I due blog sul futuro delle competizioni sono uno l'opposto dell'altro e sono solo punti di vista. Ce ne sono tanti altri. Li ho postati solo perché internet permette di leggere opinioni a volte meglio organizzate di una discussione da bar, lungi da me il giudicarli pezzi di gran giornalismo. Sono capolavori di giornalettismo questo sì

Rispetto alle competizioni io credo che queste avranno un ruolo sempre più importante per mere questioni di business. L'arrampicata sportiva e il boulder non sono ancora ben incasellati, ma sono incasellabili e si sta facendo di tutto per incasellarli. Ovviamente è una trasformazione che non interessa me e credo nessuno in questo forum, a meno che non ci siano anche utenti bebè. Una trasformazione che potrebbe non arrivare mai a termine o potrebbe non interessare neanche la generazione dopo la nostra. Ma la spinta da parte di chi ha interesse a incasellare lo sport per questioni di business esiste e quando le cose non girano per il verso giusto, lo sport muore.
Se oggi le varie federazioni dovessero chiudere i battenti e non ci fossero più competizioni credo che l'arrampicata e il suo piccolo indotto non subirebbero più di tanto. Noi scaleremmo lo stesso, qualche giovine potrebbe perdere motivazione, peggio per lui, ma dopo una piccola scossa secondo me saremmo tutti amici come prima. Una volta incasellato uno sport, la questione del volume di affari non è più trascurabile. Mi verrebbe da dire che è quasi preponderante, succede quanto si instaura un rapporto di dipendenza.
Oggi non è pensabile vivere senza campionato di calcio. Se interrompessero il campionato per un anno non solo scoppierebbe la guerra civile, ma ne risentirebbe l'economia nazionale, per non parlare dello sport stesso. I bimbi oggi tifano una squadra prima di giocare a calcio. Che cosa tifano se non esistono squadre e campionato? Sport, competizione, campioni, etc. sono ingredienti fondamentali per fare girare il carrozzone. Credo... o no? In arrampicata non esiste niente di tutto ciò. Anche tra appassionati e ragazzini competitivi c'è solo grande confusione.
Vedo da vicino, e mi guardo bene dal starne fuori, solo due gruppi sportivi ed in modi molto diversi devo dire che fanno entrambi un ottimo lavoro. Non solo perché hanno sfornato o hanno visto tra le loro mura piccoli campioni, ma perché ho ancora l'idea che questi ragazzini (alcuni piccolissimi) si divertano tanto a scalare, in modo competitivo, ma senza ossessione, anche perché non ce n'è oggettivamente ragione visto che non si vince niente!
I danni maggiori, a mio vedere, li fanno, come sempre, gli adulti. Nelle varie garette esistono di norma tre categorie: principianti, amatori, top. Io per scelta premio solo principianti e amatori. I top mi stanno sul q. Pompati da sponsor e genitori per la gloria del quartierino. Anche la garetta di paese viene percepita dai top come un mega evento mondiale. Ho visto con i miei occhi come persino la diffusione delle informazioni prenda a volte una piega esagerata, un evento veramente delle palle diventa un meeting nazionale ed in una gara senza classifica salta fuori un podio che nessuno ha visto. 'nuf said, già sono odiato, non dico altro.
Se usciamo dal mondo dello sport e pensiamo per esempio alla musica... la musica non cambia. Il problema non è infatti lo sport in sé, il problema è nel modo in cui una passione viene gestita (perché si spera che un bimbo inizi a praticare lo sport e si impegni per passione e non per altro). Io ho esperienza diretta (ho suonato violino e pianoforte per anni) di come concorsi e saggi venissero gestiti tra maestri e scuole. Competitività totale tra maestri e genitori simpatici come candelotti di TNT in culo. Io non suono più e come me tanti altri che allora, quando avevo 8 anni, sembravano vedere solo la musica nel loro futuro. Eppure le dedicavo tutto il mio tempo libero e mi piaceva molto, era una mia grande passione. Sono stato bruciato. Sono andato via dal Conservatorio perché ci stavo stretto, io volevo solo suonare, loro non ho bene idea di che cosa avessero in mente. Potrei suonare ancora adesso, ma non lo faccio. Non so perché. Non ne ho più tanta voglia. Dopo una breve parentesi nel mondo del metallo pesante e progressivo (evoluzione naturale per un bocia da Conservatorio) durante la quale mandavo a cagare l'universo in lingua suddita ho smesso di suonare del tutto.
In quegli anni ho anche scoperto la montagna. Ci andavo perché volevo e rompevo anche le balle ai miei (contrarissimi) perché mi lasciassero andare, con mio zio, colui che mi ha portato per la prima volta per sentieri. Figura importante, anzi, importantissima nella mia vita, legata alla nascita di una passione totale e totalizzante, che da allora mi accompagna e mi appaga sempre. Mai giudicato con nessun parametro, me la inventavo io la competizione. Mi sono armato di guida ai rifugi e bivacchi della VdA di Cosimo Zappelli e mi sono messo in testa di vederli tutti. Entravo nei rifugi e mi facevo fare un timbro a prova del mio successo. Mi facevo fare foto nei bivacchi dove non c'era nessuno a lasciare timbri ed ovviamente firmavo tutti i libroni di montagna che trovavo. Oggi amo ancora la montagna e quando posso, si sa, scappo per bricchi e continuo ad essere super competitivo anche in montagna, una via la devo fare a vista o la devo liberare e me ne futt' se tutti dicono di averla già fatta e che si passa sempre in artif o se non è questo lo spirito giusto. Roccia, ghiaccio, dry, sono solo contento se e quando scalo bene secondo i miei parametri. Ogni tanto salta fuori anche qualche numero, ma non è il fine e non è il mezzo. È solo un accidente. Ho il mio modo di vedere e vivere la montagna e credo di potermelo permettere fondamentalmente perché non sono giudicabile e nessuno mi giudica, non esistendo un metro ed una metrica ufficiale.
Esiste una linea sottile tra coltivare ed uccidere una passione e passa attraverso l'incasellamento e una eccessiva competitività indotta. L'arrampicata sta vivendo questa transizione. Vedremo... io nel mentre, per non sbagliare, scalo.
Aleduro.