da lamontagnadiluce » mar mar 24, 2009 0:32 am
da crodaiolo » mar mar 24, 2009 0:50 am
lamontagnadiluce ha scritto:La bella testimonianza (Parte seconda) che vi proponiamo di seguito è tratta, da ?La Grande Civetta? di Alfonso Bernardi (Zanichelli editore ? Bologna ? 1971).
(Tutto questo veniva detto, da Raffaele Carlesso, e scritto, da Alfonso Bernardi, nell'anno 1969. N.d.r.)
Come ci venne in mente di affrontare la Trieste? A quell?epoca ?1934 ? avevo già ripetuto le più famose vie di 6° grado, compresa la Tissi alla Tofana di Roces ed allora Tissi era il numero uno. Così pensammo a cose nuove. La Torre Trieste era un po? il sogno di tutti, a cominciare dai bellunesi. I Bellunesi a quel tempo hanno dato un grande impulso all?alpinismo dolomitico ed erano molto affiatati con noi di Pordenone. Sulla Torre Trieste tutto andò bene, perché avevamo un grado eccezionale di allenamento ed eravamo decisi a tutto. Faceva impressione attaccarsi a certe salite, ma eravamo giovani, con una passione di ferro ed una fede per cui non esistevano difficoltà. Anzi, più difficoltà trovavamo e meglio era. Il punto critico erano sempre i mezzi e l?equipaggiamento. Per riscaldarci non avevamo che delle candele! Le pedule erano di pezza e, quando abbiamo scalato la Trieste ho dovuto fermarmi due volte per ricucirle. Avevo fatto un po? di pratica come calzolaio ed avevo con me spago e ?sgubbia?. Così, mi sono fermato su una cengia e le ho ricucite. Pedule di pezza?. Altro che queste scarpe speciali di adesso, che vai su come e dove vuoi! Sulla Trieste avevamo due corde e molto cordino, per poter scappar fuori in caso di necessità. Durante le discesa, sopravvenne il maltempo e, piuttosto che fare un altro bivacco, abbiamo fatto una calata, servendoci di tutto il cordino, che poi abbiamo lasciato sul posto. Il giorno dopo siamo andati a recuperarlo ed abbiamo visto che era tutto un macello: era venuta giù l?ira di Dio e guai se ci fossimo fermati lì! Sulla Trieste c?è un passaggio, che è un po? il passaggio chiave, dove, a quanto mi si dice, ora mettono chiodi ad espansione. Beh, lì ci sono dei buchi, lo ricordo bene, dove ho infilato le dita. E ho avuto la fortuna di avere una pedula a punta, come quelle delle ballerine ed ho incastrato là dentro la punta e sono andato su. Se no è veramente difficile passare, tanto è vero che adesso dicono che non si può più passare, perché la roccia è franata. Non è franato un bel niente, anche quella volta era così! Me lo ricordo quel passaggio e l?ho fatto proprio allo spasimo. L?ho fatto perché ho il piede molto piccolo e quando arrampicavo, mi servivo solo di queste due dita, che avevano una forza tremenda. Le pedule me le facevo da solo, molto strette e morbide; i passaggi li superavo di forza sulle dita dei piedi. Anche quella della Torre di Valgrande è stata una bella salita. Quando ho fatto quel passaggio in libera sulla Valgrande, è stato un passaggio che vale una vita. Oggi ti ridon dietro. Oggi vanno su con quelle staffe?.ma sono passaggi che, veramente, non è la forza, è lo spirito che ti tira su! Venir fuori da quel soffitto della Valgrande è una cosa impressionante e, poi, sopra è tutto marcio. Ad un certo punto, non sapevo più come fare. Ho messo un chiodo sottile come un filo d?erba e mi sono tenuto su. Era una salita che non dava respiro. Abbiamo fatto un bivacco bestiale, perché siamo stati sorpresi dal buio. Mi sembrava di avere scorto un terrazzino, ma era solo una placca spiovente nel vuoto. Abbiamo bivaccato appesi ai chiodi. Il giorno dopo, poco sopra abbiamo trovato una vera cengia e questa volta abbiamo sostato, per riposare un po?, che eravamo quasi anchilosati. Avevamo un sacco con circa 20 chili di materiale e rifornimenti. Lo issavamo con un cordino e, mentre salivo, assicuravo questo cordino alla cintura dei pantaloni. Giunto su un passaggio molto difficile, ero almeno venti metri sopra il compagno, senza nessun chiodo intermedio, quando il sacco si mosse e precipitò nel vuoto. Per un attimo pensai: ?ora ricevo lo strappo e casco giù anch?io?. Invece sentii solo un piccolo ?trac!? e poi nulla. Pensate, per puro caso, nel punto di sosta avevo legato il cordino ad una semplice asola dei pantaloni, che si era strappata facilmente! Però avevamo ancora un terzo di salita da fare ed avevamo perduto il sacco con tutto il materiale: chiodi, macchina fotografica, limoni, cioccolata ed una bella fetta di lardo. Nelle nostre salite mangiavamo sempre poco. Ma la sera mangiavamo una bella fetta di lardo, di quello molto alto e poco salato. Poi, sono andato in Sardegna, è venuta la guerra, sono tornato a casa solo nel 1945. Gli anni più belli erano oramai passati. Per me adesso, è come se l?alpinismo non esistesse più. Un passaggio in montagna si può vincere, come una volta, con lo spirito, la passione e la volontà. Oggi ci sono i mezzi artificiali. Però c?è gente che, se gli toglie le staffe, non fanno più un metro? Certo, anche oggi vi sono alpinisti che sarebbero stati capaci di fare quello che noi abbiamo fatto e magari di più, ma non sarebbero stati in molti, perché, ad un certo momento, uno più di tanto non può fare e, quando è liscio è liscio, insomma! Per noi, il chiodo era sempre una profanazione della montagna. Usavamo i chiodi per sicurezza, e prima di mettere un chiodo, era come se fossimo andati a confessarci. Questo era il nostro concetto. Ad ogni modo sono contento di questa passione che mi ha dato veramente frutti morali e fisici. Oggi ho sessantadue anni. Domenica son andato su con gente di venti anni?. stracci! Alla mia età, ho fatto la Nord della Grande in quattro ore e mezza, in cinque ore e mezza la Cassin della Ovest e poi la ?direttissima? dei tedeschi. Lì abbiamo bivaccato per il maltempo. La montagna è l?attività più completa, perché comprende lo spirito ed il coraggio ed anche materialmente rafforza il fisico e mette l?individuo in condizione di fare tutto ciò che vuole. E? con il sistema di vita che la gente si rovina. Se uno avesse questa passione della montagna, con un comportamento di vita sano e igienico! Io a Pordenone non ho nulla a che fare. Anche l?ambiente diventa sempre più difficile. Una volta eravamo più umani. Oggi il contatto umano non esiste più. Una volta vi era quel buon campanilismo fra amici, ci volevamo bene, eravamo tutti uniti, la discussione era libera, franca. La montagna è qualcosa di superiore: è educazione fisica e morale?
da AlpineMan® » mar mar 24, 2009 1:18 am
da alison » dom apr 05, 2009 19:01 pm
da Fokozzone » dom mag 20, 2012 17:11 pm
lamontagnadiluce ha scritto:La bella testimonianza (Parte seconda) che vi proponiamo di seguito è tratta, da ?La Grande Civetta? di Alfonso Bernardi (Zanichelli editore ? Bologna ? 1971).
(Tutto questo veniva detto, da Raffaele Carlesso, e scritto, da Alfonso Bernardi, nell'anno 1969. N.d.r.)
Come ci venne in mente di affrontare la Trieste? A quell?epoca ?1934 ? avevo già ripetuto le più famose vie di 6° grado, compresa la Tissi alla Tofana di Roces ed allora Tissi era il numero uno. Così pensammo a cose nuove. La Torre Trieste era un po? il sogno di tutti, a cominciare dai bellunesi. I Bellunesi a quel tempo hanno dato un grande impulso all?alpinismo dolomitico ed erano molto affiatati con noi di Pordenone. Sulla Torre Trieste tutto andò bene, perché avevamo un grado eccezionale di allenamento ed eravamo decisi a tutto. Faceva impressione attaccarsi a certe salite, ma eravamo giovani, con una passione di ferro ed una fede per cui non esistevano difficoltà. Anzi, più difficoltà trovavamo e meglio era. Il punto critico erano sempre i mezzi e l?equipaggiamento. Per riscaldarci non avevamo che delle candele! Le pedule erano di pezza e, quando abbiamo scalato la Trieste ho dovuto fermarmi due volte per ricucirle. Avevo fatto un po? di pratica come calzolaio ed avevo con me spago e ?sgubbia?. Così, mi sono fermato su una cengia e le ho ricucite. Pedule di pezza?. Altro che queste scarpe speciali di adesso, che vai su come e dove vuoi! Sulla Trieste avevamo due corde e molto cordino, per poter scappar fuori in caso di necessità. Durante le discesa, sopravvenne il maltempo e, piuttosto che fare un altro bivacco, abbiamo fatto una calata, servendoci di tutto il cordino, che poi abbiamo lasciato sul posto. Il giorno dopo siamo andati a recuperarlo ed abbiamo visto che era tutto un macello: era venuta giù l?ira di Dio e guai se ci fossimo fermati lì! Sulla Trieste c?è un passaggio, che è un po? il passaggio chiave, dove, a quanto mi si dice, ora mettono chiodi ad espansione. Beh, lì ci sono dei buchi, lo ricordo bene, dove ho infilato le dita. E ho avuto la fortuna di avere una pedula a punta, come quelle delle ballerine ed ho incastrato là dentro la punta e sono andato su. Se no è veramente difficile passare, tanto è vero che adesso dicono che non si può più passare, perché la roccia è franata. Non è franato un bel niente, anche quella volta era così! Me lo ricordo quel passaggio e l?ho fatto proprio allo spasimo. L?ho fatto perché ho il piede molto piccolo e quando arrampicavo, mi servivo solo di queste due dita, che avevano una forza tremenda. Le pedule me le facevo da solo, molto strette e morbide; i passaggi li superavo di forza sulle dita dei piedi. Anche quella della Torre di Valgrande è stata una bella salita. Quando ho fatto quel passaggio in libera sulla Valgrande, è stato un passaggio che vale una vita. Oggi ti ridon dietro. Oggi vanno su con quelle staffe?.ma sono passaggi che, veramente, non è la forza, è lo spirito che ti tira su! Venir fuori da quel soffitto della Valgrande è una cosa impressionante e, poi, sopra è tutto marcio. Ad un certo punto, non sapevo più come fare. Ho messo un chiodo sottile come un filo d?erba e mi sono tenuto su. Era una salita che non dava respiro. Abbiamo fatto un bivacco bestiale, perché siamo stati sorpresi dal buio. Mi sembrava di avere scorto un terrazzino, ma era solo una placca spiovente nel vuoto. Abbiamo bivaccato appesi ai chiodi. Il giorno dopo, poco sopra abbiamo trovato una vera cengia e questa volta abbiamo sostato, per riposare un po?, che eravamo quasi anchilosati. Avevamo un sacco con circa 20 chili di materiale e rifornimenti. Lo issavamo con un cordino e, mentre salivo, assicuravo questo cordino alla cintura dei pantaloni. Giunto su un passaggio molto difficile, ero almeno venti metri sopra il compagno, senza nessun chiodo intermedio, quando il sacco si mosse e precipitò nel vuoto. Per un attimo pensai: ?ora ricevo lo strappo e casco giù anch?io?. Invece sentii solo un piccolo ?trac!? e poi nulla. Pensate, per puro caso, nel punto di sosta avevo legato il cordino ad una semplice asola dei pantaloni, che si era strappata facilmente! Però avevamo ancora un terzo di salita da fare ed avevamo perduto il sacco con tutto il materiale: chiodi, macchina fotografica, limoni, cioccolata ed una bella fetta di lardo. Nelle nostre salite mangiavamo sempre poco. Ma la sera mangiavamo una bella fetta di lardo, di quello molto alto e poco salato. Poi, sono andato in Sardegna, è venuta la guerra, sono tornato a casa solo nel 1945. Gli anni più belli erano oramai passati. Per me adesso, è come se l?alpinismo non esistesse più. Un passaggio in montagna si può vincere, come una volta, con lo spirito, la passione e la volontà. Oggi ci sono i mezzi artificiali. Però c?è gente che, se gli toglie le staffe, non fanno più un metro? Certo, anche oggi vi sono alpinisti che sarebbero stati capaci di fare quello che noi abbiamo fatto e magari di più, ma non sarebbero stati in molti, perché, ad un certo momento, uno più di tanto non può fare e, quando è liscio è liscio, insomma! Per noi, il chiodo era sempre una profanazione della montagna. Usavamo i chiodi per sicurezza, e prima di mettere un chiodo, era come se fossimo andati a confessarci. Questo era il nostro concetto. Ad ogni modo sono contento di questa passione che mi ha dato veramente frutti morali e fisici. Oggi ho sessantadue anni. Domenica son andato su con gente di venti anni?. stracci! Alla mia età, ho fatto la Nord della Grande in quattro ore e mezza, in cinque ore e mezza la Cassin della Ovest e poi la ?direttissima? dei tedeschi. Lì abbiamo bivaccato per il maltempo. La montagna è l?attività più completa, perché comprende lo spirito ed il coraggio ed anche materialmente rafforza il fisico e mette l?individuo in condizione di fare tutto ciò che vuole. E? con il sistema di vita che la gente si rovina. Se uno avesse questa passione della montagna, con un comportamento di vita sano e igienico! Io a Pordenone non ho nulla a che fare. Anche l?ambiente diventa sempre più difficile. Una volta eravamo più umani. Oggi il contatto umano non esiste più. Una volta vi era quel buon campanilismo fra amici, ci volevamo bene, eravamo tutti uniti, la discussione era libera, franca. La montagna è qualcosa di superiore: è educazione fisica e morale?
da Omselvadegh » sab ott 13, 2012 19:32 pm
Danilo ha scritto::smt066
da Slowrun » sab ott 13, 2012 19:57 pm
da EvaK » sab ott 13, 2012 20:20 pm
Omselvadegh ha scritto:Danilo ha scritto::smt066
quel cordino rosso ora è in mio possessol'ho recuperato oggi!
da Danilo » dom ott 14, 2012 2:01 am
da Omselvadegh » dom ott 14, 2012 18:21 pm
da Omselvadegh » dom ott 14, 2012 18:26 pm
da crodaiolo » dom ott 14, 2012 18:35 pm
da giorgiolx » dom ott 14, 2012 18:40 pm
Omselvadegh ha scritto:bagai! ho avuto la tentazione fortissima di tirare fuori tutti i chiodi che c'erano farebbero di sicuro bella mostra assieme alla mia collezione di cianfrusaglie arrugginite rinvenute in parete, ma sono stati messi da mani sante...scambio culturale?
da Omselvadegh » dom ott 14, 2012 18:43 pm
da El Rojo » dom ott 14, 2012 18:45 pm
Omselvadegh ha scritto:...ho avuto la tentazione fortissima di tirare fuori tutti i chiodi che c'erano..
da Omselvadegh » dom ott 14, 2012 21:01 pm
da Danilo » dom ott 14, 2012 21:54 pm
crodaiolo ha scritto:
ehm, non so se avete notato il diametro delle corde con cui arrampica certa gente![]()
a confronto il vecchio cordino rosso pare un pitone...
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