Ho cominciato ad arrampicare nel 1980, quando l'espressione "arrampicata sportiva" ancora non esisteva e ancora si dibatteva se con i resting fosse arrampicata libera o no, il fifì era l'accessorio più usato, le scarpette si prendevano comode perché ci si faceva anche le discese e volare non era previsto.
Avrei potuto titolare il topic "storia dell'arrampicata sportiva milanese", ma personalmente sono sempre stato molto legato all'ambiente lecchese, ci ho passato un sacco di tempo e ho imparato a scalare laggiù.
All'inizio degli anni '80 mi pare in Lombardia convivessero alcuni ambienti arrampicatori con storie e filosofie ben diverse:
- i lecchesi, legati alla fortissima tradizione alpinistica della città, ma già con un occhio attento alle evoluzioni che si stavano annunciando oltr'alpe. In quegli anni Marco Ballerini, cresciuto alpinisticamente alla scuola del Ben Laritti e che si era già fatto un giro in Yosemite, era su un altro pianeta, e le sue prime vie a spit chiodate dall'alto a Introbio (Oltre il Tramonto, Incubo Motopsichico) e al Nibbio (La Rupe Tarpea, Astroboy) sono state un test durissimo per anni.
- i sondriesi, il Popi Miotti, i fratelli Merizzi, Il Boscacci, che più o meno contaminati dal milanese Ivan Guerini avevano cominciato a tracciare vie di concezione abbastanza rivoluzionarie sulle pareti della Val di Mello e sulle altre "strutture" di Valtellina, che facevano tanto Inghilterra di Ron Fawcett.
- i milanesi, che con l'eccezione dell'"alieno" Guerini oscillavano tra un ambiente caiano decisamente conservatore e le spinte che venivano da personaggi come Alessandro Gogna o Lele Dinoia.
Sicuramente anche tra Bergamo e Brescia fermentavano gli spunti dai quali sarebbero poi emersi tipacci come il Camos o Mario Roversi, ma quelle sono storie che non conosco e lascio volentieri ad altri (Pietrorrago!!!)
Nella mia personale esperienza ci sono stati in quei primi anni due momenti topici: l'incontro con Marco Ballerini e quello con "Cento Nuovi Mattini".
Quest'ultimo è stato il vero faro ispiratore per un intera generazione di giovani scalatori milanesi, chi c'era se lo ricorderà: si andava a fare le vie del libro come 10 anni prima si facevano le "100 scalate classiche" o le "100 scalate estreme", e si imparava a memoria le deliranti didascalie delle fotografie.
Ricordo le prime uscite a Finale con amici che non vedo da vent'anni e dei quali in molti casi ricordo solo i nomi di battesimo, incastrati in macchine oscenamente cariche ad interrogarci a vicenda su "Ivan Guerini, detto fascia, imita Ron Fawcett sul traverso della via della Ypsilon a Rocca di Corno". E così via, per ore e ore...
Eravamo giovani...


