Come ti cambia l? arrampicata

Area dedicata all'arrampicata sportiva e al bouldering.

Messaggioda EasyMan » lun feb 25, 2013 11:07 am

Ora sono uscito dal tunnel ma un tempo guardavo i muri dei palazzi in cerca di una linea da salire :):):)




preciso non per rubare :smt003 :smt003 :smt003 :smt003
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Messaggioda VinciFR » lun feb 25, 2013 12:15 pm

Roberto, ti dico solo questo...

il mese scorso, dopo la pulizia del camino e della stufa ecc.., mentre io e la "moglie" stavamo pulendo la cucina, per andare a pulire la parte sopra delle credenze sono saluto sulla parte della credenza sotto, TALLONATO sullo stipite della porta lì vicino e mi sono allungato via per sta suddetta credenza sopra per pulirla!

non ti dico la faccia della "moglie" :lol: :lol:
"Non ho abbastanza talento per correre e sorridere allo stesso tempo" cit. E.Zatopek
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Messaggioda PARETI » mar feb 26, 2013 0:42 am

Arrampicare è proprio fico!!! Anch'io non riesco più a guardare un muro senza pensare a come sarebbe arrampicarlo...dai palazzi alle pareti di roccia...marogne comprese :D
L'essenziale è invisibile agli occhi...
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Messaggioda VYGER » mar feb 26, 2013 10:01 am

PIEDENERO ha scritto:
VYGER ha scritto:
Magari, tirando di dita, è servita anche da prevenzione.
Chissà...


...chissà quando la smetterai ti giustifiacare una vita insulsa passata a perder tempo in ogni minuto di tempo libero :smt003 .
pure la prevenzione ti sei inventato 8)

ma guarda che sei ancora in tempo, SMETTI di arrampicare! fatti una famiglia, vai in chiesa la domenica, pentiti, redimiti e ritrova le retta via ta tempo smarrita :smt003


Ormai sono irredimibile.

:cry:
Non cesseremo di esplorare - E alla fine dell'esplorazione - Saremo al punto di partenza - Sapremo il luogo per la prima volta. T.S. Eliot
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Messaggioda Roberto » mar feb 26, 2013 11:07 am

Con gli anni l' arrampicata ti entra dentro, diventa un modo di pensare. Da semplice bipede ti trasformi ed acquisti un' altra dimensione e vedi il mondo intorno a te con occhi diversi. Il verticale non è più soltanto una percezione geometrica,come l' orizzonatele o l' obbliquo, diventa la dimensione della fuga, della liberazione di un istinto che tenevamo nascosto nella nostra psiche e che l' arrampicata a liberato. Non è una malattia è un modo alternativo e leggero di vedere il mondo.
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Messaggioda Fokozzone » gio feb 28, 2013 12:11 pm

Roberto ha scritto:Con gli anni l' arrampicata ti entra dentro, diventa un modo di pensare. Da semplice bipede ti trasformi ed acquisti un' altra dimensione e vedi il mondo intorno a te con occhi diversi. Il verticale non è più soltanto una percezione geometrica,come l' orizzonatele o l' obbliquo, diventa la dimensione della fuga, della liberazione di un istinto che tenevamo nascosto nella nostra psiche e che l' arrampicata a liberato. Non è una malattia è un modo alternativo e leggero di vedere il mondo.

Perché fuga?
Verticale è la dimensione dell'elevazione spirituale,
e le montagne sono le cattedrali della terra.
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Messaggioda Roberto » gio feb 28, 2013 14:59 pm

Fokozzone ha scritto:
Roberto ha scritto:Con gli anni l' arrampicata ti entra dentro, diventa un modo di pensare. Da semplice bipede ti trasformi ed acquisti un' altra dimensione e vedi il mondo intorno a te con occhi diversi. Il verticale non è più soltanto una percezione geometrica,come l' orizzonatele o l' obbliquo, diventa la dimensione della fuga, della liberazione di un istinto che tenevamo nascosto nella nostra psiche e che l' arrampicata a liberato. Non è una malattia è un modo alternativo e leggero di vedere il mondo.

Perché fuga?
Verticale è la dimensione dell'elevazione spirituale,
e le montagne sono le cattedrali della terra.
E' una considerazione soggettiva, credo però non solo mia: l' arrampicata, ancora meglio l' alpinismo, che ti consente di scappare, di estraniarti da tante cose, da una vita che non ti soddisfa in pieno.
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Messaggioda funkazzista » gio feb 28, 2013 15:09 pm

Roberto ha scritto:... l' arrampicata, ancora meglio l' alpinismo, che ti consente di scappare, di estraniarti da tante cose, da una vita che non ti soddisfa in pieno.

Si.
E' stato Erri De Luca a dire che l'arrampicata è "voltare le spalle a tutto"?
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Messaggioda Roberto » lun mar 04, 2013 18:11 pm

Un amico timido mi ha dato questo racconto/riflessione molto bello che volentieri metto nel topic sugli effetti dell' arrampicata sul genere umano:

27 movimenti

Ho finalmente la tacca in mano. Arcuo. Devo solo cambiar piede, un laterale accademico e tenere uno svaso. Piedi precari. Gomito che tira. Dicono si chiami epitrocleite.
Ho saltato pure lo spit. Ragione in più per andare feroce.
Ovviamente lo svaso mi scivola via. Cadendo giù ho tutto il tempo per gustare il sollievo di una sicura dinamica ben fatta, a smorzare il colpo e la paura. Spettacolo bizzarro e singolare agli occhi di chi non ha mai provato ad aver totale fiducia nell?altro. A mettersi in gioco e fallire.

?Bravo tigre! La prossima volta andrà bene?? mi rincuora gentile A..
La prossima volta però sarà fra un paio di settimane (meteo permettendo), penso. Sono anch?io uno ?schiavo salariato?.
Ma infondo poi non è l?attesa a rendere preziose le cose?

L?arrampicata, entrata un paio d?anni fa in punta di piedi e senza troppo credito nella mia vita, da circa un anno ormai è una costante a volte invadente. Inizialmente è stata un?occasione, un diversivo per ricostruire quel legame con la natura reciso, immolato alle banali seduzioni di sterili abitudini urbane.

Col tempo è diventata solitudine. L?unica opportunità, insieme alla musica, per poter essere pienamente se stessi, aggrappato al momento; incastrato com?ero in una vita che volevo solo in parte e che per l?altra mi limitavo ad aspettare.
In bilico su un desiderio inespresso. Perfettamente sovrapponibile al divario vuoto fra vivere ed esistere.

E alla fine si è trasformata nella rappresentazione granitica dell?esistenza stessa. Con i sacrifici, le delusioni, l?impegno, e solo raramente il raggiungimento dell?obiettivo prefissato.
Quell?attimo di piena pace, il tempo di godere di quella silenziosa tregua che ti concedi fra un progetto chiuso e un nuovo cantiere da aprire. Il tempo che passa fra passare la corda in catena e la fine della calata. Sensazioni che possono durare anche mesi nella tua mente, riscaldarti il cuore, farti sudare le mani. Non importa il grado. O forse sì?

Pomeriggi di sole in cui tutto è armonia. Scendi giù, tocchi terra e percepisci nitidamente quanto c?è di solenne nell?essere nella natura con l?animo limpido, le braccia stanche e lo spirito pieno. Gioire del sorriso di chi ti teneva. Respirare lento. Adagiarsi in un sollievo. Il cuore rallenta.
Ma dura solo il tempo di girarti nuovamente, scrutare curioso la parete?come fosse una prima volta. Notare una linea, anche solo un colore.
Ti sleghi?ma non ti sleghi mai.

Sono certo che arrampicare mi abbia reso una persona migliore.
Ma può renderti perverso. E basta davvero poco. Occorre lottare anche in questo campo con le pulsioni più basse dell?animo umano.
Non ci sono più sovrastrutture o significati ma solo acido lattico ed emozioni da gestire. Spesso le più brutte. I richiami della vanità, della banalità e dell?invidia sempre in agguato.
Il modo migliore per non esserne sopraffatti allora è allenarsi. Sudare. Tentare.
La fatica ricongiunge lo spirito al corpo.
Per fortuna non si può mentire alla pietra.

Credo sia per questo che non si parla mai di successi, vittorie e sconfitte. Ogni volta che senti di aver imparato qualcosa o aver fatto un minimo progresso - anche solo in termini di barbara quotidianità spinta qualche centimetro più in giù - ne esci migliore.

L?avversario esiste ed è il peggiore che potesse capitarti: te stesso, in balia degli istinti più primitivi; i tuoi limiti da piegare, ancora un altro po?, un po? più in là, con la paura che questa volta non ti lasceranno passare; che questa volta stai puntando troppo in alto; che la catena è troppo in alto.
I tuoi demoni ti aspettano al varco, pronti a ritrovar rinnovato vigore ad ogni presa sfuggita. Ad ogni dito che non vuol saperne di arcuarsi.
C?è anche chi, come in una profanazione, fa a pezzi la pietra pur di passare.

Ma poi il silenzio, la condivisione, la grazia armoniosa e perfetta di un tramonto di fine giornata in falesia; non voler essere da nessuna altra parte, accarezzare le dita gonfie e stanche, secche di magnesio ed odorose di pietra; percorrere al buio il sentiero di ritorno; sublimare il tutto in un sorriso.

Persino la rabbia, quella vera, quella con te stesso, diventa un momento autentico. Ti è concesso persino imprecare. Il bosco come uno scrigno è lì a proteggerti e ti assolve, omaggiato di te che attraverso la fatica cerchi di migliorare ?La più nobile fra le aspirazioni umane.

Condividere un infuso allo zenzero bollente quando fa freddo. O un sorso d?acqua in un appiccicoso agosto di zanzare. L?amaca e la chitarra; che da sole basterebbero in questo pomeriggio di alberi e di pietra. Dividere una mela.
Mi piace condividere l?arrampicata con chi ama arrampicare.
Mi piace condividere la vita con chi ama vivere.

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Messaggioda gobbidimerda » lun mar 04, 2013 18:53 pm

ho recentemente liberato una via tecnica e delicata in entrata, parti con una dulfer in appoggio sulla piglia a fianco della porta e sul termosifone, alzandoti riesci a spallare sullo stipite della porta del ripostiglio, a quel punto, e qui viene il passaggio chiave, devi ruotare di 180° il piede che appoggia sulla piglia (appoggio liscio) e così facendo riesci ad accoppiare mano e piede destri sul termosifone medesimo (quei termosifoni primi 900 molto massicci alti circa un metro e mezzo), a quel punto è abbastanza un gioco da ragazzi spingere col destro e accoppiare sullo stipite, chiudendo il boulder in piedi sul termosifone
l'ho gradata 6a perchè fatta scalzo, con scarpette la sgraderei 5+ ma poi mi toccherebbe dare il bianco
discesa lungo la via

un'altra via molto interessante e di ampio respiro l'ho aperta partendo dal bagnetto dei bambini, partenza spingendo col piede destro dal bidet e controspingendo dall'angolo interno del tramezzo dove è posizionato il termosifone con la mano sinistra, allungo importante ad andare a prendere un nicchione che c'è sopra lo stipite in corridoio con la destra, appoggio liscio sul muro della porta, cambio piede e, spinta incrociata col sinistro e accoppio sul nicchione
5b/c fisico
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Messaggioda funkazzista » mar mar 05, 2013 1:44 am

gobbidimerda ha scritto:... parti con una dulfer in appoggio sulla piglia a fianco della porta...

Definire "piglia", please :smt017
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Messaggioda gobbidimerda » mar mar 05, 2013 12:09 pm

funkazzista ha scritto:
gobbidimerda ha scritto:... parti con una dulfer in appoggio sulla piglia a fianco della porta...

Definire "piglia", please :smt017


in effetti è un po' troppo piemontesizzante come termine :D

una piglia sarebbe una colonna portante, diciamo, in un appartamento, per capirci quella parte di muro che se batti non suona a vuoto :lol:
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Messaggioda ncianca » mar mar 05, 2013 12:36 pm

funkazzista ha scritto:E' stato Erri De Luca a dire che l'arrampicata è "voltare le spalle a tutto"?

Bellissima definizione.
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Messaggioda Roberto » mar mar 05, 2013 13:45 pm

Sono solo in parte in accordo con Erri sulla definizione l' arrampicata "è voltare le spalle a tutto" (sempre se lo ha detto veramente)
Forse l' alpinismo coinvolge fino al punto di dimenticare le banalità di tutti i giorni, ma solo per quella sospensione di tempo che è la scalata. Quando sei di nuovo a terra, tra i normali bipedi, tutto torna come prima ed anche in parete, quando ti fermi un attimo, se hai qualche cosa che ti pesa, torni a sentirne il peso. L' arrampicata, per quanto coinvolgente non va oltre all' interruzione momentanea, allo staccare dato da ogni attività che ti prende, come ogni sport dove la concentrazione è fondamentale.
L' arrampicata, ed intendo con questa definizione il free-climbing, è uno sport bellissimo che in molti casi ti cambia il verso della vita, da orizzontale a verticale. Ti prende al punto di riuscire a vedere cose che prima non esistevano, come gli appigli al posto delle stuccature tra i mattoni di un muro ... per il resto resta uno sport.
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Messaggioda EvaK » mar mar 05, 2013 16:23 pm

ncianca ha scritto:
funkazzista ha scritto:E' stato Erri De Luca a dire che l'arrampicata è "voltare le spalle a tutto"?

Bellissima definizione.


bella.
anche se io preferisco pensare che l'arrampicata è qualcosa che succede dentro di me.
Recentemente ho scritto un testo, è basato su alcune foto molto particolari che mi hanno raccontato un po' di quel che volevo capire fino in fondo. Tra le altre cose,
.........Scalare sempre meglio non potrebbe essere una nostra ricerca totalmente irrazionale di un modo per presentarci al di fuori, anche laddove il nostro gesto non gode di alcuna considerazione? ...... Un senso di autoaffermazione prima nei nostri confronti che verso l'esterno. Che però ci aiuta ad essere noi stessi un po' meglio anche quando siamo in altri ambienti......

e concludo dicendo che (almeno in quelle immagini ma spesso è così) nessuno scala solo per un fine ultimo interno alla scalata, ma chi insegue un sogno, chi vive dentro un sogno, chi deve uscire da un tormento, chi ha bisogno di sentirsi vivo in un mondo morto, chi per esorcizzare paure che non c'entrano niente....

scusate, forse sono OT. è un po' colpa dei post di Roberto che mi invitano molto spesso a pensare e a voler condividere qualcosa che è nato al di fuori del forum.
"Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne" (Immanuel Kant)

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Messaggioda il Duca » mar mar 05, 2013 17:43 pm

Molti usano l'arrampicata per distrarsi dal mondo quotidiano, così come molti fanno altrettanto con altri sport.
Però ho visto gente cadere nella depressione nel momento in cui il velo della distrazione si squarcia lasciandoti nella desolazione della vita "reale".
Per me l'arrampicata (che nel mio caso è soprattutto montagna) è invece strettamente legata alla vita quotidiana e scalando sento il peso di ogni giorno e me lo porto dietro. Ma poi dall'arrampicata traggo anche la forza di ricominciare, o meglio di continuare. Perchè lì, sulla mia montagna, salendo, riscopro me. Che poi è in fondo lo stesso discorso dell'autostima di cui parlava Evak.
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Messaggioda funkazzista » mar mar 05, 2013 17:46 pm

il Duca ha scritto:... ho visto gente cadere nella depressione nel momento in cui il velo della distrazione si squarcia lasciandoti nella desolazione della vita "reale".

Oppure quando si è accorta che "non va più come prima", oppure che addirittura non può proprio più andare.
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Messaggioda ncianca » mer apr 03, 2013 10:52 am

In un articolo del numero di marzo di Climb si parla del "rischio" nascosto dell'arrampicata sportiva. Riassumo qualche riga citando e traducendo.

Ho passato tantissime giornate splendide facendo trad ed arrampicando malissimo. Basta invece che non mi riesca un singolo movimento su una via sportiva e la giornata diventa una merda. Ecco il vero rischio dell'arrampicata sportiva. Un'ossessione per i gradi e la prestazione può rovinare la vita. Ti rende competitivo, geloso. Ti fa ignorare gli amici e la famiglia. Ti porta ad abbandonare il resto della tua vita. La casa va a pezzi, il lavoro ne soffre, la biancheria sporca si accumula, la tua compagna è un ricordo. Ogni dedicato arrampicatore si è trovato ad un certo punto a pianificare la propria esistenza attorno all'arrampicata. Per esempio rinunciando a vedere gli amici perché le condizioni in falesia erano ottimali. Persino cose che dovrebbero essere fonte di gioia, come la nascita di un figlio, sono viste come una distrazione dall'arrampicata. È giusto? È salutare?

Ci sarebbero da fare dei distinguo, culturali, personali, ma penso che ci sia, purtroppo, del vero in questo quadretto di Stuart Littlefair.
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Messaggioda coniglio » mer apr 03, 2013 12:04 pm

ncianca ha scritto:In un articolo del numero di marzo di Climb si parla del "rischio" nascosto dell'arrampicata sportiva. Riassumo qualche riga citando e traducendo.

Ho passato tantissime giornate splendide facendo trad ed arrampicando malissimo. Basta invece che non mi riesca un singolo movimento su una via sportiva e la giornata diventa una merda. Ecco il vero rischio dell'arrampicata sportiva. Un'ossessione per i gradi e la prestazione può rovinare la vita. Ti rende competitivo, geloso. Ti fa ignorare gli amici e la famiglia. Ti porta ad abbandonare il resto della tua vita. La casa va a pezzi, il lavoro ne soffre, la biancheria sporca si accumula, la tua compagna è un ricordo. Ogni dedicato arrampicatore si è trovato ad un certo punto a pianificare la propria esistenza attorno all'arrampicata. Per esempio rinunciando a vedere gli amici perché le condizioni in falesia erano ottimali. Persino cose che dovrebbero essere fonte di gioia, come la nascita di un figlio, sono viste come una distrazione dall'arrampicata. È giusto? È salutare?

Ci sarebbero da fare dei distinguo, culturali, personali, ma penso che ci sia, purtroppo, del vero in questo quadretto di Stuart Littlefair.



c'è molto di vero
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Messaggioda PIEDENERO » mer apr 03, 2013 13:42 pm

ncianca ha scritto:In un articolo del numero di marzo di Climb si parla del "rischio" nascosto dell'arrampicata sportiva. Riassumo qualche riga citando e traducendo.

Ho passato tantissime giornate splendide facendo trad ed arrampicando malissimo. Basta invece che non mi riesca un singolo movimento su una via sportiva e la giornata diventa una merda. Ecco il vero rischio dell'arrampicata sportiva. Un'ossessione per i gradi e la prestazione può rovinare la vita. Ti rende competitivo, geloso. Ti fa ignorare gli amici e la famiglia. Ti porta ad abbandonare il resto della tua vita. La casa va a pezzi, il lavoro ne soffre, la biancheria sporca si accumula, la tua compagna è un ricordo. Ogni dedicato arrampicatore si è trovato ad un certo punto a pianificare la propria esistenza attorno all'arrampicata. Per esempio rinunciando a vedere gli amici perché le condizioni in falesia erano ottimali. Persino cose che dovrebbero essere fonte di gioia, come la nascita di un figlio, sono viste come una distrazione dall'arrampicata. È giusto? È salutare?

Ci sarebbero da fare dei distinguo, culturali, personali, ma penso che ci sia, purtroppo, del vero in questo quadretto di Stuart Littlefair.


eri tu che mi parlavi di: "First world problem"? :lol:


comunque stiamo parlando di una passione che come tale è totalizzante, sta a noi trovare la quadra per far convivere la passione con la vita di tutti i giorni......ma così è troppo facile..... la realtà, la psiche, il nostro essere animali sociali è molto complesso e in due righe non è facile approfondire.
in sintesi: la "normalità" come la "trasgressione" sono due facce della stessa medaglia:una noia pazzesca.
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