da Andrea Orlini » ven apr 16, 2004 17:33 pm
Se penso ai bivacchi imprevisti, allora ne ho fatti pochi, ma quei pochi hanno lasciato molti ricordi.
Come quello sotto la cima dell'Artensoraju, a 6000 metri, cacciati dentro un crepaccio della serracco in cima, maglione della naia adosso e sopra la testa il telo termico, uno x tre persone, incoscenza come solo a vent'anni puoi avere. La bufera che si era scatenata non ci ha fatto chiudere occhio, forse anche un po' la fifa di non arrivare al mattino. Ma quel mattino si è presentato all'improvviso con un cielo turchese e la montagna si è lasciata discendere.
Come non ricordare quello appeso alle pareti del Bila Pec, in ottobre, ovviamente dolcevita (rigorosamente nylon con prese d'aria) e pantoloni della tuta. C'era anche l'immancabile goccia, ma ho passato tutta la notte con la bocca aperta per bere. Solo che per il tremore del freddo, talvolta mi finiva nell'occhio. Ed è stato proprio con un occhio chiuso che sono riuscito ad intravedere la sagoma del chiodo che il mattino dopo ci indicò la strada.
E altri ancora, e anche quelli invece programmati, sulla spinta delle parole del grande vecchio, Kugy.
Sensazioni troppo personali; in due appesi alla Kugy alla nord del Montasio a guardare le luci dell'alba e scoprire come bambini dopo anni di alpinismo che le nord, seppur per poco, si illuminano al mattino; eppure non riuscire a cumunicare nulla all'altro delle proprie sensazioni. In questo aveva ragione Giancarlo Grassi!
Li rifarei tutti. Mi auguro di altri ancora.
ciao