calabrones ha scritto:Beh in quanto pippa ke ha finito la Maratona del Cielo dico la mia

X dade la mia ricetta d'allenamento e' questa, in linea con gli altri suggerimenti:
- prima bisogna raggiungere la distanza;
- poi la infarcisci coi lavoretti per diciamo aumentare la cilindrata del motore

Ciao,
ciao , in quanto superpippa , dico io la mia ...
( quando uno è una superpippa si informa magari meglio e + spesso , appunto per cercare di carpire i segreti maggiori )
io credo che la tua metodologia di allenamento abbia , qualche rischio.
Se prendi qualche libro di canova , ad esempio , i cicli di preparazione lui li divide in questo modo...
ciclo del pieno recupero
ciclo di preparazione muscolare
ciclo innalzamento potenza aerobica
ciclo di estensione della velocità
i cosidetti lunghi a vel. di ritmo maratona ( + o - ) , per intenderci , quelli tra i 25 e i 36 km , vanno corsi solo nell'ultimo ciclo ( 8-10 settimane ) , e l'ultimo lungo ( da 36 ) max ad un mese dalla gara.
Ovvio che la resistenza aerobica la devi coltivare tutto l'anno , ma ci si può limitare alla metà della lunghezza della gara da fare
se vai su it.sport.aletica c'è addirittura un messaggio che linka dove andare ad scaricare un file.pdf di canova ...non sono in grado di aiutarti ...
prova a cercare con questa parola chiave
canova%20-%20maratona.pdf
io ce l'ho , ma non so come metterlo a disposizione

((
un altra conferma circa la programmazione dei vari cicli di allenamento ,
la pui trovare qui
http://www.webzine.podisti.net/index.ph ... &Itemid=14
c'è da poter scaricare tutte le tecniche di allenamento , come preparare una maratona una mezza e una 10 k !
poi c'è un apposito forum a cui chiedere preziosi consigli...
un must !!
la potenza aerobica serve ad aumentare la cilindrata del fisico ...quando sei arrivato al suo culmine , è opportune estenderala con le cosidette ripetute intensive-estensive .....
fare dei lunghi ( di 30 km ) a 5-6- medi dalla gara , serve a non molto.
Il fatto stesso che in un qualunque programma di preparazione , consigliono di effettuare l'ultimo lungo di 36 km a circa un mese dalla gara , dovrebbe far riflettere i tanti che fanno gare da 40-50 km ( in montagna ) ogni mese ..... e vi assicuro che ce ne sono !!!
Nota aggiuntiva ,
se andate sul sito di pizzolato ci sono molte info riguardo la corsa in montagna ...come effettuarla prepararla ecc
vi allego alcune raccolte che ho fatto , se a qualcuno interessano...
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Corsa in Montagna
Domanda
Come si prepara la corsa in montagna grazie Italo C.
Risponde Orlando Pizzolato
La fisiologia della corsa in salita non è differente da quella delle analoghe competizioni di pari durata che si svolgono in pianura. Tuttavia ci sono delle sostanziali differenze sul coinvolgimento muscolare. Per il fatto di correre su di un piano inclinato, il piede incontra prima la superficie di contatto rispetto a quando si corre in pianura. Per questo motivo i tempi di contrazione muscolare sono maggiori di quelli del rilassamento, e l?affaticamento è molto maggiore rispetto alla corsa in pianura. Inoltre, per spostare il peso del proprio corpo verso l?alto, e vincere quindi la forza di gravità, l?impegno muscolare è decisamente maggiore.
In seguito a queste considerazioni, si evidenzia che l?intervento della forza muscolare è maggiore rispetto alle competizioni che si svolgono in pianura, e di conseguenza è importante sviluppare la forza muscolare. Ti suggerisco quindi di fare una, o anche due, sedute la settimana di rafforzamento muscolare (con dei pesi) per il quadricipite (mezzo squat, leg extension, flessioni delle gambe, step test, ecc.).
Per quanto riguarda invece l?allenamento di corsa, eccoti le sedute da inserire in un ciclo di allenamento quindicinale.
- una seduta (ogni 15 giorni) di corsa lunga lenta (da 1h30? a 2 ore) su percorso vario ma non molto impegnativo,
- una seduta (ogni 15 giorni) di corsa lunga lenta (1h30) su percorso con molti saliscendi, di varia lunghezza e pendenza,
- una seduta (ogni 15 giorni) di corsa media in salita continua (da 30 a 50') ad impegno medio
- una seduta (ogni 10 giorni) di ripetute medie (1km) in salita a ritmo gara di 10km; recupero di 1km di corsa in discesa a ritmo molto tranquillo,
- una seduta (ogni 10 giorni) di ripetute lunghe (2-3km) in pianura a ritmo gara di 15-21km; recupero di 3?30/4? di corsa blanda,
- una seduta (ogni 10 giorni) di interval training (10-13 x 300m; recupero 1'30" di corsa blanda).
Prima delle sedute di corsa media e di allenamento intervallato devi svolgere 15-20? di riscaldamento ed al termine devi invece correre 5-10? in scioltezza per rilassare la muscolatua (defaticamento)
Fra queste sedute puoi fare una seduta di corsa lenta di 40-60?, su percorso pianeggiante, con il solo obiettivo di sciogliere le gambe, oppure fare una giornata di riposo completo.
Correre in salita sollecita in maniera maggiore la muscolatura rispetto a quando ci si allena in pianura ed è fisiologico che alcuni gruppi muscolari (cosce, polpacci e glutei) siano più contratti.
T?invito quindi a svolgere regolarmente esercizi specifici di allungamento.
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CONSIGLI X L?ALLENAMENTO X LA CORSA IN MONTAGNA
Proprio perché la fisiologia della corsa in salita non è differente da quella delle analoghe competizioni di pari durata che si svolgono in pianura, l'impostazione tecnica dell'allenamento non differisce molto da quella di una gara di 10 o 15km su strada. Ci sono tuttavia delle situazioni peculiari tipiche solo della corsa in salita a cui prestare attenzione sia per massimizzare il rendimento, sia per non perdere delle qualità tecniche necessarie per correre al meglio quando si vuol gareggiare successivamente anche in pianura.
Per ricercare i migliori adattamenti muscolari, visto il modificato rapporto dei tempi di contrazione e rilassamento dei muscoli, è necessario svolgere sedute specifiche in salita. Tuttavia non è solo sufficiente correre in salita ad impegno controllato, ma è invece anche determinante eseguire delle sedute in cui lo sforzo è elevato. Quest'ultimo aspetto è importante soprattutto da un punto di vista psicologico giacché in salita ci si deve abituare a soffrire un po' di più. I mezzi di allenamento per gli specialisti della corsa in salita sono praticamente gli stessi del podista che si dedica alle gare in pianura: corsa a ritmo medio e ripetute. Questi sono quindi gli allenamenti che addestrano anche a sopportare l'impegno mentale, ma è altrettanto utile inserire salite di varia lunghezza e pendenza durante le lunghe uscite di corsa a ritmo lento perché contribuiscono a migliorare la forza muscolare, ma non solo. Affrontare, infatti, una salita dopo che si sono già percorsi parecchi chilometri, rappresenta sempre uno stimolo allenante di un certo significato tecnico: anche se non si percorre la salita ad un ritmo sostenuto, i saliscendi contribuiscono nel ricercare una meccanica di corsa efficiente ed economica.
Per quanto riguarda la corsa media in salita, questo tipo di seduta agisce a muscolare perché migliora la capacità dei muscoli a sostenere a lungo un elevato impegno, migliorando la forza resistente. Inoltre, un aspetto tecnico importante è quello relativo all'utilizzo e allo smaltimento dell'acido lattico. Dopo alcuni minuti di corsa in salita ad impegno medio, nelle fibre dei muscoli c'è una produzione piuttosto elevata di acido lattico, senza tuttavia che si arrivi all'accumulo, che da queste fuoriesce. In questa situazione di crescente acidosi muscolari, le fibre con il tempo si addestrano a produrne sempre meno (e quindi ad andare in crisi sempre più tardi), ed anche a riutilizzarlo a scopo energetico. Sono le fibre muscolari limitrofe a quelle che maggiormente lavorano a diventare abili nel riciclaggio della acido lattico e ciò contribuisce al fatto di limitare l'accumulo di acido lattico nel sangue. E' questo un aspetto metabolico che anche il maratoneta deve considerare con una certa importanza, proprio per arrivare a fa si che i suoi muscoli, seppur impegnati a livello di sforzo piuttosto considerevole, siano in grado di non produrre tanto acido lattico. Questo aspetto metabolico è simile a quello che si determina nella corsa media in pianura, anche se una consistente produzione di AL si verifica solo verso il finale della seduta, mentre nella corsa in salita, proprio per il fatto che l'impegno muscolare è maggiore , l'AL tende ad uscire dalle fibre muscolari già dopo qualche minuto in cui si è iniziato. Quindi, l'esposizione allo stimolo del riciclaggio dell' allenamento permane per molto più tempo.
La pendenza della strada per una seduta di corsa media in salita non deve essere troppo accentuata, altrimenti il rischio è solo quello di fare tanta fatica e di scadere nell'aspetto dell'efficienza dell'azione di corsa, quando in pratica si deve procedere a piccoli passi. E' preferibile non correre molto a lungo su pendenze superiori al 10-15%, sia perché lo sforzo diventerebbe molto elevato, sia perché ne risentirebbe anche l'azione meccanica. Quando, infatti, la strada sale molto si tende ad accorciare considerevolmente il passo e ciò va appunto a scapito dell'azione di corsa qualora s'intendesse gareggiare ancora in pianura. Basta pensare al fatto che gli specialisti della corsa in salita, quando gareggiano sul loro terreno non temono i colleghi stradaioli che invece in pianura sono in grado di sostenere andature proibitive per i "montanari". Allo stesso modo, gli specialisti della corsa in salita si trovano in grande difficoltà a seguire le andature imposte dai colleghi stradaioli proprio perché il problema maggiore non è di ordine organico, ma biomeccanico (buona azione di spinta e una falcata fluida ed efficiente). Anche il fondo del terreno ha una certa influenza, ed è meglio non correre troppo sui sentieri e fuoristrada perché la precarietà dell'appoggio condiziona l'azione di spinta. Gli specialisti della corsa in montagna devono invece correre proprio sul tipo di terreno caratteristico delle gare che andranno a correre. E' invece preferibile correre su strada asfaltata o dal fondo regolare.
Lo stesso discorso vale anche per le sedute di ripetute medie e lunghe, anche se in questo caso la pendenza della strada può certamente arrivare anche gradienti più elevati perché la durata dello sforzo è minore. Tuttavia, sempre a favore del fatto di non scadere nell'azione biomeccanica, è preferibile mantenere la pendenza della strada entro il 10%.Nelle corse in salita, ad accezione delle gare in montagna, difficilmente si trovano percorsi con lunghi tratti oltre tale pendenza.
Nelle sedute di prove ripetute, la parte più problematica nell'organizzazione della seduta è quella relativa alla gestione del recupero. Se ad es. si devono correre delle prove di 5', la soluzione migliore è quella di recuperare tornando di corsa al punto di partenza, in maniera da ripetere la stessa distanza della prova. Ciò inoltre consente di non dover percorrere poi tanta discesa continua una volta completata la serie delle prove, ed esporsi così ad un maggior traumatismo muscolare. Questo tipo di organizzazione del recupero comporta un allungamento della durata della pausa rispetto a quella proposta, a sfavore dell'effetto allenante a livello cardiocircolatorio. Tuttavia, per compensare a questa perdita dello stimolo allenante, suggerisco di fare la discesa correndo a ritmo un po' sostenuto sia per ridurre così la durata della prova sia per mantenere ad un certo livello l'impegno cardiocircolatorio.
Diversamente, si possono anche svolgere delle sedute nelle quali si continua sempre a correre in salita, sia la ripetuta sia il recupero. Questo tipo di organizzazione dell'allenamento è maggiormente allenante perché, anche se durante il recupero si corre a ritmo lento, per l'alterazione del rapporto contrazione -rilassamento, i muscoli lavorano sempre in una situazione di difficoltà. La precauzione da prendere sarebbe quella di non fare di corsa tutta la strada percorsa in salita, sempre per il discorso del maggior rischio di traumatismi, che in questo caso sarebbe anche più elevato perché si percorrere la discesa con le gambe stanche ed affaticate dal lavoro intervallato svolto in salita. E quando le gambe sono affaticate, il controllo dell'azione di corsa e dell'appoggio dei piedi è più precario.
Il fartlek in salita, proprio come l'omologo tipo di allenamento in pianura, può essere organizzato in vari modi, seguendo in pratica le proprie sensazioni. Lungo la salita si possono fare cambi di ritmo di varia durata, o anche applicare la regola del recupero uguale alla durata della prova. Personalmente ho applicato con successo sedute del tipo 100 metri veloci alternati a 100 metri lenti, su una distanza di 5km, o anche 30" di corsa impegnata ad altri 30" di recupero di corsa lenta. A volte ho anche voluto testare la mia "stamina" in salita alternando 30" di corsa a buon impegnato ad altri 30" secondi percorsi a ritmo piuttosto sostenuto. In questo caso la durata della seduta non può essere particolarmente lunga perché l'accumulo crescente dell'acido lattico manda in crisi i muscoli.
Le corse in salita che si svolgono in zone di montagna possono anche portare i podisti a raggiungere quote piuttosto elevate, dove la presenza dell'ossigeno nell'aria è inferiore a quella che c'è in pianura creando così una maggior difficoltà di rendimento. Se quindi si hanno in programma corse in quota, a livello dei 1200-1500 metri, sarebbe ideale soggiornare sul luogo della gara arrivando con 3-4 giorni d'anticipo in modo da stimolare l'organismo a produrre un maggior numero di globuli rossi. Ciò consentirebbe di far fronte con maggior efficacia alla rarefazione dell'ossigeno che inizia a fare sentire i suoi effetti a livello dei 1500 metri sul livello del mare. Per attivare con maggior rapidità ed efficacia l'eritropoiesi (aumento della produzione di globuli rossi) è preferibile svolgere alcune sedute di corsa piuttosto che limitarsi a fare riposo.
E' da considerare inoltre che se una corsa parte da quota 1500 metri è facile che arrivi anche a superare la quota dei 2000 metri sul livello del mare, e a quest'altitudine il rendimento fisico è fortemente ridotto. Nell'impostare l'andatura di gara si deve quindi considerare anche questo fattore, ed è perciò necessario essere ancor più prudenti perché alla stanchezza muscolare si somma al minor rendimento da altura
Ogni podista, quando si allena, ha dei percorsi preferenziali dove svolgere gli allenamenti più importanti, come le ripetute, la corsa media, il corto veloce ed anche il lungo lento. Per avere dei riferimenti precisi c'è chi, i propri percorsi, li misura chilometro per chilometro, oppure ogni 500 metri, fino anche a frazioni di 100 metri. Ed il cronometro è un punto di riferimento importante per misurare l'entità dello sforzo, in modo da avere dei parametri di confronto sulla propria condizione di forma. Così i percorsi di allenamento, di solito, sono pianeggianti, lineari, con poche curve e preferibilmente asfaltati, in modo da tenere delle andature costanti, regolari, e le più veloci possibili. Quasi tutti i podisti sono particolarmente meticolosi in occasione di sedute dove è importante controllare i tempi che si impiegano per percorrere specifiche distanze, tanto che molti sono soliti usare scarpe leggere, come quelle da competizione, proprio per essere nella condizione di rendere al meglio. E quando intervengono fattori esterni imprevisti come il caldo, il freddo, la pioggia ed il vento a modificare le condizioni ottimali, i più meticolosi vanno facilmente in crisi se i tempi di percorrenza sono diversi da quelli usuali. La stessa cosa vale in occasione di gare che si svolgono su tracciati non lineari, comprendenti salite, fondo sterrato, ecc. E' certamente difficile poter calcolare il fattore di rallentamento di una variante esterna come quelle elencate in precedenza. Ad es. la differenza nel percorrere 1km sullo sterrato rispetto alla stessa distanza sull'asfalto è dell'ordine dei 5 secondi al chilometro, che raddoppiano se il fondo invece è erboso. Si può anche fare una distinzione ulteriore se l'erba e ben rasata, come quella di un campo appena falciato, rispetto all'erba un po' più alta, che ulteriormente rallenta il ritmo di altri 5" al chilometro. Quindi, una gara di pari distanza ha un tipo di affaticamento maggiore se viene corsa su un fondo diverso da quello asfaltato; ad es. una corsa campestre di 10km, può essere tranquillamente parificata ad una competizione di 12-13 chilometri su strada.
Ora c'è anche la possibilità di fare dei riferimenti tra correre in pianura ed in salita, in funzione della pendenza della strada. E' importante conoscere la difficoltà del tracciato per avere l'idea di che tipo di sforzo si deve affrontare, e quindi della tattica di gara da adottare. Non è, infatti, sufficiente conoscere il chilometraggio di una corsa in montagna; si deve sapere anche la pendenza della strada perché ad es., per percorrere 10 chilometri in salita si può arrivare anche ad impiegare quasi il doppio del tempo necessario a coprire la stessa distanza in pianura. Ecco quindi che una competizione di 10km dev'essere affrontata con la tattica di una corsa di mezza maratona in pianura.
In base alla pendenza della strada si può avere un coefficiente (vedi tabella) per calcolare l'equivalente della distanza in salita con il corrispondente in pianura, in modo da sapere quale tipo di sforzo si deve affrontare
( qui c'è una tabella da riconvertire )
PENDENZA DELLA SALITA INDICE DI PENDENZA INDICE DI PENDENZA
1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,8 2,0 2,5 3,0 5% 6% 7% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20%
Come usare la tabella? Semplice; una corsa in salita di 10km con pendenza del 10% (indice 1,5) corrisponde ad una gara in pianura di 15km (10km x 1,5 = 15,0km). Allo stesso modo, oltre alla distanza da correre, si può trovare anche il ritmo di corsa da tenere. Prendendo come riferimento l'es. precedente (una corsa si 10km in salita corrisponde ad una gara di 15km in pianura) risulta che se in pianura su 12km si corre a 5 minuti al chilometro (12km/h), in salita si dovrà tenere un'andatura di 8km/h, pari a 7' minuti e 30 secondi al chilometro (12km/h : 1,5% = 8km/h; 5' x 1,5 = 7'30"). Per fare dunque un chilometro in salita lo sforzo corrisponde ad una volta e mezzo a quello di un chilometro in pianura. Difficilmente un percorso di corsa in salita ha una pendenza costante, e quindi è necessario valutare i diversi tratti in funzione delle differenti inclinazioni della strada.
Ad es. 1km con pendenza del 16% (indice di pendenza 2) lo sforzo sarà doppio rispetto ad 1km in pianura, e di conseguenza doppio anche il tempo di percorrenza. Se la pendenza sale al 20% (indice della pendenza 3) lo sforzo diventa triplo, e quindi un podista che in pianura corre 1 chilometro in 5', in salita ne impiegherà 15'. Così come la salita incide negativamente sul ritmo di corsa, la discesa invece consente, fino ad un certo punto, di recuperare il tempo perso. In discesa l'indice di pendenza è più limitato: fino a pendenze del 7% l'indice di pendenza è inferiore ad 1, e quindi il ritmo di corsa è più veloce rispetto alla pianura.
Da pendenze del 8 fino al 10% il coefficiente è appena di poco inferiore 1, e quindi su discese ripide si va poco più forte che in pianura (ovviamente conta molto la tecnica di corsa, ma sono pochi i podisti in grado di riuscire a correre bene in discesa). Su pendenze superiori a 10% addirittura si può anche andare più piano che in pianura perché si tende a frenare.
Infatti, in una lunga discesa con forte pendenza l'impegno muscolare per frenare comporta un tipo di contrazione (eccentrica) che causa dolore localizzato ai quadricipiti.Spostare il proprio corpo verso l'alto richiede uno sforzo piuttosto considerevole, che diventa tanto maggiore quanto più elevata è la pendenza della strada e maggiore è il proprio perso corporeo.
Nelle corse in salita è molto importante avere un buon rapporto peso potenza, ed ovviamente i podisti magri sono quelli più avvantaggiati. Per far fronte allo sforzo, il primo accorgimento da adottare è quello di ridurre l'ampiezza del passo. Per una minor spesa energetica conviene procedere a piccoli passi ed aumentare così la frequenza di passi al minuto. piuttosto che procedere a passi ampi; è sufficiente appoggiare il piede della gamba che avanza appena poche decine di centimetri più avanti del piede che è a terra e che spinge. Anche se si procede con un falcata ridotta, il numero di passi al minuto non è così elevato come quello che si tiene in una gara su strada. Per agevolare la fase di spinta dei piedi e gravare di meno sui muscoli delle gambe, è importante spostare in avanti le spalle ed anche aumentare il movimento delle braccia. Un maggior movimento delle braccia serve a dare maggior impulso e sostegno all'azione di spinta dei piedi.
COME CORRERE IN SALITA
Quando la pendenza è molto elevata, superiore al 20%, potrebbe anche diventare più vantaggioso camminare che non continuare a correre perché altrimenti il passo sarebbe così corto da determinare un minimo avanzamento. Procedere invece a passi abbastanza ampi, con il busto ancor più spostato in avanti (inclinato in maniera parallela alla pendenza della strada) e con le mani che fanno forza sulle gambe, consente di avanzare in maniera adeguata allo sforzo che si sta sostenendo. Avanzando a passi più ampi e con una frequenza più bassa, lo sforzo si riduce in parte tanto che dopo qualche decina di secondi a questa andatura ci si sente in grado di riprendere a correre, ed è utile farlo per alleggerire lo sforzo dei muscoli impegnati. Quando si procede camminando a passi ampi la maggior parte del carico grava sui quadricipiti (cosce) e sui glutei, mentre quando si corre invece a piccoli passi lo sforzo è invece a carico prevalentemente del tricipite surale (muscoli del polpaccio). Alternare tratti camminando a passi ampi ad altri di corsa, consente di recuperare parte dello sforzo muscolare.
In qualche occasione, come dopo un infortunio oppure dopo un viaggio durante il quale si è rimasti fermi perché impossibilitati a correre, la fase della ripresa degli allenamenti è piuttosto difficile.
Gli effetti del "deallenamento" conseguente all'interruzione delle sedute, sono differenti da atleta ad atleta e la rapidità nei tempi di ripresa dipende dal livello di preparazione che si aveva nel momento dell'interruzione delle sedute. Quanto maggiore era il grado di efficienza prima della pausa, tanto più elevato è il calo di forma, e quindi a risentirne di più dello stop dell'allenamento sono gli atleti con maggior efficienza, il cui organismo è molto sensibile all'interruzione degli stimoli allenanti. Allo stesso tempo però il loro organismo è più pronto a reagire alle sollecitazioni e a riconquistare in tempi più brevi un buon livello di efficienza.
Chi invece è meno allenato perderà di meno in termini di forma fisica, ma in seguito alla minor efficienza di adattamento alle stimolazioni, impiegherà di più a ritrovare la sua efficienza.
Secondo alcuni allenatori americani, tra cui Jeff Galloway, autore del best seller "Il libro della corsa", ad ogni giorno di riposo sono necessari due giorni di allenamento per ritornare in buona forma fisica. In pratica serve un tempo doppio di allenamento rispetto al periodo di inattività, ma personalmente ritengo che non sia proprio così. Inoltre ci sono delle "scorciatoie tecniche" per accelerare il processo di ricostruzione dello smalto sportivo.
Un allenamento veramente efficace da inserire nella preparazione per tornare in forma è l'interval training: alternando brevi cambi di ritmo (da 20 a 60 secondi) a pause di recupero altrettanto brevi, si stimola il cuore a lavorare pompando rapidamente sangue verso quei muscoli che sostengono lo sforzo. Questa sorta di ginnastica cardiaca affretta i tempi di recupero nella ricerca dell'efficienza degli apparati maggiormente sollecitati nello sforzo della corsa, e proprio grazie alle continue sollecitazioni si accelera il processo di adattamento. D'altronde gli sforzi brevi sono quelli che l'organismo tollera meglio, assieme a quelli di bassa intensità ma protratti nel tempo.
Sono invece particolarmente faticose le sedute nelle quali è previsto un livello di impegno simile a quello della soglia anaerobica, e di conseguenza estendibili per alcuni minuti (2-5).
In pratica quindi, la preparazione della fase di ripresa verte su due tipi di sedute: l'interval training e la corsa lenta, meglio se con una progressione di ritmo finale.
Anche la gara rappresenta un valido stimolo allenante, ma bisogna essere consapevoli che il proprio livello di rendimento è inferiore al solito. Quindi, si può certamente partecipare a delle competizioni dopo che sono trascorsi almeno 15 giorni dalla ripresa degli allenamenti, meglio se di chilometraggio limitato ai dieci chilometri, ma senza tirare al massimo.
Al momento della ripresa si deve evitare ad ogni modo di forzare troppo in allenamento; succede, infatti, che l'organismo, in seguito al riposo del periodo d'inattività, reagisce bene e prontamente alle prime sollecitazioni, ma ciò non deve trarre in inganno. Di solito una crisi di affaticamento si manifesta a dieci giorni dal momento della ripresa, quando si determina una prima assuefazione al carico e che perdura circa 5-8 giorni. È infatti, questo il momento in cui si avverte una maggior sensazione di stanchezza
La fisiologia della corsa in salita non è differente da quella delle analoghe competizioni di pari durata che si svolgono in pianura. Tuttavia ci sono delle sostanziali differenze sul coinvolgimento muscolare: per il fatto di correre su di un piano inclinato il piede incontra prima la superficie di contatto rispetto a quando si corre in pianura. Per questo motivo i tempi di contrazione muscolare sono maggiori rispetto a quelli del rilassamento, e l'affaticamento è molto maggiore rispetto alla corsa in pianura. Inoltre, per spostare il peso del proprio corpo verso l'alto, e vincere quindi la forza di gravità, l'impegno muscolare è decisamente maggiore.
In seguito a queste considerazioni, si evidenzia che l'intervento della forza muscolare è maggiore rispetto alle competizioni che si svolgono in pianura, ed è quindi importante sviluppare la forza muscolare.
Suggerisco quindi di fare una, o anche due, sedute la settimana di rafforzamento muscolare (con dei pesi) per il quadricipite (mezzo squat, leg extension, flessioni delle gambe, step test, eccetera).
Per quanto riguarda invece l'allenamento di corsa, le sedute da inserire in un ciclo di allenamento quindicinale possono essere come quelle indicate di seguito:
una seduta di corsa lunga lenta (da 1:30 a 2 ore) su percorso vario ma non molto impegnativo;
una seduta di corsa lunga lenta (1:15) su percorso con molti saliscendi, di varia lunghezza e pendenza;
una seduta di corsa ad impegno medio in salita continua (da 30 a 40 minuti);
una seduta (ogni 10 giorni) di ripetute medie (1-2 chilometri) in salita ad impegno da gara di 10 chilometri (in pianura);
una seduta (ogni 10 giorni) di interval training (10-15 x 300 metri; recupero 1/1.10 di corsa lenta).
Fra queste sedute si può fare una seduta di corsa lenta di 40-60 minuti, su percorso pianeggiante, con il solo obiettivo di rilassare la muscolatura delle gambe, oppure fare una giornata di riposo completo.
Per finire a regola d'arte una seduta impegnativa, prima di completare l'allenamento facendo dei facili e decontratti esercizi di allungamento muscolare, si deve fare il defaticamento.
Il defaticamento consiste in una fase di corsa della durata di una decina di minuti in cui si procede a ritmo molto facile. Di per sé l'andatura da tenere non ha nessuna rilevanza, tanto che si può correre veramente piano perché la finalità del defaticamento è semplicemente quella di rilassare la muscolatura delle gambe, fortemente sollecitata dallo sforzo svolto nel corso della seduta.
Il defaticamento facilita, inoltre, l'allontanamento dei cataboliti prodotti dai muscoli sotto sforzo. Le tossine della fatica sono costituite dall'acido lattico, dall'ammoniaca, dall'anidride carbonica, dai radicali liberi, eccetera, e si trovano accumulate nelle fibre dei muscoli che hanno lavorato (polpacci, quadricipiti, glutei, eccetera). Le cellule di questi muscoli riversano nel sangue le tossine, per facilitarne così l'allontanamento verso quegli organi deputati allo smaltimento.
Il defaticamento ha proprio la finalità di facilitare ed accelerare la fase di smaltimento in modo da favorire così un recupero più efficace e rapido. Correndo a ritmo lento il flusso del sangue, che transita tra le fibre muscolari, serve da mezzo di trasporto delle tossine, ed avviene così una sorta di "lavaggio" muscolare.
Si possono percepire i benefici del defaticamento già al termine di questa fase: appena terminato il corpo della seduta (quella parte di corsa nella quale ci si è impegnati a correre ad un livello piuttosto intenso), i muscoli sono, infatti, più indolenziti ma soprattutto più rigidi e gonfi proprio per effetto dell'affaticamento, ma una volta completato il defaticamento, i muscoli sono più sciolti e rilassati. La fatica e la stanchezza non saranno certamente passate, ma i muscoli sono sicuramente un po' meno induriti.
Nell'impostazione della preparazione di un podista, dopo che sono stati sviluppati gli aspetti fisiologici di base (efficienza respiratoria, maggior gittata cardiaca, aumento della rete dei capillari, aumento dei mitocondri e degli enzimi assodativi, eccetera) che determinano già consistenti incrementi del rendimento fisico, per puntare ad ulteriori e più consistenti miglioramenti, è necessario qualificare l'allenamento.
Con questo termine s'indica l'introduzione, nel piano d'allenamento, di stimoli allenanti più consistenti per quanto riguarda i ritmi di corsa.
È facile intuire che quando si corre più velocemente, si riduce la possibilità di correre a lungo. In pratica la quantità e la qualità dell'allenamento procedono in maniera indirettamente proporzionale: all'aumentare di un aspetto c'è la riduzione dell'altro.
Correre a ritmi veloci determina nell'organismo adattamenti molto specifici per le prestazioni di resistenza, come ad esempio un ritardo nella produzione e nell'accumulo dell'acido lattico (incremento della soglia anaerobica), un miglioramento nella capacità dei muscoli ad utilizzare l'ossigeno, una maggior sopportazione e smaltimento dell'acido lattico. Naturalmente, la corsa ad andature sostenute ha tempi limitati d'applicazione, e si riesce a sottoporre l'organismo solo per brevi periodi ad elevate intensità, pena lo scadimento del rendimento.
Tuttavia, per sollecitare adeguatamente l'organismo è necessario svolgere anche un certo carico, e quindi bisogna strutturare la seduta inserendo periodi di recupero, durante i quali c'è un parziale ristabilimento delle funzioni degli apparati sollecitati durante la frazione corsa velocemente.
L'alternanza di periodi di corsa più o meno veloce, con periodi di recupero, rientra nella modalità dell'allenamento intervallato. Per strutturare una seduta "intervallata" si agisce su vari parametri: l'intensità dello sforzo (ritmo di corsa), durata dello sforzo (o distanza da percorrere), numero delle ripetizioni e tempo di recupero. Modulando questi parametri si agisce su differenti qualità fisiologiche:
ad esempio per aumentare la soglia anaerobica è importante correre ad una velocità prossima (il 2-3% in più in meno) a quella della soglia stessa.
Non avrebbe senso invece correre più forte, perché si produrrebbe più acido lattico e la componente anaerobica sarebbe più elevata, con poca o nessuna influenza nel miglioramento del parametro ricercato.
Le sedute di allenamento intervallato si differenziano in base alla distanza da percorrere durante le prove ripetute.
Ripetute brevi (da 200 a 400 metri) - Sono utili per migliorare le componenti anaerobiche. Con riferimento al proprio primato sui dieci chilometri, al chilometro si deve correre: 40 secondi sui 200 metri, 30 secondi sui 300 metri, 20 secondi sui 400 metri. I tempi di recupero devono essere adeguatamente lunghi proprio per mantenere un elevato rendimento. Per le ripetute sui 200 metri, il recupero dura 1 minuto, per quelle di 300 metri dura 1.10/1.15, per quelle sui 400 metri dura invece 1.15/1.20.
Ripetute medie (dai 500 ai 1000 metri) - Consentono di sviluppare le qualità anaerobiche, ma in maniera meno accentuata perché lo sforzo è più lungo. Con riferimento al proprio primato sui dieci chilometri, al chilometro si deve correre: 10 secondi sui 500 metri, 6 secondi sugli 800 metri, 5 secondi sui 1000 metri. I tempi di recupero (meglio se attivo, fatto cioè correndo a ritmo molto lento) non sono molto lunghi per adattarsi a correre in presenza di una modesta quantità di acido lattico tanto che la durata del recupero è in rapporto di 1 a 1 rispetto alla durata della prova. Ad esempio, se si corrono 500 metri in 1.45, la durata del recupero è di 1.45. Se si corrono 1000 metri in 3.30, il recupero è di 3.30.
Ripetute lunghe (dai 2 ai 5 chilometri) - Sono utili per migliorare la potenza aerobica (innalzare la soglia anaerobica) e la capacità aerobica (resistenza a ritmi sostenuti). Con riferimento al proprio primato sui dieci chilometri, le prove di 2 chilometri si fanno allo stesso ritmo, i 3 chilometri invece 5-7 secondi più lentamente, e 10 secondi per i 5 chilometri. I tempi di recupero sono contenuti, per ricreare le stesse situazioni di gara, con rapporto di 1 a 0,5 ma con un massimo di 5 minuti.
Interval training (da 200 a 400 metri) - Differisce dalle ripetute brevi perché è dato più risalto all'aspetto quantitativo: l'obiettivo è di correre molte prove (per esempio 15-20), perciò non servono tempi lunghi di recupero, anzi, di solito sono limitati ad 1-1.15. Chi non è molto allenato e vuol iniziare l'allenamento intervallato, utilizza la metodica dell'interval training friburghese che prevede una pausa di recupero tanto lunga da far scendere la frequenza cardiaca a 120 pulsazioni.
Fartlek - È un metodo di allenamento intervallato da correre in natura, su distanze varie. È un tipo di seduta autogestita poiché, mancando volutamente dei riferimenti sulle distanze, si corre basandosi sulle proprie sensazioni. I tratti da correre velocemente possono essere di varia durata (1, 2, 3 minuti) nell'ambito della stessa seduta, oppure si possono fissare delle durate predefinite (per esempio 15 x 1 minuto, oppure 8 x 3 minuti, eccetera), ed anche correre in funzione dell'andamento del tracciato (salite, discese, falsipiani, tratti in erba o sterrati, eccetera). Anche il tempo di recupero è vario, ma è bene fare riferimento ai criteri riportati per le ripetute sulle varie distanze.
Penso sarà capitato anche a voi di sentirvi meno stanchi dopo un allenamento fatto su di un percorso con saliscendi rispetto ad un'analoga seduta, ma corsa tutta in pianura. C'è una spiegazione ben precisa a questo paradosso.
Quando si corre in salita e in discesa l'ampiezza del passo varia spesso, e così l'escursione delle articolazioni delle caviglie, delle ginocchia e delle anche viene spesso variata. Questa diversa sollecitazione muscolare ed articolare è "benefica" per l'azione meccanica che rimane più fluida, e quindi efficiente.
Il diverso impegno muscolare, maggiore quando si affronta una salita e minore nella conseguente discesa, permette un'alternanza di lavoro consentendo anche delle fasi di "riposo". A fine allenamento ci si sente quindi meno impacciati e rigidi proprio grazie ad una sorta di allungamento muscolare dinamico che si verifica in corsa.
Per il fatto di correre in pianura la lunghezza della falcata è invece sempre costante, con i muscoli che lavorano sempre con la stessa intensità. Dopo svariate migliaia di passi l'elasticità della falcata perde gran parte della sua efficacia, tanto che l'ampiezza del passo può essere ridotta anche di 20-30 centimetri, con un evidente calo del rendimento.
Per il fatto che le sollecitazioni muscolari ed articolari sono minime, a fine allenamento le sensazioni che si avvisano sono di appesantimento generale, con anche una scarsa predisposizione fisica e mentale a variare la velocità di corsa. Ovvio che queste negative sensazioni si ripercuotono anche a livello mentale, e la stanchezza è avvertita con maggior intensità.
A fine allenamento c'è solo la voglia di sedersi per far riposare le gambe. È proprio questa situazione ad evidenziare la necessità di fare qualcosa che solleciti la muscolatura e le articolazioni. Lo stretching è una forma valida per ripristinare la fisiologica lunghezza delle fibre muscolari, ma in questo caso più utili sono gli allunghi. In un tratto pianeggiante lungo 60-100 metri potete svolgere queste esercitazioni tecniche.
Consigli generali:
1. L'impegno deve essere contenuto e controllato. Non spingete mai al massimo, perché a fine allenamento le fibre muscolari sono affaticate e mal sopportano violente sollecitazioni.
2. I primi passi servono per lanciarsi, ed una volta raggiunta una buona velocità, simile a quella che tenete in una gara di cinque chilometri, mantenetela fintanto che sentite di essere efficienti.
3. Nella fase di accelerazione aumentate l'ampiezza del movimento delle braccia.
4. Il fondo del terreno deve essere regolare, privo di buche, sassi, ed altri insidiosi ostacoli, in modo da correre rilassati.
5. Il recupero tra ogni prova deve essere fatto di corsa, ovviamente molto lenta. Se non ce la fate potete camminare per 30-50 metri, per poi riprendere a correre.
6. Sono sufficienti da 5 a 10 prove.
Si noterà che durante questi allunghi le sensazioni cambieranno in positivo; le prime due prove sono sempre le più difficili da fare, ma alla fine ci si sentirà veramente bene.
Gli allunghi si possono correre al termine della seduta, oppure inserirli nella parte finale dell'allenamento. Anche un incremento progressivo del ritmo di corsa, nei 2-3 chilometri finali, ha la stessa funzione degli allunghi. L'incremento controllato (5-10 secondi per chilometro) comporta una variazione della meccanica dell'azione di corsa
La soglia anaerobica è l'intensità alla quale nei muscoli si inizia ad accumulare l'acido lattico, e come si sa questa sostanza limita fortemente il rendimento fisico nelle gare di resistenza. Migliorare la velocità della soglia anaerobica significa ritardare il momento in cui l'acido lattico si accumula, e quindi ritardare il momento in cui si va in crisi avanti.
I mezzi di allenamento che consentono d'innalzare la soglia anaerobica sono quelle delle ripetute su distanze medie e lunghe. Le distanze da percorrere nelle prove ripetute vanno da 1000 ai 3000 metri, e lo sforzo è simile a quello che si tiene in gare di 10-15 chilometri. Proprio per il fatto di "ricostruire" lo sforzo e le sensazioni di gara, le ripetute sulle distanze medie e lunghe rappresentano un allenamento molto importante sia da un punto di vista fisico che psicologico. Le sedute di ripetute lunghe, oltre ad essere utili per innalzare la soglia anaerobica, influiscono sul miglioramento della resistenza alla velocità della soglia anaerobica.
Il recupero tra una prova e l'altra dovrebbe essere compreso tra i 3 e i 5 minuti. Non sono necessari tempi più lunghi altrimenti lo sforzo sarebbe troppo diluito e l'allenamento poco produttivo. Durante la fase di recupero è molto utile mantenere un minimo d'attività fisica. La corsa in leggera scioltezza consente di mantenere una certa attività cardiocircolatoria, che favorisce il rapido allontanamento dell'acido lattico dai muscoli. Per questo motivo un recupero fatto correndo è più rapido ed efficace rispetto ad un recupero in cui si cammina o si sta fermi.
I podisti particolarmente efficienti, che vogliono incrementare in maniera decisiva la propria condizione di forma, possono anche fare il "recupero" ad impegno sostenuto, simile a quello della corsa media. Alternare tratti di corsa veloce a tratti ad intensità minore, ma non lenta, è una metodica molto utile per le gare lunghe, come la maratona.
Gli allenamenti andrebbero corsi in pista, o su tratti misurati, in modo da controllare i tempi di percorrenza e calibrare adeguatamente lo sforzo. Se è importante non andare più piano del ritmo previsto per evitare che lo sforzo sia un po' troppo blando, è anche molto importante non correre più velocemente. In quest'ultimo caso si rischia di spostare lo sforzo nel versante anaerobico ed oltre ad essere più faticoso da svolgere (visti i lunghi tempi di corsa), non servirebbe a stimolare le componenti fisiologiche riportate in precedenza.
Nell'impostare la modalità d'allenamento bisogna seguire il principio della gradualità del carico.
Si aumenta gradualmente la distanza ed il numero delle prove (per esempio iniziare con 5 x 1 km, passando quindi a 6 e 7, e poi passare a 3 e 4 x 2 km). In seguito si può aumentare il ritmo di corsa delle prove e quindi, all'approssimarsi del periodo agonistico, si può provare ad accorciare i tempi di recupero.
Le sedute di ripetute lunghe vanno programmate, nella fase di preparazione specifica, cioè nelle ultime 6-8 settimane prima del periodo agonistico, ogni settimana
La zona d'impegno fisico che determina l'utilizzo degli acidi grassi a scopo energetico, è quella compresa tra il 70 e 75% della frequenza cardiaca massima. Non è possibile dare un valore di pulsazioni ben definito e specifico poiché la frequenza cardiaca varia (anche considerevolmente) da soggetto a soggetto. Se per alcuni podisti l'utilizzo degli acidi grassi può avvenire per esempio a 140 pulsazioni, lo stesso non si può dire per un podista aerobicamente meno efficiente, che potrebbe metabolizzare gli acidi grassi correndo ad un impegno cardiaco di 160 battiti al minuto.
A riguardo del tempo di allenamento, quanto più a lungo si corre all'intensità corrispondente al 70-75% della frequenza cardiaca massima, tanti più acidi grassi vengono "bruciati". Ma per enfatizzare al massimo il consumo di acidi grassi, l'intensità ottimale è quella corrispondente al 80-85% della frequenza cardiaca massima; a questa intensità di lavoro fisico i muscoli utilizzano un'elevata quantità di grassi nell'unità di tempo, definita come "potenza lipidica".
L'utilizzo degli acidi grassi, a scopo energetico, non avviene in maniera uniforme per tutti i podisti: se per quei corridori aerobicamente molto efficienti la metabolizzazione degli acidi grassi avviene sin dai primi minuti di corsa (5-10 minuti), per quelli meno allenati l'utilizzo dei grassi avviene invece a tempi proporzionalmente più lunghi, in base al livello di allenamento.
I principianti (che non sono molto efficienti da un punto di vista metabolico) per esempio possono anche non utilizzare mai gli acidi grassi nel corso di una seduta di 30-40 minuti proprio perché l'organismo non è ancora addestrato a disciplinare le riserve energetiche che ha a disposizione. L'organismo di preferenza utilizza i carboidrati anche quando si corre a ritmo lento perché essi richiedono una quantità inferiore di ossigeno rispetto agli acidi grassi.
Negli atleti allenati invece si passa dall'utilizzo dei carboidrati (ad inizio seduta) a quello dei grassi dopo pochi minuti.
Se per bruciare i grassi sono utili le sedute di corsa lenta (meglio se lunga) svolte al 70-75% della frequenza cardiaca massima, per bruciarne tanti nell'unità di tempo, le sedute migliori sono quelle corrispondenti al ritmo della soglia aerobica, e quindi gli allenamenti corsi al ritmo che si tiene in maratona e quelli di corsa media, sono i più indicati. Queste sedute sono ottimali per allenare la "potenza lipidica" (consumo di acidi grassi nell'unità di tempo)
La capacità aerobica tecnicamente indica la possibilità di correre forte e a lungo. È in pratica il meccanismo fisiologico che viene chiamato in causa quando si fa una gara di 10-15 chilometri. Gli atleti più allenati riescono a correre a quest'intensità anche per una competizione di mezza maratona.
Lo sforzo che si sostiene durante il lavoro di capacità aerobica è piuttosto elevato, e può coinvolgere anche in minima parte il meccanismo anaerobico, perché i muscoli producono una certa quantità di acido lattico, che in parte si accumula nei muscoli, ma non in modo tale da compromettere la prosecuzione del lavoro. Proprio perché nelle competizioni della durata di 30-60 minuti si corre al limite tra il meccanismo aerobico ed anaerobico, l'abilità dell'atleta sta proprio nella capacità di modulare lo sforzo in maniera da evitare di produrre, e quindi accumulare, troppo acido lattico.
Per allenare al meglio la capacità aerobica si può agire sui più importanti parametri che caratterizzano gli allenamenti di resistenza: 1) l'intensità dello sforzo, 2) la distanza delle prove, 3) la durata del recupero.
Il fattore predominante è certamente l'intensità del lavoro, vale a dire il ritmo di corsa. Affinché lo stimolo sia adeguatamente allenante il ritmo di corsa dev'essere quello che si tiene in una gara di 30-45 minuti. Andature più lente e più veloci determinerebbero, rispettivamente, una stimolazione troppo blanda e troppo elevata, ed andrebbero ad allenare altri meccanismi fisiologici.
Il ritmo da tenere nelle prove ripetute dev'essere proporzionato al valore attuale dell'atleta. Per meglio individuare il giusto ritmo di corsa è opportuno fare dei test di valutazione, e quello più pratico, semplice ed accessibile è il test Conconi.
Chi invece fa riferimento alla frequenza cardiaca, il range di lavoro della capacità aerobica è inferiore, rispetto alla frequenza cardiaca massima, di circa 10-15 pulsazioni.
Le distanze ottimali per stimolare adeguatamente il meccanismo della capacità aerobica sono quelle dei 2000 e 3000 metri, e per i podisti meno evoluti vanno bene anche le prove sui 1000 metri.
Il lavoro complessivo di ripetizioni dev'essere pari al 10% del chilometraggio settimanale. Nelle prime sedute della stagione va bene anche un carico dimezzato, che viene progressivamente incrementato settimana dopo settimana.
Il parametro su cui agire per rendere più efficace lo stimolo allenante è quello del recupero: accorciando progressivamente la durata delle pause l'organismo si adegua a lavorare in situazioni molto simili a quelle di gara. Nelle prime sedute della stagione la durata del recupero dev'essere pari alla metà della durata della prova ripetuta. Per esempio chi corre 2 chilometri in 8 minuti deve recuperare per 4 minuti. Con il passare delle settimane, il recupero va ridotto fino anche ad un terzo della durata della prova. Per esempio per l'atleta che percorre i 2 chilometri in 8 minuti, la durata del recupero dovrebbe essere di circa tre minuti.
La riduzione della pausa stimola l'organismo a ripristinare in fretta il livello fisiologico di base degli apparati che maggiormente sono stati stimolati in corsa. Una pausa molto corta allena anche il "processo di tampone" dell'acido lattico prodotto dai muscoli e si è quindi in grado di mantenere meglio l'andatura. Ci sono, infatti, atleti che pur essendo, nelle sedute per la capacità aerobica, meno veloci di altri, in gara riescono invece a correre più forte dei propri compagni perché hanno una valida capacità di tamponare l'acido lattico. Molto spesso dunque, a fare la differenza tra due atleti che si allenano tenendo le stesse andature, è proprio la capacità di recuperare più in fretta. In allenamento non è dunque sempre importante correre velocemente, ma è anche importante cercare di tenere tempi di recupero piuttosto brevi
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buona lettura
rusca