dici tu: il fatto di chiodare obbligato su alte difficoltà ma sempre in modo "sicuro" per dimostrare che si è padroni di un certo grado.
Fabio, Dodo e Matteo possono aver deciso di chiodare una via come veniva, spingendo al massimo le loro capacità e la loro psiche in modo da chodare il + lungo possibile, ovvero forando la roccia il MENO possibile!

Io ad esempio potrei essere daccordo con loro su questo, ma non sul fatto di non usare i friends: io, per principio, scelgo in apertura di forare il meno possibile, ovviamente per quello che è il MIO limite (molto inferiore al tuo e soprattutto a quello di Larcher), e comunque lo spit è l'ultima scelta che faccio se la roccia stessa mi offre altre possibilità con fessure o buchi, ecc...
trovo sia un'etica stupida, per il mio modo di intendere l'arrampicata in montagna o comunque in apertura, quella di vietare al ripetitore o a se stessi l'uso di friends, dadi o chiodi.

pinioni ovviamente, solo opinioni perchè in l'arrampicata è "anarchia" e ogniuno si sceglie la propria etica, l'importante ed il difficile è comunque rispettarla.
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Messaggioda Enzolino » lun set 12, 2005 16:07 pm

Maurizio ha scritto:Ciao Enzolino,

so che il discorso dà fastidio, ma è così. Se non provi, non sai di che parli e parli a vanvera, allo stesso modo di quello che potrei dire io se parlassi di nanotecnologie che sono il tuo campo. Io non dico di fare quella via prima di dire qualcosa, dico che uno che non hai mai usato il cliff o piantato uno spit col trapano in mano non ha ben chiaro di che si tratti, discute e basta. E' un dato di fatto, non c'è da offendersi. Io almeno non mi offenderei. Peraltro non mi riferivo minimamente a te, che so che sei un apritore anche se non a spit.
Complimenti per l'intervento ... molto bello ... :wink:
Nessuna offesa ... figurati ... anche il mio era un discorso generale. Tu sarai stato franco, ma a me non piace dire agli altri cosa possono o non possono dire, anche se rischiano di parlare a vanvera, ne' tantomeno leggere tali ammonizioni da parte di altri ...
Personalmente ho piazzato spit, sia col trapano e col piantaspit, e mi sono anche appeso ai cliff, in numerose occasioni, con grande contrazione la' dove non batte il sole, e riconosco che per molte vie spittate ci vuole un certo pelo, nonche' tecnica ed esperienza ... tuttavia, aprire a spit, per scelta, personalmente non mi interessa e, come ho scritto, lo dovrebbe fare solo chi e' bravo e capace.
Per il resto, tutto quelo che hai scritto non fa una piega ... :D

Ciao :wink:

Lorenzo
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Messaggioda pf » lun set 12, 2005 17:00 pm

A me la scala convince, poi sai, comunque ogni via ha storia a se.
Passo sul tecnico e perchè diamo senza dubbi S5.
Io ho un'infinitesima esperienza di vie rispetto ad un Larcher, per esempio, posso dire che rispetto a vie note per essere S4 la nostra, nel tiro più duro, è sicuramente S5. Non ci piove. Siamo caduti sull'obbligato, ma non due metri dopo l'obbligato, dove c'è una sezione molto tecnica e anche avambracciosa che io da secondo ho fatto al limite ( da secondo ho fatto pulito anche l'obbligato, d'altronde ero caduto 8 volte senza fare un'ultima cosa e avevo visto Matteo). Se cadi lì, e puoi cadere perchè sei ancora sul difficile e in continuità, penso che fai un volo che ricordi tutta la vita ma probabilmente ti fermi prima del pilastro. Se cadi due metri sopra vuol dire che hai il cervello bruciato, perchè l'uscita è oggettivamente facile rispetto al resto del tiro e quindi non vedo eventualità di caduta.
Però sotto, prima dell'obbligato, i voli sono altrettanto lunghi ma, e questo l'abbiamo capito dopo, non finiscono nel vuoto. Matteo è caduto prima del terzo spit, ho due sue foto dopo la caduta e non voglio farle vedere prima che le veda lui perchè penso sia giusto così, sono un pò impressionanti. Non è caduto nel tratto più lungo, comunque.
Sui tiri più facili si può integrare tranne la partenza di L4, forse FR3 può servire ma chissà se tiene.
Ho il sospetto che noi siamo andati su con una mentalità molto più alpinistica che sportiva, anzi direi proprio senza dubbio. Questo, dal dibattito, vedo che genera sconcerto, come se portarsi dietro gli spit voglia dire per forza rimanere nell'ambito sportivo. Io non l'ho mai pensato, quindi sono salito con l'idea di metterne il meno possibile, questo sì. E se Matteo fosse arrivato prima, su L2 non ne avrei messi 6 ma almeno due in meno. E' così, per vari motivi.
L3, che Erik ha valutato 7c+ come me, mentre Matteo, che è modestissimo verso quello che sa salire, l'aveva liberato al secondo tentativo dandolo 7c ( opinione di Erik: con due spit in più in falesia sarebbe un signor 7c+...), è un tiro molto obbligato ma sicuro, Matteo l'ha testato al limite volando di 12 metri, e arrivando in sosta, nella salita che doveva essere RP. E' un tiro molto psicologico, da tremarella, direi, ma rientra nell'ottica sportiva. Sicuramente tiri così ce n'è parecchi, a spit, io credo sia salibile a vista da uno che ha l'8a a vista e non si guardi indietro troppo. Gente così ce n'è. E' una lunghezza che andrò sicuramente a tentare perchè è molto bella in tutti i sensi. Erik l'ha definita bellissima e audace, degna di un grande apritore. Purtroppo la caduta di Matteo ci ha fatto tornar giù, io avevo già avuto seri problemi sul 6c e vederlo scosso ha chiuso ogni velleità, così Erik non ha potuto vedere il resto della via, fra l'altro è dopo la sua visita che mi sono reso conto del tipo di via, io fino a poche ore prima avevo detto ad amici e quasi ai parenti di farci un giro, vedi tu come ero consapevole...
Sono anche convintissimo che gente come Steck e Siegfrid, che abitano lì vicino, Rolando, Dal Pra, Manolo etc salgano la via a vista; mi stupirei del contrario, le difficoltà sono assolutamente sotto le loro capacità. Ho le relazioni di Larcher e la maggior parte di quelle vie le posso attualmente salire con un paranco, e anche Matteo deve ancora mangiare un pò di livello. D'altronde, non so quanti scalatori siano in grado di ripetere certe vie...io penso che comunque anche per loro la distanza delle protezioni sia tale da suggerire concentrazione, diciamo così. Sono pur sempre dei 7c/8a chiodati minimo come Ceuse/Voralpsee e mediamente più lunghi, con volo vietato, e si è in montagna. Ma loro sono di altra categoria, questo a me e Matteo è chiaro come il sole a mezzogiorno, altro che!!
Io ho comunque invitato rolando a venire a salirla, per noi sarebbe un onore gigantesco e, credimi, l'ultima cosa che non ci farebbe dormire è una sua frase tipo: ma no, ragazzi, avete esagerato. Io e Matteo, sommando i tiri aperti finora, penso che siamo sotto la lunghezza della Larcher-Vigiani, figurati. Ci piacerebbe tantissimo imparare tutto quello che non sappiamo, che è tantissimo. In effetti noi abbiamo improvvisato un casino, tipo andar su con la singola sul tiro più duro, appendere il trapano giù ma insieme a un groviglio di materiale, e non ti dico come matteo piantava gli spit, gli abbiamo dovuto dire di metterli dentro fino alla filettatura...ieri rolando non lo vedevo ma si sarà messo le mani nei capelli dieci volte per la nostra inettitudine.
Invece devo dire che i continui riferimenti allo stare attento e al campare e così via mi suonano molto strano; come se nessuno, in montagna, avesse, fra quelli intervenuti, schiacciato il pedale dell'acceleratore.
Su, su, andiamo...l'avete fatto tutti e magari adesso c'è anche qualche rimpianto per avere fin troppa cautela, diciamocelo...
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Messaggioda gug » lun set 12, 2005 17:39 pm

Maurizio ha scritto: Il problema è di arrivare intero alla vecchiaia, come dicevi anche tu, e questa capacità è quella che distingue un bravo da un cattivo alpinista o da un kamikaze, fortuna e sfortuna a parte. Solo che se cade e si ammazza poi si dice che è stato sfortunato, o che non ha trovato la manetta della salvezza... Questo non l'ho detto certo io, ma ben altri prima di me, tra cui Messner credo...



Maurizio ha scritto:Nel mio precedente intervento ti spiegavo dunque quali sono le nostre premesse di apertura, che spesso non sono state comprese, o per meglio dire fraintese. Se ricordi bene qualcuno di tua conoscenza andò su Hotel Supramonte e disse: "Ehi, ma qui gli spit non sono così distanti come credevo! E' una falesia!" Certo, perchè quel qualcuno non aveva capito che il gioco non era a chi metteva lo spit più distante, bensì a passare su quel muro rovesciato senza fare artif tra uno spit e l'altro.


Maurizio, questo è proprio quanto volevo sostenere anch'io col mio intervento.
Il valore di certe vie, in termini di realizzazione alpinistica, non è costituito solo dal rischio: altrimenti staremmo parlando di esercizi da circo.
Anzi, a volte il valore alpinistico può essere addirittura maggiore se si è riusciti a trovare un modo per evitare rischi troppo grandi.
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Messaggioda Enzolino » mar set 13, 2005 9:11 am

I vari interventi mi hanno fatto pensare ad un libro che ho finito di leggere qualche tempo fa. "La morte del chiodo" di Emanuele Cassara' ...
Nelle sue digressioni egli tenta un paragone tra le varie imprese alpinistiche nel corso della storia, confrontando le difficolta' delle vie, la loro lunghezza, ma anche il numero di chiodi utilizzati dagli apritori.
Ebbene si'! Egli sembra in qualche modo "misurare" il grado di evoluzione dell'alpinismo anche in base al numero di chiodi utilizzati per unita' di lunghezza di una via. Allo stesso modo Messner puntava ad alpinismo minimalista che tende a ridurre il numero di protezioni. Un Manolo che, sempre con l'ottica minimalista, sale con soli trapano e spit per aprire "Cani morti". Una via che forse lascera' un segno per l'obbligatorio elevato e la scarsita' di protezioni. E che dire della corsa all'E10 in UK, in cui il grado misura in qualche modo la pericolosita' della via? E chi di noi non ha mai provato a salire almeno una volta cercando di ridurre le protezioni al minimo per "misurare" il proprio coraggio?

Alla fine penso che misurare il grado di evoluzione alpinistica di una via in base al numero dei chiodi sia comunque molto discutibile. E trovo significativo che, se un Cassara', in base ai suoi criteri, stima la Walker alle Jorasses come il l'impresa alpinistica piu' significativa considerando i tempi in cui e' stata salita, un personaggio come Cassin ha sempre dichiarato di aver messo i chiodi la' dove era necessario senza prendere piu' rischi del dovuto, dimostrando un certo equilibrio che non cerca il rischio a tutti i costi.

Insomma, se in una certa ottica affermazioni di un Dal Pra su Hotel Supramonte, non sarebbero poi cosi' fuori luogo, bisogna capire che ognuno alla fine sale una via cercando cose diverse rispetto agli altri, proponendole ai ripetitori senza dover necessariamente stabilire qiale sia il modo "giusto o quello sbagliato".

Ciao :wink:

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Messaggioda Buzz » mar set 13, 2005 9:28 am

A mio modesto parere l'apritore ha diritto di salire la via come più gli aggrada.
Ha diritto altresì di modificare il proprio modo di aprire in base alla sua esperienza, evolvendosi.
Ha diritto anche di modificare (o far modificare) la via per renderla fruibile ad altri secondo i "suoi" soggettivi criteri di sicurezza.

I ripetitori hanno il diritto di salirla come vogliono, proteggendosi come possono e hanno necessità ma senza aggiungere nulla di permanente alla via.

Il discorso di Maurizio mi piace per molti versi, ma secondo me è molto incentrato in un'ottica "apro per far ripetere".
Ciò è molto bello e ha portato Maurizio ad aprire centinaia di tiri e di vie sicure. E in questa logica "altruistica" il suo discorso non fa una piega.
Tuttavia, si può anche salire solo per se stessi.
Anche al limite di non dire nulla (altro 3d in cui si parlava delle comunicazione in alpinismo).


Poi c'è un'altra cosa che non capisco, nel discorso di Maurizio.
La scala S1 ...S5 la reputo una scala utile e chiara, ma fino ad ora non avevo capito che dovesse essere intesa come "media" della via.

Questo non lo capisco.
Se c'è una via di 5 tiri con 4 tiri S2 e 1 S5 trovo l'indicazione S3?

E poi quando mi trovo sul tiro S5 che faccio, fischio?
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Messaggioda gug » mar set 13, 2005 9:31 am

Enzolino ha scritto:I vari interventi mi hanno fatto pensare ad un libro che ho finito di leggere qualche tempo fa. "La morte del chiodo" di Emanuele Cassara' ...
Nelle sue digressioni egli tenta un paragone tra le varie imprese alpinistiche nel corso della storia, confrontando le difficolta' delle vie, la loro lunghezza, ma anche il numero di chiodi utilizzati dagli apritori.
Ebbene si'! Egli sembra in qualche modo "misurare" il grado di evoluzione dell'alpinismo anche in base al numero di chiodi utilizzati per unita' di lunghezza di una via. Allo stesso modo Messner puntava ad alpinismo minimalista che tende a ridurre il numero di protezioni. Un Manolo che, sempre con l'ottica minimalista, sale con soli trapano e spit per aprire "Cani morti". Una via che forse lascera' un segno per l'obbligatorio elevato e la scarsita' di protezioni. E che dire della corsa all'E10 in UK, in cui il grado misura in qualche modo la pericolosita' della via? E chi di noi non ha mai provato a salire almeno una volta cercando di ridurre le protezioni al minimo per "misurare" il proprio coraggio?

Alla fine penso che misurare il grado di evoluzione alpinistica di una via in base al numero dei chiodi sia comunque molto discutibile. E trovo significativo che, se un Cassara', in base ai suoi criteri, stima la Walker alle Jorasses come il l'impresa alpinistica piu' significativa considerando i tempi in cui e' stata salita, un personaggio come Cassin ha sempre dichiarato di aver messo i chiodi la' dove era necessario senza prendere piu' rischi del dovuto, dimostrando un certo equilibrio che non cerca il rischio a tutti i costi.

Insomma, se in una certa ottica affermazioni di un Dal Pra su Hotel Supramonte, non sarebbero poi cosi' fuori luogo, bisogna capire che ognuno alla fine sale una via cercando cose diverse rispetto agli altri, proponendole ai ripetitori senza dover necessariamente stabilire qiale sia il modo "giusto o quello sbagliato".

Ciao :wink:

Lorenzo


Beh però io non trovo in contrasto questo con l'altra posizione.

Certamente il limitato numero di protezioni è uno dei fattori che aumenta il valore alpinistico di una via, però limitare l'uso delle protezioni perchè non se ne potevano mettere di più è un conto, limitarlo perchè così si crea un maggior rischio è un altro.
A mio parere l'evoluzione si ha nel primo caso e non nel secondo.

Con protezioni tradizionali, credo che nessuno sia passato alla storia per averlo fatto con questo scopo; diverso è non mettere una protezione perchè si è sicuri e si vuole procedere veloci, ma non sta in questo il valore della via.
Con gli spit e trapano forse è diverso perchè si sa che ci sono maggiori possibilità di farlo, ma nel tipo di vie di cui stiamo parlando se si alza il limite questo può non essere più vero.
Su Cani Morti non penso che Manolo non abbia messo qualche spit in più per questo motivo, ma probabilmente ciò è stata la conseguenza della difficoltà della via che rendeva difficile e precario fermarsi per farlo. Tra l'altro, proprio questo aspetto a mio parere rende le vie in questo stile alpinistiche nel vero senso della parola: non ci si protegge dove si vuole, ma dove si può e bisogna trovare la "via" giusta per poterlo fare prima di superare certi limiti che ogni scalatore si pone.
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Messaggioda giorgione » mar set 13, 2005 9:36 am

pf ha scritto:Invece devo dire che i continui riferimenti allo stare attento e al campare e così via mi suonano molto strano; come se nessuno, in montagna, avesse, fra quelli intervenuti, schiacciato il pedale dell'acceleratore.
Su, su, andiamo...l'avete fatto tutti e magari adesso c'è anche qualche rimpianto per avere fin troppa cautela, diciamocelo...
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Straquoto in pieno! Nella vita "civile" ci sono già troppe regole perchè darsene anche in montagna e in apertura? Peggio sarebbe stato se aveste aperto una via plasir, quelle pareti non se la meritano...L'avete detto da subito la vostra è una via alpinistica a spit, non una via sportiva (o HLF)! Sono due cose diverse. I potenziali ripetitori sanno a cosa vanno incontro e decidono se ingaggiarsi o meno. Voi avete voluto spingere al massimo il vostro livello psico-tecnico, fino al limite e forse oltre. Questo ve ne va dato atto e merito, di salite codificate ce ne sono già tantissime con più o meno personalità, voi avete aperto qualcosa di diverso, con molta personalità (e i tuoi racconti lo dimostrano!) sicuramente discutibile, ma secondo un'etica che vi eravate dati: mettere il minore numero di spit possibile. Poi magari viene fuori una via che avrà poche ripetizioni, perchè alla fine è più famosa Silbergeier di Achtibahn, troppo facile per i big, ma troppo pericolosa per gli altri...
Certo che ora Fabio, c'hai una bella rogna a cui pensare per tutto l'anno...e un bello stimolo per allenarti :wink:
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